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SYNOPSIS
[…] mi venne in mente che, essendo la morte l‟unico esito della mia erezione, quando fossi-
mo uccisi Simone ed io, all‟universo della nostra visione personale si sarebbero sostituite le
pure stelle, realizzando a freddo ciò che mi pare il termine delle mie dissolutezze, una incan-
descenza geometrica (coincidenza, tra l‟altro, della vita con la morte, dell‟essere con il nulla)
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e perfettamente folgorante.
Il desiderio eccede la visione personale per geometrizzarsi in un percorso di morte
che conduce dal piacere della carne alla sideralità incandescente. C‟è qualcosa nel go-
dimento che trasfigura la vita, annienta l‟essere e indirizza alla calma folgorante
dell‟inorganico: al limite dell‟esistenza si pone lo spazio vuoto della luce che accieca,
della stella-sole che irradia energia con l‟esuberanza e la gloria tipiche della sovranità,
quella sovranità nella quale Georges Bataille ha ravvisato il senso più profondo
dell‟agire umano.
Divenire-siderali sarà la parola d‟ordine del nostro lavoro. Il suo compito sarà inve-
ce quello di guardare oltre, guardare nell‟oltre per restarne folgorati e, nel medesimo
tempo, folgorare. Ciò che lo sguardo fa è indirizzare la visione, tracciare confini e ri-
conoscere forme; ma cosa succede quando indugia sull‟incandescenza? Bataille ci ha
insegnato appunto a rivolgere lo sguardo su ciò che si sottrae alla vista, rivolgere lo
sguardo su ciò che si configura secondo una geometria fatta di macchie cieche, angoli
bui e spazi inospitali, vale a dire su ciò che è per noi intollerabile quanto la visione di-
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retta della luce solare. In Bataille, così come in Cusano, le tenebre infinite coincidono
con la luce infinita e non ci si può sottrarre a nessuna delle due nel momento in cui si
esplorano le possibilità precipue dell‟essere umano, cioè quelle che lo invitano ad in-
terrogare la propria soggettività, la sua illusione di salda appartenenza a se stesso. E
questa illusione di accoglimento e formalizzazione di sé viene meno quando si fa espe-
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G. BATAILLE, Histoire de l’œil, in Œuvres complètes, t. I, Gallimard, Paris, 1970-1988 (da ora in poi
l‟edizione delle Œuvres complètes verrà abbreviata con la dicitura O.C. seguita dall‟indicazione del
tomo in numeri romani; laddove non venga citata l‟edizione italiana la traduzione sarà da intendersi
nostra); trad. it in Storia dell’occhio, in Tutti i romanzi, a cura di Guido Neri, Bollati Boringhieri, To-
rino, 1992, p. 119 (corsivo nostro).
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Si noti che Bataille aveva seguito, nel 1931, un seminario su Nicola Cusano tenuto da Alexandre Ko-
yré all‟École Pratique des Hautes Études di Parigi.
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rienza di ciò che manca incessantemente il linguaggio e quindi il pensiero – quando si
fa esperienza dell‟erotismo, del riso, dell‟estasi, in una parola: dell‟impossibile.
Per guardare in quest‟oltre abbiam deciso di cadaverizzare il corpus batailleano af-
finché esali un fuoco fatuo che ci permetta di tracciarne i contorni spettrali. Questo
fuoco fatuo è la categoria di irrappresentabile, e la luce che essa irradia è
l‟intollerabile splendore di una visione cieca.
Irrappresentabile è la parola che, a nostro avviso, meglio tematizza la sideralità che
pertiene all‟esperienza della scrittura batailleana. L‟irrappresentabile non è, banal-
mente, ciò che non può essere rappresentato ma ciò che, nella rappresentazione, ne
forza i limiti fino a frammentarne il senso per aprirsi sulla vertigine dell‟impensabile,
dell‟immediato, dell‟indicibile. Forzare i limiti significa altresì porsi sui limiti stessi
per calpestarli con la violenza del senso di ciò che essi racchiudono. Se infatti c‟è
qualcosa che Bataille ha voluto comunicarci con la sua opera è che l‟eccesso di senso
produce la letteratura dell‟innominabile, che dal suo punto di vista è la letteratura tout
court. In una nota della prefazione di Madame Edwarda relativa alla possibilità che
noi abbiamo di compiere il pensiero (la riflessione) soltanto nell‟eccesso, si legge:
[…] questa definizione dell‟essere e dell‟eccesso non può fondarsi filosoficamente, l‟eccesso
infatti eccede il fondamento: l‟eccesso è ciò per cui l‟essere primariamente è, prima di tutte
le cose, al di fuori di tutti i limiti. Anche l‟essere si trova entro dei limiti, certo: tali limiti ci
permettono di parlare (anch‟io parlo, ma parlando non dimentico che la parola, non solo mi
sfuggirà, ma già mi sfugge). Queste frasi ordinate con metodo sono possibili (lo sono larga-
mente, poiché l‟eccesso è l‟eccezione, è il meraviglioso, è il miracolo…; e l‟eccesso designa
l‟attrazione – l‟attrazione, se non l‟orrore, tutto ciò che è più di quel che è, ma la loro impos-
sibilità è innanzitutto data. Sicché io non sono mai legato né mai sono asservito, ma riservo
la mia sovranità, che solo la mia morte, provando l‟impossibilità in cui mi trovavo di limi-
tarmi all‟essere senza eccesso, separa da me. Non ricuso la conoscenza, senza la quale non
potrei scrivere, ma questa mano che scrive è moribonda e, per questa morte a lei promessa,
sfugge ai limiti accettati scrivendo (accettati dalla mano che scrive ma rifiutati da quella che
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muore).
3
G. BATAILLE, Madame Edwarda, in O.C., t. III; trad. it. in Madame Edwarda, in Tutti i romanzi cit.,
p. 156.
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L‟eccesso non è dunque un concetto, non è un pensabile. È la nozione che assegna il
limite in cui il pensabile non è più pensabile ma ecceduto, in cui il giudizio si sottrae,
viene meno e si perde nell‟indifferenza ad ogni giudizio, in cui il soggetto stesso, il
soggetto soprattutto, svanisce sotto i colpi di una ferita che nello stesso tempo lo fa ur-
lare (urlo del desiderio, urlo dello svenimento) e lo rende silenzioso (silenzio del di-
scorso, impossibilità di ogni linguaggio). Si tratta di pensare l‟impensabile, di scrivere
il non-scrivibile, di portare il possibile ai limiti dell‟impossibile.
L‟irrappresentabile si pone allora come l‟eccesso del rappresentabile, laddove per
rappresentabile si intende non uno stato univoco di definizione degli oggetti ma un
concorrere di procedure estetiche, etiche, politiche, teoretiche che operano sotto il se-
gno della possibilità di lettura (e quindi costruzione attiva) di questi oggetti. Analo-
gamente, l‟irrappresentabile sarà una categoria composita in cui diverse tonalità di
pensiero eserciteranno un‟opera di scavo nei confronti dei macigni concettuali del pos-
sibile e del rappresentabile fino a quando non si sarà raggiunta – ferendola – l‟altra
faccia, quella nascosta, di quest‟ultimi.
La prima parte del nostro lavoro sarà dedicata all‟enucleazione eccessiva, ovvero
per trasgressione delle possibilità uguali e contrarie, del compito
dell‟irrappresentabilità. Qui vale infatti lo stesso ragionamento che Bataille conduce,
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nel Dizionario Critico della rivista Documents, a proposito della parola informe:
Un dizionario comincerebbe dal momento in cui non desse più il senso ma i compiti delle pa-
role. Così informe non è soltanto un aggettivo con tale senso ma un termine che serve a de-
classare, esigendo in generale che ogni cosa abbia la sua forma. Ciò che designa non ha dirit-
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ti suoi in nessun senso e si fa schiacciare dappertutto come un ragno o un verme di terra.
Ed è proprio questo ciò di cui qui è questione, e cioè un tentativo di declassamento
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(abbassamento di grado ma anche «messa in movimento delle forme») di tutto ciò che
giunge all‟essere tramite rappresentazione per dare nuova luce ad una modalità esposi-
tiva che non costruisce oggetti attraverso la posizione di un fondamento bensì grazie
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Sulla nozione di informe cfr. il monumentale saggio di G. DIDI-HUBERMANN intitolato La ressem-
blance informe ou le Gai Savoir visuel selon Georges Bataille, Macula, Paris, 1995.
5
G. BATAILLE, Informe, in Documents, n. 7, dicembre 1929 (anche in O.C., t. I); trad. it. in Docu-
ments, Dedalo, Bari, 1974, p. 165.
6
G. DIDI-HUBERMANN, La ressemblance informe…, cit., p.134.
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ad un‟attività di s-fondamento che sottrae gli oggetti alla loro erigibilità formale (for-
malità di pensiero) per restituirli a quell‟assenza che ne è il contenuto spettrale.
In particolar modo, analizzeremo con attenzione le modalità di scacco della volontà
rappresentativa, cioè della volontà del pensiero di presa su tutti gli oggetti; in tal senso
decostruiremo una storia del fallimento della rappresentabilità, ovvero ne costruiremo
un‟antistoria. Lo sguardo dell‟irrappresentabile è infatti sguardo che lacera, che spezza
la continuità e si sottrae alla linearità causale della storia: è guardare dietro le palpebre,
guardare la visione stessa.
Le modalità del fallimento rappresentativo e dell‟apoteosi gloriosa
dell‟irrappresentabile che verranno ampiamente tematizzate (tratteggiandone quindi il
compito) sono le seguenti:
a. Rifiuto del paradigma moderno della rappresentabilità dell'oggetto sia nel
senso della sua ri-presentazione (esibizione nel presente di ciò che è lontano
o passato) che in quello della rei-praesentatio, cioè presentazione della cosa
secondo la nozione heideggeriana di pro-gettatezza;
b. Elusione di ogni forma di rappresentanza politica e sociale – recisione del
capo;
c. Impossibilità del 'sistema' come orizzonte espressivo compiuto del pensiero
e quindi rottura degli schemi/fragilità strutturale. Incompiutezza come stru-
mento (anti)dialettico;
d. Frammentazione del concetto forte di 'autore' come garante di unità, coeren-
za narrativa e rigore teoretico (il Bataille narratore è antidiscorsivo – o me-
glio antidialogico – e il Bataille saggista è semplicemente violento): impossi-
bilità della comunicazione;
e. Superamento della gerarchia tradizionale di forma e materia/contenuto –
l'irrappresentabile si affida ad un contenuto che oltrepassa la forma, quindi ad
un contenuto che è ovunque non essendo più con-tenuto dalla forma (in que-
sto modo la trasgressione della forma dà luogo a forme trasgressive); questo
venir meno di cornici e di idealità è in senso lato la derisione di gran parte
dell'arte contemporanea (che sposta l'attenzione sulla poetica a detrimento
del poema);
f. Irrappresentabile come Dio e la (sua) morte;
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g. Irrappresentabile come violenza ed eccesso erotici a fronte della compostez-
za pornografica della rappresentazione – in ultimo luogo possibilità di un ro-
vesciamento dell‟erotismo in una pornografia ridefinita.
Ma se questa operazione di declassamento del rappresentabile attraverso
un‟antistoria costituisce una sorta di pigmentazione teoretica del nostro lavoro, la se-
conda parte di esso, forse la parte maledetta perché votata alla gloriosa inutilità, ne co-
stituirà la «chiave lubrica» (così come Madame Edwarda lo era per la seconda parte de
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L’esperienza interiore, intitolata Il Supplizio).
Essa prenderà la forma inquietante d‟un occhio cieco che ci permetterà di intrapren-
dere una serie di peregrinazioni all‟interno e all‟esterno dei processi d‟inscrizione
dell‟irrappresentabile nei circuiti dell‟arte, della cinematografia, della fotografia, della
filosofia, della letteratura e, in primo ed ultimo luogo, della – vita. Lo sguardo inda-
gante oscillerà tra descrizione e descritturazione, intendendo la scrittura in senso der-
ridiano, cioè come sistema di tracce che restituisce problematicamente, spettralmente,
la non-presenza di quanto con labilità si sforza di essere rappresentato da un linguag-
gio. L‟occhio andrà quindi alla ricerca di ciò che rimane a margine dei processi di e-
gemonizzazione del senso, scandagliando con morbosa curiositas quegli spazi vuoti
dell‟esperienza estetica in cui si dà, nascondendosi, l‟irrappresentabile. A tal scopo
abbiamo pensato ad una architettura esagonale-oculare che ci permetta di soddisfare
un‟esigenza di speculazione-specularizzazione geometrica nei confronti dei sentieri
percorsi dai nuclei informali della nostra indagine, che sono 7 (6+1) e si dispongono
come nello schema che segue:
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«Ho composto questo piccolo libro nel periodo di settembre-ottobre 1941, immediatamente prima de
Il supplizio, che forma la seconda parte de L’esperienza interiore. I due testi, a mio avviso, sono stret-
tamente connessi e non si può comprendere l‟uno senza l‟altro. Se Madame Edwarda non è rimasto
unito a Il Supplizio è in parte imputabile a fastidiose ragioni di convenienza. Beninteso, Madame E-
dwarda esprime il mio pensiero con più efficace verità; non avrei potuto scrivere Il Supplizio se non
ne avessi prima fornito la chiave lubrica. Tuttavia, non ho voluto descrivere in Madame Edwarda altro
che un movimento d‟estasi indipendente, se non dalla depressione di una vita sregolata, almeno dalle
transes sessuali propriamente dette.» (Projet de préface à Madame Edwarda, O.C., t. III, p. 491).
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OCCHIO FERITO OCCHIO
Scrittura RAPPRESENTATO
cinematografica Scrittura artistica
OCCHIO OCCHIO
IRRAP-
NARRATO UNIVERSALE
PRESEN-
Scrittura Scrittura
TABILE
letteraria filosofica
OCCHIO OCCHIO IMPRESSO
INCARNATO Scrittura
Scrittura corporale fotografica
In primo luogo va fatto notare come i vertici opposti costituiscano coppie comple-
mentari in cui si stabilisce una dialettica dinamica servo-padrone tra i due poli (ad es.
nella coppia scrittura cinematografica–scrittura fotografica la prima nasce come messa
in movimento – relazione – dei significanti della seconda e allo stesso tempo ne costi-
tuisce l‟orizzonte di morte e sfruttamento). L‟assenza dei momenti sintetici non è qui
un caso: secondo Bataille, un sistema di pensiero che esaurisca la «totalità del possibi-
le» (in senso hegeliano) non può che collassare su se stesso nel momento in cui realiz-
za che il procedere per concetti esclude naturalmente, senza neppure riflettervi, i mo-
menti intensi, emozionali – erotici. Di conseguenza, non potrà mai raggiungere la de-
siderata somma dei possibili, l‟operazione totalmente sintetica; sarà bensì soltanto la
somma di certe esperienze definite, le quali si propongono come fine la conoscenza.
Conoscenza che è incapace di abbracciare le estremità del suo oggetto: gli estremi del
possibile, i punti estremi della vita; dell‟estremo, infatti, pare darsi solo esperienza,
non pensiero, come l‟estremo pare darsi solo nel silenzio del mistico, non nel discorso
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filosofico. Perciò, senza gli estremi vitali, senza l‟esperienza degli estremi, nessuna
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sintesi dei possibili.
Al centro dell‟occhio, equidistante da tutti i suoi vertici, ci si consegna la pupilla
cieca dell‟irrappresentabile. Sorgente instancabile, perché già disfatta, di tutte le irra-
diazioni teoretiche che innervano questo nostro lavoro di ricerca, la pupilla batailleana
ci permetterà di scorgere tutto quanto si rifiuta di esser visto con gli occhi sonnolenti
della critica pacificatrice. Sguardo perso nel vuoto, sguardo del vuoto – eccedente.
Tutt‟intorno ad essa i nodi cruciali della nostra instabile argomentazione: similmen-
te a quanto effettuato da Barthes nei suoi Frammenti di un discorso amoroso, si tratte-
rà di presentare non concetti ma figure - «la parola non va intesa nel senso retorico, ma
piuttosto nel senso ginnico o coreografico; in altre parole, nel senso greco: scÁma, non
è lo “schema”; è, in un‟accezione ben più viva, il gesto del corpo degli atleti, degli ora-
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tori, delle statue: ciò che è possibile immobilizzare del corpo sotto sforzo». Queste fi-
gure emergeranno vorticosamente dal fondo buio delle produzioni devianti umane a
formare un “esittico” delle delizie che poco avrà a che vedere con deliqui amorosi e
molto invece con gli eccessi dell‟ardore pornografico – dove per pornografia, o me-
glio per porno, seguendo Carmelo Bene, intendiamo la scrittura del disfarsi della dia-
lettica soggetto-oggetto a favore del sex-appeal dell’inorganico, per utilizzare una fe-
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lice espressione di Walter Benjamin ripresa da Mario Perniola.
I sei vertici verranno sviluppati secondo un procedere binario, per polarità, disorga-
nizzandosi come segue:
1. OCCHIO FERITO – Scrittura cinematografica: a partire dalla celebre sequenza
dell‟occhio tagliato in Un chien andalou, si de-scriveranno le derive cinico-
matografiche di certa irrappresentabilità. Una ricognizione che attraverserà,
trafiggendole, alcune produzioni carmelobeniane e buñueliane, così come og-
getti di più immediata fruizione ma non trascurabile indecenza (pensiamo, ad
esempio, alle pellicole di Jess Franco) o anche estenuata lubricità (alcune pro-
duzioni di Tsai-Ming Liang).
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Cfr. a tal proposito lo scritto di SUSANNA MATI intitolato Sintesi dei possibili e Impossibile: Hegel,
Bataille e la filosofia, posto in appendice a G. BATAILLE, Storia dell’erotismo, Fazi, Roma, 2006.
9
R. BARTHES, Fragments d’un discours amoureux, Seuil, Paris, 1977; trad. it. in Frammenti di un di-
scorso amoroso, Einaudi, Torino, 1979, p. 5.
10
Cfr. M. PERNIOLA, Il Sex appeal dell’inorganico, Einaudi, Torino, 1994.
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2. OCCHIO IMPRESSO – Scrittura fotografica: dall‟esperienza estatica di Bataille
di fronte ai clichés del supplizio cinese dei cento pezzi al florido mercimonio
pedopornografico/necrofiliaco passando per l‟esperienza surrealista: antistoria
della problematica fruizione dei simulacri di una umanità profanata/calpestata
– oltre il desiderio e oltre il limite del rappresentabile/inquadrabile.
1. OCCHIO IRRAPPRESENTATO – Scrittura artistica: verranno de-scritte figure
emblematiche dell‟irraffigurabilità pittorica, seguendo l‟itinerario già percor-
so dallo stesso Bataille a partire degli omini itifallici delle grotte di Lascaux
fino ad arrivare al surrealismo e a Bacon, ed allontanandocene per allestire
una galleria delle più recenti acquisizioni del mercato dell‟informe.
2. OCCHIO INCARNATO – Scrittura corporale: convergenza di principio di realtà
e principio di piacere nelle pratiche reali dell‟erotismo tragico, spontanee o
messe in scena. Si seguiranno le tracce di certa ricostruzione immaginifica e
dionisiaca di una sessualità contraddittoria in artisti come Hermann Nitsch e
altri rappresentanti della body art. Si esamineranno inoltre alcune tendenze te-
atrali dal forte impatto visivo, nonché la cultura della martirizzazione (mistica
e non) del corpo.
1. OCCHIO NARRATO – Scrittura letteraria: si passerà in rassegna l‟opera narra-
tiva batailleana alla ricerca dei semi teorici (delle chiavi lubriche) delle sue
produzioni saggistiche. Disegneremo l‟anatomia di una parola che ha corpo,
sangue e anima, e che apre a scenari di desolante solitudine e beatifica scon-
venienza: l‟enigma dell‟ineffabilità significata. Inoltre si tenterà un excursus
nell‟inferno della scrittura sadiana e in altri autori insospettabilmente irrap-
presentabili. Notre-Dame de Rheims.
2. OCCHIO UNIVERSALE – Scrittura filosofica: si illustrerà una fantasia intorno
all‟esperienza del possibile e dell‟impossibile seguendo i due orientamenti che
più segnarono la formazione filosofica di Bataille, ovvero quello nietzscheano
e quello hegelo-kojèviano. A latere, ci si interrogherà immaginificamente sul
destino e sulle risorse di una filosofia dell‟irrappresentabile in epoca postu-
mana.