1.1 I MUTUI AMERICANI SUBPRIME
Le iniziative di imprese e privati possono esaurire i loro effetti nel breve termine o richiedere tempi
lunghi per la loro realizzazione. In questi casi è necessario che le soluzioni di finanziamento
adottate siano coerenti con tali iniziative di impiego del denaro. Occorre infatti, soprattutto quando
gli importi sono elevati, che la dinamica delle uscite a servizio del finanziamento sia coerente con le
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entrate dell’investitore. Una delle soluzioni per il soddisfacimento di bisogni di medio- lungo
termine dei privati è sicuramente il mutuo, richiesto soprattutto per l’acquisto di un immobile. Il
contratto di mutuo interessa un orizzonte temporale piuttosto ampio, di circa 10, 15 o 20 anni e può
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addirittura raggiungere i 25-30 anni quando è finalizzato al credito fondiario. Inoltre, occorre
considerare che il costo è rappresentato dal tasso di interesse: fisso, variabile o misto. Quello fisso è
indipendente dalle condizioni di mercato e rimane costante per tutta la durata del prestito; il tasso
variabile si adegua alle condizioni di mercato ed è rappresentato dalla somma di due parti: un tasso
di mercato e uno spread fisso, che consente alle banche di coprire i costi di gestione e di ottenere
un’adeguata remunerazione per il rischio sopportato.
Uno dei saggi di riferimento più noti è l’ Euribor (euro interest offered rate) che rappresenta quel
tasso al quale le banche regolano i rapporti interbancari. Così, per esempio, può essere previsto che
il tasso di interesse che il prenditore di fondi deve corrispondere sia pari all’Euribor più uno spread
e l’Euribor da utilizzare corrisponde a quello medio del mese precedente al pagamento della rata.
Un altro aspetto importante da considerare, oltre al tasso di interesse, è rappresentato dalla garanzia
fornita su cui la banca può rivalersi in caso di inadempimento. Per cautelarsi da possibili errori nella
stima e/o da perdite di valore del bene, la banca dovrebbe erogare un prestito che corrisponda al
massimo al 70-80% del valore della garanzia. Negli ultimi anni, però, molti aspetti considerati
basilari nella concessione di un mutuo sono stati trascurati dagli intermediari, perché illusi da
tecniche innovative di trasferimento del rischio contribuendo ad innescare un circolo vizioso che ha
portato ad un subbuglio di notevole entità nel mondo della finanza e non solo. Il meccanismo della
crisi finanziaria mondiale è scattato con il forte e rapido crollo del mercato immobiliare statunitense
dopo anni di crescita vigorosa. Come si può vedere dal grafico sottostante, fra il 1998 e il 2006 i
prezzi delle abitazioni negli Stati Uniti sono cresciuti del 124%; tale crescita inizia a mostrare un
rallentamento nel 2007 e nel 2008 in cui si registra un ribasso del 9,7% e del 15,3%,
rispettivamente.
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Munari L., Strumenti finanziari e creditizi:dai bisogni alle soluzioni, p. 253, McGraw-Hill, 2006.
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Il credito fondiario ha per oggetto la concessione, da parte di banche, di finanziamenti a medio lungo termine garantiti
da ipoteca di primo grado su immobili. La Banca d’Italia determina l’ammontare massimo dei finanziamenti,
individuandolo in rapporto al valore dei beni ipotecati o al costo delle opere da eseguire sugli stessi. TUB. Art.38 e seg.
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Un tale trend dei prezzi delle abitazioni, unito all’aumento dei tassi di interesse, ha messo in serie
difficoltà le famiglie americane che non riescono più a onorare i debiti contratti. Infatti, nella
seconda metà del 2007 le insolvenze sul mercato dei mutui americani ad alto rischio, i cosiddetti
subprime, si sono moltiplicate: secondo i dati di Standard & Poor’s, nel 2008 il tasso di insolvenza
di questi mutui è pari al 37,44% per quelli erogati nel 2005 e al 40,28% per quelli del 2006. Le
insolvenze sono state scatenate anche da una maggiore facilità di accesso al credito da parte delle
famiglie, basti pensare che, dal 1994 al 1999, il mercato dei subprime è passato da $35 miliardi a
$160 miliardi ovvero dal 5% al 13% e la cartolarizzazione dei mutui subprime è passata da $11
miliardi a $83 miliardi.
I subprime sono prestiti o mutui erogati a clienti definiti “ ad alto rischio” ovvero non in grado di
fornire adeguate garanzie. Sono chiamati subprime perché a causa del maggiore rischio a cui
sottopongono il creditore sono definiti di qualità non primaria, ossia inferiore ai debiti primari
(prime) che rappresentano dei prestiti erogati a favore di soggetti con una storia creditizia e delle
garanzie sufficientemente affidabili.
Per definire un mutuo subprime il sistema americano si basa su un punteggio di credito che
classifica tutti i debitori in una scala compresa tra 300 e 850 punti; tutti coloro che hanno un
punteggio di credito inferiore a 620 punti sono definiti dei debitori subprime.
La storia creditizia di coloro che contraggono un prestito con le suddette caratteristiche presenta
delle peculiarità tipiche, come due o più pagamenti effettuati oltre 30 giorni dopo la scadenza
nell’anno precedente la richiesta del prestito, l’insolvenza di un mutuo negli ultimi due anni o la
dichiarazione di bancarotta negli ultimi cinque.
La maggior parte di questi mutui secondari (o subprime) è stata concessa in un periodo di politica
monetaria espansiva adottata dalla Fed, caratterizzata da saggi di interesse che, nel 2003, arrivarono
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all’1% ma che ben presto erano destinati a salire per contrastare le spinte inflazionistiche,
generando così un effetto boomerang per chi aveva inizialmente contratto un mutuo a tasso
variabile.
Fra le varie tipologie di mutui subprime, infatti, hanno avuto una certa diffusione i mutui con un
tasso fisso iniziale che si converte nel tempo in variabile ed è quindi ancorato al costo del denaro
stabilito dalle banche centrali; così un saggio iniziale intorno al 4% finiva, con gli aggiustamenti
annuali, per avvicinarsi al 10% determinando una crescita dell’85% annuo della rata del debitore.
Per molti soggetti è diventato impossibile rispettare gli impegni finanziari contratti, con un
conseguente aumento dei sequestri di immobili da parte delle banche, le quali hanno proceduto a
metterle sul mercato spingendo al ribasso i prezzi e non riuscendo più a ottenere indietro
l’equivalente dell’ammontare del mutuo erogato.
Le perdite registrate dalle banche, soprattutto da quelle americane, sono state notevoli, derivanti
anche da una sopravvalutazione degli immobili dati in garanzia. Ma l’aspetto più significativo da
considerare è il meccanismo che i mutui subprime hanno scatenato, ovvero quello delle operazioni
di trasferimento del rischio attraverso prodotti finanziari strutturati molto complessi.
1.2 LINEAMENTI DÌ FINANZA STRUTTURATA
I prodotti strutturati sono titoli che all’interno di uno strumento di debito di tipo tradizionale
incorporano un contratto derivato; sostanzialmente si tratta di uno strumento che è caratterizzato da
due componenti: obbligazionaria e derivata. In condizioni di mercato normali, i prodotti strutturati
hanno come sottostante un portafoglio di attività che, per effetto della diversificazione, tende ad
essere più stabile del singolo titolo obbligazionario ordinario; tuttavia, esibisce una maggiore
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volatilità in presenza di turbolenze di mercato.
Alla base dello sviluppo dei prodotti strutturati c’è la progressiva diffusione di un nuovo modello di
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intermediazione finanziaria noto come originate to distribute (OTD), il quale prevede che i
finanziamenti concessi alla clientela siano cartolarizzati e ceduti a una vasta platea di operatori. Il
modello tradizionale di erogazione del credito, invece, prevede il mantenimento in bilancio dei
prestiti concessi e l’assunzione del rischio da parte degli istituti di credito.
La crisi finanziaria attuale ha fatto emergere diversi profili di criticità del modello OTD:
orientamenti a profitti “facili” di breve periodo, comportamenti di deresponsabilizzazione ,
incertezza circa la distribuzione del rischio tra i vari operatori finanziari e strumenti strutturati di
trasferimento del rischio sempre più complessi.
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Un’operazione di “finanza strutturata” è caratterizzata da tre fattori tipici:
la creazione di veicoli societari (SPV, special purpose vehicles o SIV, structured investment
vehicles) che accolgono l’iniziativa di soggetti che propongono l’operazione di
trasferimento del rischio;
la presenza di finanziatori (ORIGINATORS) che cedono finanziamenti al veicolo;
la separazione del patrimonio del veicolo societario da quello dei soggetti che lo hanno
creato; ciò spiega anche perché tali operazioni sono definite “fuori bilancio”.
L’obiettivo della contabilizzazione fuori bilancio è quello di trasferire il rischio ad una pluralità di
soggetti, anziché far dipendere una certa attività finanziaria dalle sorti di un soggetto singolo.
Nell’ambito della finanza strutturata rientra una vasta gamma di operazioni:
cartolarizzazioni;
project finance;
leasing strutturato;
levereged buy-out (LBO).
La cartolarizzazione rappresenta una delle più complesse innovazioni finanziarie apparse nei
mercati finanziari americani sin dall’inizio degli anni Settanta. Ciò dipende, oltre che da ragioni
derivanti dalla struttura del sistema finanziario, in cui è minore il ruolo delle banche commerciali
rispetto al mercato mobiliare, anche da fattori di tipo storico in quanto è una pratica diffusa da molti
anni e oggi (o per lo meno prima della crisi) rappresenta un canale di finanziamento consolidato per
tutte le imprese finanziarie.
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Cfr., Linciano N., Quaderni di finanza CONSOB, N°62 settembre 2008.
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Caselli, La finanza strutturata in Italia:operazioni e best practice, p.32, Bancaria editrice, 2005.
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In sostanza, la cartolarizzazione consiste nella conversione,da parte di una società appositamente
creata, di attività finanziarie detenute da un soggetto in titoli obbligazionari con caratteristiche
particolari.
Tuttavia, non è un’innovazione di prodotto bensì di processo; questo ne consente l’applicazione a
qualsiasi flusso finanziario, qualunque sia la natura delle attività finanziarie di riferimento da cui il
suddetto flusso origini. Infatti, l’oggetto di una cartolarizzazione può essere rappresentato sia da
immobili che da crediti derivanti da mutui ipotecari: nel primo caso, i flussi finanziari attesi
derivano dalla dismissione o dalla locazione dell’immobile, nel secondo caso, questi sono costituiti
dalle somme che il mutuatario corrisponderà alla scadenza e con le modalità pattuite. In caso di
inadempienza di chi ha contratto il mutuo si procederà all’esecuzione forzata per il recupero
coattivo del credito, ciò significa che la capienza dell’immobile ipotecato risulta cruciale ai fini del
conseguimento dei flussi finanziari attesi dai crediti cartolarizzati. Nel caso suddetto i flussi in
entrata sono rappresentati dalla vendita dell’immobile e costituiscono le cosiddette RMBS o
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residential mortgage backed securities.
Nel nostro Paese, la cartolarizzazione è stata disciplinata con la legge N°130 del 30 aprile 1999
(Disposizioni sulla cartolarizzazione dei crediti) anche se, in passato, erano state realizzate
operazioni di questo genere, ma poiché c’erano stati molti ostacoli da superare, soprattutto legali,
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non erano particolarmente diffuse.
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Tale legge, però, fece scaturire molti dubbi interpretativi circa l’oggetto della cartolarizzazione e di
conseguenza venne introdotta la legge N°410/2001 che consentiva agli operatori di spaziare
nell’utilizzo di tali operazioni nel contesto della finanza applicata agli immobili. Infatti, come si può
vedere dal grafico sottostante, l’utilizzo delle operazioni di cartolarizzazione ha subito un decollo
proprio nel 2001, restando su valori elevati fino al 2008 per poi decadere sensibilmente nei primi
mesi del 2009 in seguito agli effetti della crisi.
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Cfr., Cesarini F.,Banca e finanza immobiliare,p.36-37, Bancaria editrice,2003
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Cesarini F.,Banca e finanza immobiliare,p.143, Bancaria editrice,2003
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La legge N°130 del 30 aprile 1999 all’art.1 enuncia che le operazioni di cartolarizzazione sono” operazioni che si
realizzano mediante cessione a titolo oneroso di crediti pecuniari, sia esistenti sia futuri, individuabili in blocco se si
tratta di una pluralità di crediti, a condizione che le somme corrisposte dal debitore siano destinate in via esclusiva al
soddisfacimento dei diritti incorporati nei titoli emessi dalla società veicolo per finanziare l’acquisto di tali crediti”.
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