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PREMESSA
Recentemente i media hanno focalizzato l’attenzione della popolazione globale
sul disastro ambientale della piattaforma petrolifera Deepwater Horizon, uno
sversamento massivo di petrolio nelle acque del Golfo del Messico, in seguito a
un incidente su una piattaforma. Lo sversamento è iniziato il 20 aprile 2010 ed è
terminato 106 giorni più tardi, il 4 agosto 2010, con milioni di barili di petrolio
che ancora galleggiano sulle acque di fronte a Luisiana, Mississippi, Alabama e
Florida, oltre alla frazione più pesante del petrolio che ha formato ammassi
chilometrici sul fondale marino.
Questo costituisce un classico esempio di incidente rilevante, ossia un’emissione,
un incendio o un’esplosione di grande entità, dovuti a sviluppi incontrollati
durante l’attività e che dia luogo ad un pericolo grave, immediato o differito, per
la salute umana o per l’ambiente, all’interno o all’esterno dello stabilimento, e in
cui intervengano una o più sostanze pericolose.
La comprensione della normativa italiana in materia di pericolo di incidenti
rilevanti non è compito semplice, perché essa è il frutto di interventi successivi
del legislatore, finalizzati al miglioramento della normativa stessa, affrontando i
punti di debolezza che emergono dagli incidenti che inevitabilmente continuano
a presentarsi. La normativa italiana in materia di pericolo di incidenti rilevanti
deriva dall’attuazione di direttive dell’Unione Europea (denominate Direttive
Seveso). Secondo tali norme, tra i diversi oneri che il gestore di un impianto a
rischio di incidente rilevante deve compiere, vi è la stesura di un Rapporto di
Sicurezza, documento che riporti i risultati di analisi di rischio eseguite con
tecniche qualitative e quantitative permettendo sia di stimare il rischio di
incidenti rilevanti, sia di predisporre adeguate misure di prevenzione e
protezione, per garantire il mantenimento del livello di rischio entro opportune
soglie di accettabilità. Una delle tecniche utilizzate per l’analisi di rischio è il
metodo ad indici; esso consente una valutazione semiquantitativa, rapida ed
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efficace delle aree dell’impianto che sono più pericolose. Tuttavia l’applicazione
di tale metodo presenta ancora diversi elementi di criticità.
La seguente trattazione si propone di analizzare criticamente tale metodo,
svolgendo sia una funzione di guida per chi come lo scrivente si avvicina a tale
settore sia come spunto di riflessione per gli esperti. Al fine di caratterizzare il
contesto in cui si inserisce il metodo ad indici, la prima parte contiene una
panoramica sulla normativa comunitaria e nazionale in materia di rischio di
incidente rilevante. Nel seguito si focalizza l’attenzione sul metodo,
evidenziandone le particolarità, sottolineandone punti di forza e debolezza e
suggerendo anche una modifica per il miglioramento del metodo stesso, alla luce
anche delle recenti attenzioni riservate dall’ultima Direttiva Europea sul pericolo
di incidenti rilevanti all’effetto domino, ossia al rischio di propagazione degli
effetti di un incidente primario, anche di modesta entità, e di innesco di incidenti
secondari con conseguenze ben più gravi. L’applicazione del metodo ad indici ad
un caso pratico, eseguita nell’ultima parte, sarà l’occasione per dimostrare la
rilevanza delle considerazioni effettuate.
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CAPITOLO1
NORMATIVA RELATIVA AL CONTROLLO DEI PERICOLI DI
INCIDENTI RILEVANTI
1.1 DIRETTIVE SEVESO
Il 10 luglio 1976, nello stabilimento della società ICMESA, situato nel territorio
del comune di Meda al confine con quello di Seveso, al’interno di un reattore
chimico destinato alla produzione di triclorofenolo, un componente di diserbanti,
si perse il controllo della temperatura, che salì oltre i limiti ammissibili.
L’esplosione del reattore fu evitata grazie all’apertura delle valvole di sicurezza,
ma l’alta temperatura raggiunta aveva causato una modifica della reazione, che
comportò una massiccia formazione di diossina, una delle sostanze chimiche più
tossiche.
Questa sostanza venne sospinta dal vento verso sud, formando una nube tossica,
contenente circa 10-12 kg di diossina, che interessò diversi comuni, in particolare
il comune di Seveso, situato immediatamente a sud della fabbrica. La nube colpì i
158 operai dell’azienda, circa 37.000 abitanti della zona e gli animali; inquinò
gravemente il suolo ed estese i suoi effetti dannosi al patrimonio genetico delle
persone colpite. Ma la cosa ancor più grave è che le persone furono informate
dell’accaduto dopo otto giorni.
Questo incidente ha spinto gli Stati europei a dotarsi di una politica comune in
materia di prevenzione di grandi rischi industriali a partire dal 1982, anno di
introduzione della Direttiva Seveso (Direttiva 82/501/CEE), per la prevenzione e il
controllo degli incidenti rilevanti.
Secondo la normativa Seveso, un incidente industriale è rilevante se si configura
come un’emissione, un incendio o un’esplosione di grande entità, dovuti a
sviluppi incontrollati durante l’attività e che dia luogo ad un pericolo grave,
immediato o differito, per la salute umana o per l’ambiente, all’interno o
all’esterno dello stabilimento, e in cui intervengano una o più sostanze
CAPITOLO 1 NORMATIVA RELATIVA AL CONTROLLO DEI PERICOLI DI INCIDENTI RILEVANTI
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pericolose. Tale normativa, recepita in Italia con il D.P.R. 17 maggio 1988, n. 175,
si proponeva di ridurre il rischio a livelli compatibili, grazie all’interazione tra le
misure preventive e quelle mitigative, partendo da un approccio improntato sulla
verifica analitico-impiantistica.
Successivamente la normativa ha subito degli aggiornamenti, con la seconda
Direttiva Seveso (Direttiva 96/82/CE), recepita in Italia con il D.Lgs 17 agosto
1999, n. 334, che pone l’accento anche sul controllo delle modalità adottate per
la gestione della sicurezza. Focalizzando l’attenzione su attività importantissime,
come la formazione e l’addestramento del personale, il controllo operativo, la
progettazione degli impianti e le modifiche che essi subiscono durante il loro
ciclo di vita. I suddetti elementi devono essere parti integranti e sostanziali di un
Sistema di Gestione della Sicurezza (SGS) che deve essere sviluppato in accordo
con le linee guida suggerite dal D.M. Ambiente 9 agosto 2000.
Infine, nel 2003, a seguito del verificarsi di tre gravi incidenti (il primo verificatosi
a Enschede, in Olanda, con l’esplosione di una fabbrica di materiale pirotecnico;
il secondo verificatosi a Baia di Mare, in Romania, quando il versamento di
cianuro ha inquinato le acque del Danubio; infine il terzo a Tolosa, in una
fabbrica di fertilizzanti, con un versamento nell’ambiente di nitrato di ammonio),
è stata emanata la Direttiva Seveso III (Direttiva 2003/105/CE), recepita in Italia
con il D.Lgs 21 settembre 2005, n. 238, che apporta alcune modifiche ed
integrazioni al D.Lgs 17 agosto 1999, n.334. Le principali novità riguardano:
un ampliamento del campo di applicazione della normativa vigente, con
l’aggiunta di nuove tipologie di industriali, con l’aumento delle sostanze
pericolose e con la riduzione della quantità limite;
un maggiore coinvolgimento dei soggetti interessati al processo di
pianificazione dell’emergenza, per esempio, attraverso la consultazione
dei lavoratori delle imprese subappaltatrici a lungo termine, per i piani di
emergenza interni, e della popolazione interessata, nel caso di
aggiornamenti dei piani di emergenza esterni;
maggiore attenzione attribuita alla pianificazione del territorio,
considerando nuove tipologie di rischio, quali edifici frequentati dal
CAPITOLO 1 NORMATIVA RELATIVA AL CONTROLLO DEI PERICOLI DI INCIDENTI RILEVANTI
8
pubblico, vie di trasporto principali, aree ricreative ed aree di particolare
interesse naturale o particolarmente sensibili dal punto di vista naturale;
l’ampliamento dei diritti dei cittadini interessati all’informazione sulle
misure di sicurezza.
1.2 LA NORMATIVA ITALIANA PER IL CONTROLLO DEI PERICOLI DI
INCIDENTI RILEVANTI
Come si è detto le tre Direttive Seveso sono state recepite dalla normativa
italiana, con tre successivi decreti, rispettivamente:
Decreto Presidente della Repubblica 17 maggio 1988, n.175 (Seveso I);
Decreto legislativo 17 agosto 1999, n. 334 (Seveso II);
Decreto legislativo 21 settembre 2005, n.238 (Seveso III).
Nel seguito illustreremo il contenuto del D.Lgs 17 agosto 1999, n. 334,
coordinato con le modifiche introdotte dal D.Lgs 21 settembre 2005 n.238, a cui
d’ora in avanti faremo riferimento con il termine Decreto.
Rispetto alla prima Direttiva Seveso, è possibile notare un cambiamento di
approccio al problema: ciò che ora viene preso in considerazione non è più la
tipologia di attività industriale ma la presenza di specifiche sostanze o preparati, i
quali sono individuati per categorie di pericolo e in predefinite quantità.
1.2.1 FINALITA’ (ARTICOLO 1)
Lo scopo del decreto è quello di prevenire gli incidenti rilevanti connessi a
determinate sostanze pericolose e a limitarne le conseguenze per l’uomo e per
l’ambiente (art. 1-Finalità).
L’«incidente rilevante» viene definito come «un evento quale un’emissione, un
incendio o un’esplosione di grande entità, dovuto a sviluppi incontrollati che si
verificano durante l’attività di uno stabilimento di cui all’articolo 2, comma 1, e
CAPITOLO 1 NORMATIVA RELATIVA AL CONTROLLO DEI PERICOLI DI INCIDENTI RILEVANTI
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che dia luogo ad un pericolo grave, immediato o differito, per la salute umana o
per l’ambiente, all’interno o all’esterno dello stabilimento, e in cui intervengano
una o più sostante pericolose» (art.3); mentre per «sostanze pericolose» si
intendono «sostanze, miscele o preparati elencati nell'Allegato I, parte 1, o
rispondenti ai criteri fissati nell'Allegato I, parte 2, che sono presenti come
materie prime, prodotti, sottoprodotti, residui, prodotti intermedi, ivi compresi
quelli che possono ragionevolmente ritenersi generati in caso di incidente» (art.
3). In Appendice A è riportato un estratto dell’Allegato I del Decreto.
1.2.2 CAMPO DI APPLICAZIONE (ARTICOLI 2 E 5)
Il decreto si applica agli stabilimenti in cui sono presenti sostanze pericolose in
quantità uguali o superiori a quelle indicate nel già citato Allegato I del Decreto.
Da notare che per «presenza di sostanze pericolose» si intende oltre a quella
reale anche a quella prevista, ovvero si debbono considerare anche le sostanze
che non sono presenti in condizioni operative normali, ma che si reputano
possano essere generate in caso di perdita di controllo di un processo industriale
(art. 2-Ambito di applicazione).
Il protagonista della disciplina è il «gestore» e (non più il fabbricante), definito
come «la persona fisica o giuridica che gestisce o detiene lo stabilimento o
l’impianto» (art. 3-Definizioni).
Il gestore è tenuto a seguire i principi del seguente decreto per prendere tutte le
misure idonee a prevenire gli incidenti rilevanti e a limitarne le conseguenze per
l’uomo e per l’ambiente (art.5-Obblighi generali del gestore). La figura 1.1 aiuta a
comprendere il campo di applicazione e l’insieme delle misure che devono
essere adottate, in relazione alla quantità di sostanze pericolose presenti
(Allegato I) o al tipo di stabilimento (Allegato A).
CAPITOLO 1 NORMATIVA RELATIVA AL CONTROLLO DEI PERICOLI DI INCIDENTI RILEVANTI
10
Figura 1.1 Campo di applicazione e misure da adottare
sono presenti sostanze
pericolose in quantità
uguali o superiori a
quelle indicate in
Allegato I parti 1 e 2
colonna 2?
si applica il
Decreto
334/1999
coordinato con il
Decreto 238/
2005
lo stabilimento è
compreso
nell’Allegato A?
adozione di misure
idonee a prevenire gli
incidenti rilevanti e a
limitarne le
conseguenze
sono presenti
sostanze pericolose in
quantità uguali o
superiori a quelle
indicate in Allegato I
parti 1 e 2 colonna 3?
individuazione rischi di incidenti rilevanti a
integrazione del documento di valutazione
dei rischi (DLgs 81/2008)
adozione appropriate
misure di sicurezza
informazione, formazione, addestramento ed
equipaggiamento di coloro che lavorano in situ
(Dm Ambiente 15/03/98)
documento che definisce la
politica di prevenzione degli
incidenti rilevanti (art. 7)
Notifica (art. 6)
Piani Emergenza Interni
(art. 11) e Piani di
Emergenza Esterni (art. 20)
informazione popolazione
(art. 22) e consultazione
(art. 23)
Rapporto di Sicurezza
(art. 8)
STOP
STOP
SI
NO
SI
NO
SI
NO
Infatti, anche nel caso in cui nello stabilimento sono presenti sostanze pericolose
in quantità inferiori a quelle indicate nell’allegato I, ma il tipo di stabilimento
ricade in uno di quelli presenti in allegato A, riportato in Appendice B. Il gestore
avrà comunque l’obbligo di:
a) prendere tutte le misure idonee a prevenire gli incidenti rilevanti e a
limitarne le conseguenze per l’uomo e per l’ambiente;
b) individuare i rischi di incidenti rilevanti mediante l’integrazione del
documento di valutazione dei rischi di cui al D.Lgs 81/2008;
c) adottare appropriate misure di sicurezza, informazione, formazione,
addestramento ed equipaggiamento di coloro che lavorano “in situ”,
conformemente al Dm ambiente 15 marzo 1998.
Quindi non dovranno essere osservati gli obblighi di notifica, documento di
prevenzione, piani di emergenza, informazione della popolazione e
consultazione, che espressamente sono previsti solo per stabilimenti in cui sono
presenti sostanze pericolose in quantità superiori a quelle indicate nell’Allegato I.
CAPITOLO 1 NORMATIVA RELATIVA AL CONTROLLO DEI PERICOLI DI INCIDENTI RILEVANTI
11
Infine se la quantità di sostanze pericolose coinvolte supera la quantità indicata
in colonna 3 dell’Allegato I, è necessaria la stesura del Rapporto di Sicurezza, i cui
contenuti saranno discussi nel paragrafo 1.3.
L’articolo 4 del Decreto contiene un insieme di attività che vengono escluse
generalmente perché soggette ad altre normative, come per esempio attività
militari, discariche di rifiuti, trasporti e scali merci ferroviari, porti industriali, etc..
1.2.3 SISTEMA DI GESTIONE DELLA SICUREZZA (ARTICOLO 6,7 E 8)
Punti salienti del sistema di gestione della sicurezza sono la notifica, il
programma per la gestione della sicurezza e il rapporto di sicurezza, che saranno
analizzati nei paragrafi successivi.
1.2.3.1 NOTIFICA (ARTICOLO 6)
La notifica compete al gestore degli stabilimenti dove sono presenti sostanze
pericolose in quantità uguali o superiori a quelle indicate nell’allegato I; deve
essere trasmessa al Ministero dell’ambiente, alla regione, alla provincia, al
comune, al prefetto, al Comando Provinciale dei Vigili del Fuoco competente per
territorio e al Comitato tecnico regionale o interregionale del Corpo nazionale
dei Vigili del fuoco. La notifica deve essere redatta entro centoottanta giorni
prima dell’inizio della costruzione di un nuovo stabilimento. La notifica deve
essere presentata nella forma di autocertificazione (legge 15/1968) e contenere
le seguenti informazioni:
a) il nome o la ragione sociale del gestore e l'indirizzo completo dello
stabilimento;
b) sede del domicilio del gestore, con l'indirizzo completo;
c) il nome o la funzione della persona responsabile dello stabilimento, se
diversa da quella di cui alla lettera a);
d) le notizie che consentano di individuare le sostanze pericolose o la
categoria di sostanze pericolose, la loro quantità e la loro forma fisica;
CAPITOLO 1 NORMATIVA RELATIVA AL CONTROLLO DEI PERICOLI DI INCIDENTI RILEVANTI
12
e) l'attività, in corso o prevista, dell'impianto o del deposito;
f) l'ambiente immediatamente circostante lo stabilimento e, in particolare,
gli elementi che potrebbero causare un incidente rilevante o aggravarne
le conseguenze.
Unitamente alla notifica è necessario inviare alle suindicate autorità le
informazioni richieste dall'allegato V, ossia la scheda di informazione sui rischi di
incidente rilevante per i cittadini ed i lavoratori, di cui è riportato un estratto in
Appendice C.
1.2.3.2 DOCUMENTO DI PREVENZIONE (ARTICOLO 7)
Anche il documento di prevenzione compete al gestore degli stabilimenti dove
sono presenti sostanze pericolose in quantità uguali o superiori a quelle indicate
nell’allegato I. Lo scopo di questo documento è quello di promuovere costanti
miglioramenti della sicurezza e garantire un elevato livello di protezione
dell’uomo e dell’ambiente con mezzi, strutture e sistemi di gestione appropriati.
Al documento deve essere allegato il programma adottato per l’attuazione del
sistema di gestione della sicurezza e deve essere redatto secondo quanto
previsto dall’Allegato III, che riportiamo per maggior chiarezza in Appendice D.
Tale redazione va preceduta dalla consultazione del rappresentate della
sicurezza di cui al D.Lgs 81/2008 e ss.mm. e seguendo le apposite linee-guida del
Dm Ambiente, Interno, Sanità e Industria; emanate con Dm 9 agosto 2000,
recante “Linee guida per l’attuazione del sistema di gestione della sicurezza”,
Gazzetta ufficiale 22 agosto 2000 n.195.
Il documento di prevenzione non va inviato; deve, invece, essere depositato
presso lo stabilimento, riesaminato ogni due anni e tenuto a disposizione delle
autorità competenti. Il gestore di nuovi stabilimenti adempie agli obblighi relativi
al documento contestualmente all’inizio dell’attività.
CAPITOLO 1 NORMATIVA RELATIVA AL CONTROLLO DEI PERICOLI DI INCIDENTI RILEVANTI
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1.2.3.4 RAPPORTO DI SICUREZZA (ARTICOLO 8)
Destinatario dell'obbligo di stesura del rapporto di sicurezza è il gestore degli
stabilimenti dove sono presenti sostanze pericolose in quantità uguali o superiori
a quelle indicate nell'allegato I, parti 1 e 2, colonna 3. In questi casi, il rapporto di
sicurezza va ad integrare il documento di prevenzione e si aggiunge alla notifica
di cui ai punti precedenti e deve evidenziare che (articolo 8, comma 2):
a) è stato adottato il sistema di gestione della sicurezza;
b) i pericoli di incidente rilevante sono stati individuati e sono state adottate
le misure necessarie per prevenirli e per limitarne le conseguenze per
l'uomo e per l'ambiente;
c) la progettazione, la costruzione, l'esercizio e la manutenzione di qualsiasi
impianto, deposito, attrezzatura e infrastruttura, connessi con il
funzionamento dello stabilimento, che hanno un rapporto con i pericoli di
incidente rilevante nello stesso, sono sufficientemente sicuri e affidabili;
per gli stabilimenti esistenti ubicati vicino a zone frequentate dal
pubblico, zone residenziali e di particolare interesse naturale (di cui
all'articolo 14, comma 6) il gestore ha adottato misure tecniche
complementari per contenere i rischi per le persone e per l’ambiente,
utilizzando le migliori tecniche disponibili;
d) sono stati predisposti i piani d'emergenza interni e sono stati forniti al
Prefetto gli elementi utili per l'elaborazione del piano d'emergenza
esterno al fine di prendere le misure necessarie in caso di incidente
rilevante.
Il Decreto prevede che l’emanazione di un decreto-guida per la stesura del
rapporto di sicurezza sia compito del Ministero dell’ambiente, di concerto con i
Ministri dell’interno, della sanità e dell’industria, del commercio e
dell’artigianato avrebbe dovuto emanare. Ma in attesa del suddetto decreto sarà
necessario basarsi sulla normativa esistente, ossia il DPCM 31 marzo 1989 (di cui
all’articolo 28, comma 3), integrato con gli ulteriori elementi di cui all’Allegato II
del D.Lgs 334/99 coordinato con il D.Lgs 238/2005, riportato in Appendice E.
CAPITOLO 1 NORMATIVA RELATIVA AL CONTROLLO DEI PERICOLI DI INCIDENTI RILEVANTI
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Il rapporto è inviato all’autorità competente, che ha il compito di valutarlo,
secondo le modalità e la tempista indicata in figura 1.2. Tale figura è stata
elaborata facendo riferimento a:
articolo 8 – Rapporto di sicurezza;
articolo 9 – Nuovi Stabilimenti: rapporto di sicurezza;
articolo 10 – Modifiche di uno stabilimento;
articolo 21 – Procedure per la valutazione del rapporto di sicurezza.
CAPITOLO 1 NORMATIVA RELATIVA AL CONTROLLO DEI PERICOLI DI INCIDENTI RILEVANTI
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Figura 1.2 Modalità e tempistiche di valutazione del Rapporto di Sicurezza
Nuovi
stabilimenti
Modifiche
stabilimenti
esistenti
Stabilimenti esistenti
Invio Rapporto preliminare
di Sicurezza al Comitato
Tecnico Regionale
Avvio da parte del
CTR dell’istruttoria
Rilascio nulla osta di
fattibilità?
Possibilità di
ottenere la
concessione edilizia
Divieto di
costruzione
Riesame rapporto di sicurezza
Invio Revisione Rapporto di
Sicurezza al Comitato
Tecnico Regionale
Avvio da parte
del CTR
dell’istruttoria
Parere tecnico
conclusivo
entro quattro mesi
NEGATIVO
Invio Rapporto di
Sicurezza definitivo
almeno ogni 5 anni
In qualsiasi momento a richiesta
del ministero dell’ambiente
Divieto o
limitazione di
esercizio
prima inizio costruzione
entro 4 mesi
NO SI
POSITIVO
prima
inizio attività
Possibilità di
avviare o
proseguire
l’attività
Nella figura 1.2 è il Comitato Tecnico Regionale (CTR) o interregionale che riceve
il rapporto di sicurezza degli stabilimenti che lo richiedono, si occupa di avviare
l’istruttoria e adotta il provvedimento conclusivo. Il Comitato è costituito da 7
CAPITOLO 1 NORMATIVA RELATIVA AL CONTROLLO DEI PERICOLI DI INCIDENTI RILEVANTI
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membri rappresentativi di diversi enti, vedi tabella 1.1., ed è integrato dal
Comandante provinciale dei Vigili del fuoco competente per territorio, ove non
sia già un componente (articolo 19 – Composizione e funzionamento del
Comitato tecnico regionale o interregionale).
Tabella 1.1 Composizione del Comitato Tecnico Regionale
NUMERO IN RAPPRESENTANZA DEL
2 Agenzia regionale per la protezione dell’Ambiente territorialmente competente
2 Dipartimento periferico dell’ISPESL territorialmente competente
1 Regione territorialmente competente
1 Provincia territorialmente competente
1 Comune territorialmente competente
Gli atti del CTR vengono trasmessi a Ministero dell’ambiente, Ministero
dell’interno, Regione, Prefetto, Sindaco e al Comando Provinciale dei Vigili del
Fuoco competente per territorio (per l’applicazione della normativa antincendio).
Un tecnico di fiducia del gestore partecipa all’attività istruttoria del CTR e il
gestore stesso può essere chiamato a partecipare alle riunioni del Comitato.
In generale distinguiamo due procedure di valutazione del rapporto di sicurezza:
stabilimenti nuovi e modifiche a stabilimenti esistenti; in questo caso il
gestore prima di iniziare a costruire deve inviare il rapporto preliminare di
sicurezza al CTR. Al ricevimento del rapporto preliminare di sicurezza il
CTR avvia l’istruttoria ed ha a disposizione 4 mesi di tempo (più ulteriori
due mesi nel caso sia necessaria l’acquisizione di informazioni
supplementari) per esaminarlo ed effettuare i sopralluoghi
eventualmente ritenuti necessari. Trascorso questo tempo il CTR dovrà
decidere fra:
a) divieto di costruzione, se sono presenti gravi carenze per quanto
riguarda la sicurezza;
b) rilascio del nulla osta di fattibilità;
c) rilascio del nulla-osta di fattibilità condizionato.
CAPITOLO 1 NORMATIVA RELATIVA AL CONTROLLO DEI PERICOLI DI INCIDENTI RILEVANTI
17
Il rilascio del nulla osta di fattibilità è necessario ma non sufficiente per
l’ottenimento della concessione edilizia.
Infine prima dell’inizio dell’attività il gestore dovrà inviare al CTR, il
rapporto definitivo di sicurezza relativo al progetto particolareggiato; al
ricevimento del quale il CTR avvia una nuova istruttoria, rispettando le
tempistiche e le procedure precedenti, al termine di cui dovrà esprimere
un parere tecnico conclusivo. Il parere tecnico conclusivo contiene le
valutazioni finali e può essere:
a) negativo, che implica il divieto o la limitazione di esercizio, nel
caso in cui le misure adottate dal gestore per la prevenzione e la
riduzione di incidenti rilevanti siano nettamente insufficienti;
b) positivo;
c) positivo con prescrizioni integrative.
stabilimenti esistenti; gli stabilimenti esistenti devono revisionare il
rapporto di sicurezza (di cui all’articolo 8, comma 7):
a) almeno ogni 5 anni;
b) ogni qualvolta il Ministero dell’ambiente lo richieda.
Il rapporto revisionato di sicurezza revisionato viene inviato al CTR. Al
ricevimento del rapporto revisionato di sicurezza il CTR avvia l’istruttoria
ed ha a disposizione 4 mesi di tempo (più ulteriori due mesi nel caso sia
necessaria l’acquisizione di informazioni supplementari) per esaminarlo
ed effettuare i sopralluoghi eventualmente ritenuti necessari. Infine come
anche nel caso precedente il CTR dovrà esprimere un parere tecnico
conclusivo. Il parere tecnico conclusivo contiene le valutazioni finali e può
essere:
d) negativo, che implica il divieto o la limitazione di esercizio, nel
caso in cui le misure adottate dal gestore per la prevenzione e la
riduzione di incidenti rilevanti siano nettamente insufficienti;
e) positivo;
f) positivo con prescrizioni integrative.
CAPITOLO 1 NORMATIVA RELATIVA AL CONTROLLO DEI PERICOLI DI INCIDENTI RILEVANTI
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In entrambi i casi sono previsti sopralluoghi tesi a garantire che i dati e le
informazioni contenuti nel rapporto di sicurezza descrivano fedelmente la
situazione dello stabilimento.
Con l’articolo 72 del Decreto Legislativo 31 marzo 1998, n. 112, si attua il
conferimento dello Stato alle Regioni riguardo le istruttorie per gli stabilimenti di
cui all’articolo 8. Pertanto le singole Regioni con successive modifiche possono
variare l’autorità competente per la valutazione del rapporto di sicurezza, che
altrimenti rimane il CTR (di cui all’articolo 19, comma 1).
Poiché alcuni dati contenuti nel rapporto di sicurezza sono riservati e non
possono essere rivelati al pubblico, il gestore può trasmettere alla regione
territorialmente competente una versione del rapporto di sicurezza priva di tali
parti, ai fini dell’accessibilità della popolazione (di cui all’articolo 8, comma 9).
Le informazioni che devono figurare nel rapporto di sicurezza, possono essere
limitate previa disposizione espressa del Ministero dell’ambiente che interviene
quando il gestore comprova che determinate sostanze presenti non possono
creare alcun pericolo di incidente. L’elenco di questi stabilimenti e i motivi della
limitata informazione sono trasmessi dal Ministero dell’ambiente alla
Commissione europea.
1.2.4 PIANI DI EMERGENZA (ARTICOLI 11 E 20)
Il sistema di gestione della sicurezza, per gli stabilimenti di cui all’articolo 8 (cioè
quelli per i quali il gestore è obbligato alla redazione del rapporto di sicurezza), si
completa con il piano di emergenza interni (PEI) ed esterno (PEE).
Il PEI (articolo 11) deve essere trasmesso al prefetto e alla provincia
prima di iniziare l’attività; inoltre esso deve essere revisionato,
sperimentato e, se necessario, riveduto ed aggiornato dal gestore, previa
consultazione del personale che lavora nello stabilimento, ivi compreso il
personale di imprese subappaltatrici a lungo termine, ad intervalli
appropriati, e, comunque non superiore a tre anni. Per la sua redazione è
fondamentale attenersi ai punti previsti dall’allegato IV (Dati e