Introduzione
L’obiettivo di questo lavoro è dimostrare che il Kurdistan iracheno - regione
autonoma della Repubblica federale irachena, secondo quanto stabilito dalla
Costituzione del 2005 - non può essere considerato un modello per un futuro assetto
politico di uno Stato indipendente che riunisca i 25 milioni di curdi oggi divisi tra
Turchia, Iraq, Iran e Sira. Tantomeno può servire da esempio per un futuro assetto
democratico, tendente all’occidentalizzazione, dell’Iraq. Tale dimostrazione dovrebbe
servire da lezione a tutte le potenze esterne (regionali e non) che usano il ruolo
geopolitico dei curdi per colpire la sovranità dei quattro Stati sovrani sopra citati, in un
area in un’area particolarmente delicata del mondo, procedendo alla sua
balcanizzazione.
Tuttavia è bene chiarire, sin dal principio, che questa tesi non verterà sulla
correttezza o meno della creazione di uno grande Stato autonomo curdo, il Kurdistan
appunto, ma si focalizzerà solamente su quello che è oggi noto come Governo
Regionale del Kurdistan ubicato nelle zone montagnose dell’Iraq nord-orientale. La
suddetta regione, invero, si è dotata progressivamente di inno, bandiera, Parlamento e
persino di una nazionale di calcio. All’interno dei “suoi” territori non circolano mezzi
militari ma limousine cariche di uomini d’affari. All’aeroporto internazionale di Erbil
non atterrano aerei militari ma voli di linea, che collegano il Kurdistan alle principali
città europee. La sera, nessun coprifuoco svuota le vie delle città: gli abitanti di Erbil,
Sulaymaniyyah e Duhok, i tre capoluoghi di provincia, si ritrovano per una passeggiata
al centro commerciale o per una partita allo stadio Da tempo ormai il Kurdistan
iracheno segue una parabola politica ed economica propria, divergente da quella
dell’Iraq arabo, risultato delle conquiste raggiunte negli “anni turbolenti” dalla
popolazione curda.
Per comprendere le ragioni di tale apparente prosperità vedremo come il GRK
sia nato, inizialmente, da “circostanze fortuite”, le quali abilmente adoperate, grazie
soprattutto ad aiuti esterni, hanno permesso ai curdi iracheni di acquistare sempre
maggiore autonomia nei confronti del governo centrale di Baghdad. Per analizzare tali
circostanze si tornerà al 1991 allorchØ un’offensiva militare, guidata dagli Stati Uniti,
liberò il Kuwait e gli eventi che seguirono posero le condizioni per la nascita di un
governo curdo indipendente da Baghdad (anche se non riconosciuto dalla comunità
4
Pagina
internazionale). Vale la pena ricordare due contingenze: il costante pattugliamento aereo
delle forze anglo-americane, seguito alla creazione delle zone di interdizione al volo sul
“suolo” iracheno e il ritiro, da parte del governo centrale mesopotamico, della propria
amministrazione civile da gran parte della zona curda.
Fatto ciò utilizzeremo una lente d’ingrandimento per osservare da prima i
contrasti esistenti all’interno del Kurdistan iracheno, poi allontanandoci lievemente,
esamineremo le contese tra il governo di Erbil e quello di Baghdad e, per concludere,
sceglieremo una visone molto piø ampia per analizzare le dinamiche regionali e i
cambiamenti politici generati da questa nuova entità, per il panorama mediorientale,
che è il GRK.
Dunque nel primo capitolo ci occuperemo della rivalità interna tra i due
maggiori partiti curdi, raramente capaci di raggiungere accordi e ancora piø raramente
capaci di mantenerli, sfociata in una guerra civile che costò migliaia di vittime e che
divise l’Iraq settentrionale in due “staterelli”, con proprie amministrazioni:
rispettivamente, la zona piø a nord sotto il controllo dal Partito Democratico del
Kurdisant mentre la zona confinante con l’Iran sotto il comando dell’Unione
Patriottica del Kurdistan. Entrambi i partiti si caratterizzano per una corruzione
arrivista e un’economia che prospera grazie ai traffici, per lo piø illegali, alle frontiere
con Turchia e Iran.
Nel secondo, appoggiandoci agli articoli della costituzione irachena per meglio
comprendere come il governo centrale abbia tentato di cucire queste ferite, chiariremo
che, verosimilmente, la causa di tutte le discordie tra il governo centrale e quello del
Kurdistan altro non è che il controllo delle aree petrolifere all’interno provincie curde e,
in particolare modo, all’interno delle provincie rivendicate dal popolo indeuropeo. Dato
che il federalismo, ottenuto “giuridicamente” nel 2005, non è stato sufficiente a placare
le tensioni: finchØ non si riuscirà a trovare un accordo sulla potestà del Kirkuk o sulla
distribuzione dei suoi proventi petroliferi, le possibilità che queste “scaramucce”
degenerino in un conflitto piø ampio sono piuttosto elevate, soprattutto dopo l’annuncio
del ritiro delle truppe statunitensi.
Infine analizzeremo come le tensioni all’interno del GRK e di questo con
Baghdad abbiano agevolato oltremodo l’ingresso di influenze esterne, le quali si sono
servite del ruolo geopolitico, di grande importanza, giocato dai curdi e della forte
valenza strategica del territorio del Kurdistan iracheno. Quest’ultimo è infatti uno dei
5
Pagina
luoghi piø ricchi di petrolio al mondo, abbonda di acqua e rappresenta la porta
d’acceso piø immediata all’Iraq.
Piø nello specifico, nel terzo capitolo esamineremo in che modo i succitati
dissidi siano stati utilizzati o meglio strumentalizzati dalle potenze estere, in particolar
modo da Israele che, vede nei curdi, un alleato naturale nell’oceano arabo della regione
mediorientale. Infatti si dimostrerà che, sebbene i rapporti israelo-curdi abbiano origini
molto antiche (alcuni sostengono perfino che i curdi discendano da una delle dieci
delle tribø perdute di Israele), questa complicità ha acquisito un significato peculiare
solo dopo la creazione dello Stato di Israele ed è divenuta ancora piø attuale in seguito
alla guerra condotta dagli Stati Uniti e dai suoi alleati in Iraq, e dai successivi
cambiamenti politici verificatesi nella Mezzaluna fertile. Difatti, Israele ha riportato in
auge tali rapporti per raggiungere i propri obiettivi nella regione, tra cui l’ambizioso
progetto della creazione di uno stato cuscinetto, il Kurdistan appunto, tra Israele e
l’ingombrante Stato sciita dell’Iran.
6
Pagina
“We are the people of the land between two rivers”
Costituzione irachena
7
Pagina
Capitolo 1
Il Kurdistan iracheno: un modello di democrazia?
L’obiettivo che ci prefissiamo in questo capitolo è valutare la portata e i limiti
dell’esperimento democratico del Kurdistan iracheno esaminando gli avvenimenti e
alcune contingenze che hanno permesso la nascita di un governo curdo indipendente,
nell’Iraq settentrionale. Così facendo dimostreremo che il “libero” Kurdistan iracheno
in realtà ha degli spazi di manovra, politica ed economica, molto ristretti. Se da un lato
le strategie internazionali e i contrastanti interessi a livello regionale hanno favorito la
formazione di questa nuova entità curda hanno, allo stesso tempo, condizionato
pesantemente la struttura politica della leadership curda.
Da prima esamineremo la crescita istituzionale di quella che oggi è la regione
autonoma curda. Mostreremo che è stata la rivalità tra i due maggiori partiti curdi a
invitare le interferenze esterne e a porre, di conseguenza, pesanti condizionamenti sul
funzionamento delle istituzioni elette in Kurdistan, precludendo la formazione di
istituzioni credibili e la possibilità di un reale sviluppo democratico.
Osserveremo poi che la base della rivalità curda è principalmente di natura
economica. La regione, precisamente, si regge su un’economia di guerra che alimenta
troppi interessi particolari e contrastanti: sono stati proprio quest’ultimi a rafforzare le
divisioni sociali esistenti creando nuove disparità di classe e di ricchezza.
Arriveremo in tal modo alla conclusione il Kurdistan iracheno non può essere un
considerato un modello per un futuro assetto politico di uno Stato indipendente che
1
riunisca i 25 milioni di curdi oggi divisi tra Turchia, Iraq, Iran e Sira. Tantomeno può
servire da esempio per un futuro assetto “democratico” dell’Iraq. Tale dimostrazione
dovrebbe servire da lezione a tutte le potenze esterne (regionali e non) che usano il
ruolo geopolitico dei curdi per colpire la sovranità dei quattro Stati sovrani sopra citati,
in un area in un’area particolarmente delicata del mondo, procedendo alla sua
balcanizzazione. Non dimentichiamo che il Kurdistan iracheno ha una forte valenza
1
Gruppi curdi vivono anche in Azerbaigian e in Armenia; numerosa la loro presenza nelle città europee
e negli Stati Uniti. Ciò nonostante la comunità curda piø numerosa vive in Turchia (circa 12 milioni) ma
in Iraq formano la percentuale piø alta rispetto alla popolazione (quasi il 20% secondo i dati del Cia
World Factbook)
8
Pagina
strategica: è uno dei luoghi piø ricchi di petrolio al mondo, abbonda di acqua,
rappresenta la porta d’acceso piø immediata all’Iraq e offre grandi opportunità di affari
senza la pregiudiziale degli enormi problemi connessi alla mancanza di sicurezza nel
resto del paese.
¨ il risultato di circostanze eccezionali
Un’area grande quanto la Svizzera, trentaseimila chilometri quadrati in cui
2
vivono quasi cinque milioni di persone: questo è il Kurdistan iracheno. Regione
autonoma dell’Iraq federale confina a ovest con la Siria, a est con l’Iran e a nord con la
3
Turchia. Proprio la parte settentrionale appare oggi in tutto e per tutto un corpo
separato dal resto del paese: mercati pieni di merce, alberghi in costruzione e un
aeroporto, quello della capitale Erbil, meta di voli (civili) diretti provenienti dalle
principali città europee e mediorientali. La regione, oltre a vivere un inaspettato boom
economico, tanto da far assomigliare l’intera aera a un cantiere, è prospera e sicura: i
4
camionisti che trasportano derrate e petrolio non temono attacchi, i commercianti non
sprangano le loro vetrine e i locali non temono ordigni e rapimenti. Da tempo ormai il
Kurdistan iracheno segue una parabola politica ed economica propria, divergente da
quella dell’Iraq arabo, risultato delle conquiste raggiunte negli “anni turbolenti” dalla
popolazione curda.
Possiamo affermare che furono proprio le circostanze verificatesi negli anni
compresi tra la guerra del Golfo e il conflitto in Iraq a permettere al popolo curdo di
diventare soggetto della storia di pieno diritto. In particolare ci riferiamo: alle sanzioni
che indebolirono il Governo centrale iracheno, all’imposizione della zona di
interdizione aerea e all’opportunità di commerci illegali con Turchia e Iran (i quali
5
dovevano necessariamente passare per la zona curda). La nuova entità politica che
emerse nel Kurdistan iracheno va vista proprio all’interno di questi parametri
internazionali. Ciò è talmente vero che la prosperità di cui oggi gode la regione è il
risultato dei 12 anni di autonomia assicurata dalla no fly zone. Per di piø il costante
2
Marco Ansaldo, Il Kurdistan iracheno fa già da solo e conta su Israele, in “Limes”, L’agenda di Bush,
gennaio 2005, pp. 139-144.
3
Secondo quanto sancito dalla costituzione approvata da referendum popolare nell’ottobre 2005. In base
all’art. 113 il governo di Baghdad riconosce la regione del Kurdistan e il suo governo regionale (ovvero
il Kurdistan Regional Goverment – KGR) come regione federata.
4
Fatta eccezione per l’area attorno a Mosul.
5
Da ciò deduciamo il ruolo essenziale svolto, in questa zona, da Iran e Turchia.
9
Pagina
pattugliamento aereo delle forze anglo-americane iniziato nell’aprile 1991 a cui,
nell’ottobre dello stesso anno, è seguito il ritiro, da parte del governo centrale iracheno
della propria amministrazione civile da gran parte della zona curda, pose le condizioni
per la nascita di un governo curdo indipendente da Baghdad.
Ma vediamo piø nello specifico gli eventi che portarono al riscatto curdo. Nel
gennaio 1991 un’offensiva militare guidata dagli Stati Uniti in quarantatre giorni liberò
il Kuwait occupato dalle forze di Saddam Hussein respingendole all’interno del confine
iracheno. Le truppe della coalizione avanzarono fino a Baghdad e sebbene sconfissero
il regime ba’athista non rimossero il ra’is. Invero Saddam rimase al potere ma dovette
affrontare la rivolta popolare che stava dilagando nel paese: nel nord a maggioranza
curda e nel sud sciita. Inutile precisare che dietro le sollevazioni ci fosse la spinta degli
6
Stati Uniti e dei suoi alleati nella regione mediorientale, primo tra tutti Israele.
Importante è invece sottolineare la durissima repressione dell’esercito iracheno che
causò uno smisurato esodo della popolazione curda verso il confine turco e iraniano (un
milione secondo le stime irachene, due milioni secondo quelle curde). Or dunque
all’interno di questi due paesi esistevano da tempo minoranze curde ed, essendo a
quest’ultime negati i diritti e l’autonomia, quella che era nata come emergenza
umanitaria aveva alte probabilità di trasformarsi in un conflitto di politica interna. Per
tanto la Turchia rispose al pericolo chiudendo le frontiere mentre la Repubblica sciita
chiese l’intervento della comunità internazionale.
L’ONU di fronte alla crisi umanitaria, che mobilitò gran parte dell’opinione
pubblica internazionale approvò, il 5 aprile 1991, la risoluzione 688, con la quale venne
chiesto all’Iraq di porre immediatamente termine alla repressione contro la popolazione
civile e di permettere l’accesso alle organizzazioni umanitarie internazionali incaricate
7
di portare assistenza. Successivamente, con il pretesto di permettere alla popolazione
6
Israele ha sempre sostenuto i curdi in modo Machiavellico, usandoli contro Saddam, o meglio
riportando le parole del giornalista Seymond Hersh: “Israel has always supported the Kurds in a
Machiavellian way- a balance against Saddam” “It's Realpolitik...”. Si veda Seymour M. Hersh, PlanB.
As June 30th approaches, Israel looks to the Kurds, New Yorker, June 28, 2004. Disponobile disponibile
all’indirizzo internet: http://www.newyorker.com/archive/2004/06/28/040628fa_fact?currentPage=
allAnnals of National Security oppure si veda Gary Younge, Israelis 'using Kurds to build power base',
The Guardian, Monday 21 June 2004, disponibile all’indirizzo internet: http://www.guardian.co.uk
/world/2004/jun/21/iraq.syria
7
Cfr. http://daccess-dds-ny.un.org/doc/RESOLUTION/GEN/NR0/596/24/IMG/NR059624.pdf?OpenEle
ment
Pagina 10
8
in fuga di ricevere gli aiuti previsti dall’operazione Provide Comfort, il 7 aprile gli
alleati istituirono una zona di sicurezza attorno al 36° parallelo, la cosiddetta no fly
9
zone. ¨ doveroso precisare che, nonostante Stati Uniti e Gran Bretagna abbiano tentato
ripetutamente di fondare la legittimità, di tali zone di interdizione area, sulla risoluzione
del Consiglio di Sicurezza, non esiste nessuna risoluzione ONU che imponga o autorizzi
le suddette no fly zone. Anche se torneremo piø avanti su questo argomento, possiamo
già anticipare che la 688 è la prima risoluzione dedicata alla situazione interna
irachena: in essa per la prima volta si fece esplicito riferimento alla popolazione curda e
con essa, sempre per la prima volta, l’ONU riconobbe la prevalenza del diritto di
10
ingerenza, per motivi umanitari, sull’inviolabilità territoriale di uno Stato sovrano.
In tal modo nel 1991 i curdi furono in grado di dare il via a un governo
autonomo nel nord dell’Iraq. Illustreremo ora il tracciato che ha condotto al riscatto
storico del nazionalismo curdo e alla progressiva autonomia del Governo Regionale del
Kurdistan.
Il primo passo: le leggi di autonomia
Il primo riconoscimento internazionale del diritto del popolo curdo risale al
trattato di Sèvres del 1920. Attraverso gli articoli 62, 63 e 64, il patto garantiva ai curdi
la possibilità di ottenere l’indipendenza all’interno di uno Stato, i cui confini sarebbero
stati definiti da una commissione, designata ad hoc, dalla neonata Società delle
11
Nazioni. Tuttavia il trattato non venne mai applicato e in seguito fu sostituito da
quello di Losanna, del 24 luglio del 1923, in cui l’eventualità di uno stato curdo
indipendente venne definitivamente accantonata. I curdi furono dunque traditi dalle
grandi potenze che decisero l’assetto della regione, in funzione imperialistica, dopo la
sconfitta ottomana nella guerra mondiale. Come possiamo ben intuire a muovere le
grandi potenze non fu certo la preoccupazione di riconoscere il diritto dei curdi a
8
In realtà l'operazione Provide Comfort fu un operazione militare, a cui prese presero parte gli Stati Uniti
e alcuni alleati, cui con lo scopo di difendere e portare aiuti umanitari ai curdi in fuga verso il nord
dell'Iraq.
9
La zona di sicurezza istituita nel Nord dell’Iraq non coincide con l’intero Kurdistan iracheno, o meglio
non coincide con la linea oltre la quale si ritirarono le truppe irachene nell’ottobre 1991. Curioso che
nella no fly zone sia invece compresa la città di Mosul , tutt’ora sotto il governo centrale, mentre rimase
esclusa Sulaymaniyya , la piø grande città della zona sotto controllo curdo.
10
Graham-Brown, Sanctioning Saddam: The Politics of Intervention in Iraq Londra, Tauris, 1999, p. 106.
11
Aldo Braccio, Geopolitica della questione curda (1945-2010), Master Enrico Mattei in Vicino e Medio
oriente, 9 giugno 2010.
Pagina 11
esistere come nazione ma, piø verosimilmente, il destino dell’ex provincia ottomana di
Mosul e piø in generale del futuro Iraq settentrionale.
La provincia, infatti, occupava e occupa tutt’oggi una posizione strategica
nell’assetto geopolitico dell’intera regione e per di piø già all’epoca erano note le sue
12
ricchezze petrolifere. Non a caso, in quest’area, si verificarono delle difficoltà sin da
13
subito: sin dalla stipulazione degli accordi Sikes-Picot del 1916. Secondo la divisione
delle provincie arabe dell’Impero Ottomano prevista dagli accordi sopra citati, la
Francia avrebbe dovuto ricevere il vilayet di Mosul , parzialmente popolato da curdi: un
territorio che la Turchia kemalista insisteva a rivendicare per sØ. Ad ogni modo, Francia
e Inghilterra giunsero a un rapido accordo , che si concretizzò nel trattato di San Remo,
del 25 aprile 1920, il quale ripartì, tra le due potenze coloniali, le frontiere dei mandati
su Iraq, Siria, Palestina e Libano. L’Inghilterra potØ così costruire un territorio iracheno,
dapprima con i due vilayet ottomani di Baghdad e Basra, ai quali si aggiunse nel 1925
anche quello di Mosul. Tuttavia nel giugno 1920 la popolazione araba di questa nuova
entità si ribellò all’istituzione di un mandato inglese. Le truppe britanniche poterono
ristabilire l’ordine solo nel novembre e un notabile di Baghdad, Mohammed Alì, fu
incaricato di formare il primo governo iracheno. Come sappiano nel 1921 l’emiro Feisal
cacciato dalla Sira dal Mandato francese, venne poi consacrato re dell’Iraq, dando così
14
inizio al governo della monarchia hascemita.
La Società delle Nazioni avvallò l’unione di Mosul al mandato britannico,
15
promettendo ancora una volta ai curdi un governo autonomo. Spettò così al neonato
Stato iracheno farsi carico di questo impegno. Dobbiamo infatti rendere merito allo
12
Proprio tra il 1920 e il 1927 vennero scoperti dei giacimenti petroliferi nella zona del Kirkuk.
13
Gi accordi Sykes-Picot (16 maggio 1916) furono stipulati fra i governi della Gran Bretagna e della
Francia per definire segretamente le rispettive sfere d'influenza in Medio oriente, dopo la fine della prima
guerra mondiale; alla Gran Bretagna fu assegnato il controllo delle zone comprendenti,
approssimativamente, la Giordania e l'Iraq. Alla Francia fu assegnato il controllo della Siria, il Libano e
formalmente a lei sarebbe spettato il controllo della zona sud-est della Turchia, la parte dell’Iraq
settentrionale. Invece la zona successivamente riconosciuta come Palestina doveva essere destinata a
un’amministrazione internazionale coinvolgente la Russia e altre potenze ma, come ben sappiamo, questa
parte degli accordi non fu mai applicata.
14
George Corm, Iraq dalle antiche civiltà alla barbarie del mercato petrolifero, Milano, Jaca Book,
2003, cit. p. 142.
15
Da notare che la SdN non risolse il problema della delimitazione delle frontiere dei nuovi “Stati” nati
dal collasso dell’Impero Ottomano. Tale questione fu molto lunga da regolare, tanto che il problema
della frontiera con il Kuwait non fu mai definitivamente risolto e sarebbe divenuto una delle cause della
guerra del Golfo nel 1991. Anche la divisione delle acque dello Shatt al-Arab, che danno accesso al Golfo
arabo-persico, nonostante oggetto dell’Accordo di Algeri del 1975, è stata una delle cause della guerra
Iraq-Iran scoppiata nel 1980.
Pagina 12
Stato mesopotamico, almeno ai sui albori, quando fu il solo Stato tra i paesi dove
vivono minoranze curde ad aver riconosciuto sin dalla fondazione l’esistenza del popolo
curdo e l’unico ad aver fatto progressi nel riconoscimento dei diritti nazionali dei curdi.
A conferma di ciò ricordiamo che la costituzione provvisoria del 1958, seguita al Colpo
di Stato del generale Kassem, o Qāsim se preferite, riconobbe per la prima volta
16
“l’associazione tra arabi e curdi che costituisce la nazione irachena”. Tuttavia la
promessa iniziale di autonomia non si tradusse nei fatti, anche perchØ ogni concessione
fatta da Baghdad poteva poi essere rimessa in discussione dal governo successivo.
Ricordiamo che in Iraq dal 1941 al 1968 si sono susseguiti ben cinque colpi di Stato. Un
paese, dunque, tutt’altro che stabile, dove la lotta per il potere si svolgeva tra i vertici
militari. Così si avvicendarono rivolte, repressioni e di nuovo negoziati, senza mai
arrivare a un punto d’incontro.
Nel 1970, l’allora numero due del regime ba’athista, Saddam Hussein riuscì ad
arrivare a un accordo, in base al quale il governo iracheno garantiva ai curdi la formale
autonomia amministrativa, dichiarava un’amnistia generale per i membri del Partito
17
Democratico del Kurdistan (PDK), concedeva loro di mantenere le milizie armate (i
18
peshmerga) e permetteva ai curdi l’accesso ai media. Oltre a ciò l’11 marzo del 1974
venne emanata la Legge di Autonomia per il Kurdistan, secondo la quale il Kurdistan
doveva diventare un’area autonoma governata da un potere legislativo eletto e da un
19
consiglio esecutivo. Tuttavia, tra l’accordo del 1970 e la legge del 1974 due questioni
fondamentali bloccarono il progetto di autonomia: l’esclusione di alcuni territori
dall’area curda e la decisone di Baghdad di mantenere il controllo centrale sulle risorse
petrolifere delle zone di Kirkuk e Khanikin. D’altronde non c’è da stupirsi che lo
sfruttamento delle risorse della regione curda sarebbe rimasto competenza della
repubblica irachena, data la politica economica dirigista seguita dal Governo tra i due
fiumi. Ne tantomeno ci possiamo meravigliare del fatto che, mentre le due parti
cercavano un intesa, il regime conduceva una politica di “arabizzazione” in quegli
stessi distretti contesi (Kirkuk e Khanakin), cominciando proprio dalla manodopera
16
Aldo Braccio, Geopolitica della questione curda (1945-2010), Master Enrico Mattei in Vicino e Medio
oriente, 9 giugno 2010
17
Il PDK è storicamente il maggiore partito curdo, fondato nel 1945 dal leader Mustafa Barzani.
18
Michelguglielo Torri (a cura di), Il Grande Medio oriente nell’era dell’egemonia americana, Milano,
Bruno Mondadori, 2006, p. 380.
19
Nei fatti un consiglio Legislativo curdo venne nominato nel 1974 e dal 1980 fu eletto ogni 3 anni. Si
veda Michelguglielo Torri (a cura di), Il Grande Medio oriente nell’era dell’egemonia americana, cit., p.
401.
Pagina 13
delle installazioni petrolifere. Vale la pena spiegare come si realizzasse questa
arabizzazione: prima di tutto si esercitavano pressioni sui curdi residenti nell’area
affinchØ si registrassero come arabi, a questi seguivano trasferimenti forzati della
popolazione curda in altre regioni irachene e al loro posto venivano insediati coloni
arabi.
Detto ciò, risulta chiaro che il vero nodo da risolvere, per arrivare a un
consenso da entrambe le parti, era nel 1974 ed è ancora oggi, il controllo delle aree
petrolifere all’interno delle provincie del Kurdistan e in particolare la gestione della
provincia del Kirkuk.
I negoziati condotti da Saddam e dallo storico leader del PDK, Mustafa Barzani,
non andarono quindi a buon fine e, a causa di ciò, il partito riprese la ribellione:
“armato dalla CIA, aiutato dall’artiglieria iraniana, da istruttori militari israeliani,
20
esperti balistici britannici”. Il partito democratico del Kurdistan, come vedremo piø
avanti, dipende totalmente dall’aiuto esterno e, per tale motivo, non esita a stringere
alleanze di comodo privilegiando gli interessi del momento. A questo punto è opportuno
aprire una parentesi riguardo la politica delle alleanze regionali e internazionali seguita
dai curdi contro il governo di Baghdad. Possiamo affermare che dagli anni Sessanta, ed
esattamente fino al 1975, i curdi combatterono contro il governo iracheno grazie
all’aiuto dei vicini iraniani, fin quando, una volta abbandonati dallo Shah la rivolta
21
curda collassò, mostrando di essere solo una pedina nella disputa tra Iran e Iraq.
Dunque nel 1975 il ritiro dell’appoggio non solo da parte dell’Iran ma anche degli Stati
Uniti, che allora erano in buonissimi rapporti con i persiani (basta ricordare la “strategia
dei pilastri” ) portò al collasso il PDK . Appena un anno dopo da quest’ultimo si scisse
una parte marxista, in disaccordo con la leadership del partito democratico curdo e
nacque così l’Unione Patriottica del Kurdistan (UPK).
Torniamo allo Statuto di Autonomia del 1974 per precisare che negli anni
successivi i suoi contenuti furono oggetto di numerosi negoziati. Ciò nonostante ogni
volta le trattative si arenarono sempre sulle medesime questioni del 1974, ovvero: la
20
Michelguglielo Torri (a cura di), Il Grande Medio oriente nell’era dell’egemonia americana, cit., p.
381.
21
I curdi si alleano nuovamente con l’Iran nel 1980 durante la guerra tra Iran e Iraq, rivolta che venne
duramente repressa nel 1988. Dal 1988 il Fronte del Kurdistan, un alleanza di partiti politici curdi, ottenne
il sostegno di Teheran, Damasco e successivamente di Ankara, in cambio di un interevento militare turco
nel nord dell’Iraq contro il Pkk (partito dei lavoratori del Kurdistan) partito curdo turco.
Pagina 14