Capitolo 1 - La finanza islamica
2
1. Fondamenti di finanza islamica
Storicamente le civiltà caratterizzate da religioni monoteistiche hanno
risentito nei loro sistemi giuridici ed economici dei principi religiosi.
La vera spaccatura tra economia occidentale e orientale, è venuta a
crearsi quando le civiltà cristiane hanno abbandonato la visione prettamente
religiosa, per adottarne una squisitamente laica che trova riscontro
nell’affermazione delle libertà fondamentali, condivise senza riserve dai
sistemi economici e giuridici. La stessa cosa non può dirsi per le civiltà
islamiche, che rimangono fortemente ancorate alla tradizione religiosa
secondo la quale non si può rinunciare ad alcuni principi basilari, contenuti
all’interno del Corano e della Legge Sacra.
La finanza islamica mostra una stretta dipendenza dai testi sacri. La
cornice di riferimento dell’etica commerciale islamica, è infatti, da un
millennio, la Sharia, termine arabo usato per indicare la legge divina
contenuta nel Corano e nella Sunna.
Il Corano contiene l’insieme delle rivelazioni che il Profeta Maometto
affermò di aver ricevuto quattordici secoli fa da Allah ed è destinato a ogni
uomo sulla terra a prescindere dalla sua fede religiosa.
La Sunna, invece, seconda fonte della legge islamica, è costituita dagli
atti e dai detti di Maometto.
Nell’analisi delle fonti religiose, il ruolo centrale è rivestito dal Fiqh, la
giurisprudenza islamica, che permette una lettura appropriata e
un’interpretazione corretta della legge divina
1
.
È evidente come sia difficile, se non impossibile, gestire il sistema
finanziario con le leggi capitalistiche, troppo lontane dal preciso utilizzo
del denaro dettato dalle norme coraniche.
Tali norme esprimono la loro valenza al di là dei valori morali di
ciascuno e divengono principi irrinunciabili sui quali formare l’intera
collettività. Dunque, i testi sacri forniscono un modello unico di riferimento
1
I singoli giudizi emersi da tale interpretazione sono detti Fatwa. Il Fiqh può essere costituito in
due modi: tramite il raggiungimento del consenso tra gli Ulema (dottori della legge) e si tratta di
Ijma o per deduzione attraverso l’analogia con i principi esistenti e si tratta di Quiyas.
Capitolo 1 - La finanza islamica
3
tanto per la giurisprudenza quanto per l’economia. Nonostante ciò, si può
affermare che la finanza rimane l’aspetto più occidentale del mondo
musulmano.
Lo scopo delle suddette norme è quello di rendere il fedele musulmano,
membro della società islamica, un uomo socialmente responsabile e
altruista, in contrapposizione all’egoista e avido uomo che caratterizza la
teoria economica moderna, basata sull’idea che un sistema economico
possa autoregolarsi.
Secondo l’opinione degli economisti islamici questa serie di norme
comportamentali, altrimenti detti “principi dell’economia islamica”,
soddisfa i bisogni di una società, in modo più efficace rispetto alla
cosiddetta mano invisibile, introdotta dall’economista Adam Smith
2
.
2. I principi
L’economia islamica si fonda precisamente su tre principi fondamentali:
il principio della tawhid e della fratellanza, quello del lavoro e della
produttività e quello della distribuzione equa.
Tawhid significa letteralmente “unità e unicità di Dio” e secondo tale
principio, dietro un’economia basata sullo scambio commerciale,
sull’allocazione delle risorse e sulla massimizzazione del profitto, c’è una
verità fondamentale: la giustizia sociale. Nell’Islam, la capacità di
comprendere e diffondere questa giustizia sociale, deriva dalla conoscenza
e dalla pratica dei principi del Corano.
L’essenza della tawhid e della fratellanza risiede nei principi di
eguaglianza e cooperazione tra gli uomini, in quanto generati tutti dallo
stesso Dio.
Il secondo principio riguarda il lavoro e la ricompensa per il lavoro
effettuato. Esso afferma che il salario di un individuo deve essere
2
L’economista Adam Smith, nell’opera “La ricchezza delle nazioni”, afferma che i partecipanti a
un’economia di mercato sono motivati dall’interesse personale e che la Mano invisibile del
mercato, guida questo interesse personale verso la promozione dell’interesse economico
generale.
Capitolo 1 - La finanza islamica
4
proporzionato alla categoria del lavoro svolto. Qualora un individuo
acquisisca un introito maggiore di quanto gli sia dovuto, egli commette ciò
che è conosciuto come rububiyya, l’esclusivo possesso dei mezzi di
produzione.
Il terzo principio fondamentale è il diritto della società a ridistribuire la
proprietà privata. L’imparziale redistribuzione del benessere è doveroso per
ogni Stato e individuo musulmani, e si fonda sulle basi della tawhid e della
fratellanza. L’obiettivo di questa redistribuzione è di incrementare la
produttività degli introiti nazionali al fine di garantire la prosperità dei
lavoratori e il benessere dei cittadini.
3. Le proibizioni
L’Islam è l’unica tra le religioni principali che condanna il prestito con
interessi.
Il Corano, infatti, proibisce il pagamento di interessi fissi o determinabili
sui fondi prestati (Riba
3
), nel rispetto del principio della tawhid e della
fratellanza: il denaro non può generare altro denaro perché, se così fosse, si
produrrebbe la tendenza considerata diabolica, all’accumulazione della
ricchezza nelle mani di pochi. La proibizione di Riba si fonda sul credo
secondo il quale non ci può essere guadagno senza assunzione di rischio e
storicamente, nacque in contrapposizione ai costumi delle tribù pre-
islamiche. Queste utilizzarono lo strumento con modalità estreme,
imponendo tassi di interesse molto al di sopra di quello che oggi si potrebbe
definire equilibrio di mercato scontrandosi con il principio della fratellanza
e inducendo all’accumulazione di capitale nelle mani di pochi.
Il concetto di interesse sarebbe accettato dall’economia islamica se fosse
realmente legato al processo di produzione, poiché in tal caso il tasso di
interesse corrisponderebbe al tasso di crescita della produzione.
3
Il riba letteralmente significa aumento e indicava la pratica araba pre-islamica consistente nel
raddoppio del debito nel caso in cui il debitore non era in grado di pagare alla scadenza. Questa
vera e propria forma di usura finiva per far cadere il debitore in schiavitù a causa del mancato
pagamento.
Capitolo 1 - La finanza islamica
5
Oltre al tasso di interesse, il libro sacro proibisce il guadagno basato
sull’incertezza contrattuale: ogni elemento del contratto deve essere
determinato con chiarezza per evitare che una delle parti possa trarre un
ingiusto profitto. All’incertezza è legato il concetto negativo di Gharar
4
,
definito come mancanza di conoscenza derivante da problemi di tipo
informativo, relativi ad uno qualsiasi degli elementi essenziali di una
transazione. L’area assicurativa è quella in cui il Gharar si riscontra più
frequentemente. Nelle assicurazioni accade che l’assicurato paghi dei premi
assicurativi per essere ripagato nel caso incorra in un certo tipo di danno.
Può capitare che l’assicurato riscuota una grossa somma di denaro pagando
un solo premio o che ne paghi più di uno senza incorrere in perdite e quindi
senza ricevere alcun indennizzo. Entrambe sono forme di Gharar, poiché
non si può comprare un’assicurazione o la sicurezza; esse non sono ritenute
oggetto di vendita dato che non è chiaro che cosa si stia comprando. Nel
seguito del lavoro si analizzerà meglio il contratto di Takaful
(un’assicurazione islamica) e il suo funzionamento. Inoltre i contratti
assicurativi sono vietati poiché molte compagnie investono in obbligazioni
statali riscuotendo interessi predeterminati.
Oltre a ciò sono espressamente vietate le pratiche economiche che
implicano i concetti di Maisir (speculazione) e Haram ossia attività proibite
dal Corano connesse alla produzione/distribuzione di alcool, tabacco, armi,
pornografia, ecc.
Letteralmente Islam significa devozione a Dio, più precisamente ad
Allah.
I musulmani, nel rispetto delle loro diversità, sono tutti legati da una
fondamentale unità rappresentata dalla Sharia, che come già detto, designa
l’intero complesso di norme che regolano gli aspetti sociali ed economici
della vita dei credenti.
4
La proibizione di Gharar deriva principalmente dagli Hadith (i racconti dei testimoni della vita di
Maometto) riguardo la vendita di pesci che sono ancora in mare o uccelli che sono ancora in
cielo, quindi nel particolare la vendita di oggetti probabili ma le cui caratteristiche o la cui
esistenza non sono certe.
Capitolo 1 - La finanza islamica
6
Per la Sharia e di conseguenza per il Corano, è proibita la rendita
finanziaria ma non quella commerciale. Nonostante l’apparente
somiglianza, per l’Islam i profitti ottenuti dal commercio sono del tutto
diversi rispetto a quelli ottenuti dal prestito e tale distinguo, offre
l’opportunità di creare dei prodotti finanziari che non offendano la
religiosità dell’individuo.
Assieme al filtro religioso e alla proibizione di Riba, esiste un terzo
pilastro su cui si basa l’economia islamica, la Zakat
5
ossia la tassa
generalizzata sulla ricchezza.
Per il pagamento, viene calcolato un livello minimo di benessere
(nisaab), oltre questo livello tutti i musulmani sono tenuti a versare una
quota pari al 2,5%
6
del proprio reddito. La Zakat non è imponibile sui beni
utili alla sussistenza e nemmeno sui capitali che vengono investiti; di fatto
essa viene imposta solo sui patrimoni inattivi e questa è la caratteristica che
le conferisce un effetto moltiplicatore del benessere. Letteralmente, Zakat
significa “purificazione” e il suo pagamento viene considerato essenziale
poiché purifica la ricchezza dalla malefica tendenza di accumularsi nelle
mani di pochi.
4. L’evoluzione della finanza islamica
Nel IV secolo d.C. l’Islam si avviò a diventare il principio organizzativo
dominante del nord Africa e del Medio Oriente. Tuttavia, dalla comparsa
dell’Islam fino alla fine degli anni ’50 del secolo scorso, a causa
dell’arretratezza dell’economia dell’area mediorientale che si presentava
prevalentemente agraria, l’esigenza di servizi finanziari è stata minima o
addirittura assente e i rapporti commerciali con aree del mondo non
islamiche, sono stati scarsi e poco significativi, quindi si può affermare che
il fenomeno di finanza islamica è praticamente contemporaneo.
5
Secondo la tradizione, il fondo zakat viene utilizzato per i Musulmani bisognosi che si trovino in
condizioni di schiavitù o che siano prigionieri di guerra ma anche per tutti coloro che sono al
servizio della causa di Dio nella propagazione dell’Islam.
6
Il tasso è originariamente fissato al 2,5%; esso può essere modificato in qualsiasi momento ma
soltanto marginalmente.