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INTRODUZIONE
L‟economia mondiale ha subito una grande trasformazione negli ultimi
decenni, merito soprattutto della globalizzazione e dell‟apertura dei mercati.
È ora possibile scambiare e fornire prodotti, servizi e capitali in qualunque
parte del mondo, grazie soprattutto ai grandi passi avanti fatti nel campo
delle tecnologie.
A sostegno di questi due fenomeni ci sono sempre state le politiche
neoliberiste, che inizialmente erano state adottate dai governi di diversi stati
avanzati, primi tra tutti Gran Bretagna e Stati Uniti. Ma la strada che porta
verso la globalizzazione e l‟apertura dei mercati, prima di essere intrapresa,
ha bisogno dell‟esistenza di una serie di condizioni di base, supporto
essenziale affinché un paese riesca a mettere a punto tali politiche.
La globalizzazione e l‟apertura del mercato interno generalmente
riescono a fare in modo che un paese possa beneficiare di tutta una serie di
ripercussioni positive.
Purtroppo, però, questo non si verifica sempre. In alcuni casi, si è
assistito all‟esatto contrario, ovvero al verificarsi di una crisi economica in un
determinato paese o contesto geografico. Nel periodo più recente, tali crisi
hanno quasi sempre colpito i paesi in via di sviluppo, portandoli verso il
definitivo collasso e interrompendo il processo di implementazione delle
politiche neoliberiste.
Le motivazioni alla base di una crisi economica possono essere
diverse, a seconda del contesto all‟interno del quale si verificano, come
anche le dinamiche tramite le quali la crisi stessa si sviluppa.
Il presente lavoro si occupa di illustrare le dinamiche secondo le quali
prendono piede e si sviluppano le crisi finanziarie.
I modelli teorici a cui si farà riferimento sono due.
Il primo modello si relaziona alla teoria economico-finanziaria proposta
dall‟economista americano Frederic S. Mishkin. Lo studio proposto prende in
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esame la sfera macroeconomica, analizzando tutti quei cambiamenti delle
diverse variabili che conducono ad una crisi dell‟economia di una nazione.
Il secondo modello di riferimento, che si rifà alle teorie di David Harvey
è, invece, di stampo sociale. Quest‟ultimo vuole spiegare il verificarsi di una
crisi economica all‟interno di uno specifico contesto come tentativo, di una
precisa classe sociale, di stabilire la propria egemonia sulle altre. In un‟ottica
del genere, la crisi economica altro non è se non il risultato della lotta di
classe.
Nella trattazione dell‟argomento verrà affrontato il caso specifico
dell‟Argentina. La scelta di studiare le vicende e i problemi che ha dovuto
affrontare il suddetto paese è nata dopo aver vissuto cinque mesi nella sua
capitale e aver, quindi, visto quale è la situazione odierna della nazione.
Il paese ha assistito al declino della propria economia, che si è
protratto per alcuni anni e che si è concluso inevitabilmente con una
profonda crisi, che si è verificata nell‟estate a cavallo tra il 2001 e il 2002.
Il primo capitolo si occupa di descrivere quale era la situazione
economica, politica e sociale dell‟Argentina nel momento in cui sono esplosi
sia la crisi economica che lo scontento sociale, sfociato in una lunga serie di
manifestazioni.
Il secondo capitolo espone le vicende politiche ed economiche della
nazione. Il periodo a cui si fa riferimento è quello in cui si sono susseguiti i tre
principali modelli economici adottati dall‟Argentina, ovvero quello agrario,
quello industriale e quello della rendita finanziaria. Di seguito viene
analizzato l‟andamento dei principali indicatori macroeconomici negli ultimi
anni antecedenti alla crisi.
Il terzo capitolo affronta la dinamica delle crisi finanziarie secondo il
modello economico-finanziario. Affronta il tema della globalizzazione e di
come essa ha influito nello sviluppo e nel funzionamento dei mercati
finanziari. Illustra, inoltre, quali sono condizioni di base e le istituzioni
necessarie affinché si assista al buon funzionamento di un mercato aperto al
flusso di beni, servizi e capitali esteri, facendo anche riferimento alle
conseguenze del perseguimento di una tale scelta in materia economica. Di
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seguito vengono esposte le diverse cause e fasi dell‟evoluzione di una crisi
finanziaria. L‟ultimo paragrafo descrive quali sono stati gli errori commessi
dall‟Argentina secondo il modello precedentemente esposto.
Il quarto capitolo è incentrato principalmente sul neoliberismo e, in
seguito ad una introduzione, espone il modo in cui l‟Argentina ha messo in
atto le politiche neoliberiste. Mostra in quale modo tali politiche possono
essere strumentalizzate al fine di ristabilire il potere di classe e in che modo
questo è avvenuto nel paese a cui si fa riferimento. Infine, dopo aver
illustrato le caratteristiche e le trasformazioni sociali avvenute in Argentina,
vengono descritti i movimenti sociali che hanno preso piede nel momento in
cui l‟economia del paese ha dato i primi segni di instabilità.
Il quinto capitolo riporta vicende che sono successe in seguito al
momento del collasso dell‟economia e le politiche che sono state adottate
per fare in modo di risollevare la situazione del paese. Dopo il susseguirsi di
una serie di presidenti dello stato che ha contribuito a prolungare l‟instabilità
politica del paese, la presidenza prima di Néstor e ora quella di Cristina
Kirchner hanno contribuito a migliorare nettamente la situazione
dell‟Argentina, sia sotto il profilo politico, sia sotto quello economico. Infatti, in
questo periodo è stata registrata una ripresa dei principali indicatori
economici. Viene proposta anche l‟interpretazione della crescita secondo il
modello del “Real Business Cycle”.
Il sesto capitolo riprende la teoria economico-finanziaria. Propone
quali sarebbero dovuti essere i provvedimenti che l‟Argentina avrebbe dovuto
intraprendere per fare in modo che la sua economia si riprendesse. Descrive
anche ciò che istituzioni internazionali come il Fondo Monetario
Internazionale da un lato, e le nazioni più avanzate dall‟altro, potrebbero fare
per aiutare i paesi in via di sviluppo colpiti da una crisi economica. Viene
inoltre illustrato il rapporto tra l‟Argentina e il Fondo Monetario Internazionale.
Il settimo capitolo affronta nuovamente la tematica sociale,
descrivendo l‟ideologia alla base sia delle manifestazioni e dei cortei, sia
quella dalla quale hanno preso spunto le forme economiche e commerciali
alternative. Vengono poi descritte le suddette forme economiche e
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commerciali alternative, che, più nello specifico, sono le fabbriche occupate, i
cartoneros e il trueque.
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CAPITOLO PRIMO
LA RIVOLTA ARGENTINA
L‟estate a cavallo del 2001-2002 è stata sicuramente uno dei momenti
più importante, ma anche tragico, della storia argentina. Infatti, la
popolazione argentina dovette affrontare il collasso dell‟intero sistema
economico del Paese. La crisi è considerata tra le più gravi accadute nel
mondo negli ultimi anni, comparabile a quella messicana del 1994-1995 o a
quella della Corea del Sud del 1997-1998.
1.1 IL CONTESTO ECONOMICO
Già prima del collasso, la situazione dell‟Argentina era critica sotto
molteplici aspetti. Si potevano riscontrare problematiche principalmente in
materia di:
- politica bancaria;
- valore della moneta;
- debito estero.
Relativamente al primo punto, di primaria importanza sono state le misure
straordinarie di restrizione delle transazioni finanziarie, adottate dall‟allora
Ministro dell‟Economia Domingo Cavallo, nel momento in cui si rese conto
dell‟imminente ed inevitabile collasso della finanza pubblica e della fuga di
capitali dal paese.
I timori di una crisi finanziaria erano così diffusi da far nascere una crisi di
fiducia nei confronti del sistema bancario.
Si doveva limitare la conseguente corsa agli sportelli ed era stato, così,
deciso di bloccare i conti bancari, impedendo, in questo modo, a chiunque
desiderasse farlo, di prelevare il proprio denaro, se non in quantità piuttosto
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modesta, permettendo allo Stato di appropriarsi di una cifra che si aggirava
intorno svariate decine di miliardi di dollari.
Questa misura restrittiva e anticostituzionale, avente la finalità di
confiscare i risparmi, impedendo il diritto di proprietà e, oltretutto,
comportando la violazione di molti altri diritti umani a causa della mancanza
di disponibilità di denaro da parte dei singoli, era stata chiamata corralito
financiero, dove la parola corralito, in spagnolo, indica un piccolo recinto: si
può così notare l‟intenzione del governo di creare una sorta di protezione per
il paese nei confronti della crisi. Il blocco dei depositi bancari era stato
decretato per impedire il crollo del sistema bancario e finanziario, non
avendo più le banche i soldi da restituire ai clienti.
Con il corralito, la limitazione che tutti i possessori di un conto corrente
dovevano rispettare, nasceva l‟impossibilità di prelevare un quantitativo di
denaro superiore ai 250 pesos alla settimana e tutte le transazioni in valuta
estera superiori ai 1.000 dollari venivano tenute sotto stretto controllo1.
L‟imposizione dei suddetti limiti penalizzava soprattutto il ceto medio, mentre,
d‟altro canto, si era guadagnata l‟appoggio dei mercati e degli organismi
finanziari internazionali, nonché di vari ambiti politici ed economici locali, e
una generale disapprovazione a livello popolare.
Questo pacchetto di misure economiche impose la totale
“bancarizzazione” dell‟economia. Con il termine “bancarizzazione”, in genere,
si indica una diffusione territoriale dei prodotti e dei servizi normalmente
offerti da una banca attraverso l'insediamento di punti operativi in piazze che
siano sprovviste di sportelli bancari. In questo caso si tratta dell‟obbligo di
effettuare i pagamenti per mezzo di conti bancari; c‟è stato il blocco della
liberazione dei depositi a termine fisso, il quale ha punito soprattutto gli
investitori piccoli, per tentare di soddisfare i requisiti della politica di zero
deficit del Fondo Monetario Internazionale e di prevenire la continuazione
della fuga del capitale.
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Articolo “Argentina: Sentenza di incostituzionalità e conflitto costituzionale” di Luca
Palatucci, del 09.01.2007.
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La conseguenza di una misura del genere è stata il congelamento
dell‟economia. Non potendo più disporre di liquidi, la gente era impossibilitata
ad effettuare buona parte dei pagamenti quotidiani, dalla spesa al
pagamento delle bollette, a qualsiasi altro tipo di emergenza. Oltre a ciò, va
considerato anche che molte delle persone che hanno dovuto sottostare alle
suddette limitazioni erano anche titolari di aziende commerciali, industriali,
turistiche, agricole che erano riusciti a mantenere in vita con grandi sacrifici
le loro strutture produttive e che invece, ora, vengono, in grande
maggioranza, costretti a chiudere.
Oltre a questo primo consistente problema causato dalle disposizioni
del corralito, se ne era, di conseguenza, verificato un altro, ovvero la fuga di
capitali all‟estero.
Le banche private erano a conoscenza delle misure che stavano per
essere attuate dal Ministro dell‟Economia, cosicché poterono informare per
tempo i loro grandi investitori. Approfittando di informazioni riservate e di
canali privilegiati, un gruppo di 1.500 persone, i cosiddetti "padroni
dell'Argentina", aveva già trasferito i suoi fondi in Svizzera, in Uruguay e negli
Stati Uniti, cambiando i pesos alla pari con i dollari.
La logica conseguenza è stato il trasferimento di migliaia di milioni di
dollari all‟estero. È stato stimato un ammontare all‟incirca di 13.000 milioni
dollari portati fuori dai confini dell‟Argentina in qualunque modo possibile, dal
semplice trasferimento a livello bancario, al trasporto effettuato con camion e
blindati, di cui tre miliardi di dollari solamente negli ultimi due mesi precedenti
al corralito2.
Ingenti problemi sono stati creati anche dal legame della moneta
argentina al dollaro, fissato ad un rapporto di parità (un dollaro in cambio di
un peso).
La sempre più crescente dollarizzazione del sistema finanziario
argentino è stata un'altra delle ragioni che hanno contribuito alla diminuzione
della fiducia nei confronti del sistema economico del paese e alla
2
Articolo “L‟evoluzione del debito e la rinegoziazione, nel contesto della situazione
economica attuale e futura” di Miriam Fernandez Baquero, del 02.2004.
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diminuzione della credibilità del currency board, il quale invece, per sua
natura, sarebbe dovuto essere inattaccabile.
A fine 2001, all‟incirca il 70 per cento dei depositi bancari era
denominato in dollari3. In questo modo, la differenza tra il valore di cambio
reale tra pesos e dollari e quello fissato dal currency board (1:1) stava
aumentando sempre di più, stabilendo quindi un minor valore della valuta
argentina: il peso era quindi decisamente sopravvalutato.
E così, mentre da mesi non si parlava d'altro che di una prossima
svalutazione della moneta, il sistema finanziario scivolava verso il collasso.
La ragione era abbastanza semplice: in quel momento il peso argentino
aveva lo stesso valore (virtuale e fittizio) del dollaro, ma se tutti i possessori
di conti correnti avessero ritirato i loro soldi prima della svalutazione per
cambiarli alla pari in dollari, le banche sarebbero andate in bancarotta nel
giro di molto poco tempo. Il problema era che realmente i capitali stranieri e
nazionali stavano scomparendo velocemente, infatti il sistema bancario
argentino, nel corso del 2001, perse il 17 per cento dei suoi depositi.
Per quanto riguarda il debito pubblico, bisogna segnalare che è
cresciuto continuamente nel periodo precedente la crisi, sfiorando un
aumento del 50 per cento solamente nel 2001.
E nel momento in cui si iniziava a intravedere una crisi, il Fondo
Monetario Internazionale (FMI), per trarre d‟impaccio il paese, concesse un
ulteriore prestito di 6 miliardi di dollari, il secondo per entità nella storia del
FMI.
Se venisse considerato solamente il valore assoluto del rapporto del
debito con il PIL, si noterebbe che questa cifra non raggiunge, di per sé, un
valore straordinariamente elevato, ma, purtroppo, ci sono una serie di
elementi che lo caratterizzano e che portano ad una serie di conseguenze
particolarmente negative.
3
Articolo “L‟evoluzione del debito e la rinegoziazione, nel contesto della situazione
economica attuale e futura” di Miriam Fernandez Baquero, del 02.2004.
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La prima è che il debito pubblico è detenuto, per quasi i due terzi,
dall‟estero, mentre la seconda è che è denominato per il 90 per cento in
valuta estera (più che altro in dollari).
In questo modo diventa più difficile e onerosa la restituzione del
capitale.
Si giunge, così, al default, la dichiarazione di impotenza nel
pagamento del debito estero. Un esempio: il 3 gennaio il tesoro argentino
non ha eseguito il pagamento di una rata di 600 miliardi relativa a un prestito
obbligazionario negoziato in Italia nel 1996 e scadente nel 2007. È l'atto di
insolvenza dell'Argentina, nonché primo caso di bancarotta di un paese che
conta nel mondo finanziario. I sottoscrittori dei titoli del debito pubblico
argentino (i Pan Euro Bonds che hanno reso interessi al 100 per cento), in
gran parte italiani e europei, sono entrati in subbuglio4.
La realtà è che il gruppo di finanzieri speculatori e affaristi,
l'inestimabile patria financiera, ha dichiarato bancarotta dopo avere collocato
all'estero i proventi delle privatizzazioni. E così ha gettato sulle masse
popolari argentine il fardello del proprio debito e la pressione dei cosiddetti
“pescicane” e “piranha” della finanza mondiale.
L‟intrecciarsi di questi differenti aspetti comporta, ovviamente, grandi
problemi in termini di tasso di disoccupazione, tassi d‟interesse, tasso
d‟inflazione.
Il tasso di disoccupazione raggiunge dei livelli decisamente alti,
considerando che si calcola che si aggiri attorno al 18 per cento a inizio 2001
per arrivare a più del 20 per cento verso la fine dell‟anno5. In conseguenza al
legame tra peso e dollaro, la moneta argentina viene sopravvalutata, mentre
un improvviso blocco dei flussi di capitale verso il paese provoca un
innalzamento dei tassi di interesse. Anche il tasso d‟inflazione raggiunge
valori molto alti, più del 40 per cento.
4
Articolo “La sollevazione Argentina per il potere proletario, non per il potere popolare”.
5
Da “The next great globalization” di Frederic S. Mishkin, Princeton University Press, 2006,
pg. 118 e 123.