1. Il mercato del lavoro 1.1. Classificazioni e fattori che ne regolano il funzionamento Il concetto di mercato del lavoro è utilizzato di norma per indicare l'insieme dei meccanismi
che regolano l'incontro tra i posti di lavoro vacanti e le persone in cerca di occupazione e che
sottostanno alla formazione dei salari pagati dalle imprese ai lavoratori.
Oggetto di studio multidisciplinare, il mercato del lavoro può essere considerato sia da un
punto di vista economico che da un punto di vista sociologico .
• Il primo approccio si basa prevalentemente sull'analisi del meccanismo di mercato di
domanda/offerta che regola lo scambio di lavoro in maniera sostanzialmente analogo a
qualsiasi altra merce. Ogni individuo sceglie i propri comportamenti in base a calcoli
razionali, sui quali non influiscono né le relazioni con gli altri e né il contesto
socioculturale, l'utilità da massimizzare è il guadagno pecuniario, il mercato del lavoro è
concorrenziale poiché vi sono molti compratori e venditori e in equilibrio perchè il
salario eguagli ala domanda e l'offerta.
• L'approccio sociologico, invece, si focalizza sui meccanismi istituzionali che regolano lo
scambio di lavoro in contesti storico-geografici specifici. Viene posto l'accento sul fatto
che ogni individuo è inserito in un contesto che influisce e l'azione umana non può
essere ridotta solo a motivazioni pecuniarie.
Il mercato del lavoro è un luogo teorico dove vige il criterio della concorrenza e
dell'equilibrio ottenibile grazie al sistema dei prezzi. Il massimo equilibrio possibile
corrisponde alla situazione di pieno impiego. La persistenza della disoccupazione nei paesi
sviluppati, è spiegata dal fatto che il livello dei salari è sempre superiore a quello di equilibrio
tra domanda e offerta di lavoro.
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Inoltre, tra lavoratore e impresa non vi è una normale relazione di scambio, ma un rapporto
asimmetrico. I lavoratori non possono non vendere la propria forza lavoro, mentre gli
imprenditori possono essere più pazienti, sopravvivendo con il proprio capitale.
Tuttavia, mentre è antichissima l'origine degli altri mercati, il mercato del lavoro è tipico del
capitalismo, in quanto presuppone la separazione tra la proprietà e l'utilizzo dei mezzi di
produzione. Il lavoratore si pone sul mercato in quanto, non disponendo di propri mezzi di
produzione, non ha altra alternativa per procurarsi quanto necessario al proprio sostentamento Nell' economia politica neoclassica la forza lavoro è considerata una risorsa scarsa che può
essere comprata e venduta come qualsiasi altra merce anonima su un libero mercato. Gli
individui agiscono in quanto aspirano a massimizzare la propria utilità, ossia il reddito. La
nascita e l'evoluzione di questo mercato non sono problematiche poiché gli attori economici
adoperano il criterio della razionalità e sono naturalmente propensi allo scambio.
L'autoregolazione del mercato garantisce l'ottimizzazione del lavoro come risorsa, ossia il suo
allocamento e l'uso che se ne fa. Infine, ipotesi socialmente più rilevante, il mercato del lavoro
è unitario: esiste una concorrenza anche fra i lavoratori e fra i datori di lavoro in virtù della
sostituibilità rispetto al prezzo.
La domanda e l'offerta di lavoro devono la loro struttura alla somma dei comportamenti
individuali:
• L'offerta e la sua struttura dipendono dalle scelte dei lavoratori che si riferiscono
prettamente al tempo disponibile, da suddividere fra lavoro e consumo; criterio fondamentale
di tali scelte è il salario reale • La domanda e la sua struttura dipendono dall'andamento dei mercati e dalle tecnologie
impiegate e corrisponde alla produttività marginale del lavoro.
Domanda e offerta si strutturano autonomamente e indipendentemente dal sistema sociale,
non si verifica alcun condizionamento reciproco.
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Le relazioni di scambio avvengono su un piano di perfetta parità e conducono a esiti efficienti
e vantaggiosi per tutti i soggetti che vi partecipano.
Per l' economia keynesiana , invece:
• l'offerta di lavoro dipende dal salario monetario;
• la domanda di lavoro dipende dalle aspettative degli imprenditori, in particolare dalle
aspettative a lungo termine e dall'efficienza marginale del capitale.
Le aspettative sono intrinsecamente instabili, a causa dell'ineliminabile incertezza di qualsiasi
valutazione circa il futuro, e risentono delle continue oscillazioni dei mercati finanziari. Non
vi è quindi alcun meccanismo automatico che assicuri la piena occupazione, che può essere
spesso conseguita solo grazie a investimenti pubblici.
È possibile rintracciare tre diverse accezioni capaci di riassumere le peculiarità del mercato:
➢ Nella prospettiva microsociologica il mercato del lavoro è una costruzione sociale, in cui
lavoratori e imprese costruiscono in termini cognitivi l'ambiente ove operano. Viene pertanto
rifiutata l'ipotesi proposta dagli economisti secondo cui il mercato è un luogo asettico e
impersonale di incontro domanda/offerta.
➢ Nella prospettiva macrosociologica i comportamenti e le scelte sono determinati dai
sistemi di status e dai rapporti sociali in cui gli attori sono socialmente inseriti.
➢ Nella prospettiva intermedia l'individuo è inserito in reti interpersonali che condizionano:
il suo sistema di preferenze; il grado di lealtà adoperata; la quantità di risorse impiegate e
ricavate.
È possibile analizzare quali sono i fattori sociali e culturali che provocano un discostamento
della domanda e dell'offerta di lavoro dalle teorie economiche.
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L'offerta di lavoro è condizionata:
➢ Dalle aspirazioni professionali dei lavoratori. Esse a loro volta sono condizionate dai
livelli di istruzione e dalla cultura del lavoro.
➢ Dalla capacità dei lavoratori di mobilitare relazioni (forti e deboli) e risorse sociali.
➢ Dal ruolo della famiglia; in particolare le differenze di genere nel processo di formazione
dell'offerta sono fondamentali.
Allo stesso modo la domanda di lavoro è condizionata:
➢ Dal tipo di posizionamento competitivo delle imprese.
➢ Dalle strategie di reclutamento e gestione del personale scelte dalle imprese.
L'incontro domanda/offerta di lavoro non avviene su un mercato impersonale e in
corrispondenza di un salario d'equilibrio, ma è condizionato:
➢ Dall'esistenza di una pluralità di mercati della domanda e dell'offerta, in relazione alle
caratteristiche delle società locali.
➢ Dall'esistenza di mercati locali del lavoro o “zone specifiche” dell'economia.
➢ Dal ritorno del mercato della vita in cui si scambia non solo capacità lavorativa anonima,
qualificata da capacità acquisite di ordine professionale, ma l'intera personalità del lavoratore
con tutte le sue caratteristiche ascritte.
➢ Dall'intervento di istituzioni di sostegno all'incontro domanda/offerta (centri per
l'impiego, agenzie private d'intermediazione, uffici di collocamento).
Per una migliore definizione è utile classificare il mercato del lavoro in:
➢ Mercato esterno: è il vero e proprio mercato del lavoro sul quale si offrono, in
concorrenza tra loro, persone non ancora occupate o in cerca di un posto migliore.
➢ Mercato interno: definisce le procedure all'interno di un'organizzazione per spostare gli
occupati da un posto a un altro, e per stabilire dei percorsi di carriera.
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Le imprese, nelle proprie strategie di gestione del personale, fanno alternativamente ricorso
all'uno o all'altro mercato: acquistando sul mercato le risorse umane di cui hanno bisogno,
eventualmente offrendo un salario più alto rispetto a quello dei concorrenti e coltivando la
professionalità dei propri dipendenti, investendo nella loro formazione e garantendosi in
questo modo la disponibilità delle risorse umane di cui prevedono di avere bisogno.
1.2. Paradigmi di interpretazione L'idea che la transizione al lavoro dei giovani sia qualcosa di diverso dalla ricerca del lavoro è
stata sottolineata da Johnson che la definì “job shopping”, con le caratteristiche dell'incertezza
radicale e che tutti gli elementi che ne dipendono non possono essere associati solo alla sfera
soggettiva, ma incidono anche le condizioni di mercato del lavoro e la scarsità di
informazione. Nella figura della transizione non vi è un singolo evento, ma una serie
combinata di eventi, di esperienze, di scelte che conducono ad esiti che rappresentano il
proprio personale punto di equilibrio tra aspettative ed opportunità. Nel cammino della
transizione niente resta statico e tutto è in movimento, maturano le capacità e le competenze,
aumentano le informazioni a cui si dispone.
Il paradigma strutturalista ha posto l'accento sui vincoli e sui condizionamenti che si
riflettono, a partire dalla famiglia di origine, sull'inserimento lavorativo. La condizione sociale
e culturale della famiglia plasma orientamenti e attitudini, scelte scolastiche e professionali
del giovane.
Questo approccio si discosta da quello della transizione in quanto in quest'ultimo i
comportamenti e gli esiti appaiono significativamente collocabili in uno spazio per
determinarne il proprio destino.
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Gli strutturalisti indagavano il mondo umano come un qualsiasi altro campo di ricerca,
investigato dalle scienze naturali per scoprire, dall'esterno, quali relazioni sistematiche e
costanti intercorressero nei fenomeni socio-culturali e dunque entro quali limiti, spesso
inconsci, fossero costrette le azioni degli individui.
Si tratta, in sostanza, di una "filosofia senza soggetto", che pone l'accento sulla razionalità
delle scelte compiute da attori in grado di operare un calcolo razionale dei vantaggi attesi.
Il paradigma razionale/valoriale ha spostato l'attenzione sulle scelte orientate non solo da
condizionamenti sociali o calcoli razionali, quanto da soggettive rappresentazioni che gli
individui si formano dei fatti sociali, rappresentazioni che appaiono più forti delle stesse
valutazioni di opportunità.
Questo approccio riduce l'intenzionalità soggettiva all'adesione ad un riferimento valoriale
dato, sottovalutando l'importanza dell'esperienza.
Il paradigma di transizione , si discosta da tutti i precedenti approcci perché in essi è
sottovalutata l'interazione tra aspettative ed esperienza, e il ruolo dell'apprendimento che da
essa deriva. L'idea della transizione sottolinea che tra rappresentazioni, immagini sociali ed
esperienza si determina un costante moto circolare, che da luogo all'adattamento dei
comportamenti e delle strategie. Tanto più è elevato il livello di istruzione, quanto meno
vincolato appare il destino lavorativo Il paradigma della transizione sottolinea l'impossibilità di ricondurre ogni scelta ad elementi
di tipo razionale e la non conoscenza da parte degli attori delle alternative in gioco.
Diversamente il paradigma di carriera esterna , intende analizzare le variegate forme di
lavoro instabile attraverso cui passano i giovani dopo l'uscita dal sistema formativo.
Il concetto è connotato da diversi aspetti: un percorso compiuto fatto di spostamenti nel
mercato del lavoro, con passaggi attraverso differenti esperienze di lavoro e formazione; una
modalità di acquisizione di competenze attraverso un certo numero di esperienze lavorative;
una carriera, ovvero un percorso in cui le esperienze sono ordinabili verso una direzione che
conduce all'approdo di una posizione lavorativa soddisfacente.
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