2
In particolare si fissa l’attenzione sul fenomeno idrologico ritenuto più
significativo per il bacino ovvero la formazione della piena.
I risultati sperimentalmente ottenuti riassumono l'effetto congiunto tra
l'elevata vocazione turistico-ricreativa della zona e l'impostazione
naturalistica della politica selvicolturale trentina.
Quest’ultima è tesa al miglioramento e al mantenimento di elevati
livelli di equilibrio e di complessità ecologica degli ecosistemi forestali ai
quali è direttamente correlata un’ottima efficienza idrologica.
Al fine di evidenziare l’effetto del bosco al riequilibrio del regime
idrologico si è proceduto alla separazione, mediante "sovrapposizione
tematica”, delle due componenti di cui sopra.
In altri termini si è cercato di valutare l'entità dell'azione "regimante"
del bosco sui processi idrologici, nei confronti delle modificazioni meno
conservative dell'uso del suolo.
A tal proposito è da tenere in considerazione la “qualità delle aree” cioè
la diversa sensibilità delle stesse agli interventi perturbatori che possono
essere anche naturali.
La metodologia analitica e descrittiva si serve dei Sistemi Informativi
Geografici (G.I.S.). Tale tecnica oramai affermata, consente una gestione dei
dati territoriali estremamente efficiente.
Il bacino è descritto e rappresentato da modelli digitali del terreno
(D.T.M.). E’ costituito da una matrice di elementi quadrati (2500 m
2
)
ognuno dei quali rappresenta una porzione omogenea di territorio.
Oltre al modello digitale del terreno, che comprende la matrice delle
quote, delle esposizioni e delle pendenze, si sono create le mappe raster degli
usi del suolo, del CN, dei tempi e delle distanze di contribuzione.
Queste mappe sono impiegate in fase di taratura del modello per la
ricerca dei parametri (velocità sul versante e in alveo, volume di deflusso
3
diretto e CN “apparente”) che meglio rappresentano l’insieme degli eventi di
piena osservati.
Il ciclo idrologico di un bacino secondo una visione sistemica è
costituito da un “operatore” (input) rappresentato dagli afflussi meteorici e
da un “trasformato” (output) rappresentato dalle portate rilevate alla sezione
di chiusura.
Tra questi due dati vi è, in parte mutevole nel tempo, il complesso delle
caratteristiche lito-pedologiche, geo-morfologiche e vegetazionali o
“trasformatore” il quale, a parità di input, “produce” un output differente.
Da un punto di vista idrologico per il calcolo della pioggia efficace è
stato applicato il modello proposto dal Soil Conservation Service (S.C.S.) e
la mappa raster dei tempi di contribuzione per la composizione
dell’idrogramma di piena.
Il numero di curva (CN), in base alla permeabilità del suolo e alla
tipologia del soprassuolo, esprime l’attitudine alla produzione di deflusso.
Nella mappa raster ogni cella ha un assegnato valore di CN e il
deflusso, prodotto in modo autonomo su ciascun elemento, viene propagato
alla sezione di chiusura.
Considerata la complessità del fenomeno della trasformazione
dell’afflusso in deflusso, la non linearità del metodo adottato,
l'interdipendenza dei vari assetti d'uso del suolo, vi è la necessità di
impiegare rappresentazioni distribuite per non trascurare alcuna
informazione, considerati anche gli effetti cumulativi e sinergici delle
variazioni.
Una parte del bacino del Sarca “ha subito nel corso del medesimo
periodo grossi interventi verso forme meno conservative conseguenti
all'espansione degli insediamenti urbani e quelli legati all'uso turistico-
ricreativo del territorio” (Fattorelli, 1978).
4
La parte residua di bacino si è evoluta verso forme di uso del suolo più
conservative sia per il miglioramento di quelle già esistenti sia di quelle
neoformate.
5
2.0 I SISTEMI INFORMATIVI GEOGRAFICI (G.I.S.)
2.1 Definizione e caratteristiche
“I sistemi informativi geografici (G.I.S.) sono l'insieme di strumenti
informatici e di capacità umane finalizzato alla raccolta, archiviazione,
estrazione, trasformazione e visualizzazione di dati geografici provenienti dal
mondo reale per un certo insieme di scopi” (Burrough, 1986).
E' possibile fare una prima distinzione di tipo funzionale:
- GIS cartografici,
- GIS analitici basati su DTM (Digital Terrain Model).
I primi riportano, in forma numerica, le informazioni già esistenti sulla
cartografia tradizionale. Questo permette di apportare con facilità gli
aggiornamenti ed è possibile visualizzare solo gli elementi che interessano.
L'informazione di tipo grafico è supportata da un database numerico e/o
descrittivo.
I GIS analitici più che alla descrizione sono rivolti all'analisi, distribuita
o di sintesi, del territorio.
Oggetto dei GIS sono i dati geografici caratterizzati da:
- una forma e da una posizione geografica,
- attributi che ne specificano una qualità,
- relazioni spaziali con i vari oggetti.
La caratteristica fondamentale dei Sistemi Informativi Geografici è la
capacità di georeferenziare i dati ovvero di attribuire ad ogni elemento le
coordinate spaziali reali.
Il bacino in esame è stato georeferenziato sulla carta tecnica (scala
1:10000) della Provincia di Trento, in base al reticolato chilometrico nella
proiezione universale trasversa e conforme di Mercatore.
6
Per la rappresentazione e la gestione degli oggetti è necessario
predisporre un modello dei dati capace di descrivere tutti gli aspetti del
mondo fisico in esame.
Il modello dei dati tiene conto dell'aspetto geometrico propriamente
inteso, degli aspetti topologici (adiacenza, connessione, inclusione) e degli
attributi cioè la descrizione qualitativa dei singoli oggetti reali.
I dati all'interno dei GIS si possono memorizzati in due formati distinti
tra loro:
- il formato dati vettoriale che è utilizzato per la rappresentazione dei
punti e delle linee nello spazio e viene impiegato nella fase di
digitalizzazione per il trasferimento delle informazioni, dal supporto cartaceo
a quello magnetico-digitale (quote, isoipse, spartiacque, rete idrografica). E'
uno strumento di descrizione del bacino. Gli elementi sono memorizzati
attraverso le coordinate dei propri punti più significativi.
- il formato dati raster o a griglia: sono dati continui (dato spaziale)
sotto forma di celle quadrate (con predefinita lunghezza del lato) a cui viene
assegnato un valore numerico, derivante da mediazione statistica, che
rappresenta l'attributo. La superficie del bacino risulta essere una matrice di
elementi quadrati la cui forma, nell'insieme, risulta essere irregolare. E' uno
strumento di analisi del bacino e del territorio in genere. L'intero bacino è
costituito da un numero fisso di celle.
Nel modello dei GIS, i dati vettoriali e quelli raster coesistono e si
integrano a vicenda con lo scopo di fornire una rappresentazione completa
(descrizione spaziale e analisi tematica) dei vari elementi di un bacino.
La qualità del dato sul singolo punto, risulta approssimata dalle
operazioni statistiche che si effettuano per assegnare un valore univoco. Si
ha, quindi, una descrizione statistica del territorio in esame con il pregio,
però, del carattere distribuito dell'informazione.
7
L'insieme dei raster morfometrici e di quelli tematici costituisce il
modello digitale del terreno (DTM). La gestione, tramite incrocio-
sovrapposizione (overlay), dei vari raster porta alla creazione dei raster di
sintesi che possono fornire informazioni definitive oppure costituiscono dei
passaggi intermedi impiegabili per le analisi successive.
All'interno dei GIS esistono delle funzioni analitiche che sono applicate
sia ai dati idrografici che ai dati territoriali. Queste sono:
- funzioni di misura: viene eseguito il calcolo automatico delle aree
(fasce altimetriche e quota media) e delle lunghezze (rete idrografica
principale),
- funzioni di rete: viene definita la rete idrografica di sintesi dal DEM,
i tempi di concentrazione e le aree di drenaggio riferite ad una cella.
Il bacino idrografico è rappresentato da raster morfometrici di quota,
pendenza ed esposizione, e da raster tematici predisposti in base agli scopi
della ricerca. Nella fattispecie sono stati creati raster tematici che si
riferiscono ai vari assetti d'uso del suolo nel periodo considerato, alla
permeabilità dei litotipi, la pedologia e alla qualità del bosco.
Nella ricerca idrologica l'applicazione dei GIS varia a seconda degli
scopi della ricerca e dal tipo di applicazione; sono molto versatili nella fase di
raccolta dei dati, nell'allestimento e gestione dei database, nell'analisi spaziale
e nelle funzioni statistico-grafiche. Assai significativo, nell'analisi idrologica,
il carattere distribuito dei GIS che permette una migliore rappresentazione del
complicato fenomeno naturale della formazione del deflusso.
Il software impiegato per questo studio è WODITEM (Watershed
Oriented Digital Terrain Model).
“Woditem è un insieme di programmi per la costruzione di modelli
digitali del territorio pensato e sviluppato per l’utilizzo in contesto idrologico.
E' stato specificatamente costruito per trattare superficie con perimetro
irregolare, quali sono i bacini idrografici. Le funzioni di modellazione
8
morfometrica, lo rendono adatto all'uso specifico per i bacini montani, dove
l'orografia tormentata rende significative le variazioni spaziali delle
grandezze morfometriche” (Cazorzi e Dalla Fontana, 1992).
9
3.0 IL MODELLO IDROLOGICO DISTRIBUITO
3.1 Il metodo del Soil Conservation Service (S.C.S.): Curve Number
(CN)
Il metodo S.C.S. Numero di Curva (SCS, 1969) viene considerato come
uno dei più importanti modelli non deterministici utilizzabile per la stima dei
deflussi superficiali tanto da essere inserito in modelli di tipo distribuito di
previsione dei deflussi (Borselli et. al., 1989).
Il metodo del Numero di Curva permette di determinare il deflusso
diretto o pioggia efficace (Pe) cioè la frazione della pioggia totale (P) che
direttamente e in maniera preponderante contribuisce alla formazione
dell'evento di piena.
Per il calcolo della pioggia efficace, il metodo SCS propone la seguente
equazione:
P
e
=
P
P S
n
2
n
+
P P IA
n
=−
IA k S
ia
=⋅
dove:
P = pioggia totale (mm)
P
e
= pioggia efficace o deflusso diretto (mm),
P
n
= la pioggia netta (mm),
S = capacità idrica massima del suolo o volume specifico di saturazione
(mm),
IA = perdite iniziali (mm),
10
k
ia
= coefficiente di perdite iniziali.
Le perdite iniziali (IA) sono costituite da alcuni processi quali
l'intercettazione della pioggia da parte delle chiome della vegetazione,
dall'accumulo nelle locali depressioni del terreno e dall'imbibizione iniziale
del terreno.
Dai dati sperimentali tale parametro risulta correlato al volume specifico
di saturazione o capacità idrica massima del suolo (S). La procedura proposta
dal SCS, per l'ambiente agrario degli Stati Uniti, stima le perdite iniziali
uguali ad un quinto del volume specifico di saturazione del terreno (S).
Per la realtà italiana, in particolare per i piccoli bacini delle Alpi, si
adotta un valore delle perdite iniziali pari alla decima parte della capacità
idrica massima del suolo (S).
La diretta conseguenza di tale correlazione è che il metodo si basa su un
solo parametro che descrive il complesso fenomeno dell'assorbimento.
Il volume specifico di saturazione dipende dalla natura litologica e
pedologica del terreno e dall'uso del suolo.
L'equazione proposta dal SCS è rappresentabile sul piano P-Pe, con un
numero infinito di curve comprese tra la bisettrice dove S è uguale a zero, e
l'asse delle ascisse dove S assume il teorico valore infinito.
È facilmente intuibile la difficoltà nell'assegnare ad S un valore che sia
il più possibile rappresentativo alla realtà.
Data la notevole variabilità del parametro S, si fa ricorso ad un artificio
con il quale si determina il Numero di Curva (CN) utilizzando la seguente
equazione che rappresenta sul piano P-Pe una famiglia di curve:
CN
S
=
+
25400
254
dove S è espresso in millimetri.
11
Esplicitando S si ha:
S
CN
=−25 4
1000
10,( )
I due parametri (CN e S) sono inversamente correlati in modo non
lineare: la capacità idrica massima del suolo (S) varia teoricamente da 0 a
infinito e con tale equazione si ottiene un campo di variazione del parametro
CN, compreso tra 0 e 100.
Il parametro CN esprime le condizioni, dal punto di vista della
formazione del deflusso, del complesso suolo-soprassuolo considerate le
condizioni di umidità nei cinque giorni antecedenti l'evento di piena. In altri
termini riassume l'attitudine propria e specifica del bacino a produrre
deflusso.
Con valori di CN uguali o prossimi allo 0, si è in presenza di una
superficie assimilabile alla perfetta "spugna" cioè viene assorbita e trattenuta
la totalità o quasi della precipitazione.
Con valori di CN uguali o prossimi a 100, siamo in presenza di terreni o
superfici impermeabili dove la precipitazione si trasforma interamente o
quasi in deflusso creando l'evento di piena. Tale situazione si verifica per la
precipitazione che direttamente cade nella rete idrografica o nei pressi della
stessa. L'acqua è infatti assimilabile ad una superficie impermeabile dove
l’afflusso si trasforma istantaneamente in deflusso.
Esiste poi una variazione, correlata alla precipitazione, del CN
sperimentale. All'aumentare della precipitazione il valore di CN,
empiricamente determinato, tende a diminuire. Questo particolare tipo di CN
12
viene definito “apparente” ed è spiegato dal fatto che per precipitazione di
modesta entità, l’incidenza percentuale delle perdite iniziali (IA) è elevata e
quindi sono necessari valori di CN elevati per produrre la pioggia efficace.
Per pioggie di notevole entità le perdite iniziali incidono poco o niente e si
può ottenere la pioggie efficacie con CN bassi.
“È importante sottolineare che il CN locale invece, definite le
condizioni iniziali, è invariante rispetto all’entità dell’afflusso ed è quindi
definibile sulla base del complesso suolo-soprassuolo” (Cazorzi e Dalla
Fontana, 1993).
Le varie celle, con CN definito, si attivano oltre il valore soglia che è
rappresentato, per ognuna di esse, dalla quota della perdite iniziali. Il loro
contributo non è lineare se è riferito all'entità della precipitazione.
I modelli eseguono, tramite procedure numeriche, la simulazione dei
processi idrologici.
Il modello distribuito permette l' assegnazione ad ogni cella di area nota,
un valore di CN.
Il deflusso quindi, è prodotto in modo autonomo su ogni cella e vi è poi
una propagazione lungo il reticolo idrografico permanente e/o temporaneo.
Questo tipo di rappresentazione risulta essere più aderente alla
complessa articolazione del fenomeno naturale qui considerato: la
formazione del deflusso.