1. INTRODUZIONE
Gli oomiceti (Oomycota, sinonimo Oomycetes) sono una classe di microrganismi
appartenenti al regno dei Cromisti. Questo gruppo, è stato di recente separato da quello
dei funghi ai quali somiglia per avere un micelio con sviluppo filamentoso. Gli oomiceti
si caratterizzano per la presenza di cellule mobili fornite di ciglia, utili durante la fase di
diffusione; inoltre la parete cellulare è costituita da una miscela di composti cellulosici e
glucani (non chitina, come nei funghi). I nuclei all'interno dei filamenti sono diploidi,
con due insiemi di informazioni genetiche, non aploidi come nei funghi. Le loro
strutture riproduttive sono costituite da anteridi e oogoni.
Agli Oomiceti, che nella letteratura inglese vengono citati come organismi “fungus-
like” o “water moulds” “funghi d’acqua", appartiene la famiglia delle Pythiaceae con
due generi, molto importanti nel campo fitopatologico: Pythium e Phytophthora.
Negli Oomiceti la riproduzione asessuata avviene tramite zoospore mobili, biflagellate
che vengono formate all’interno di un “sacco” detto “zoosporangio” portato da un’ifa
sporangiofora. A maturità, una piccola apertura si forma sulla parete e le zoospore
vengono rilasciate nell’ambiente dove sono capaci di diffondersi muovendosi
nell’acqua. In alcune specie si formano delle strutture vegetative a parete spessa dette
“clamidospore", che permettono la conservazione e il mantenimento dell’organismo
quando le condizioni ambientali sono sfavorevoli.
La riproduzione sessuata avviene a seguito della fusione della struttura maschile
(anteridio) con quella femminile (oogonio), ben distinte morfologicamente. A differenza
dei veri funghi, solamente i nuclei dei due gameti maturi sono aploidi, mentre il micelio
e le zoospore sono diploidi. Gli oogoni fertilizzati maturano e danno luogo alle
“oospore” organi preposti alla conservazione e alla infezione. I due gameti possono
essere portati e formarsi da un solo e singolo micelio ("tallo", in tal caso omotallico), o
da due differenti miceli (eterotallico).
Il ciclo biologico di questi organismi è legato all’acqua, che rappresenta il principale
vettore di diffusione della malattia. Hanno micelio cenocitico con pochi o nessun setto e
in acqua producono zoosporangi che portano zoospore biflagellate. Le oospore, che si
formano singolarmente all’interno dell’oogonio dopo che è stato fecondato
dall’anteridio, permettono al patogeno di conservarsi nel terreno anche per molti anni.
Altre strutture di conservazione sono le clamidospore.
Attualmente, le specie di Phytophthora riconosciute sono oltre 70. La maggior parte di
esse hanno habitat terricolo e numerose tra quelle descritte recentemente sono state
trovate in ecosistemi naturali, seminaturali o forestali (Rizzo et al., 2002; Streito et al.,
2002; Brasier et al., 2003; Jung et al., 2003; Jung e Blaschke, 2004; Cacciola et al.,
2005). L'impatto di alcune specie di Phytophthora introdotte accidentalmente in
ecosistemi naturali o seminaturali è stato in molti casi devastante. Sono esempi
significativi della dannosità di questi patogeni in ecosistemi forestali le epidemie di mal
dell'inchiostro del castagno causate da P. cambivora e P. cinnamomi, quelle di P.
cinnamomi nei boschi di eucalipto dell'Australia e di P. lateralis nelle foreste di
cipresso di Lawson in Oregon (Vannini e Vettraino, 2002; Vettraino et al., 2005). Altre
malattie epidemiche di piante forestali causate da specie terricole di Phytophthora
agenti di marciume radicale e di cancri gommosi, che hanno interessato aree più
limitate, sono il deperimento dei popolamenti di quercia da sughero nella penisola
Iberica e il "southern oak death" (SOD) causata da P. ramorum ed altre specie "minori",
quali P. pseudosyringae e P. nemorosa, nelle foreste di quercia della California e
dell'Oregon (Brasier, et. al., 1993). Negli ultimi anni, altre specie di Phytophthora, in
aggiunta a quelle già citate, sono state indicate come responsabili di deperimenti di
foreste di quercia e di faggio nell'Europa Centrale e della morte degli ontani che
caratterizzano la vegetazione riparia di corsi d'acqua e delle zone umide dell'Europa
Centrale e Settentrionale (Streito et al., 2002; Jung e Blaschke, 2004).
Alcune specie terricole di Phytophthora sono agenti causali di gravi malattie di piante
coltivate. Il marciume radicale e del colletto, ad esempio, causa la morte di un elevato
numero di piante ortive, ornamentali e rilevanti perdite di prodotto in numerose aree
frutticole di tutto il mondo. In campo, l'incidenza di queste malattie è maggiore nelle
annate piovose e in terreni pesanti.
Metodi di diagnosi pratici, rapidi e sensibili potrebbero essere di grande utilità per la
certificazione delle piantine in vivaio e per il monitoraggio dell'inoculo nel terreno sia
nei vivai sia negli impianti commerciali, nel contesto di strategie di difesa integrata o
guidata. Tradizionalmente, le specie di Phytophthora sono state identificate sulla base
delle loro caratteristiche morfologiche e biochimiche (Brasier et al., 1999; Appiah et al.,
2003). Tuttavia, i metodi molecolari risultano più affidabili e sensibili (Schlick et al.,
1994).
Tra i metodi di diagnosi molecolare sono stati largamente utilizzati quelli che utilizzano
la PCR, con primer costruiti sulla base delle sequenze ITS del rDNA. Tale DNA ha il
vantaggio di presentare, da un lato, una sufficiente variabilità tra le diverse specie e,
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dall'altro, regioni conservate all'interno della stessa specie. Coppie di primer specie-
specifiche sono state disegnate anche sulla base di altre regioni geniche.
1.1 Tassonomia e biologia del genere Phytophthora
Famiglia: Pythiaceae; Classe: Oomycetes; Regno: Chromista.
Il genere Phytophthora è strettamente correlato al genere Pythium, entrambi
appartenenti alla famiglia delle Pythiaceae (così chiamata perché Pythium è stato il
genere descritto per primo). Le differenze morfologiche tra i due risiedono
fondamentalmente nel modo di produzione e rilascio delle zoospore. Infatti, Pythium
non produce le zoospore all’interno degli sporangi, in Phytophthora, le zoospore invece
vengono liberate individualmente per dissoluzione della papilla (piccola estroflessione
dello zoosporangio). Entrambi i generi raccolgono specie di parassiti delle piante
forestali ed agrarie, non obbligati e saprotrofi.
Habitat e Ciclo di Phytophthora
Gli Oomiceti del genere Phytophthora sono organismi che compiono il loro ciclo come
parassiti di piante, in gran parte dicotiledoni, generalmente delle porzioni radicali. Non
sono in grado di crescere e competere in un suolo dove sono presenti altri
microrganismi. Difatti sono patogeni primari, la maggior parte delle specie attacca solo
piante sane, tessuti intatti o con ferite fresche e non tessuti già attaccati da altri
microrganismi.
Sono responsabili della maggior parte dei marciumi che interessano piante legnose:
Tsao (1990) sostiene che il 90% dei marciumi sia attribuibile a Phytophthora. Possono
infettare le radici di piante legnose per mesi o anni senza che si abbiano sintomi fogliari:
spesso un albero può perdere il 50% del suo apparato radicale senza che si abbiano
sintomi a livello della chioma.
Le malattie causate dal genere Phytophthora riguardano molte specie vegetali,
interessando diverse tipologie di ambienti: da quello vivaistico, urbano a quello
forestale. Proprio per questo motivo tali specie patogene hanno determinato forti
perdite, non solo a livello paesaggistico in ambito forestale – urbano ma anche a livello
economico, soprattutto nel caso dei vivai e delle piante destinate all’alimentazione; ad
esempio Phytophthora infestans, agente causale della peronospora della patata, provocò
tra il 1845 e il 1849 la grande carestia irlandese. In questi contesti si possono inoltre
ricordare in ambiente forestale Phytophthora cambivora, agente del mal dell’inchiostro
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del castagno e Phytophthora cinnamomi e cactorum in vivaio, e Phytophthora spp.
recentemente segnalate in alberature di ippocastano. Le specie sopracitate verranno qui
di seguito descritte.
Facendo riferimento alle specie terricole si può prendere come esempio il ciclo di P.
cactorum. I propaguli che danno origine all’infezione sono le zoospore, che si originano
da ife o germinano da oospore e sporangi. L’infezione avviene di solito durante periodi
caldo-umidi, dove le zoospore, dotate di flagelli, vengono rilasciate dagli sporangi in
condizioni di saturazione del suolo, infettando la pianta attraverso la presenza di piccole
ferite. Una volta raggiunto l’ospite, il patogeno lo colonizza producendo ife all’interno
dei tessuti. L’entità dei sintomi può dipendere dalle specie ospiti, ma di solito è
maggiormente influenzata dalle condizioni ambientali favorevoli.
Fig.1 Ciclo ed epidemiologia di P. cactorum
(APSnet.org)
1.1.1 Phytophthora cambivora (Petri) Buisman (1927)
Phytophthora cambivora (Petri) Buisman, è l’organismo responsabile del mal
dell’inchiostro (malattia diffusa in Europa e negli Stati Uniti) sul castagno (Castanea
sativa). Il patogeno, la cui origine deriva da paesi tropicali è stato descritto in Italia nel
1917 da Petri come Blepharospora cambivora Petri. Nel nostro Paese questo organismo
è stato introdotto alla fine dell’ottocento e si è poi diffuso nei castagneti, ma anche nei
vivai forestali, lungo tutta la penisola.
P. cambivora è associata al marciume radicale, del colletto e cancri su circa 30 specie
arboree incluse: Acer pennsylvanicum L., Fagus sylvatica L., Juglans sp., Malus spp.,
Prunus spp. e Rhododendron sp. (Erwin e Ribeiro 1996).
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Caratteristiche morfologiche
Gli sporangiofori hanno diametro di 3-4 m, in genere non sono ramificati, ma
proliferano all’interno dello sporangio vuoto. Gli sporangi sono papillati, di forma
ovale, piriforme o ellissoidale con base arrotondata in relazione al mezzo di coltura
utilizzato; di dimensioni di 55-65 x 40-45 m e si formano solo in soluzioni acquose.
P. cambivora è normalmente eterotallica (presenta mating type A1 e A2).. Gli oogoni
sono sferici, di colore giallo bruno e prodotti nella parte terminale; hanno diametro
medio di 43 m, con un massimo di 62 m (Waterhouse e Waterston 1966). La parete
esterna di più del 50% degli oogoni è verrucosa. Gli organi sessuali possono essere rari
o assenti nei singoli ceppi colturali, ma prodotti nel giro di 10 giorni quando cresciuti
con alcuni ceppi di P. nicotianae e la sua var. parasitica. Gli oogoni sono prodotti in
abbondanza solo quando associati a un isolato di mating type opposto della stessa specie
o di una specie differente. Alcuni isolati A2 producono oogoni in coltura singola
(Gerretson-Cornell 1977). Lo spessore medio della parete degli oogoni è di 2 m
(Waterhouse e Waterston 1966). Le oospore riempiono quasi tutto l’oogonio. Il
diametro medio delle oospore è di 36 m con uno spessore di parete di 3 m
(Waterhouse e Waterston 1966).
Gli anteridi di P. cambivora sono sempre anfigini, sono normalmente allungati,
unicellulari o bicellulari; il 60% degli anteridi osservati da Ho et al. (1977) sono
bicellulari. La lunghezza media riportata dell’anteridio è di 25 m con un valore
massimo di 35 m (Waterhouse e Waterston 1966).
Caratteristiche delle colture
Il micelio ha ife coralloidi spesso distorte in forme irregolari, quelle più vecchie hanno
pareti spesse ed ampie (7 m). Le colture sono uniformi con micelio da moderato ad
abbondante. Mircetich e Matheron (1976) riportano che gli isolati da ciliegio producono
colture uniformi e lanuginose su agar con farina d’avena a 21°C. I miceli più vecchi
sono spesso settati (Mircetich e Matheron 1976). Luo et al. (1988) hanno riportato che
le forme delle colonie degli isolati variano da stellate a uniformi (forma non
distinguibile). La temperatura minima di crescita è 2°C, l’optimum è 22-24°C, la
massima di 32°C (arresto della crescita).
Caratteristiche distintive
P. cambivora, dal punto di vista morfologico, è simile a P. cinnamomi, ma differisce per
il fatto che di rado produce protuberanze ifali con parete sottile leggermente pigmentate
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e clamidospore, prodotte invece da P. cinnamomi. Alcuni oogoni di P. cambivora
presentano superficie corrugata, mentre quelli di P. cinnamomi hanno parete liscia. P.
cambivora è inoltre distinta dal punto di vista sierologico da P. cinnamomi.
Malattie causate da Phytophthora cambivora
Mal dell’inchiostro del castagno
P. cambivora di solito infetta la pianta vicino alla base del tronco o alle radici. Il
sintomo associato alla presenza di P. cambivora, che da il nome alla malattia (mal
dell’inchiostro), è costituito dalla la fuoriuscita di un essudato nerastro alla base del
tronco. Anche dalle lesioni a livello radicale fuoriesce un essudato blu nerastro, che
macchia il suolo circostante le radici. Tale manifestazione compare in genere solo
quando la pianta è fortemente attaccata e prossima alla morte. Più spesso si notano
sintomi sulla chioma, che appare clorotica e rada con microfillia nelle parti alte della
chioma e talvolta con presenza di ricci non completamente sviluppati, di piccole
dimensioni, che restano attaccati per tutto l’inverno. Quando l’infezione si sviluppa
lentamente, la pianta in genere muore alla fine del secondo anno.
In Italia la malattia del mal dell’inchiostro è associata generalmente a P. cambivora
mentre in altri paesi europei (Portogallo, Francia) è imputata principalmente a P.
cinnamomi (Crandall et al. 1945; Crandall 1950).
P. cambivora è un patogeno che vive nel suolo, quindi la malattia si sviluppa
rapidamente quando si verificano ristagni idrici, anche temporanei in primavera o in
autunno e la temperatura è mite intorno ai 20-24°C e non supera i 30°C.
Fig.2-3 Sintomi su chioma e tronco di castagno
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Marciume radicale e disseccamento di specie da frutto: Prunus (Ciliegio,
Pesco, Prugno e Albicocco) e di Malus (Melo)
Gli alberi da frutto appartenenti alle Rosaceae come il ciliegio, il pesco, il prugno,
l’albicocco e il melo sono soggetti a infezione da P. cambivora e da diverse altre specie
di Phytophthora (Mircetich 1982). Wicks e Lee (1986) riportano che in Australia solo il
mating type A1 di P. cambivora è patogeno del mandorlo.
I sintomi degli alberi infetti da Phytophthora assomigliano a quelli causati da altri
patogeni agenti di marciume. Durante lo stadio iniziale dell’infezione, gli alberi infetti
sono difficili da distinguere dagli alberi sani. In stadi più avanzati, si assiste a
microfillia, clorosi e avvizzimento fogliare, o altrimenti gli alberi muoiono
improvvisamente a inizio estate senza il manifestarsi di sintomi osservabili. Spesso
l’unico modo per determinarne la causa è l’isolamento dell’agente patogeno dalle radici
della pianta malata. Marciume radicale e avvizzimento della chioma si possono avere
sulla stessa pianta. Alla base dell’albero si può avere la disgregazione della corteccia.
Queste infezioni progrediscono ed in alcuni casi si fondono insieme fino a circondare
interamente il tronco. Le radici infette diventano brune, secche e fragili a differenza di
quelle marce, acquose tipiche di altri patogeni che provocano marciumi.
Dopo l’infezione lo sviluppo della malattia dipende dalla struttura radicale, dalla
quantità d’acqua presente nel terreno, l’età degli alberi. Le infezioni sono più frequenti
sugli individui giovani da 3 a 8 anni e sono favorite da temperature moderate inferiori a
30°C.
1.1.2 Phytophthora cactorum (Leb. and Cohn) Schroeter (1886)
Questo organismo è stato descritto in passato con diversi nomi:
Peronospora cactorum Leb. and Cohn (1870), Peronospora sempervivi Schenk (1875),
Phytophthora fagi (Hartig) Hartig (1876, 1880), Phytophthora omnivora de Bary
(1881), Phloeophthora cactorum (Leb. and Cohn) G.W.Wilson (1907), Nozemia
cactorum (Leb. and Cohn) Pethybridge (1913), Phytophthora pini Leonian (1925), e
Phytophthora paeoniae Cooper and Porter (1928).
P. cactorum è una specie segnalata per la prima volta su Cactus marci in
Cecoslovacchia da Lebert e Cohn (1870), attualmente è diffusa in tutto il mondo, ma è
più frequente nelle zone temperate. Provoca marciume radicale e del colletto, marciume
dei frutti, cancri, ingiallimento e avvizzimento fogliare. Colpisce più di 200 specie di
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