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1.2.2 La rivoluzione Napster, l’atto di nascita del file sharing.
Nel 1998 uno studente americano di nemmeno 18 anni, Shawn Fanning, decise di cambiare
per sempre la sua vita, ma anche quella di milioni di utenti Internet, appassionati di musica e di
cinema, nonché di tutte le più grandi case discografiche e cinematografiche del mondo. Il suo
pallino per l‟informatica, che di certo tra i suoi amici gli sarà valso l‟appellativo di nerd, lo portò a
lavorare per mesi su un progetto ambizioso quanto folle, almeno per l‟epoca: un codice informatico
che permettesse la creazione di un programma in grado di fornire un modo semplice di scaricare e
condividere file musicali in formato .mp3 attraverso Internet.
Per molti, un semplice “smanettone” come tanti, non diverso da chi cercava di violare le
password dei siti pornografici a pagamento. La sua rivincita per mesi spesi davanti a uno schermo
cominciò a prendere forma sul finire del 1998, e si concretizzò nel giugno del 1999, quando venne
aperto Napster, il primo vero programma di file sharing della storia. La rete conobbe così qualcosa
di nuovo, una sorta di motore di ricerca all‟interno del quale potere cercare i brani più famosi della
storia della musica, le hit del momento, gli album che prima si potevano trovare solo in polverosi
negozi di periferia o le ultime uscite che normalmente si era costretti a pagare a caro prezzo. E fu
un successo immediato quanto dirompente.
Figura 2. Shawn Fanning, una mente rivoluzionaria sotto a un cappello da baseball.
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Fanning era convinto che i ragazzi fossero disposti a condividere online con tutti gli altri
utenti i file presenti sui propri hard disk, al fine di creare un database dove trovare praticamente
qualsiasi canzone composta fino a quel giorno. E non sbagliava: grazie al passaparola, Napster,
inizialmente testato in versione Beta (cioè di prova), raggiunse una popolarità mondiale, e ben
presto milioni di utenti scaricarono il software e iniziarono ad usarlo. Era nato ufficialmente il peer-
to-peer: milioni di persone trasformarono gli hard disk dei loro Pc privati in server, scaricando file
dalla rete e mettendoli a propria volta in condivisione, in modo che fossero sempre di più i brani
che si potevano trovare attraverso le ricerche sul software e sempre più snelle le code di attesa
prima del download quando lo stesso file veniva messo in contemporanea condivisione da diversi
utenti. Il tutto, naturalmente, in modo gratuito, senza alcuna autorizzazione e senza riconoscere
alcun diritto d‟autore ai compositori dei brani. Bastava digitare ciò che si cercava e si trovava
pressoché qualsiasi cosa.
Figura 3. L'interfaccia del motore di ricerca di Napster.
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Nacque così il primo esempio mondiale di vero e proprio programma per il file sharing. Ma
cosa si intende esattamente con questo termine? Nient‟altro che lo scambio di file di ogni tipo
attraverso Internet, grazie a un software che consente a singoli utenti di condividere materiale
informatico attraverso una rete telematica. In particolare, poi, il sistema del peer-to-peer permette
uno scambio tra singoli utenti, senza bisogno di ricavare i dati da un archivio centralizzato, come
accade nella navigazione Internet o nel download tradizionale. È il termine stesso a suggerire
questa caratteristica: peer-to-peer (p2p), ossia “da pari a pari”, dal momento in cui si tratta di uno
scambio reciproco tra utenti dotati tutti delle stesse competenze, delle stesse possibilità di accesso,
dello stesso potere, degli stessi diritti e degli stessi doveri, almeno all‟interno del processo di
condivisione, senza essere sottomessi a un nodo telematico centrale o a un unico server.
Il file sharing è una forma di distribuzione digitale delocalizzata e decentralizzata,
frammentata tra migliaia di utenti. La rete diventa una sorte di enorme database, al quale gli
utenti possono accedere, condividendo i dati contenuti nel proprio Pc e avendo libero accesso a
quelli contenuti nei Pc di altri utenti. I software per il p2p come Napster sono solamente interfacce
che permettono di accedere più velocemente e con maggiore semplicità a questo enorme archivio
telematico (Sibilla, 2008). Fungono così da mediatori e traduttori tra il singolo utente che cerca un
file e la comunità di utenti che ha messo in condivisione i propri.
In verità, Napster non fu il primo tentativo in assoluto di circolazione digitale della musica.
Abbiamo già ricordato il sito MP3.com, ma precedentemente vi fu anche un altro esperimento, lo
IUMA, Internet Underground Music Archive, un archivio creato nel 1993 in California per
raccogliere e distribuire i brani di rock band indipendenti desiderose di farsi conoscere al grande
pubblico (Sibilla, 2008). Ma si trattava ancora di qualcosa di diverso, di un sistema centralizzato e
basato su un server che raccoglieva i dati. Tra distribuzione digitale e file sharing c‟è uno scarto
notevole: il passaggio dalla centralità al decentramento periferico, dalla mediazione alla mancanza
di ogni intermediario, al dialogo diretto tra gli utenti.
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Il successo di Napster fu straordinario ed immediato, come ogni idea rivoluzionaria appena
nata, soprattutto in campo informatico. E Napster era davvero qualcosa di rivoluzionario, che
andava a sconvolgere alle basi lo scenario musicale che era esistito fino ad allora, opponendo alle
case discografiche un nemico imprevisto. Nel giro di qualche mese Napster inferì un colpo
durissimo all‟industria discografica, diventando il primo strumento di diffusione globale della
musica (Minervini, 2004). Anche gli artisti, che in un primo momento avevano guardato con
divertimento alla nascita del fenomeno, quando si resero conto del successo clamoroso che
Napster stava riscuotendo iniziarono a preoccuparsi. Finché, al termine di una causa intentata nel
luglio del 2000 da parte della Recording Industry Association of America (Riaa), nel luglio del 2001
un giudice ordinò la chiusura del sito per ripetuta violazione del copyright, rendendo effettiva
l‟ordinanza a partire dal settembre dello stesso 2001. Napster, che non venne accusato di violare il
copyright ma di facilitarne la violazione, fu condannato a un risarcimento milionario, e quasi tutti i
suoi dipendenti vennero licenziati. Tuttavia Fanning non si diede per vinto: prima vendette il
marchio alla Roxio, azienda produttrice di walkman, per 5 milioni di dollari (2002), poi rientrò nei
quadri dirigenziali dell‟azienda, che nel 2003 rilasciò la nuova versione del software in veste di un
programma di download di brani musicali legale e a pagamento.
Figura 4. Il logo di Napster.
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L‟ingenuità di Napster, quella che lo rese perseguibile e punibile in così poco tempo, fu di
non essere un software peer-to-peer in senso stretto. Napster infatti era un ibrido: le transizioni
tra file avvenivano direttamente tra i vari utenti, ma un sistema di server centrali manteneva la
lista dei file condivisi, con la presenza di un database contenente la lista degli utenti e dei file da
essi scambiati. Questo secondo aspetto venne eliminato dai successori di Napster, che si
propongono oggi come semplici motori di ricerca, delegando agli utenti la responsabilità per ciò
che mettono in condivisione.
La chiusura di Napster, comunque, non salvò le case discografiche dalla minaccia del file
sharing, anzi. Come molti avevano fatto notare durante il processo, la fine di Napster avrebbe
coinciso con la nascita di una moltitudine di altri programmi desiderosi di prenderne il posto. Il
problema era che il programma ideato da Fanning aveva rivoluzionato prima di tutto il modo di
pensare degli utenti di Internet, che ora vedevano la rete principalmente come uno strumento per
condividere file: la filosofia del file sharing aveva attecchito, e non poteva essere fermata. Si era
imposta una nuova cultura del web, che non solo considerava normale e giusto scaricare e
condividere brani in rete, ma che, anzi, lo riteneva un diritto quasi inviolabile.
Così, dalle ceneri di Napster nacquero, con alterne fortune, decine di nuovi programmi ad
esso simili ma più evoluti e difficili da controllare: a raccogliere il testimone fu prima WinMx, poi
Kazaa, poi altri titoli meno fortunati come Gnutella, BearShare o LimeWire, fino ad arrivare al
programma ad oggi maggiormente popolare: eMule.
Il vero volano del nascente file sharing fu costituito dalla musica pop e dalla sua
digitalizzazione: si tratta di un oggetto culturale ampiamente diffuso, soprattutto nelle fasce
giovanili, che sono anche quelle più informatizzate, e ha il grande pregio di poter essere spezzato
in micro-testi dotati di per sé di significato (le canzoni), anche se staccati dal macrotesto di cui
fanno parte (l‟album). Le canzoni viaggiano senza problemi e ingombro, sono fruibili singolarmente
anche staccate dal loro contesto, sono unità minime di per sé dotate di significato (Sibilla, 2008).
Ecco perché sin dall‟inizio, quando le tecnologie p2p erano agli albori e Internet non permetteva
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una navigazione veloce, a dare avvio e slancio al file sharing fu la musica popolare e la
trasformazione dei brani in Mp3 facilmente trasferibili, ma già dotati di significato senza bisogno di
possedere l‟intero album. Le basi del successo del file sharing erano perciò in qualche modo già
inscritte nella forma e nella strutturazione stessa delle canzoni come unità minime dotate di
significato anche staccate dal proprio contesto, e quindi già di per sé oggetti dinamici e trasferibili.
Ai suoi albori, il fenomeno coinvolgeva solamente l‟industria musicale. Il motivo è facile da
spiegare, se ne parlava già nel paragrafo precedente: usando solo le ancora lente connessioni
disponibili a fine anni ‟90 ci si trovava dinnanzi alla difficoltà se non all‟impossibilità di trasferire file
di grosse dimensioni, come i video. Ma presto anche questa barriera sarebbe stata abbattuta,
ancora una volta grazie alle innovazioni in campo informatico.
1.2.3 Le linee Adsl e l’Internet veloce.
Un‟altra innovazione tecnologica decisiva per un ulteriore sviluppo della pirateria audiovisiva
fu la nascita delle connessioni Adsl. Con l‟arrivo di Adsl, Internet veloce e connessioni 24 ore su 24
(i cosiddetti abbonamenti “flat”), e il progressivo abbassarsi di costo di abbonamento, il file sharing
conobbe un‟espansione mai vista – né ipotizzabile – prima.
Facile da capire: una linea più rapida permette di perdere meno tempo nel download dei
brani, e la connessione 24 ore su 24 a canone fisso fa risparmiare soldi e consente di lasciare
semplicemente il computer accesso durante il download, senza l‟obbligo di ricordarsi di
disconnettersi da Internet, per non pagare inutilmente minuti di connessione in più. Il peso
cognitivo, di pazienza e di esborso economico per il download e il file sharing diminuiscono
drasticamente, aprendo nuove possibilità, prima tra quella di utilizzare i programmi peer-to-peer
per condividere non solo musica ma anche video.
Inizialmente si trattava solo di filmati di breve durata, come i videoclip musicali. Poi, col
progressivo aumentare della velocità delle connessioni Internet, per i pirati della rete si aprì un
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nuovo spiraglio, un nuovo mercato: quello cinematografico. Ecco allora che file relativi alle ultime
uscite cinematografiche iniziarono pian piano a comparire nei motori di ricerca dei software peer-
to-peer. Ci si mettevano ancora giorni per scaricare un film, ma la novità colpì ed ebbe successo
immediato. Del resto, lasciare il Pc acceso e connesso alla rete per qualche giorno per avere un
film non costituisce più un problema insormontabile, dal momento in cui non comporta più costi
economici aggiuntivi, e lascia liberi di fare altre operazioni col proprio computer mentre il film è in
coda per il download.
Per non parlare dell‟avvento delle connessioni a fibra ottica, in prima fila Fastweb, che
aumentano ancora la velocità di connessione, puntando in particolare sulla velocizzazione della
banda disponibile per il download e l‟upload. Questo per testimoniare quanto ormai Internet sia
usato in primo luogo come spazio di condivisione di file.
eMule, il più noto programma di file sharing attualmente in circolazione, ideò una versione
del proprio software pensata appositamente per le linee Fastweb, al fine di sfruttarne la maggiore
velocità di connessione. Il nuovo programma, battezzato eMule Adunanza, raccoglieva sotto di sé
tutti gli utenti di eMule che usavano una connessione Fastweb, riducendo drasticamente i tempi di
download. Oggi, attraverso eMule Adunanza, si raggiungono velocità di download vicine a 1
Mb/sec, il che significa riuscire a scaricare un film completo in circa lo stesso tempo – a volte
persino meno – che si impiegava nel 2000 a scaricare una sola canzone; mentre il download di un
singolo brano, se dispone di un numero sufficiente di fonti4, può richiedere anche meno di 20
secondi. Praticamente, se viene in mente una canzone che si vorrebbe ascoltare, con questa
connessione si impiega meno tempo a scaricarla da eMule rispetto a quello che servirebbe per
cercarla sul proprio hard disk.
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Nei programmi di file sharing si indica come “fonti” il numero di utenti, connessi in quel momento,
che possiedono e hanno messo in condivisione il file cercato.
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Figura 5. Il logo di eMule, che prosegue oggi la lezione di Napster.
Per non parlare poi delle nuove idee per la condivisione dei file, come i programmi per
cercare e scaricare file audiovisivi direttamente dal web o i siti che ospitano film, serie tv, cartoni,
programmi digitalizzati e resi disponibili in streaming. Vale la pena di ricordare il protocollo peer-to-
peer “.torrent”, creato nel 2001 ma divenuto di largo utilizzo solamente a partire dal 2003. Il
programma più utilizzato per scaricare i cosiddetti Torrent è BitTorrent, nato appositamente per
condividere in maniera più agile e rapida filmati e file di grandi dimensioni, velocizzando il
download rispetto ai classici programmi di file sharing. Installando il software gratuito è possibile
poi cercare sul web i file, soprattutto video, collegati al formato .torrent, che poi vengono aperti e
scaricati sul proprio hard disk grazie al software di BitTorrent. I Torrent hanno dimensioni
modeste, e vengono pubblicati su una pagina web. Funzionano come un indice, con la descrizione
di tutti i pacchetti in cui è stato suddiviso il file originale. Il file .torrent contiene così informazioni
codificate che descrivono il file da prelevare, e il link all‟indirizzo Url di un server usato per
localizzare le sorgenti che posseggono il file o le sue parti (Wang, 2008). BitTorrent cerca poi copie
online del file ricercato, e le trasmette al Pc dell‟utente. BitTorrent sviluppa in pieno la filosofia del
file sharing, quella del “dai e ti sarà dato” (è questo anche lo slogan originale del sito da cui si può
scaricare il programma). Questo software obbliga alla condivisione e alla cooperazione tra utenti:
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infatti una parte della banda è destinata al download del file scelto, l‟altra al suo upload, cioè alla
messa in disposizione del file che si sta scaricando per il download da parte di altri utenti.
BitTorrent non consente di scegliere: chi usa il programma è costretto a condividere ciò che scarica
(Sibilla, 2008).
Sul web è possibile trovare siti che forniscono un servizio di motore di ricerca per i file
.torrent ospitati da diversi siti all‟interno della rete, da cui si possono poi scaricare sul proprio Pc.
Questi motori di ricerca non contengono fisicamente i file, ma indicano solo i siti su cui si possono
trovare i Torrent, e per questo sono generalmente considerati legali. Ed è sempre per questo che
sono molto difficili da combattere, tutt‟al più si può agire contro ai siti che ospitano i file con i
parametri per il download. Uno dei motori di ricerca più famosi per i file .torrent è lo svedese
Pirate Bay, di cui si parlerà diffusamente più avanti.
Come abbiamo visto, attraverso i più recenti mezzi tecnologici a disposizione, ogni desiderio
è praticamente immediatamente soddisfatto. Se agli albori del file sharing si dovevano aspettare
ore per un paio di canzoni, e già questo bastava per osannare la magnificenza di quell‟invenzione,
ora aspettare più di cinque minuti per un brano fa sbuffare e perdere la pazienza. La velocità di
eMule Adunanza, poi, fa sì che l‟utente sia portato e invogliato a scaricare non solo molto di più di
quello che effettivamente desidera, ma anche di quello che potrà verosimilmente ascoltare o
guardare. Una crescita esponenziale, quasi una malattia che potremmo definire downloading
compulsivo, che ha fatto sì che oggi sui programmi di file sharing si possa trovare praticamente
tutto ciò che si potrebbe desiderare: non solo canzoni, album, discografie complete, film, serie tv,
cartoni, programmi tv, software per il Pc, videogiochi, ma anche libri, fumetti, articoli di giornale.
Negli anni successivi al 2002 il peer-to-peer divenne una pratica integrata all‟interno della
cultura degli internauti. Sempre più persone potevano permettersi Internet, fino ad arrivare a un
punto in cui praticamente chiunque possedesse un personal computer era titolare di un
abbonamento Internet. Le connessioni, poi, aumentarono esponenzialmente la propria velocità,
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rendendo il file sharing un servizio rapidissimo ed efficiente, al punto che in taluni casi la ragione di
preferire il download all‟acquisto legale era diventata addirittura la tempistica e la comodità:
“Scarico questo film perché ci metto meno tempo che a vestirmi e a scendere al primo Blockbuster
per noleggiarlo”, è questo spesso la mentalità del downloader. In poco tempo a scaricare non
erano più solo i ragazzini, che lo avevano insegnato ai loro genitori, che lo avevano spiegato ai loro
amici: ormai tutti scaricavano, tutti erano diventati, più o meno inconsapevolmente, pirati.
1.3 Dopo Napster: gli altri programmi p2p. Il consolidarsi della
pratica del download pirata.
Come detto, a fare da precursore e ad aprire la strada al file sharing fu Napster, il pioniere
in quest‟ambito. Il codice ideato da Fanning fece scuola e ispirò i programmi che dopo la chiusura
forzata del sito da cui il suo programma veniva scaricato iniziarono a invadere la rete. Le cause
legali che avevano sconfitto Napster non scoraggiarono i nuovi sviluppatori, che anzi cercarono di
imparare dagli errori del loro predecessore. In particolare, le informazioni sui brani da scaricare
non vennero più collocate su un server centrale, ma create in tempo reale sulla base delle
informazioni raccolte dagli utenti connessi in quel momento. La Riaa (Record Industry Association
of America) e le altre case discografiche internazionali tentarono spesso di agire legalmente contro
i nuovi software nella stessa maniera in cui avevano fatto con Napster, ma le loro fortune furono
molto più alterne e i risultati decisamente più scarsi (Sibilla, 2008).
La morte di Napster favorì l‟avvento di Audiogalaxy, creato nel 1998 ma attivo praticamente
per solo un anno, dal 2001 al 2002, quando venne chiuso per le stesse ragioni del suo
predecessore. Anche in questo caso, a incastrare gli sviluppatori fu la centralizzazione dei file. Il
primo erede di Napster ad avere una certa fortuna fu invece WinMx, usato soprattutto per
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scaricare musica, mentre per film e ancora di più programmi e videogiochi era considerato poco
valido dagli utenti stessi, in quanto non sono molti i file di questo tipo che venivano condivisi nelle
sue reti. Nel 2005 WinMx venne fatto chiudere per le violazioni alle leggi sul copyright di cui si
rendevano protagonisti i propri utenti, delle quali il programma venne riconosciuto direttamente
colpevole. Ora WinMx è stato riaperto, su server differenti che hanno permesso di aggirare la
prima ordinanza.
Figura 6. L'interfaccia di ricerca del primo WinMx...
Un altro software che riscosse un certo successo fu KazaA. Rilasciato nel 2001, nel 2003 è
divenuto il software per file sharing più diffuso al mondo. Sin dalla versione base, KazaA prevede,
tra le altre, la possibilità opzionale di scaricare brani protetti da copyright a pagamento, quindi in
maniera legale. Il suo finanziamento derivava dall‟installazione di spyware pubblicitari all‟interno
del programma. In pratica, chi scaricava il programma, si ritrovava sul Pc anche un software in
grado di raccogliere e registrare l‟attività online dell‟utente (siti visitati, acquisti in rete, frequenza e
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permanenza di visita su un portale), ai fini di produrre e fargli ricevere pubblicità mirata sui suoi
interessi, quindi di maggiore impatto. Altro impaccio causato da KazaA è l‟installazione automatica
del programma Altnet, che alloca in automatico una certa percentuale di banda alla trasmissione di
pubblicità. Per risolvere questi problemi, nel 2003 si creò una versione a pagamento, KazaA Plus,
libera dagli spyware. Alcuni programmatori, poi, rilasciarono KazaA Lite, una versione gratuita
anch‟essa priva di spyware e limiti di banda, il che fece arrabbiare i nuovi proprietari del software,
ceduto nel 2002 alla Sherman Networks, i quali intimarono di cancellare la versione Lite del
programma, considerandolo un mezzo per la violazione del copyright, e minacciando azioni legali
contro i siti che lo ospitavano e che ne permettevano il download.
Le case discografiche tentarono a lungo di fare chiudere il sito da cui si poteva scaricare il
software, ma con scarsi successi. A marzo del 2002 la magistratura olandese riconobbe KazaA non
colpevole delle violazioni al copyright perpetuate dai suoi utenti. Nel settembre 2003 KazaA
dovette riconoscere invece un piccolo risarcimento alla Riaa, ma senza essere mai costretta a
chiudere.
Figura 7. ... e quella di KazaA.
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Sono stati vari i software che si sono affiancati a KazaA e WinMx, alcuni già citati:
LimeWire, Gnutella, BearShare, SharazaA, eDonkey. Ma il programma p2p con più utenti, di
conseguenza più file e quindi oggi più popolare, è di certo eMule. Aperto nel maggio 2002 ad
opera del programmatore tedesco Henrik Breitkreuz, conosciuto come Merkur, nel 2007 eMule
raggiunse un bacino di utenza di oltre 300 milioni di persone. Il suo successo risiede anche nella
grande schiera di programmatori e sviluppatori, ma anche semplici utenti, che costantemente
lavorano per tenere aggiornato il prodotto e correggerne gli errori, pubblicando con cadenza quasi
regolare aggiornamenti e nuove versioni del programma. eMule ha saputo distinguersi ed
emergere dal marasma di programmi p2p che si era venuto a creare dopo la chiusura di Napster
anche perché è stato quello che meglio ha saputo comunicare con gli utenti, fornendo
un‟interfaccia semplice e pulita, una traduzione in quaranta lingue, un‟assistenza tecnica chiara ed
esauriente sul proprio sito web, oltre ad alcune innovazioni importanti quali la possibilità di
commentare i singoli file, metodo utile per segnalare file di scarsa qualità e fake. Riuscito a
raccogliere poi un‟ampia cerchia di utenti, che a loro volta condividevano un sempre più largo
numero di file, si è entrati in un circolo virtuoso (ovviamente nell‟ottica degli utenti, non certo in
quella delle associazioni per la difesa del diritto d‟autore) per il quale più file si trovano, più
persone usano il programma; più persone usano il programma, più file si trovano. Ciò ha permesso
a eMule di essere oggi il leader tra i programmi di file sharing.
La breve ricognizione effettuata permette di capire come programmi di questo tipo siano
destinati ad essere sempre al centro di controversie legali, in una zona di confine tra legalità e
illegalità, dove spesso è l‟interpretazione del singolo tribunale a fare la differenza nell‟indecisione
se considerare o meno gli sviluppatori come responsabili o meno delle azioni degli utenti del
proprio programma. Una situazione di frontiera, in cui i software per il p2p si trovano ad essere
non più legali ma non ancora illegali, in cui basta un passo falso per passare del tutto dall‟altro lato
e dare una buona ragione per permetterne la chiusura. In pratica, una situazione che è stata
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ratificata come dato di fatto, a cui volenti o nolenti ci si è dovuti adeguare, dal momento che la
chiusura di uno qualsiasi dei siti ospitanti questi software coincideva con la creazione di decine di
altri suoi cloni.
Le continue e interminabili vicende legali, che spesso si protraggono all‟infinito senza
soluzioni, hanno finito per fare calare l‟attenzione, anche mediatica, nei confronti del file sharing.
Le cause infruttuose, il continuo proliferare dei software e l‟utenza sempre maggiore e sempre più
trasversale, tra strati sociali, generi ed età, ci fanno assistere al “consolidarsi dell‟idea stessa di una
distribuzione digitale dei contenuti attraverso le reti telematiche e tramite software che non
passino necessariamente per mediatori industriali” (Sibilla, 2008, pg. 148). Insomma, il file sharing
è talmente popolare che ormai viene considerato, a livello di percezione generale, come una
pratica normale, parte del nostro costume e della nostra vita di tutti i giorni.
In particolare, è rilevante il fatto che la pirateria digitale sia una pratica, e come ogni
pratica finisce per essere segno dei caratteri, delle credenze e dell‟identità della comunità entro la
quale viene messa in atto (Pozzato, 2007). Una pratica che coinvolge una comunità virtuale ampia,
internazionale e intergenerazionale, attraverso la quale ad esprimersi e a mettere in mostra, in
modo inconscio, le proprie caratteristiche, è la stessa società occidentale contemporanea, che
trasferisce nella messa in atto di alcune pratiche le sue ansie e le sue manie. Il file sharing illegale
è una di queste, è uno dei modi attraverso i quali la sostanziale insicurezza della società entro la
quale viviamo si esprime. L‟ossessione per la velocità, la necessità di avere tutto, subito e col
minore sforzo possibile, il desiderio di possedere e controllare cose che nemmeno servono, sono
alcune delle manie che caratterizzano la nostra società, e che si possono vedere rappresentate
entro la pratica del download pirata. Non vogliamo investire denaro e fatica per ciò che
desideriamo avere. Non possiamo aspettare che il prodotto che vogliamo esca al cinema o nei
negozi, cerchiamo i cosiddetti leak, i file diffusi in rete prima della loro distribuzione ufficiale.
Cerchiamo la connessione più veloce, la banda di download più libera, per ottenere il prima
possibile i file che stiamo scaricando (anche quando sappiamo che li useremmo comunque in un
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secondo momento, e quindi non ci cambierebbe nulla averli un‟ora prima o dopo); vogliamo
scaricare qualsiasi film, canzone, gioco, anche se solo una piccola parte di essi ci interessa
davvero, mentre gli altri non fanno altro che ammucchiarsi nel nostro hard disk, come i vestiti nei
nostri armadi. Scarichiamo file di opere che già possediamo, o che potremmo avere legalmente
senza problemi e senza spese, solo perché è più comodo e veloce. La pratica del download fa così
profondamente parte delle nostre abitudini da essersi ritualizzata. In un rito vi sono regole,
passaggi obbligati fissati a priori, cui bisogna aderire per prenderne parte, anche quando non se
ne coglie il senso e la razionalità. Oggi il download finisce per ritualizzarsi nel momento in cui
perde la sua razionalità: non si scarica più ciò che serve e ciò che si vuole, ma si cerca di volere ciò
che si scarica, si è presi dalla mania e dalla fretta di scaricare qualsiasi cosa, al di là dell‟effettiva
possibilità e anche volontà di fruirne.
Come detto, dunque, tutto, subito e col minimo sforzo: è la sindrome che colpisce la
società che affida tutte le proprie speranza al Superenalotto. E il file sharing è una pratica che di
questa società è figlia, e che ci può dire molto a proposito di essa.