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INTRODUZIONE
I vari popoli, dall’antichità ai giorni nostri, purtroppo, hanno
combattuto guerre per conquistare terre fertili, aumentare il prestigio
dei regnanti, cercare nuovi sbocchi commerciali per i propri manufatti
o per difendersi da aggressioni portate dai popoli confinanti. Il genere
umano ha conosciuto per millenni dispute cruente e molto lunghe,
che sebbene abbiano dato gloria ai vincitori, hanno sempre avuto
come contropartita difficoltà enormi per gli abitanti coinvolti. Carestie,
difficoltà di spostamento e malattie hanno colpito milioni di persone. Il
continente europeo non è rimasto immune da questi eventi, e molte
guerre si sono combattute sul proprio suolo, fino all’ultimo conflitto
mondiale.
Al termine della Seconda Guerra Mondiale i politici europei
diventano consapevoli degli orrori perpetrati dagli eventi bellici, e
sono decisi ad evitare altre guerre.
L’Europa è divisa in due: i blocchi occidentale ed orientale
determinati dall’influenza esercitata dagli Stati Uniti d’America e
dall’Unione Sovietica. Molti paesi dell’Europa occidentale decidono
d’intraprendere un lungo processo di collaborazione.
Paesi europei, che per molti secoli hanno combattuto guerre tra
loro, decidono di costruire un futuro migliore per i propri popoli.
Il 25 Marzo 1957 è firmato a Roma il “Trattato di Roma” che
istituisce la Comunità Economica Europea: la CEE
1
.
La Comunità Economica Europea si pone l’obiettivo di creare uno
spazio di libero scambio per le merci, i beni e le persone, in modo da
migliorare le condizioni di vita della popolazione. La collaborazione
tra i vari stati d’Europa per vivere in modo pacifico ed evitare gli orrori
e le distruzioni che fino allora avevano segnato la vita dei cittadini.
Il trattato è stato modificato nei suoi cinquantasette anni di vita, da
altri trattati e dall’adesione d’altri Stati, ma le fondamenta poste dal
1
Il Trattato di Roma è stato firmato da sei paesi fondatori: Belgio Francia,
Repubblica Federale di Germania, Italia, Lussemburgo e Paesi Bassi.
2
documento sottoscritto a Roma sono ancora attuali, ed è a queste
che si sono ispirati gli accordi successivi.
I cittadini, le merci, i beni ed i servizi europei possono transitare
liberamente attraverso le frontiere come se si trovassero all’interno
dello Stato d’origine. Il percorso che ha portato ai risultati elencati, è
stato lungo ed irto di difficoltà. Molti settori produttivi hanno tratto
vantaggio dalla stretta collaborazione e dall’armonizzazione della
legislazione tra i vari stati. I primi esempi di collaborazione hanno
riguardato i settori carbosiderurgici attraverso la CECA
2
. I paesi
firmatari mettevano in comune la gestione delle proprie industrie del
carbone e dell’acciaio, al fine di controllare che nessun membro
potesse creare armi da rivolgere contro gli altri aderenti.
La nascita di un mercato comune ha favorito il commercio estero
di prodotti industriali, artigianali ma anche agricoli. I cittadini europei
sono entrati in contatto con prodotti, a volte, diversi da quelli locali. I
prodotti alimentari si sono diffusi in un’Europa che prima della
Seconda Guerra Mondiale vedeva il settore primario soprattutto
legato al mercato locale od addirittura limitato alla sussistenza.
Il caso della produzione agricola è emblematico, in quanto
solamente alcune zone sono vocate alla coltivazione di un
determinato vegetale od all’allevamento di animali, alcune materie
prime comuni sono trasformate secondo tecniche particolari
solamente in una specifica zona. I cittadini europei e mondiali hanno
conosciuto, in più di mezzo secolo di pace e di mercati aperti, molti
prodotti agricoli provenienti da diverse zone del Vecchio Continente.
Le derrate alimentari, tipiche di località lontane, hanno permesso
d’arricchire e di variare la dieta della popolazione, facendo
dimenticare la limitata disponibilità di cibo dettata dalle condizioni
d’indigenza e dagli scambi limitati.
I beni alimentari, in quanto incorporano caratteristiche del luogo o
del particolare metodo di produzione, sono limitati ed il legislatore
comunitario ne ha tenuto conto in questi decenni di libero scambio.
2
CECA: Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio, il trattato è stato firmato a
Parigi il 18 Aprile 1951 dai rappresentanti di: Belgio, Francia, Germania, Italia,
Lussemburgo e Paesi Bassi.
3
L’opera legislativa ha avuto come fine quello d’identificare i prodotti
alimentari, che per le loro caratteristiche, sono tipici e specifici
d’alcune aree e di proteggerli.
La protezione dei prodotti alimentari è ancora più sentita in questo
periodo, in cui l’affacciarsi sui mercati mondiali di attori provenienti da
zone extra UE porta con sé anche problematiche relative alla
sicurezza alimentare e di conseguenza alla protezione della salute
pubblica.
La sfida che attende i produttori europei è quello della qualità dei
prodotti agricoli. La qualità è uno strumento molto importante per
presentarsi sui mercati e distinguersi, così, dai prodotti di dubbia
provenienza.
In questo lavoro, mi propongo d’indagare la legislazione europea
nel commercio dei prodotti agricoli di qualità: Dop ed Igp cercando di
ripercorrere le tappe fondamentali che hanno portato dal trattato di
Roma al Libro Verde dell’Unione Europea sulla qualità dei prodotti
agricoli
3
.
3
Commissione delle Comunità Europee, Libro Verde: sulla qualità dei prodotti
agricoli: norme di prodotto, requisiti di produzione e sistemi di qualità, Bruxelles,
(COM 2008) 641 definitivo.
4
1. L’EUROPA DOPO LA SECONDA
GUERRA MONDIALE
Il continente europeo, al termine della Seconda Guerra Mondiale,
è provato dalle distruzioni e dalle sofferenze causate dal conflitto
mondiale sul proprio suolo. Milioni di morti, sia civili che militari senza
dimenticare la persecuzione degli ebrei ed i campi di sterminio,
industrie danneggiate dai bombardamenti alleati o adatte solamente
alla produzione di materiale bellico, oltre alla terribile eredità lasciata
dai regimi nazisti e fascisti in Germania ed in Italia, sono l’eredità
della Seconda Guerra Mondiale nell’anno 1945.
Il desiderio di rinascere degli intellettuali e dei politici europei era
molto forte e sentito. Nell’Europa post-bellica stava nascendo e
crescendo la volontà di superare le divisioni generate dai due conflitti
mondiali.
Per molti anni le zone di confine tra Francia e Germania erano
state contese, i due Paesi si erano spesso fronteggiati per entrare in
possesso dei territori della Ruhr - Saar, ricchi di minerali utilizzati fin
dagli albori dello sviluppo industriale.
Al termine della Seconda Guerra Mondiale vi era la volontà di
superare le divisioni tra i vari Stati d’Europa, e di scacciare l’incubo
d’ulteriori conflitti tra le nazioni europee. Subito dopo la fine del
conflitto, in un’Europa divisa in un blocco occidentale ed uno
orientale, inizia a prendere forma l’idea di una cooperazione tra le
varie nazioni dell’Europa occidentale con il Consiglio d’Europa nel
1949.
Gli anni cinquanta sono caratterizzati dalla contrapposizione dei
blocchi Est ed Ovest: la Guerra Fredda che terrà il vecchio
continente diviso in due per circa quarant’anni.
Il discorso di Schuman
1
, nel 1950, è considerato il manifesto di
un’Europa che crede in una cooperazione rafforzata: un piano per
1
Robert Schuman (1886 – 1963) era Ministro degli esteri della Repubblica
francese.
5
alcune delle nazioni che vogliono accelerare il processo di
collaborazione. Francia e Germania sono ora unite, nell’intento di
evitare nuovi conflitti, attraverso la condivisione economica di beni
preziosi come il carbone e l’acciaio.
Il 18 Aprile 1951 è firmato, a Parigi entra in vigore il 23 Luglio
1952, il Trattato che istituisce la Comunità Europea del Carbone e
dell’Acciaio (CECA). Sei paesi europei
2
vogliono accelerare il
cammino di una sempre più stretta collaborazione dell’ambito
dell’industria carbosiderurgica. Gli anni successivi al termine del
conflitto vedono la ricostruzione del vecchio continente anche grazie
al Piano Marshall. Nel 1947 ha inizio, infatti, il “Programma di
Ricostruzione Europea” (ERP), attraverso il quale gli Stati Uniti
d’America forniscono materie prime, prodotti finiti e capitali alle
nazioni dell’Europa occidentale
3
.
Il successo della cooperazione tra le varie nazioni europee è
evidente e si cerca di estendere la collaborazione anche ad altri
settori economici.
1.1 La nascita della Comunità economica europea.
Il 25 marzo 1957 sono firmati a Roma i “Trattati di Roma” il trattato
che istituisce la Comunità Economica Europea (CEE) e
contemporaneamente quello per lo sfruttamento dell’energia atomica
(EURATOM). Belgio, Francia, Germania, Italia, Lussemburgo e
Paesi Bassi firmano a Roma il trattato per la libera circolazione di
beni, persone e merci. La premessa del Trattato di Roma, a tal
riguardo, è eloquente: “Sua Maestà il Re dei Belgi, il Presidente della
Repubblica Federale di Germania, il presidente della Repubblica
Francese, il Presidente della Repubblica Italiana, Sua Altezza Reale
la Granduchessa di Lussemburgo, Sua Maestà la Regina dei Paesi
Bassi,
2
I paesi fondatori sono: Belgio, Francia, Germania, Italia, Lussemburgo e Paesi
Bassi.
3
Gli stanziamenti complessivi di cui beneficiò l’Italia fra il 1948 ed il 1952
ammontarono complessivamente a 1470 milioni di dollari, pari all’11% del totale
dell’European Recovery Program.
6
determinati a porre le fondamenta di una unione sempre più
stretta fra i popoli europei,
decisi ad assicurare mediante un’azione comune il progresso
economico e sociale dei loro paesi, eliminando le barriere che
dividono l’Europa,
assegnando ai loro sforzi per scopo essenziale il miglioramento
costante delle condizioni di vita e di occupazione dei loro popoli,
riconoscendo che l’eliminazione degli ostacoli esistenti impone
una azione concertata intesa a garantire la stabilità nella espansione,
l’equilibrio negli scambi e la lealtà nella concorrenza, solleciti di
rafforzare l’unità delle loro economie e di assicurarne lo sviluppo
armonioso riducendo le disparità fra le differenti regioni e il ritardo di
quelle meno favorite,
desiderosi di contribuire, grazie a una politica commerciale
comune, alla soppressione progressiva delle restrizioni agli scambi
internazionali,
nell’intento di confermare la solidarietà che lega l’Europa ai paesi
d’oltremare e desiderando assicurare lo sviluppo della loro prosperità
conformemente ai principi dello Statuto delle Nazioni Unite,
risoluti a rafforzare, mediante la costituzione di un complesso di
risorse, le difese della pace e della libertà e facendo appello agli altri
popoli d’Europa, animati dallo stesso ideale, perché si associno al
loro sforzo, hanno deciso di creare una Comunità Economica
Europea…”
4
.
I regnanti ed i presidenti delle repubbliche europee sono decisi a
migliorare le condizioni di vita dei propri popoli attraverso un’unione
degli stessi, risoluti ad eliminare gli ostacoli che impediscono la
crescita e gli scambi tra le varie nazioni, aiutare se necessario le
regioni meno favorite ad incrementare il tenore di vita e la quantità di
beni scambiati, attraverso una stretta collaborazione economica, una
solida volontà di rafforzare la pace tra i loro popoli e rendere
4
Preambolo del “Trattato della Comunità Economica Europea” firmato a Roma il
25 marzo 1957. Negli anni successivi, parte del testo del trattato è stato modificato
ad ogni nuova affiliazione oppure quando sono entrati in vigore convenzioni che
hanno integrato in parte il testo originale.
7
disponibili i risultati ottenuti agli altri popoli d’Europa che intendono
condividere questi ideali.
La pace, che le alte parti contraenti vogliono conseguire, passa
attraverso una sempre maggiore integrazione delle economie e dei
mercati nazionali e sempre più strette relazioni fra gli stati membri.
Gli Stati fondatori della Comunità Economica Europea vogliono
evitare altre guerre che hanno diviso e contrapposto i loro popoli nei
tempi recenti e creare una comunità aperta anche a chi condivide gli
stessi ideali.
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2. IL TRATTATO DI ROMA
Il trattato di Roma, è stato sottoscritto a Roma il 25 marzo 1957 tra
Belgio, Francia, Italia, Lussemburgo, Repubblica Federale di
Germania e Paesi Bassi ed ha portato alla nascita della Comunità
Economica Europea (CEE).
La Costituzione italiana, enuncia all‟art. 11: “L‟Italia ripudia la
guerra come strumento di offesa alla libertà degli altri popoli e come
mezzo di risoluzione delle controversie internazionali; consente, in
condizioni di parità con gli altri Stati, alle limitazioni di sovranità
necessarie ad un ordinamento che assicuri la pace e la giustizia fra
le Nazioni; promuove e favorisce le organizzazioni internazionali
rivolte a tale scopo”. I partecipanti all‟Assemblea Costituente hanno
inserito nella Costituzione la volontà di ripudiare la guerra come
strumento d‟offesa verso altri popoli e come mezzo per risolvere le
controversie internazionali. L‟art. 11 ammette che la Repubblica
italiana può accettare limitazioni della propria sovranità, in condizioni
di parità con gli altri Stati, per assicurare la pace tra le varie nazioni. I
rappresentanti hanno posto le basi, in questo modo, per la
collaborazione paritaria tra l‟Italia e gli altri paesi, al fine di mantenere
la pace e per l‟impegno nella creazione e sviluppo d‟organismi
internazionali a tale scopo.
I partecipanti all‟Assemblea Costituente hanno espresso il
desiderio d‟evitare alla popolazione altre sofferenze date dalle
guerre, e si sono impegnati a creare una Carta che permetta la
collaborazione con organismi internazionali per scongiurare tale
eventualità.
L‟Italia repubblicana s‟è adoperata in organizzazioni internazionali:
Onu e Nato, partecipando attivamente allo sviluppo di una maggiore
collaborazione in ambito europeo.
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2.1 Alcuni cenni storici
Il Consiglio d‟Europa nato nel 1949 è stato uno dei primi passi
italiani nella collaborazione internazionale, ma non era sufficiente
secondo i politici del tempo.
Il 18 Aprile 1951, sulla base del piano Schuman, è fondata a Parigi
la Comunità Europea del Carbone e dell‟Acciaio (CECA). I sei
membri fondatori: Belgio, Francia, Italia, Lussemburgo, Repubblica
Federale Tedesca e Paesi Bassi iniziano, in questo modo, una più
stretta cooperazione nel settore carbosiderurgico. La cooperazione
politica ed economica permette ai paesi aderenti di gestire in comune
le rispettive industrie del carbone e dell‟acciaio. I paesi, in tal modo,
hanno la possibilità di controllare che nessun membro aderente alla
CECA riesca a fabbricare armi da rivolgere contro gli altri, come
avvenuto in precedenza.
Il successo della Comunità Europea del Carbone e dell‟Acciaio è
evidente, le sei nazioni fondatrici decidono di proseguire nella
collaborazione e di estenderla ad altri settori economici. La
partecipazione porta ad una maggiore volontà d‟integrare
maggiormente le proprie economie: nasce la Comunità Economica
Europea.
Il 25 marzo 1957 è firmato il “Trattato di Roma” col quale Belgio,
Francia, Italia, Lussemburgo, Repubblica Federale di Germania e
Paesi Bassi sanciscono la nascita della Comunità Economica
Europea (CEE), avente per obiettivo la libera circolazione di persone,
beni e servizi, al di là dei confini nazionali.
La definizione di trattato è: “Ogni accordo, bilaterale o plurilaterale,
su questioni inerenti ai rapporti fra stati in quanto soggetti di diritto
internazionale”
1
.
L‟Italia ha siglato un accordo plurilaterale, secondo la possibilità
concessa dall‟art. 11 della Costituzione, insieme con altri stati
dell‟Europa per la formazione della CEE. L‟insieme delle norme
contenute nel trattato di Roma ed i rapporti con i vari stati formano il
sistema giuridico comunitario. Le norme comunitarie, essendo l‟Italia
1
G. Devoto, G.C. Oli, Il dizionario della lingua italiana, Le Monnier, 1991.
10
un paese membro, non sono solamente applicabili sul territorio
nazionale, ma sono da considerarsi prevalenti sulle fonti del diritto
interno.
Il giudice che deve giudicare una controversia, in una materia
dove la fonte interna contrasta con quella comunitaria, deve
disapplicare la fonte italiana ed applicare la norma comunitaria, se
legittima
2
.
Il rapporto tra stati stranieri ed organizzazioni internazionali e lo
Stato italiano è così regolato dal secondo comma lettera a dell‟art.
117 della Costituzione: “Lo Stato ha legislazione esclusiva nelle
seguenti materie: a) politica estera, e rapporti internazionali dello
Stato; rapporti dello Stato ed Unione europea; diritto di asilo e
condizione giuridica dei cittadini di stati non appartenenti all‟Unione
europea”
3
.
Lo Stato italiano, perciò, ha legislazione esclusiva sulla politica
estera ed i rapporti con l‟Unione Europea, questa potestà esclusiva
ha permesso all‟Italia di firmare trattati internazionali ed avere
rapporti con organizzazioni sovranazionali.
Il “Trattato di Roma” è attinente ad un trattato internazionale
siglato dalla Repubblica Italiana insieme ad altri cinque Paesi
europei.
2.2 Principi del Trattato di Roma
L‟art. 2 del trattato enuncia: “La Comunità ha il compito di
promuovere, mediante l‟instaurazione di un mercato comune e il
graduale riavvicinamento delle politiche economiche degli Stati
membri, uno sviluppo armonioso delle attività economiche
nell‟insieme della Comunità, un‟espansione continua ed equilibrata,
una stabilità accresciuta, un miglioramento più rapido nel tenore di
2
Le fonti dell‟ordinamento comunitario si distinguono in:
- fonti primarie: in quanto costituiscono la base e la legittimazione delle
competenze e dei poteri attribuiti alla Comunità Europea conferiti e stabiliti
dai trattati istitutivi;
- fonti derivate: in quanto derivano la loro legittimazione ed il loro
riconoscimento dai Trattati istitutivi.
3
Articolo sostituito così dall‟art. 3 della L. cost. 18 ottobre 2001, n. 3.
11
vita e più strette relazioni fra gli Stati che ad essa partecipano”. I
sottoscrittori della convenzione si proponevano di mantenere la pace
in Europa attraverso un mercato comune, uno sviluppo delle attività
economiche, un miglioramento delle condizioni di vita dalla
popolazione e maggiori relazioni tra gli Stati membri.
L‟art. 3 del trattato indica come raggiungere gli obiettivi esposti
nell‟articolo precedente: “… a) l‟abolizione fra gli Stati membri dei
dazi doganali e delle restrizioni quantitative all‟entrata e all‟uscita
delle merci, come pure tutte le altre misure di effetto equivalente, b)
l‟istituzione di una tariffa doganale comune e di una politica
commerciale comune nei confronti degli Stati terzi, c) l‟eliminazione
fra gli Stati membri degli ostacoli alla libera circolazione delle
persone, dei servizi e dei capitali, … h) il ravvicinamento delle
legislazioni nazionali nella misura necessaria al funzionamento del
mercato comune…”. La mancanza di una libera circolazione dei beni,
dei servizi e delle persone era considerata un grave ostacolo al
miglioramento delle condizioni di vita dei cittadini europei. La libera
circolazione delle merci era ostacolata da dazi doganali. La presenza
dei dazi impediva ai consumatori di scegliere un prodotto straniero se
migliore, in quanto la tassa impediva di rendere concorrenziale il
bene. I servizi e le persone, per uscire dai confini nazionali,
necessitavano di molti documenti, la burocrazia era un forte
deterrente alla mobilità internazionale. L‟animo del trattato di Roma
era quello d‟eliminare gli ostacoli d‟ordine economico e burocratico
che limitavano gli spostamenti e gli scambi tra i vari Paesi firmatari.
Il trattato all‟art. 5, indica come necessario che gli stati membri non
ostacolino l‟attuazione del documento, infatti, recita: “Gli Stati
membri... si astengono da qualsiasi misura che rischi di
compromettere la realizzazione del presente Trattato”; l‟art. 6
continua: “Gli Stati membri, in stretta collaborazione con le istituzioni
della Comunità, coordinano le rispettive politiche economiche nella
misura necessaria al raggiungimento degli obiettivi del presente
Trattato”.
Gli Stati firmatari erano consapevoli delle difficoltà che si
sarebbero presentate lungo il cammino d‟attuazione del documento:
12
gli obiettivi che si erano posti i capi di stato ed i regnanti erano d‟alto
profilo, ma consci dello sconvolgimento dei quali erano artefici si
erano posti degli obiettivi temporali. Le quattro tappe, di quattro anni
ciascuna, dovevano servire per permettere alle varie nazioni di
raggiungere i risultati fissati per ogni periodo. L‟integrazione
avanzava per obiettivi che dovevano essere sottoposti a giudizio
prima del passaggio al gradino superiore. L‟art. 8 spiega le modalità
di passaggio alla fase successiva d‟integrazione ed eventualmente
come risolvere le difficoltà insite nel processo di condivisione.
2.3 Fondamenti della Comunità.
Titolo I. Libera circolazione delle merci.
La parte seconda del trattato si occupa dei Fondamenti della
Comunità. La libera circolazione delle merci, uno degli scopi del
Mercato Comune, è posta al titolo primo. L‟unione doganale è un
fondamento della Comunità, l‟art. 9 recita: “La Comunità è fondata
sopra una unione doganale che si estende al complesso degli
scambi di merci e importa il divieto, fra gli Stati membri, dei dazi
doganali all‟importazione e all‟esportazione e di qualsiasi tassa di
effetto equivalente, come pure l‟adozione di una tariffa doganale
comune nei loro rapporti con i paesi terzi”. Una volta ancora sono
evidenziate nella libera circolazione delle merci, derivante
dall‟assenza di dazi, le fondamenta della Comunità.
Il Capo 1 del trattato riguarda l‟unione doganale e la sezione prima
tratta dell‟abolizione dei dazi doganali fra gli Stati membri. Gli articoli
12 e 13 prevedono esplicitamente di non creare nuovi dazi doganali
oltre a quelli in essere: “Gli Stati membri si astengono dall‟introdurre
tra loro nuovi dazi doganali all‟importazione e all‟esportazione o
tasse di effetto equivalente e dall‟aumentare quelli che applicano nei
loro rapporti commerciali reciproci” (art. 12); ed indica agli Stati di
abolire i dazi all‟importazione di merci: “I dazi doganali
all‟importazione, in vigore tra gli Stati membri, sono
progressivamente aboliti ad opera di questi, durante il periodo
13
transitorio, secondo le modalità previste dagli articoli 14 e 15 ...” (art.
13).
La tempistica di cancellazione dei dazi è fissata dall‟art. 14 del
trattato. L‟operazione può creare problemi ad alcuni Stati, perciò
sono concessi alcuni anni per la riduzione e l‟abolizione dei dazi.
L‟articolo indica il percorso da seguire per eliminare i dazi sia per
quanto concerne la tempistica, sia riguardo alle quantità.
Gli Stati, durante il periodo transitorio, possono decidere di
modificare i tempi previsti per la riduzione e l‟abolizione dei dazi
applicati ai prodotti importati: “A prescindere dalle disposizioni
dell‟articolo 14, ogni Stato membro, durante il periodo transitorio, può
sospendere interamente o parzialmente la riscossione dei dazi
applicati sui prodotti importati dagli altri Stati membri, e ne rende
edotti questi ultimi e la Commissione. Gli Stati membri si dichiarano
disposti a ridurre i loro dazi doganali nei confronti degli altri Stati
membri secondo un ritmo più rapido di quello previsto dall‟articolo 14,
quando ciò sia loro consentito dalla loro situazione economica
generale e dalla situazione del settore interessato. …” (art. 15). I dazi
all‟esportazione, secondo il dettato dell‟art. 16, devono essere aboliti
entro il termine della prima tappa, che è di quattro anni come
prescritto dall‟art. 8: “Gli Stati membri aboliscono tra loro, al più tardi
alla fine della prima tappa, i dazi doganali all‟esportazione e le tasse
di effetto equivalente”.
L‟unione doganale tra gli Stati aderenti permette un migliore
scambio delle merci, ma si è deciso di armonizzare anche le tariffe
doganali da applicare verso le merci degli stati terzi alla Comunità.
La sezione seconda del capo 1 riguarda la fissazione della tariffa
doganale comune. L‟art. 18 indica che, non solamente, è perseguito
un migliore scambio delle merci all‟interno della Comunità
Economica Europea, ma questo deve avvenire anche nei confronti di
quei paesi che non aderiscono al trattato, infatti, l‟articolo recita: “Gli
Stati membri si dichiarano disposti a contribuire allo sviluppo del
commercio internazionale e alla riduzione degli intralci agli scambi,
mediante la conclusione di accordi intesi, su di una base di
reciprocità e di mutuo vantaggio, a ridurre i dazi doganali al di sotto
14
del livello generale che sarebbe consentito agli Stati stessi
dall‟istituzione di una unione doganale tra loro”. I tempi per la
creazione della tariffa doganale alle importazioni sono regolati dal
paragrafo 3 dell‟art. 23: “La tariffa doganale comune è integralmente
applicata al più tardi allo spirare del periodo transitorio”. La
tempistica d‟attuazione dei dazi comuni all‟importazione da paesi
terzi può essere accelerata, come già previsto anche per le tariffe
alle esportazioni, secondo quanto prescritto dall‟art. 24: “Per
allinearsi sulla tariffa doganale comune, gli Stati membri restano
liberi di modificare i loro dazi doganali con un ritmo più rapido che
quello previsto dall‟articolo 23”.
I firmatari, consapevoli delle difficoltà del periodo post bellico,
hanno creduto opportuno concedere la possibilità di una deroga, in
particolari frangenti, nelle modalità e nei tempi d‟applicazione delle
modifiche alle tariffe doganali: “La Commissione può autorizzare uno
Stato membro che debba affrontare particolari difficoltà, a differire
d‟abbassamento o l‟aumento da effettuare in virtù dell‟articolo 23, per
i dazi di talune posizioni della sua tariffa”; il comma secondo, del
medesimo articolo, pone dei limiti temporali all‟applicazione del
comma precedente: “L‟autorizzazione non potrà essere accordata
che per un periodo di tempo limitato, e soltanto per un insieme di
posizioni tariffarie che non rappresentino per lo Stato in questione più
del 5% del valore delle importazioni dallo stesso effettuate in
provenienza dai paesi terzi durante l‟ultimo anno per il quale siano
disponibili i dati statistici ”.
Gli Stati membri possiedono differenti legislazioni doganali, ma per
potere operare al meglio devono armonizzare le varie leggi che
trattano della materia. L‟art. 27 del trattato esplicita la necessità di
un‟armonizzazione legislativa: “Entro la fine della prima tappa, gli
stati membri procedono, nella misura necessaria, al riavvicinamento
delle loro disposizioni legislative, regolamentari e amministrative in
materia doganale. La Commissione rivolge agli Stati membri a tal
fine tutte le raccomandazioni del caso”.
La Commissione è l‟organo che controlla l‟applicazione delle
disposizioni in materia daziaria, per svolgere nel migliore dei modi il
15
compito affidatole deve ispirarsi ai principi contenuti nell‟art. 29:
“Nell‟adempimento dei compiti che le sono affidati ai sensi della
presente sezione, la Commissione s‟ispira: a) alla necessità di
promuovere gli scambi commerciali fra gli Stati membri ed i paesi
terzi, b) all‟evoluzione delle condizioni di concorrenza all‟interno della
Comunità, nella misura in cui tale evoluzione avrà per effetto di
accrescere la capacità di concorrenza delle imprese, c) alla
necessità di approvvigionamento della Comunità in materie prime e
semilavorati, pur vigilando a che non vengano falsate fra gli Stati
membri le condizioni di concorrenza sui prodotti finiti, d) alla
necessità di evitare gravi turbamenti nella vita economica degli Stati
membri e di assicurare uno sviluppo razionale della produzione e
una espansione del consumo nella Comunità”.
2.4 Unione doganale.
Il “Capo 1” tratta dell‟abolizione progressiva dei dazi, quindi si
occupa dei prezzi, il “Capo 2”: “Abolizione delle restrizioni
quantitative tra gli Stati membri”, si tratta degli eventuali problemi
legati alle quantità dei beni scambiati.
L‟art. 30 evidenzia la necessità di evitare restrizioni quantitative
alle importazioni delle merci tra i Paesi membri della Comunità:
“Senza pregiudizio delle disposizioni che seguono, sono vietate tra
gli Stati membri le restrizioni quantitative all‟importazione nonché
qualsiasi misura di effetto equivalente”. L‟art. 31 evidenzia la volontà
di non creare restrizioni alla circolazione delle merci: “Gli Stati
membri si astengono dall‟introdurre tra loro nuove restrizioni
quantitative e misure di effetto equivalente”; ed al comma secondo,
consapevoli dei problemi presenti nel secondo dopoguerra, concede
alcune deroghe al principio esposto precedentemente: “… tuttavia,
tale obbligo non si applica che al livello di liberalizzazione attuato in
applicazione delle decisioni del Consiglio dell‟Organizzazione
europea di Cooperazione Economica in data 14 gennaio 1955. Gli
Stati membri notificano alla Commissione, al più tardi sei mesi dopo
l‟entrata in vigore del presente Trattato, i loro elenchi dei prodotti