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e devastazione, la realizzazione di adeguate procedure a garanzia della
salute, dell’incolumità e del benessere di ogni individuo e di tutta la
collettività e il rispetto delle esigenze igienico-sanitarie che sono
necessariamente coinvolte in questo specifico settore.
É di particolare attualità come sia necessaria, in generale, una corretta
legislazione sull’ambiente e, in particolare, sui rifiuti, in grado di bilanciare
queste esigenze di tutela con i valori altrettanto fondamentali della attività
e crescita economica (art. 42 Cost.) a cui aspira ogni nazione civile ed
evoluta, senza che i mari si trasformino in paludi o le nubi in fonti di
pioggia acida o addirittura radioattiva.
In questo quadro si inserisce l’analisi che verrà svolta sul decreto
legislativo n. 22/97 con particolare riguardo all’art. 45 che é dedicato alla
regolamentazione dei rifiuti sanitari.
Il decreto legislativo n. 22/97 si occupa della gestione dei rifiuti che
sono qualificati come “qualsiasi sostanza od oggetto che rientra nelle
categorie riportate nell’allegato A e di cui il detentore si disfi o abbia
deciso, o abbia l’obbligo di disfarsi” (art. 6, co. 1 lettera a). Vedremo come
il contenuto dell’allegato A non sia tassativo ma puramente
esemplificativo, con la conseguenza che ogni genere di materiale potrà
integrare questa definizione.
I rifiuti sono poi distinti in relazione al loro grado di pericolosità in
pericolosi e non, e in relazione al luogo di provenienza e all’attività di
produzione in urbani e speciali.
Con la dizione di rifiuti urbani, si vogliono intendere tutti quelli
derivanti dagli insediamenti civili, mentre gli speciali sono quelli che
ricomprendono in generale tutti i rifiuti generati da attività di produzione e
di servizi ed ex art. 7, co. 3 lettera h), da “attività sanitarie”.
IX
La categoria dei rifiuti sanitari, più di ogni altra, ha posto il problema
della salvaguardia della salute di ogni individuo. Infatti, questi residui,
accanto ai rischi propri di ogni altra tipologia, ne presentano di ulteriori
quali quello infettivo, chimico e fisico, che sono appunto determinati dal
particolare tipo di attività da cui sono prodotti, che non fa altro che
accrescere la loro potenziale pericolosità.
Come si avrà modo di specificare, questi scarti sono identificabili in tutti
quelli che sono generati dalle diverse attività sanitarie sia preventive e
terapeutiche, che di diagnosi e cura. Si tratta, quindi, di rifiuti che derivano
dalla cura di ogni tipo di patologia non solo negli uomini, ma anche negli
animali.
Dobbiamo sottolineare che la peculiarità di questi rifiuti, che li
discrimina da quelli urbani e dagli altri rifiuti speciali, é proprio la
infettività ed il rischio patogeno, che sono insiti nella loro fonte di
produzione.
Sarà necessario, quindi, per comprendere appieno le problematiche
poste da essi, individuare correttamente quali siano tutti i centri di
produzione dei rifiuti sanitari che sono identificabili non solo nei grossi
policlinici universitari e di ricerca, ma anche nei piccoli studi medico-
dentistici o veterinari.
Individuate le strutture sanitarie produttrici di rifiuti, sarà necessario
catalogare correttamente questi scarti che sono caratterizzati da una elevata
eterogeneità dal momento che essi possono presentarsi sotto ogni forma
fisica possibile. Infatti, accanto ai rifiuti sanitari solidi, che trovano
appunto regolamentazione nel decreto legislativo n. 22/97, esistono anche i
rifiuti liquidi che comprendono non solo gli ordinari scarichi fognari, ma
anche tutti quelli derivanti dall’impiego di sostanze chimiche e di sviluppo
X
radiografico tipiche di certe attività di laboratorio e diagnostiche, che in
relazione al loro grado di pericolosità potranno seguire o la disciplina
generale sui rifiuti o quella specifica sulle acque reflue che é rappresentata
dalla legge n. 690/1976 (c.d. Merli) e sue successive integrazioni e
modificazioni.
I rifiuti sanitari potranno anche presentarsi sotto forma di effluenti
gassosi e, addirittura, di sostanze radioattive o da esse contaminate, quali
quelle adoperate in medicina nucleare.
A questa varietà classificatoria conseguirà necessariamente anche una
diversificazione della normativa di riferimento.
L’attenzione sarà però focalizzata sui rifiuti sanitari solidi, i quali
possono qualificarsi non solo come speciali, ma anche come urbani o
speciali pericolosi con conseguente variazione di disciplina. Accenneremo
anche alla classificazione e alle modalità tecniche di gestione previgenti al
decreto legislativo n. 22/97 dal momento che, proprio da esso, sono state
salvate in via transitoria.
Inoltre, si esporrà, in materia di assimilabilità dei rifiuti sanitari agli
urbani, quale é lo stato attuale della legislazione, della giurisprudenza e
delle posizioni tecnico scientifiche in ordine alla sterilizzazione ed ai suoi
effetti non solo giuridici, ma anche biologici.
Conclusivamente, dopo aver specificato gli obblighi amministrativi ed
autorizzatori che incombono sui soggetti responsabili delle singole strutture
sanitarie, l’analisi verterà da un lato, sulle modalità di raccolta,
confezionamento, manipolazione e trasporto, al fine di verificare la
idoneità, sotto il profilo igienico sanitario, di quanto é disposto dalla legge
e della concreta attuazione che viene ad essa data dagli operatori del
settore. Dall’altro, poi, si tratterà di accertare la compatibilità ambientale o
XI
meno delle procedure alternative di smaltimento previste nel passato e di
quelle che oggi sono destinate a prevalere secondo i nuovi indirizzi del
decreto legislativo n. 22/97.
É, quindi, importante, in un settore in cui in cui la salute e l’ambiente
vengono messe a repentaglio in modo sottile e discreto, come quello dei
rifiuti sanitari che di certo non hanno provocato fenomeni eclatanti quali le
oramai sempre più familiari nubi tossiche e radioattive, verificare quali
siano le norme che il legislatore ha predisposto e come esse rispondono
rispetto agli obiettivi di tutela propri di questo settore.
CAPITOLO I
NOZIONI PRELIMINARI E VALUTAZIONI QUALITATIVE E
QUANTITATIVE SULLA PRODUZIONE DEI RIFIUTI SANITARI
Sommario: 1. Premessa. 1.1. Evoluzione dell assistenza sanitaria in Italia. 1.2.
La tutela della salute nella Costituzione. 1.3. La riforma ospedaliera della legge
12/2/1968, n. 132 (c.d. Mariotti). 1.4. Il Servizio Sanitario Nazionale dalla legge
n. 833/1978 ai decreti legislativi nn. 502/92 e 517/93. 2. Nozione e
classificazione giuridica dei rifiuti sanitari dalla legge n. 366/41 al decreto
legislativo n. 22/1997 (c.d. Ronchi). 2.1. Premessa. 2.2. Legge 20 marzo 1941, n.
366. 2.3. DPR 10 settembre 1982, n. 915 e Delibera del Comitato
Interministeriale 27 luglio 1984. 2.4. Legge 9 novembre 1988, n. 475. 2.5. Legge
10 febbraio 1989, n. 45 e Decreto Ministeriale 25 maggio 1989. 2.6. Decreto
legislativo 5 febbraio 1997, n. 22 (c.d. Ronchi). 3. Strutture sanitarie e attivit
sanitaria . 3.1. Premessa. 3.2. Requisiti soggettivi e oggettivi della nozione di
struttura sanitaria. 4. Tipologie e caratteristiche qualitative e quantitative dei
rifiuti sanitari. 5. I rischi derivanti dalla gestione dei rifiuti sanitari: fisico,
chimico, infettivo.
1. PREMESSA
1.1. EVOLUZIONE DELL’ASSISTENZA SANITARIA IN ITALIA
Dall’unificazione dello Stato Italiano, il sistema sanitario é stato
caratterizzato dalla costante evoluzione della struttura organizzativa, che
presiede all’erogazione delle prestazioni sanitarie ai cittadini e del tessuto
normativo che ne ha regolamentato il percorso. Ciò come diretta
conseguenza, da una parte, dell’evoluzione politica, economica e sociale,
della nostra nazione, dall’altra del crescente progresso medico-scientifico e
tecnologico che hanno geneticamente migliorato le popolazioni ed
aumentato l’attesa media di vita.
Comunque, sin dal medioevo e fino ad alcuni decenni fa, la storia della
2
sanità in Italia é stata identificata quasi esclusivamente con l’ospedale.
É proprio nel tardo medio-evo che, in assenza di qualsiasi tipo di
intervento sanitario pubblico e di fronte a gravi e generalizzati problemi
sanitari legati all’indigenza, alla fame e alle carenze igieniche, sia collettive
che personali, si avverte la necessità di intervenire in maniera organica e
capillare, per quanto la cultura, le disponibilità economiche e le conoscenze
medico-scientifiche del tempo, consentissero.
Si assiste così, ad opera di congregazioni religiose e di associazioni
private tra cittadini, mosse da spirito caritatevole e dalla pietà cristiana, alla
nascita di una serie di soggetti giuridici con finalità di assistenza degli
ammalati e degli indigenti in genere. É appena il caso di ricordare che
l’indigenza era l’anticamera di malattie invalidanti, che spesso portavano
alla morte o, addirittura, era fonte di epidemie, talvolta devastanti.
Tra la fine del ‘700 e gli inizi dell’800 con la presa di coscienza del
“dovere sociale” di assicurare alle popolazioni più bisognose ed agli
ammalati la salute, il sistema di assistenza e il complesso normativo che lo
regolamentava, si evolve allontanandosi sempre più dall’ambito di interesse
esclusivamente religioso e privato assumendo sempre più carattere
pubblicistico.
Questa evoluzione fu segnata, nel nostro ordinamento, dalla legge n.
6972/1890 in base alla quale tutte le strutture esistenti, aventi finalità
caritative, assunsero la qualificazione giuridica di “istituzioni pubbliche di
assistenza e beneficenza”, quasi a sottolineare l’evolversi del concetto di
beneficenza in quello di assistenza, che lo stesso Stato veniva ad assicurare
alla popolazione più bisognosa e che pertanto assunse il nome di
“assistenza legale”. La legge del 1980 ricomprese, quindi, nel suo ambito di
applicazione oltre gli ospedali e tutte le Opere pie e gli Enti morali che
3
avevano per fine (art. 1, co. 1) quello di prestare assistenza ai poveri, sia in
stato di sanità che di malattia, anche il miglioramento, morale ed
economico, delle popolazioni di riferimento.
La disciplina normativa del sistema sanitario introdotto dalla legge n.
6972/1890 subì una prima grossa modifica nel 1923. Con la legge
n.1328/1923, infatti, si obbligarono gli ospedali e le Istituzioni operanti nel
campo sanitario ad assistere e curare gratuitamente i poveri affetti da
malattie acute, i feriti e le donne nell’imminenza del parto, anche nel caso
in cui non avessero titolo all’assistenza secondo quanto previsto dalle
norme statutarie del singolo Ente.
Le istanze sociali ottocentesche, le nuove spinte solidaristiche su base
laica e la nuova cultura scientifica, che predicava il miglioramento della
qualità di vita delle popolazioni, avviarono così un processo di
“umanizzazione” che pone in evidenza la necessità della riorganizzazione
tecnica dell’assistenza ospedaliera e dell’applicazione di norme di igiene
ospedaliera. Si affermava una nuova visione e gestione dello spazio
nosocomiale quale sintesi di ordine e armonia da un lato e di funzionalità
economica dall’altro. Viene decisamente abbandonato il vecchio concetto
per il quale l’ospedale era luogo dove “ammassare”, nello spazio minore
possibile, il numero maggiore di ammalati, per dare voce alle nuove scelte
architettoniche e tecniche riguardanti gli spazi da riservare ad ogni posto
letto, l’igiene ambientale e lo smaltimento dei rifiuti, che vengono ritenuti
causa della diffusione di malattie ed infezioni di vario genere.
Negli anni tra il 1934 - con il testo unico delle leggi sanitarie adottato
con il R.D. del 24 luglio 1934, n. 1265 - e il 1939 - con il R.D. n.
1631/1938 e il D.C.G. del 20 luglio 1939 -, viene avviata la prima riforma
del sistema ospedaliero. L’ospedale viene organizzato sia sotto il profilo
4
amministrativo che tecnico-strutturale, ripensandone tutti i requisiti e le
caratteristiche a partire dall’ubicazione, dal numero dei posti letto, dal
personale, fino alle attività principali che dovevano essere svolte (medicina,
chirurgia ecc.) e fino ai servizi sussidiari (ambulatori, pronto soccorso,
farmacie ecc.) che dovevano essere assicurati.
È, quindi, in questi anni che viene concepito quello che poi diverrà, in
seguito agli sviluppi futuri, l’ospedale moderno, anche sul piano igienico
sanitario.
1.2. LA TUTELA DELLA SALUTE NELLA COSTITUZIONE
Non possiamo non richiamare a questo punto l’art. 32 della Costituzione
che nell’affermare il diritto fondamentale alla salute fisica dei cittadini ha,
da un lato, fatto proprie le istanze sociali preesistenti e la visione della
tutela della salute come un bene che deve rientrare tra gli obiettivi pubblici
e dall’altro, ha influenzato in modo determinante l’evoluzione successiva
dell’assistenza sanitaria.
L’art. 32, co. 1 recita “La Repubblica tutela la salute come fondamentale
diritto dell’individuo e interesse della collettività, e garantisce cure gratuite
agli indigenti”, e prosegue nel 2° comma “Nessuno può essere obbligato a
un determinato trattamento sanitario se non per disposizione di legge. La
legge non può in nessun caso violare i limiti imposti dal rispetto della
persona umana”.
Questo articolo parla di un vero e proprio “programma per la tutela della
salute” ed infatti, il miglioramento della condizione sanitaria della
popolazione é generalmente riconosciuto come uno degli “obiettivi primari
che la Costituzione assegna alla Repubblica”. Dal fatto che la salute é
5
riconosciuta come un diritto fondamentale dell’individuo e interesse della
collettività é stato dedotto che spetterà ai pubblici poteri tutelare le esigenze
connesse con questo bene, che sono caratterizzate dalla compresenza di
situazioni soggettive individuali che si intrecciano con interessi collettivi e
pubblici il cui bilanciamento non può non spettare al legislatore nel rispetto
della dignità dell’uomo
1
. Considerando che l’art. 38 ultimo comma Cost.
dispone che “L’assistenza sociale é libera” e che, quindi, può essere svolta
dai privati, la cui posizione di vantaggio in questo settore viene così
costituzionalizzata, i compiti dello Stato vengono ricondotti e inquadrati
nel settore della sanità in cui l’intervento pubblico sarà necessario
trattandosi di un ambito intimamente correlato con le ragioni proprie dello
Stato sociale di diritto.
É indubbio che l’art. 32 Cost. ha canonizzato un diritto inviolabile alla
salute che risulta operativo e che, quindi, deve essere garantito e perseguito
dallo Stato sia nei rapporti interprivati, che nelle relazioni tra cittadini e
pubblica amministrazione
2
. Il diritto alla salute é, pertanto, riconosciuto sia
come diritto sociale che come diritto inviolabile di libertà, anche alla luce
dell’art. 2 Cost. che garantisce i diritti inviolabili dell’uomo sia come
singolo sia nelle formazioni sociali in cui svolge la sua personalità
3
.
L’art. 32 deve essere correlato pure con l’art. 3, co. 2 dai quali si ricava
il principio dell’uguaglianza sostanziale in materia di prestazioni sanitarie
4
,
1
In questo senso CRISAFULLI, PALADIN, in Commentario breve alla Costituzione ,
1990, CEDAM, pag. 32.
2
Vedi MORTATI, La tutela della salute nella Costituzione italiana, in Scritti , vol. II,
MILANO, 1972, pag. 433 ss.; BUSNELLI-BRECCIA (a cura di), Il diritto alla salute ,
1979, BOLOGNA.
3
Vedi GARINO V., Sanit Pubblica , in Digesto delle Discipline Pubblicistiche, 1997,
vol. XIII, pag. 549.
4
Cos BOTTARI, Principi costituzionali e assistenza sanitaria , MILANO, 1991.
6
che deve essere inteso sia come superamento degli squilibri tra le classi
sociali che tra le diverse aree territoriali del paese. Le linee direttrici che la
Costituzione rivolge allo Stato sono state individuate da un lato, nel dovere
di assicurare ai bisognosi gli strumenti per poter tutelare e curare la propria
salute sia nel caso di totale indigenza che di difficoltà economica in
relazione al tipo di trattamento, di diagnosi e cura che risulta necessario;
dall’altro nell’obbligo di predisporre misure di tutela, tanto preventiva
quanto successiva, non solo della salute del singolo individuo, ma anche
dell’intero corpo sociale
5
. Emerge con chiarezza che il concetto di “salute”
non é più correlato alla semplice cura delle malattie di quei soggetti che si
trovano in situazioni di particolare svantaggio, ma porta alla promozione
del “benessere generale” di tutta la popolazione anche attraverso
meccanismi di prevenzione dalle malattie ed infermità. Inoltre, alla tutela
della salute sono stati ricondotti anche il diritto alla salubrità dell’ambiente
sia naturale che di vita e di lavoro di ogni uomo, in modo da ricomprendere
in esso la salvaguardia e la promozione non solo del benessere fisico, ma
anche psichico e ambientale di ogni cittadino
6
. L’art. 32 Cost. pone due
vincoli all’attività sanitaria dello Stato e cioè quello per cui solo la legge
può obbligare alla sottoposizione di determinati trattamenti sanitari e quello
per cui il legislatore non può in nessun caso violare i limiti imposti dal
rispetto della persona umana. La realizzazione di tutti questi obiettivi é
affidata alla “Repubblica”, senza che però si dica in concreto quale debba
essere il riparto delle competenze tra i vari poteri dello Stato e l’eventuale
ruolo degli operatori privati. Vi é, in ogni caso, accordo nel configurare
come destinatari di questa norma tutte le “attività e le funzioni” non solo
5
Vedi CALAMANDREI, LEVI, in Commentario alla Costituzione Italiana , 1950,
BARBERA EDITORE, FIRENZE, pag. 335.
7
dello Stato, ma anche delle regioni e degli altri enti locali. É stato, quindi,
sottolineato che la Costituzione prevede un duplice livello di intervento
sanitario, uno statale ed uno locale
7
. Infatti, é importante sottolineare come
l’art. 117 Cost. riconosca alle regioni la potestà in materia di “assistenza
sanitaria e ospedaliera” che dall’art. 27 del D.P.R. n. 616 del 1977 sarà
intesa come quel complesso delle funzioni riguardanti “la promozione, il
mantenimento ed il recupero dello stato di benessere fisico e psichico della
popolazione” e la salvaguardia “della salubrità, dell’igiene e della sicurezza
in ambienti di vita e di lavoro”. La divisione tra il livello centrale e locale
delle competenze in materia sanitaria é stata confermata anche dalla legge
n. 833/1978 che però ha individuato tre ordini di competenze: il primo
spetta allo Stato che deve programmare “gli obiettivi e le prestazioni
sanitarie” in nome del principio di uguaglianza dei cittadini; il secondo
ambito di competenza di tipo programmatorio a livello locale si rivolge alle
regioni; infine l’azione operativa spetterà agli enti locali. Infine, il D. lgs. n.
502/92 ha riaffermato questi principi attribuendo però un ruolo più
rilevante alle regioni.
Concludendo dobbiamo sottolineare come questo breve accenno all’art.
32 Cost. permette di comprendere come la visione della tutela della salute
in esso contenuta e la ripartizione dei compiti che é da esso desunta,
influenzeranno necessariamente tutta la disciplina sanitaria futura.
6
Vedi Digesto delle Discipline Pubblicistiche, op. cit., pagg. 549/551.
7
Cos PALADIN L., Diritto regionale , 1997, CEDAM, pag. 148.