1 INTRODUZIONE
1 INTRODUZIONE
Nel corso dell’evoluzione la necessità di una sempre migliore interazione con l’ambiente circostante ha
stimolato gli organismi pluricellulari a sviluppare, oltre a quello intracellulare, un sistema di proteine
collocate all’interno della membrana plasmatica e adibite a numerose funzioni quali il trasporto di ioni,
metaboliti e molecole, la trasmissione e l’internalizzazione di segnali di natura chimica e fisica (in questo
caso si parla di recettori di membrana), l’interazione con strutture e ambiente circostante. L’importanza
dei recettori di membrana è evidente se si pensa ai numerosi mediatori idrofilici che non essendo in
grado di attraversare la membrana plasmatica per semplice diffusione non potrebbero interagire con le
strutture intracellulari e sarebbero quindi incapaci di trasmettere il messaggio alla cellula; il riconosci-
mento del ligando da parte di questi recettori causa una modificazione conformazionale della struttura
proteica seguita da una cascata di eventi biochimici intracellulari.
Numerose ricerche effettuate su queste strutture proteiche hanno lo scopo di comprendere il mecca-
nismo specifico ovvero il tipo di interazioni che consentono il riconoscimento e la modificazione del
recettore da parte del mediatore con lo scopo di sviluppare farmaci sempre piø selettivi e quindi con
minori effetti collaterali.
I recettori di membrana possono essere suddivisi in sei grandi famiglie: recettori canale, recettori dotati
di attività tirosin chinasica intrinseca, recettori dotati di attività guanilato ciclasica intrinseca, recettori
per l’adesione cellulare , recettori per le citochine e recettori accoppiati a proteine G, che rappresentano
l’argomento di questa tesi.
1.0.1 I recettori accoppiati alle proteine G (GPCRs)
Una delle piø vaste superfamiglie di proteine di membrana è quella rappresentata dai recettori accop-
[1]
piati a proteina G (GPCRs); questi rappresentano piø dell’1% dell’intero genoma e sono stati oggetto di
numerosi studi che hanno portato alla scoperta di numerose molecole attive successivamente introdotte
in terapia (circa il 50% dei farmaci attualmente in commercio hanno come bersaglio questa classe di
recettori); questi recettori riconoscono numerosi mediatori chimici ma sono attivati anche da stimoli di
altra natura come quelli legati ai sensi di vista, olfatto e gusto.
1.0.2 Struttura dei GPCRs
Tutti i membri di questa superfamiglia recettoriale sono costituiti da una singola catena polipeptidica
che attraversa la membrana plasmatica formando sette regioni idrofobiche separate da loops idrofilici
[2][3][4]
di lunghezza variabile; dati cristallografici relativi alla bacteriorodopsina e alla rodopsina bovina
hanno evidenziato le sette a-eliche che attraversano la membrana plasmatica, i tre loops intracellulari
e i tre extracellulari, una regione N-terminale extracellulare e una porzione C-terminale intracellulare.
Nonostante la conoscenza dei motivi strutturali comuni a tutti i GPCRs, quella relativa alla struttura
dettagliata dei singoli recettori è limitata a pochi a causa dei numerosi ostacoli che rendono difficile se
non impossibile l’ottenimento di cristalli e la loro analisi tramite cristallografia a raggi X. Attualmente i
principali problemi sono quelli relativi in parte alla purificazione, e in parte alla stabilità e all’omogeneità
in detergenti compatibili con la cristallografia visto che per quanto riguarda la produzione ci si può
avvalere di numerose tecniche di espressione (impiego di batteri, lieviti e cellule di mammifero) che
consentono di ottenere sufficienti quantità (decine di milligrammi) di svariati recettori. Le strutture
tridimensioneli di GPCRs sono effettivamente un numero limitato anche se maggiore rispetto a qualche
anno fa, quando erano disponibili solo alcuni cristalli di rodopsina bovina nella forma inattiva (il primo
[3]
risale al 2000); nel 2006 è stata ottenuta la struttura cristallografica della stessa rodopsina bovina ma
[5][6]
nella forma foto-attivata, nel 2007 quella del recettoreb2-adrenergico umano nella forma inattivae
[7]
nel 2008 quella del recettore adenosinico A2a umano.
I motivi strutturali comuni che sono stati evidenziati sono:
4
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• un dominio N-terminale di lunghezza e struttura variabile composto da 7 a 595 amminoacidi e
contenente siti di glicosilazione; in alcuni casi questa porzione è implicata nel riconoscimento dei
[8]
ligandi
• un dominio C-terminale di lunghezza e struttura variabile composto da 12 a 359 amminoaci-
[9][10]
di e contenente siti di fosforilazione o palmitoilazionecoinvolti nella desensibilizzazionee
nell’internalizzazione del recettore; costituisce parte del sito di interazione con la proteina G
• domini transmembrana (TMs) organizzati in una struttura secondaria ada-elica e posti all’interno
della membrana grazie alla loro porzione idrofobica; ciascun dominio transmembrana è costituito
da 20-27 amminoacidi; insieme costituiscono la struttura centrale del sistema recettoriale in quan-
to una sua modifica conformazionale dovuta all’interazione con un ligando provoca l’alterazione
dell’attività del recettore stesso; la presenza di residui di Pro impartisce all’a-elica una partico-
lare curvatura di circa 26°; alcune a-eliche sono inclinate all’interno della membrana plasmatica
come nel caso di TM3 della rodopsina bovina che forma un angolo di 30° rispetto al piano della
membrana
• loop intra/extracellulari caratterizzati da una lunghezza variabile (da 5 a 230 amminoacidi) e soli-
tamente privi di struttura secondaria (uno dei pochi esempi di loop strutturati è ECL2 del recettore
[6]
b2-adrenergico umano); assumono diverse funzioni tra le quali unire un dominio transmem-
brana all’altro e stabilizzare la struttura terziaria del recettore attraverso la formazioni di ponti
[11]
disolfuro (come quello tra ECL2 e TM3, altamente conservato in quasi tutti i GPCRs); inoltre
i loops extracellulari possono permettere il riconoscimento dei ligandi (esogeni ed endogeni) e
presentare siti di glicosilazione mentre quelli intracellulari possono legare effettori e soprattutto
[12]
interagire con le corrispondenti proteine G
La struttura a 7 eliche sembrerebbe importante sia per la funzionalità che per il riconoscimento selettivo
di ligandi: nel primo caso infatti la presenza di un numero dispari di domini transmembrana permette
l’orientamento del C-terminale e dell’N-terminale verso lati opposti della membrana plasmatica con
conseguente assunzione di funzioni diverse da parte delle due porzioni, mentre il numero elevato degli
stessi domini garantisce un numero di loops in grado di fornire diversi siti di riconoscimento a ligandi
[13][14][10][15]
e proteine (proteine G, Jak2 chinasi, fosfolipasi Cg, GPCR chinasi, calmodulinae proteine
chinasi)
1.0.3 Classificazione dei GPCRs
Nonostante le famiglie di GPCR non presentino elevata similarità di sequenza, tutti questi recettori sono
accomunati dalla struttura caratterizzata da un dominio centrale costituito da sette eliche transmem-
brana (TMs) connesse da 6 loops, 3 intracellulari (ICLs) e 3 extracellulari (ECLs); una classificazione dei
GPCR è stata proposta prendendo in considerazione la lunghezza e la funzione dei domini N-terminale
extracellulare, C-terminale intracellulare e dei loops intracellulari; le sette eliche transmembrana costi-
tuiscono il nucleo di questi recettori e un cambiamento nella loro conformazione può determinare l’at-
tivazione del recettore; da analisi biochimiche e di mutagenesi effettuate su alcune GPCRs appartenenti
alla famiglia della rodopsina si è visto che il passaggio dallo stato inattivo a quello attivo sembrerebbe
determinato dalla rotazione di TM6 con conseguente separazione da TM3 e formazione di un’apertura
che permetterebbe alla proteina G di interagire con ICL2 e ICL3, i principali siti di riconoscimento.
5
1 INTRODUZIONE
Figura 1.1 Famiglie di GPCRs
Durante l’evoluzione numerosi e diversi sono stati i meccanismi selezionati dalla natura per il riconosci-
mento di un determinato tipo di recettore da parte dei ligandi naturali. Un aspetto conservato
all’interno della superfamiglia delle GPCR è il ponte disolfuro tra TM3 ed ECL2. Questi recettori sono
[16]
generalmente classificati in tre grandi famiglie(figura 1.1):
• famiglia 1 (rhodopsin/b2 adrenergic receptorlike): la piø numerosa e la piø studiata; comprende
molti recettori per i classici neurotrasmettitori (ammine biogene e nucleotidi), prostaglandine e
una grande varietà di peptidi e neuropeptidi
• famiglia 2 (secretine/glucagon receptors) comprende recettori per ormoni e peptidi (calcitonina,
glucagone, ormoni paratiroidei, secretina,...)
• famiglia 3 (metabotropic glutamate receptors) include GPCR per amminoacidi, glutammato e
acidog-amminobutirrico (GABA) e per ioni calcio
La famiglia 1 viene attivata da piccole molecole come ad esempio le catecolamine, ed è caratterizzata da
un sito di legame compreso tra TM3 e TM6 (sottofamiglia 1a); altri GPCR appartenenti a
questa famiglia interagiscono con piccoli peptidi attraverso i loops extracellulari e il dominio N-terminale
(sottofamiglia 1b), quest’ultimo è particolarmente lungo nei recettori della sottofamiglia 1c dove ha il
compito di riconoscere grandi proteine (esempio glicoproteine ed ormoni) e facilitarne l’interazione con
ECL1 ed ECL3; il dominio N-terminale, particolarmente lungo, assume un ruolo fondamentale anche
nel riconoscimento di ligandi con un elevato peso molecolare (esempio secretina e glucagone) da parte
dei GPCR appartenenti alla famiglia 2, molto simili morfologicamente a quelli della sottofamiglia 1c;
interessante è la struttura dei recettori della famiglia 3, caratterizzati da un dominio N-terminale parti-
colarmente lungo che presenta due lobi separati da una hinge regionin grado di chiudersi al momento
del legame col ligando.
1.0.4 Meccanismi molecolari coinvolti nell’attivazione delle GPCRs
Studi sperimentali approfonditi effettuati sulla rodopsina hanno permesso di comprendere che non vi
è un’unico meccanismo alla base del funzionamento di questa classe di recettori ma molte potrebbero
6
1 INTRODUZIONE
essere le modalità con le quali questi passano dallo stato attivo a quello inattivo e viceversa. Questi studi
hanno cercato di chiarire il perchè dei diversi aspetti legati all’attivazione dei GPCRs: 1) il significato
della dimerizzazione recettoriale, 2) il ruolo della protonazione di alcuni residui chiave nel meccanismo
di attivazione, 3) i cambiamenti conformazionali legati all’attivazione recettoriale, 4) come l’agonista
può attivare il recettore, 5) la desensibilizzazione recettoriale.
1) Anche se non ancora è stato chiarito il ruolo fisiologico, alcuni studi hanno dimostrato che molti
recettori (non solo GPCRs) si possono trovare in forma dimerica od oligomerica; nonostante le poche
informazioni in merito, è noto che gli oligomeri di GPCRs raramente superano le otto unità e che
[17]
nell’oligomerizzazione vi è il coinvolgimento dei domini TM1 e TM4;
la possibilità che quella monomerica non sia l’unica forma che il recettore può assumere apre nuovi
scenari nel campo del drug design e nasce quindi la necessità di identificare il bersaglio non solo come
recettore singolo ma anche come insieme di due o piø recettori uguali (omo-oligomeri) o diversi tra
loro (etero-oligomeri); il meccanismo che prevede l’attivazione di piø recettori in seguito al legame tra
agonista e un singolo recettore è conosciuto col termine di transattivazione.
2) Da studi di mutagenesi effettuati sulla rodopsina è stato dimostrato che la protonazione di Glu134 del
motivo DRY (figura 1.2) (altamente conservato in tutti i recettori della famiglia della rodopsina) nel lato
citoplasmatico del dominio TM3 potrebbe avere un doppio effetto, ovvero lo spostamento
dell’Arg135 dalla tasca idrofilica in cui si trova e contemporaneamente la riduzione della repulsione elet-
trostatica tra carbossile di Glu134 e i tre carbossili potenzialmente ionizzati appartenenti alla porzione C-
[18]
terminale della trasducina (proteina G): entrambi queste conseguenze della protonazione di Glu134
favorirebbero l’interazione tra i loops intracellulari e la proteina G con conseguente attivazione della
rodopsina.
Figura 1.2 Protonazione di Glu134 ( motivo DRY) della rodopsina
3) Un’importante conquista nello studio del funzionamento dei GPCRs è la scoperta che gran parte di
questi recettori manifestano una certa attività anche in assenza di un agonista. Anche alcune mutazioni
[19]
determinano un aumento considerevole dell’attivita recettoriale agonista-indipendente.
Un importante contributo per la comprensione dei meccanismi molecolari alla base dell’attivazione re-
cettoriale proviene dagli studi effettuati da Lekowitz e i suoi collaboratori sugli effetti della spontanea
mutazione del residuo di Ala293, del recettore a-adrenergico, nella zona C-terminale del terzo loop
1b
intracellulare, con un qualsiasi altro residuo: in tutti i mutanti rispetto al recettore wild type è stato
rilevato non solo un aumento dell’attività basale ma anche una ridotta capacità di mediare l’effetto degli
[20]
agonisti nonostante una migliore affinità per questi; questi dati sperimentali suggeriscono l’ipotesi
che lo stato inattivo del recettore sia stabilizzato da forti interazioni intramolecolari in mancanza delle
quali (o per il legame con un agonista o per l’effetto di una mutazione) sarebbero possibili modificazioni
conformazionali con conseguente esposizione della sequenza riconoscibile dalla proteina G.
Recentemente questa ipotesi è stata sostenuta dall’osservazione che mutazioni puntiformi, che
7
)
1 INTRODUZIONE
determinano la stabilizzazione in uno stato constitutivamente attivato del recettoreb-adrenergico, sono
2
[21]
associate ad una considerevole instabilità strutturale e ad una aumentata flessibilità;
ulteriori esperimenti su recettori degli ormoni follicolo stimolante (FSH) e luteinizzante (LH)
evidenziano l’importanza delle interazioni tra domini TMe TMin quanto fondamentali per la stabilità
56
[22]
recettoriale nello stato inattivo. Il ruolo importante del dominio TM6 è stato confermato anche da stu-
di condotti sul recettore muscarinico Mdove mutazioni condotte in un lato di questaa-elica determina-
5
[23]
vano la stabilizzazione conformazionale del recettore nello stato attivo. Javitch e collaboratori otten-
nero ulteriori dati importanti sul riarrangiamento conformazionale dell’a-elica TM, conseguenti a mu-
6
tazioni di residui orientati verso TM. Queste mutazioni determinano un cambiamento conformazionale
5
[24]
del recettore stabilizzandolo in uno stato costitutivamente attivato agonista-indipendente.
Numerose tecniche sono state utilizzate per comprendere il ruolo dei vari domini transmembrana nei
meccanismi d’attivazione recettoriali; la spettroscopia ha giocato un ruolo chiave nel definire il signifi-
cato dei riarrangiamenti conformazionali che accompagnano la transizione della rodopsina alla
metarodopsina II (stato attivo della rodopsina); in particolare, grazie alla spettroscopia di assorbimento
[25]
UV del triptofano, Lin e Sakmarhanno dimostrato che la fotoattivazione coinvolgeva il movimento
dei segmenti TMe TMin quanto mutazioni dei triptofani in questi due domini eliminavano le dif-
36
ferenze negli spettri di assorbimento UV che distinguevano la rodopsina dalla metarodopsina.
Gli studi spettroscopici sull’attivazione del recettorebadrenergico hanno sfruttato la capacità del fluo-
2
roforo IANBD (N,N’dimetil-N(iodoacetil)-N-(7-nitrobenzen-2-oxa-1,3-diazol-4-il)etilendiamina di
variare il proprio spettro a seconda dell’esposizione all’ambiente idrofobico o idrofilico; questo probe si
lega in maniera specifica alle cisteine accessibili del recettore quando queste sono esposte verso l’esterno,
quindi verso le porzioni idrofobiche dei fosfolipidi della membrana cellulare;
Figura 1.3 Movimenti dei domini transmembrana inbAR come
2
conseguenza dell’attivazione da parte dell’agonista isoproterenolo
(in alto la forma inattiva R, in basso quella attiva R
Nella figura 1.3 è possibile vedere l’equilibrio tra recettore nella forma attiva (R) e nella forma inat-
8
;
)
)
)
e
in
verr
1 INTRODUZIONE
tiva (Re la variazione della disposizione spaziale delle cisteine 125 e 285 (rilevabile dallo sposta-
mento dello spettro di IANBD) con l’inevitabile cambiamento conformazionale delle eliche alle quali
appartengono, rispettivamente elica III ed elica VI; ciò conferma il coinvolgimento di questi domini
transmembrana nel meccanismo di attivazione del recettorebadrenergico, ovvero nella rotazione con-
2
certata delle eliche, che consentirebbe al C-terminale di attivare la proteina G per trasmettere il segnale
verso il compartimento citoplasmatico.
In modo totalmente diverso si comporta la rodopsina; questo recettore infatti lega covalentemente il
proprio naturale antagonista, l’11-cis-retinale, che, a seguito dell’assorbimento di un fotone, isomerizza
a retinale tutto-trans determinando così l’attivazione recettoriale; a differenza degli altri GPCRs non
si ha riconoscimento e legame con l’agonista probabilmente perchè un processo relativamente lungo e
inadeguato allo scopo al quale è legata l’attivazione di questo recettore, ovvero la visione; la rodopsina
si attiva passando velocemente attraverso una serie di stati conformazionali individuati con tecniche
spettroscopiche: rodopsina > batorodopsina > metarodopsina I > metarodopsina II.
[26]
Se ormai noti sono i meccanismi di fotoattivazione di questo particolare recettore, poche sono le
informazioni relative alle modalità con le quali un agonista possa indurre cambiamenti
conformazionali che portano all’attivazione degli altri GPCRs. Come visto in precedenza, è stato possi-
bile studiare i meccanismi di attivazione del recettoreb-adrenergico grazie a spettroscopia di
2
[21][27]
fluorescenza.
A differenza della rapida attivazione e piø lenta inattivazione che caratterizza la rodopsina, il recet-
[28]
tore b- adrenergico mostra dei cambiamenti agonista-dipendenti lenti (t3 min)e l’inversione di
1
2
2
conformazione antagonista-dipendente relativamente piø veloce (t30 sec). Per spiegare gli effetti
1
2
dell’agonista sul recettore sono stati sviluppati diversi modelli:
1. il primo modello prevede che il passaggio del recettore dallo stato inattivo (R) a quello attivo
(Rsia difficile in assenza di un agonista in quanto l’energia necessaria al recettore per superare
la barriera energetica che separa R da Rebbe fornita proprio dal legame tra il recettore e il
proprio agonista. Questo modello è coerente col meccanismo di attivazione della rodopsina in cui
un fotone converte l’antagonista (11-cis retinale) in agonista (tutto-trans retinale) inducendo un
rapido cambiamento conformazionale nella proteina, ma risulta inadeguato se si considera l’alta
attività basale agonista-indipendente osservata in diverse GPCRs
2. il secondo è chiamato modello del complesso ternario e prevede che il recettore, in assenza
dell’agonista, sia in equilibrio basale tra stato inattivo R e stato attivo Rl’agonista manifesta
una maggiore affinità per Rlegandosi a questo sposta l’equilibrio verso la conformazione attiva
del recettore; gli antagonisti invece si legano preferenzialmente alla conformazione inattiva R,
spostano l’equilibrio verso questa e riducono di conseguenza il numero dei recettori attivi; questo
modello cerca di spiegare il motivo per il quale alcuni recettori manifestino una certa attività basale
e il ruolo dell’agonista inverso ma non spiega le osservazioni fatte sul recettoreb- adrenergico per
2
il quale il legame con l’agonista è veloce mentre i cambiamenti conformazionali indotti da questo
sono lenti, in assenza di proteina G.
3. un terzo modello è stato proposto dopo l’osservazione che il recettoreb- adrenergico manifestava
2
[29]
resistenza sia alla denaturazione termica che a quella proteoliticaquando legato ad un agonista
o ad un antagonista, era invece suscettibile alla temperatura e all’attività proteolitica se non legato
ad alcun ligando; questo modello prevede quindi che il recettore esista in un unico stato R, in as-
°
senza di ligandi, ma abbia anche la capacità di assumere due diverse conformazioni Red AR
presenza rispettivamente di antagonisti e agonisti; secondo questa ipotesi lo stato
conformazionale R, caratterizzato dall’assenza di ligandi, presenta delle interazioni intramoleco-
lari piø labili di quelli presenti negli altri due stati e quindi sarebbe piø suscettibile alla denatu-
razione termica e proteolitica; in piø R potrebbe passare alla conformazione attiva (Ranche in
9
.
stabilizzato
1 INTRODUZIONE
assenza di un agonista (attività basale); nel caso del legame all’agonista il passaggio da R a AR
non sarebbe diretto ma prevederebbe delle conformazioni intermedie (AR’, AR”) (figura 1.4)
corrispondenti alle varie interazioni tra ligando e recettore che precedono l’attivazione di questo
[30]
ultimo;
da studi di mutagenesi emerge che il recettoreb- adrenergico presenta diversi siti di legame con
2
i propri agonisti quindi si può ipotizzare che inizialmente solo pochi gruppi funzionali dell’ago-
nista si leghino al recettore e, in seguito a movimenti dei domini transmembrana, si completino
le interazioni stabilizzando il recettore nello stato attivo ARAnche l’agonista inverso potrebbe
adottare un meccanismo simile. Un dato interessante, emerso da studi di spettroscopia di fluo-
rescenza, evidenziava il cambiamento dello spettro anche quando il recettore veniva a contatto
con l’antagonista e questo fa supporre che l’interazione antagonista-recettore determini un riar-
°
rangiamento conformazionale che stabilizza il recettore nello stato inattivo (da R a R). L’agonista
0
parziale potrebbe stabilizzare il recettore in uno stato conformazionale intermedio Rcaratterizzato
da bassa affinità per la proteina G quindi in grado di attivarla ma non così bene come fa lo stato
conformazionale Rdall’agonista; questo modello sembrerebbe spiegare la rapidità
con cui l’agonista si lega al recettore ma anche la lentezza con la quale avviene il cambiamento
conformazionale nello stato attivo, osservato sperimentalmente. Non è da escludere che anche la
proteina G stessa possa in qualche modo determinare un cambiamento conformazionale del re-
cettore eventualmente stabilizzato da un agonista. Tra le varie ipotesi, questo modello è quello
che meglio spiega i dati sperimentali a nostra disposizione e una piø approfondita comprensione
dei meccanismi molecolari alla base dell’attivazione dei GPCRs potrà essere raggiunta una volta
superate le difficoltà legate alla cristallizzazione di questa famiglia di recettori.
Figura 1.4
4. La desensitizzazione: applicato ai GPCRs il fenomeno è stato definito come la perdita di attivi-
[31]
tà conseguente ad una prolungata e ripetuta somministrazione di un agonista;
la desensitizzazione può essere omologa o eterologa; quando è omologa l’agonista provoca la
perdita di attività di un solo sottotipo recettoriale mentre quella eterologa ha un effetto
generalizzato in quanto coinvolge piø sottotipi anche se l’interazione con l’agonista avviene solo
per uno di questi. La desensitizzazione avviene attraverso un meccanismo di fosforilazione del
GPCR catalizzato da enzimi chiamati chinasi, in grado di trasferire gruppi fosfato dall’ATP ad
un substrato (nel caso dei GPCRs il substrato è rappresentato da residui di serina e treonina lo-
calizzati nel terzo loop intracellulare o nella regione C-terminale citoplasmatica); alcuni di questi
enzimi sono specifici per determinati recettori (desensitizzazione omologa), altri invece agiscono
10