INTRODUZIONE
L’argomento di questa tesi sono le società di calcio professionistiche. Il calcio è entrato a far parte
della mia vita quando ero ancora molto piccolo, è stato il primo sport a cui mi sono dedicato sin
dall’età di otto anni. Più passano gli anni, più i pericoli che circondano le nostre vite aumentano,
aumenta la criminalità in strada e, giustamente, i genitori hanno paura per i propri figli, non sono
tranquilli nel lasciarli giocare liberi nel quartiere. Il risultato è che i ragazzini passano interi
pomeriggi davanti alla televisione o alla playstation, senza uscire, senza conoscere ciò che li
circonda e con cui prima o poi si dovranno confrontare. Il “pallone”, e lo sport in generale,
rappresenta, soprattutto in questi tempi, un’opportunità per i giovani di socializzare, di stare in
mezzo ai loro coetanei, di non vivere rinchiusi in una campana di vetro dove tutto ciò che può fare
male, ma anche crescere, è lasciato al di fuori da genitori troppo premurosi. Nei confronti dello
sport sento di avere una sorta di debito “formativo”, lo vedo come un qualcosa che mi ha aiutato a
maturare, ad imparare a coesistere all’interno di un gruppo, anche con persone che non mi
piacevano, a rispettare i più “vecchi” e, perché no, a far valere me stesso.
Ovviamente il calcio non l’ho solo praticato, ma ne sono diventato un grande tifoso, mi piace
moltissimo guardarlo in televisione, andare allo stadio e discutere con gli amici dell’ultima giornata
di campionato o delle partite di coppa. Crescendo, il mio interesse verso questo sport non è
diminuito, anzi, grazie alla quantità di informazioni fornite dai nuovi media e da internet, si è
ampliato anche agli aspetti prettamente economici che riguardano le società di calcio. Oggi non si
parla più del calcio come di un normalissimo sport, ma il termine che viene utilizzato è industria del
calcio. Il giro d’affari che questo sport è in grado di generare è incredibile: 6 miliardi di Euro solo
in Italia. Molti settori industriali stanno attraversando un momento economicamente difficile, di
crisi. Il mondo del calcio non sembra risentire di questa situazione. I fatturati delle società di calcio
professionistiche sono in costante crescita, gli stipendi dei giocatori hanno raggiunto cifre da
capogiro, ogni industria commerciale desidera associare il proprio brand ad una società di calcio
vincente. Per un laureando in economia, che nell’ultimo anno ha sentito parlare più di crisi, di
stagnazione economica, di recessione che di altro, le domande sorgono spontanee. La “molla” che
ha fatto
scattare in me il desiderio di lavorare a questa tesi è stata proprio la curiosità. La curiosità di
indagare all’interno di un mondo che è molto più complesso di quello che un normalissimo tifoso
possa immaginare. La curiosità di capire come sia possibile che società con fatturati elevatissimi ed
in costante crescita non siano in grado di produrre utili. La curiosità di sapere qual è stato il
percorso storico che ha portato i clubs calcistici a diventare vere e proprie società di capitali. La
VII
curiosità di comprendere le difficoltà che il management di una società di calcio professionistica
deve affrontare nella gestione del proprio club. Il desiderio di crearmi un’opinione mia su questo
settore dell’industria italiana ed europea, di capire le motivazioni che stanno dietro alle scelte delle
dirigenze, di poter commentare con un minimo di cognizione di causa ciò che leggo sui giornali,
senza fare i solito discorsi da bar adatti ad uno sport e non ad un’industria. Perché si, il calcio non è
più solo uno sport e come tale non deve essere considerato.
Oggi parlare di squadre di calcio è molto riduttivo, attualmente si configurano come aziende. Il
calcio che è emerso dall’indagine contenuta in questa tesi è un settore industriale con ottime
possibilità di crescita, fatturati sempre più elevati, grande capacità attrattiva verso investimenti da
parte di ogni tipologia di azienda, un bacino di utenza enorme ed aree di mercato ancora poco
battute in cui è possibile inserirsi ottenendo buoni profitti.
Fino alla metà degli anni ’90 i diritti pluriennali alle prestazioni dei calciatori erano una fonte di
introiti ragionevolmente certa per i clubs calcistici, anche nel caso in cui l’atleta fosse giunto a
scadenza di contratto la società avrebbe comunque incassato l’indennità di preparazione e di
promozione. A partire dalla sentenza Bosman in poi il contesto cambiò drasticamente, le indennità
vennero dichiarate illegittime ed i clubs si videro privati di una corposa fonte di ricavi, ma “oltre al
danno, la beffa”: questa sentenza generò inevitabilmente una spinta verso l’alto delle retribuzioni
dei calciatori che non ha ancora terminato la sua corsa.
Come se non bastasse un’altra sentenza, quella Webster del 2008, si viene ad inserire nella tematica
dei rapporti società-calciatore, garantendo ancora più potere contrattuale ai giocatori (come
descritto nel paragrafo 2.5 e 2.5.1).
Il risultato di questi cambiamenti è in primis la perdita di una buona fonte di ricavi (le indennità),
subito dopo una crescita smisurata dei costi per salari degli atleti.
Se in una società di capitali, come sono quelle calcistiche, diminuiscono i ricavi ed aumentano i
costi, si alterano inevitabilmente gli equilibri gestionali della
società, le perdite aumentano ed aumentano i rischi connessi a comportamenti volti al
miglioramento della situazione nel breve periodo (per nascondere la reale entità del problema),
senza valutare le possibili conseguenze nel lungo periodo, le plusvalenze oggetto del decreto salva-
calcio ne sono un esempio (paragrafo 2.4).
Nel futuro più prossimo è attesa inoltre una contrazione della fonte principale di ricavi delle società
di calcio professionistiche italiane, i diritti televisivi (con il ritorno alla contrattazioni collettiva,
paragrafo 1.4).
Nel capitolo 1 di questa tesi si è cercato di definire i tratti essenziali del mercato di riferimento
dell’industria del calcio e le caratteristiche principali del business del calcio. Si è poi passati
VIII
all’analisi di dati relativi alle performance economiche del calcio europeo ed italiano: oggetto
dell’indagine sono stati il fatturato, anche scomposto nelle le sue voci principali (un intero
paragrafo è dedicato al delicato tema dei diritti televisivi), ed i costi operativi, in particolare i salari
dei giocatori. L’obiettivo era quello di porre in evidenza il mutamento che ha coinvolto i clubs
calcistici rendendoli vere e proprie società di capitali, in senso sostanziale oltre che giuridico. La
gestione economico-finanziaria ha un peso molto importante, al pari della gestione sportiva (che è
pur sempre il core business). Strategie di diversificazione e di differenziazione dei ricavi sono
ormai fondamentali per la sopravvivenza nell’arena competitiva, soprattutto la gestione diretta dello
stadio sta acquisendo rilevanza sempre maggiore. Un impianto sportivo moderno, all’avanguardia
(come l’Emirates Stadium dell’Arsenal), è un asset con un incredibile potenziale di generare flussi
di ricavi, anche attraverso attività non strettamente connesse al core business (ad esempio
conferenze, concerti, ristoranti). Il calcio italiano denota una certa arretratezza su questo fronte,
soprattutto per quanto riguarda gli stadi. Le problematiche di natura gestionale, strutturale e
culturale, sono state analizzate dettagliatamente.
Nell’ultima parte del capitolo vi è una sezione dedicata alle nuove tendenze evolutive. In
quest’ultima parte del capitolo si sono esaminate le reali opportunità che i nuovi scenari di mercato
offrono ai clubs calcistici e che alcune società hanno già colto. Oltre alla gestione diretta
dell’impianto sportivo, sono prese in considerazione altre fonti di ricavi quali le sponsorizzazioni, il
merchandising ed i diritti new-media. Viene affrontata anche l’esperienza della quotazione in Borsa
di alcune società di calcio, con le problematiche ed i vantaggi che ha offerto.
Infine viene approfondito il tema delle retribuzioni dei calciatori con alcune opportunità e proposte
per cercare di contenerli.
L’evoluzione normativa che ha contribuito, anche in modo decisivo, alla definizione dello scenario
competitivo dell’industria del calcio è riportata nel capitolo 2. Le norme in parola riguardano il
sistema calcio italiano, sebbene alcune sentenze che le hanno determinate siano di rilevanza
europea: la sentenza Bosman e quella Webster. L’analisi non è limitata ai soli aspetti prettamente
giuridici, ma comprende anche l’impatto economico di queste riforme e le conseguenze dirette sulle
società di calcio professionistiche e sulla loro gestione. Il primo riferimento normativo esaminato è
la legge 91/1981 che ha sancito il passaggio da associazioni sportive a società di capitali (sebbene
anomale per via della impossibilità di distribuire gli utili tra i soci) ed ha inquadrato il rapporto tra
club e calciatore nei contratti di lavoro subordinato. Si è poi analizzata la legge 586/1996 che,
recependo i principi contenuti nella sentenza Bosman, ha sancito la libera circolazione dei
lavoratori-calciatori, abolito il divieto di distribuire utili e statuito la possibilità (per i clubs) di
svolgere attività connesse e strumentali all’attività sportiva.
IX
In questo capitolo che segue l’evoluzione dei clubs verso il mondo delle società di capitali, soggette
al controllo del collegio sindacale (obbligatorio sia per le s.p.a. che per le s.r.l.) e della
Commissione di Vigilanza sulle Società di Calcio professionistiche (Co.Vi.So.C.), si esaminano gli
effetti distorsivi derivanti dalle politiche di bilancio basate sulle plusvalenze “incrociate” che hanno
portato all’emanazione della legge 27/2003, cosiddetta salva-calcio.
La parte finale del capitolo è dedicata alla sentenza Webster - l’ultima vittoria dei calciatori nella
“battaglia” contro le società di calcio professionistiche - che ha decretato la legittimità del recesso
unilaterale del giocatore dal contratto di lavoro, anche senza giusta causa, alla scadenza di un
periodo protetto.
Questa breve sintesi dei capitoli 1 e 2 mostra come nel calcio la componente sportiva e quella del
business si siano progressivamente fuse, imponendo alle aziende (clubs) che volessero primeggiare
in questa arena competitiva, un’attenzione crescente alla gestione economico-finanziaria.
Il capitolo 3 è la parte prettamente tecnica della tesi. Si è analizzato lo schema di bilancio
“obbligatorio” delle società di calcio professionistiche, descrivendo singolarmente tutte le voci
principali, in primis i “diritti alle prestazioni pluriennali dei calciatori”. Sono inoltre analizzate le
regole dettate dagli organismi preposti per la redazione dei documenti obbligatori dal punto di vista
civilistico (i clubs sono società di capitali e devono sottostare alle prescrizioni del codice civile
previste per queste persone giuridiche) e quelle specificatamente previste dalle Norme
Organizzative Interne della F.I.G.C. In una sezione è stata studiata la riclassificazione di bilancio,
proponendo un possibile schema di Stato Patrimoniale e di Conto Economico riclassificati che sarà
utilizzato per le analisi del capitolo 4.
Nell’ultima parte del capitolo si è dato spazio all’analisi dei controlli da parte della Co.Vi.So.C.,
introdotti dalla legge 586/1996, a cui sono assoggettate le società di calcio professionistiche
italiane. Vi è inoltre un meccanismo di controlli a livello sovranazionale, europeo, il sistema delle
Licenze UEFA. Le società che non riuscissero ad ottenere questa particolare licenza rimarrebbero
escluse dalle competizioni internazionali per clubs organizzate dalla UEFA, da sempre le più ricche
e prestigiose.
Nell’ambito di questi tre capitoli si è cercato di inquadrare e definire i tratti principali delle società
di calcio professionistiche. Società di capitali a tutti gli effetti e che come tali devono essere
amministrate. La squadra che in Italia ha da sempre mostrato una maggiore propensione verso una
gestione più “manageriale” è stata la Juventus, aiutata sicuramente dall’influenza dei proprietari, la
famiglia Agnelli. Il club torinese si è contraddistinto per il dinamismo e la velocità con cui ha
saputo cogliere le opportunità di sviluppo che il mercato del calcio proponeva, senza mai distogliere
l’attenzione dal core business, le prestazioni sportive. La Juventus è infatti la società più vincente e
X
più seguita in Italia (tra le più amate al mondo soprattutto in Asia), ma allo stesso tempo è anche la
società che ha stipulato uno dei più ricchi contratti di sponsorizzazione mai esistiti (240 milioni di
Euro in dieci anni dalla TAMOIL, contratto rescisso a causa della retrocessione in Serie B
nell’estate del 2006) ed è tra le società che possono vantare i maggiori introiti dalla cessione dei
diritti televisivi di tutta Europa (anche senza partecipare alla Champions League, il torneo
continentale più prestigioso, come è stato nelle ultime due stagioni). Ancora una volta la Juventus
ha giocato d’anticipato sulle concorrenti italiane decidendo di costruire uno stadio di proprietà (sarà
pronto per la stagione 2011-2012), all’avanguardia, al passo con i tempi. Una mossa strategica
molto rischiosa, ma che potrebbe garantire al club un’autonomia
finanziaria ed una solidità patrimoniale che non hanno gli altri clubs italiani: in altre parole un
vantaggio competitivo significativo e durevole. Nel capitolo 4 al club torinese è stato contrapposto
uno dei clubs inglesi più famosi: l’Arsenal. La scelta non è stata casuale, infatti la società londinese
ha da poco costruito un nuovo stadio, l’Emirates Stadium (il fiore all’occhiello degli stadi europei e
mondiali), facendo registrare performance economiche molto interessanti.
Il confronto tra i due clubs è suddiviso in due momenti: inizialmente si è cercato di presentare le
due società, la loro storia, la loro corporate governance e le loro strategie gestionali e competitive.
In un secondo tempo si è passati al profilo economico-finanziario proponendo un’analisi
patrimoniale (supportata dagli indici di composizione e di correlazione) ed economica (indici
reddituali). Infine sono state fatte alcune considerazioni sulla leva finanziaria.
XI
1) CALCIO: UN’INDUSTRIA IN CRESCITA
In questo capitolo si tenta di inquadrare correttamente il mercato di riferimento dell‟industria
calcistica, la sua evoluzione e l‟importanza dei ricavi derivanti dalla vendita dei diritti televisivi.
Viene poi approfondita, con tabelle riportanti analisi comparate e serie storiche, l‟evoluzione e le
diversità nella gestione delle società calcistiche in Italia ed in Europa. Particolare attenzione è posta
alla mancanza, nei bilanci delle società italiane in questione, di assets materiali (stadio) che ne
minano la solidità patrimoniale e ne influenzano i ricavi. Il tutto viene reso evidente dal confronto
tra i prospetti analitici dei ricavi dei top clubs italiani ed inglesi.
Nell‟ultima parte del capitolo si è cercato di analizzare le linee evolutive di questo settore,
soffermandosi soprattutto sulla quotazione in Borsa, sulle possibili modalità di riduzione dei salari e
sulle principali politiche commerciali che possono generare maggiori ricavi.
1.1) IL MERCATO DI RIFERIMENTO
L‟industria del calcio si colloca nell‟industria dell‟intrattenimento. Questo mercato sta
attraversando una fase di espansione, con fatturati in crescita, e proprio per questo attrae molti
investimenti di grandi società; il risultato che si ottiene è l‟aumento della qualità dei servizi offerti.
Il sistema competitivo in cui è inserita l‟industria del calcio può essere analizzato secondo il
1
modello delle cinque forze competitive di Porter:
1. concorrenza interna al settore calcistico: i clubs si scontrano contro altri clubs sia nazionali che
internazionali. In questa competizione entrano in gioco fattori quali la fede calcistica dei tifosi, i
giocatori di caratura internazionale che attraggono il pubblico, nonché le competizioni cui partecipa
la squadra;
2. altri sport: negli ultimi anni si è assistito ad un aumento dell‟interesse verso altre discipline sportive
che in passato erano meno seguite ad esempio il basket, il rugby, il motociclismo; od addirittura
semi-sconosciute quali il golf o il poker sportivo. Il tutto, molto spesso, grazie all‟avvento di un
atleta di grande impatto e carisma;
3. mass market: i clienti-tifosi hanno una forza contrattuale crescente anche se mitigata in parte dalla
fede in un club in particolare. Ad esempio il solo acquisto di una star sportiva potrebbe indurre ad
acquistare la sua maglietta a prescindere dal club di appartenenza; business market: le imprese
1
“La gestione delle società sportive: evoluzione giuridico economica” in www.consulenzasportiva.it 20-09-2008
13
(anche potenziali) che utilizzano la potenzialità comunicativa del calcio per raggiungere livelli di
notorietà elevati identificandosi come partner commerciali (sponsor);
4. partner tecnici: che operano fornendo il materiale tecnico;
5. l‟industria dell‟intrattenimento: cinema, teatro, concerti sono tutte manifestazioni concorrenti a
quelle sportive.
Vi è anche un sistema di “barriere all‟entrata” che controlla l‟operato delle società:
1. CONI (dettando le norme sportive italiane);
2. FIGC (come controllore, attraverso l‟emanazione delle norme sportive e morali da rispettare);
3. FIFA (dettando le norme internazionali);
4. CONSOB (organo di vigilanza per le società quotate).
Gli elementi fondamentali del business del calcio sono molto semplici: un prodotto
(l‟intrattenimento offerto dalla partita) venduto ai clienti (tifosi e spettatori), e generato da lavoratori
(calciatori, allenatori, consulenti tecnici) che usano terreni (campi di gioco), fabbricati (stadi) ed
equipaggiamento (pallone, scarpini, indumenti da calcio) in cambio di uno stipendio, in un ambiente
competitivo, ma che necessita anche di collaborazione tra i concorrenti.
Nell‟arco di un paio di decenni il contesto nel quale si trovano le società di calcio è completamente
mutato. Se tali imprese vorranno sopravvivere in questa nuova arena competitiva, dovranno
comportarsi come tutte le altre società che operano sul mercato: dando il giusto peso ai risultati
economici (almeno pari a quelli della gestione sportiva); mirando ad ottenere una minore aleatorietà
nei ricavi (cioè cercando di scindere i proventi dai risultati della gestione sportiva: un esempio
banale potrebbe essere dato dalla commercializzazione del merchandising oppure dalla possibilità
di usufruire del catering per gli abbonati del parterre); cercando di costruire un vantaggio
competitivo sostenibile basato sulla gestione più efficiente delle risorse a disposizione e sulla
fidelizzazione dei tifosi, i quali non sono più da considerarsi statici, ma potenziali. Solo attraverso la
soddisfazione del cliente e dei vari stakeholders si può raggiungere una redditività di lungo periodo
ed ottenere risultati positivi nella gestione della società.
Un tempo si investiva nel calcio per ottenere un ritorno d‟immagine da sfruttare in altre attività e gli
unici stakeholders di cui preoccuparsi erano i tifosi. Oggi, i sempre maggiori sforzi economici
richiesti alle società e le nuove condizioni di mercato, hanno ampliato molto lo spettro degli
stakeholders di riferimento (sponsor, fornitori, finanziatori e banche, reti televisive, etc.), portando
in primo piano soprattutto gli interessi degli shareholders, ossia degli investitori, ai quali non basta
più il feedback dato dal ritorno d‟immagine, ma dovranno essere conquistati anche sulla base di dati
economici convincenti, in grado di determinare i rientri monetari.
14
Da sottolineare inoltre la grande capacità attrattiva che l‟industria del calcio suscita verso gli
investimenti delle imprese in spese pubblicitarie e di sponsorizzazione. I successi negli eventi
sportivi si caratterizzano infatti per un eccezionale carico emozionale, che lascia nei tifosi ricordi
coinvolgenti, unici, esclusivi, facili da ricordare, in altre parole: “tutto ciò che un‟azienda desidera
2
quando ricerca un qualcosa da associare al proprio brand”. Uno dei casi più significativi è la Puma,
cioè lo sponsor di Maradona ai tempi del Napoli, che fatturava più in Campania che in tutto il resto
d‟Italia (ogni tifoso ha acquistato una maglia di Maradona).
3
Vi è un paradosso competitivo insito nel mercato delle competizioni sportive: in un determinato
scenario di mercato le squadre di calcio si scontrano tra loro in una lotta concorrenziale per
aggiudicarsi la vittoria, cercando di rafforzarsi e di creare un gap tra loro ed i competitors. Il valore
commerciale del prodotto offerto, la partita, sarà tuttavia tanto maggiore ed attrarrà molti più clienti,
tanto più l‟esito dell‟incontro sarà incerto. A questo punto il paradosso è chiaro: più aumenta il
divario tra la forza dei concorrenti, minore è l‟interesse suscitato nei clienti e minore è la forza
attrattiva verso quelli potenziali.
1.2) L’INDUSTRIA DEL CALCIO IN EUROPA
L‟industria del calcio fa registrare in Europa ogni anno un‟eccezionale crescita economica,
finanziaria e commerciale. Dal 1996-1997 il fatturato dei venti clubs migliori al mondo è più che
triplicato raggiungendo, nel 2006-2007, la cifra record di 3.7 miliardi di Euro, con una crescita
4
dell‟11%. A riprova di questo basti pensare che, oggi, i ricavi derivanti da un solo match del
Manchester United superano i ricavi da botteghino complessivi, del medesimo club, nella stagione
1996-1997. Il giro d‟affari prodotto nell‟esercizio 2006-2007 è stato pari a 13.6 miliardi di Euro,
5
con un incremento di 1 miliardo di Euro nel fatturato aggregato. Per la prima volta i ricavi delle
cinque leghe Europee più importanti (Premier, Bundesliga, Ligue 1, Serie A, Liga) hanno superato i
7 miliardi di Euro, raggiungendo i 7.1 miliardi con una crescita del 6% rispetto all‟anno precedente.
L‟unico dato negativo è dato dalla Serie A italiana che, anche a causa della retrocessione della
Juventus in Serie B, ha registrato una contrazione nei ricavi generati pari a 236 milioni di Euro.
La Premier League continua ad essere il leader nel mercato ed i clubs inglesi, nell‟anno 2006-2007,
hanno fatturato più di 2.2 miliardi di Euro (+11%), con un significativo incremento dei ricavi del
2
“Il valore emozionale dello sport” in www.consulenzasportiva.it 15-08-2008
3
“Il calcio contro tutti” in www.consulenzasportiva.it 19-08-2008
4
Deloitte: “Football Money League 96-97” “Football Money League 06-07” in www.deloitte.com 20-10-2008
5
Non sono inclusi tra i ricavi i proventi dalla gestione calciatori perché componente straordinaria di reddito, nonché le
imposte sul valore aggiunto e altre entrate derivanti da imposte.
15
botteghino e dei ricavi “commerciali”. La Premier League supera le sue concorrenti in tutte tre le
componenti principali di ricavi: botteghino, diritti radiotelevisivi e ricavi commerciali. Gli incassi
dal botteghino sono aumentati del 19% (£87 milioni), spinti soprattutto dall‟Arsenal che grazie al
nuovo impianto, l‟Emirates Stadium, ha più che raddoppiato i propri introiti, passando da £44
milioni a £91 milioni. I ricavi “commerciali” hanno fatto segnare un +15% (£52 milioni, record
assoluto, questa speciale graduatoria è capitanata dal Chelsea con un incremento di £14 milioni).
L‟ultima voce in considerazione, i ricavi da broadcasting, resta sostanzialmente stabile a £592
milioni (+ 2%). Ci si attende tuttavia, nella stagione 2007-2008 (dati di cui ancora non è possibile
disporre), un notevole incremento di questi ultimi, attorno al 50%, grazie alla nuova Premier
League television ora disponibile online. Doveroso sottolineare come l‟aumento dei ricavi sia da
attribuire in gran parte ai quattro maggiori clubs: Arsenal, Manchester United, Chelsea e Liverpool.
Non a caso negli ultimi anni questi clubs hanno ottenuto ottimi risultati in Champions League (la
competizione per club più importante), ottenendo la vittoria nell‟ultima edizione 2007-2008
(Manchester United) ed occupando tre dei quattro posti delle semifinali. Contestualmente si è
assistito, purtroppo, ad una crescita esponenziale dei salari e dei costi operativi. Per il secondo anno
consecutivo le squadre inglesi hanno infatti chiuso l‟esercizio in perdita operativa, dopo un
quinquennio di utili in crescita. La domanda che è lecito porsi sarà: “in quale percentuale i proventi
derivanti dal nuovo contratto di broadcasting saranno assorbiti dagli aumenti dei salari e dai
trasferimenti, e quale percentuale contribuirà invece al miglioramento della gestione operativa?”
Un dato interessante è sicuramente quello proposto dai clubs della Bundesliga: la politica delle
squadre di contenere i prezzi dei biglietti, combinata con l‟occasione dei Mondiali del 2006 in cui
molti stadi sono stati ammodernati e rivisitati, ha portato questa lega al vertice per presenza dei
tifosi negli impianti (in media gli stadi tedeschi sono molto grandi, più di 45.000 posti). Il nuovo
accordo per la diffusione radiotelevisiva ha portato inoltre nuovi ricavi, con il dato a consuntivo che
la Bundesliga si piazza al secondo posto per fatturato dietro alla Premier League. L‟incremento dei
ricavi operativi ha poi consentito ai clubs tedeschi di superare i rivali inglesi nel margine operativo,
18% contro il 6% di quelli d‟oltremanica.
L‟indice salari/fatturato si attesta per tutte le leghe attorno al 62%-64% con l‟unica eccezione della
Bundesliga, 45%. In Germania l‟incremento nei ricavi (184 milioni di Euro) non è stato assorbito
dai salari come solitamente avviene nel mondo del calcio, infatti gli stipendi sono aumentati solo di
12 milioni.
Il totale dei costi per i salari nel 2006-2007 è aumentato del 7%, prima tra tutti l‟Inghilterra dove ha
raggiunto quota 1.4 miliardi (+13%). Tutti i clubs della Premier League hanno registrato aumenti
negli stipendi (il più rilevante: Chelsea +28 milioni), mentre solo dodici di loro hanno potuto
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giovarsi di incrementi nei ricavi. Gli ottimi dati economici provenienti dalla Germania purtroppo
non sono accompagnati da risultati sportivi altrettanto brillanti. Nessuna squadra appartenente alla
Bundesliga ha raggiunto le semifinali della Champions League negli ultimi anni e l‟ultima vittoria
tedesca nella competizione risale al 2000-2001 (Bayern Monaco).
Oggi quando si guardano alla televisione le partite del calcio inglese, la prima cosa che colpisce
sono gli stadi esauriti, senza bisogno di reti di protezione per tenere lontani i tifosi ed impedire il
lancio di oggetti in campo e senza interventi della polizia per sedare dei tafferugli.
I dati sono forse ancor più significativi: il livello di presenza media è pari a 30.000 spettatori in
stadi la cui capienza media è 36.075. I ricavi del botteghino sono più che raddoppiati in un decennio
e superano abbondantemente quelli di tutti competitors Europei.
Gli investimenti negli stadi, solo nell‟anno 2006-2007, sono stati di 239 milioni di sterline.
Nell‟ultimo capitolo si approfondirà con quali mezzi e quali metodi sia stato possibile ottenere tali
risultati. In questa sede è invece importante sottolineare come la corretta gestione di un asset
fondamentale, lo stadio, abbia risvolti economici “a tutto campo”: sicurezza significa maggiori
spettatori ed aumenti di ricavi al botteghino, significa immagine, e l‟immagine porta sponsor e
partner commerciali. L‟Arsenal, come si è detto in precedenza, con l‟Emirates Stadium, ha
incrementato i ricavi al botteghino del 106% ed ha siglato un importante contratto di catering con
Delaware North.
6
Si procede ora ad un‟analisi dei risultati dei singoli clubs in termini di ricavi prodotti. Il Real
Madrid resta il club con il fatturato migliore che si attesta attorno ai 350 milioni di Euro. Tutti i
clubs inglesi sono in crescita: il Manchester United ha superato i 300 milioni raggiungendo il
secondo posto in graduatoria, il Chelsea sale al quarto posto con 283 milioni, mentre l‟Arsenal
grazie al passaggio al nuovo impianto sportivo si trova al quinto posto con 263 milioni.
I clubs tedeschi, come evidenziato in precedenza, hanno fatto registrare ottimi risultati: Bayern
Monaco 223 milioni, Hamburger SV 120 milioni, Schalke 04 114 milioni, Werder Bremen 97
milioni; a riprova dei benefici ottenuti dagli interventi sugli stadi e del nuovo contratto di
distribuzione televisiva.
6
Deloitte: “Football Money League 2006-2007” in www.deloitte.com 19-09-2008
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Tabella n 1: RICAVI TOTALI DEI 20 CLUBS MIGLIORI D’EUROPA 2006-2007
RICAVI TOTALI milioni di
RANKING CLUB Euro
1 Real Madird 351,0
Manchester United
2 315,2
3 FC Barcelona 290,1
4 Chelsea 283,0
5 Arsenal 263,9
AC Milan
6 227,2
7 Bayern Munich 223,3
8 Liverpool 198,9
9 Internazionale 195,0
10 AS Roma 157,6
11 Tottenham Hotspur 153,1
12 Juventus 145,2
13 Olympique Lyonnais 140,6
Newcastle United
14 129,4
15 Hamburger SV 120,4
16 Schalke 04 114,3
17 Celtic 111,8
18 Valencia 107,6
19 Olympique de Marseille 99,0
20 Werder Bremen 97,3
“Football Money League 2006-2007” in www.deloitte.com 20-09-2008
Grafico n 1: RICAVI TOTALI DEI 20 MIGLIORI CLUBS D’EUROPA 2006-2007
Werder Bremen97,3
99,0
Olympique de M.
Valencia 107,6
Celtic
111,8
Schalke 04 114,3
Hamburger SV 120,4
Newcastle United129,4
Olympique Lyonnais 140,6
Juventus
145,2
Tottenham Hotspur
153,1
RICAVI TOTALI
AS Roma157,6
Internazionale
195,0
Liverpool
198,9
223,3
Bayern Munich
AC Milan 227,2
263,9
Arsenal
Chelsea
283,0
FC Barcelona 290,1
Manchester United
315,2
351,0
Real Madrid
0,050,0100,0150,0200,0250,0300,0350,0400,0
“Football Money League 2006-2007” in www.deloitte.com 20-09-2008
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I clubs di maggiore successo continuano a diversificare ed ampliare i loro ricavi al fine di bilanciare
il proprio business, proteggendolo dagli eventuali cambiamenti nel mercato della diffusione
televisiva e cercando un vantaggio sui concorrenti. Strategie di differenziazione e diversificazione
dei ricavi acquistano molta rilevanza nel processo di creazione di una struttura organizzativa stabile:
Differenziazione: proventi derivanti da sponsor e diritti televisivi la fanno da padroni. Basta
7
pensare a SKY, il colosso della pay-tv, che ha portato nelle casse dei 20 maggiori clubs di Premier
League tra il 1997 ed il 2007 circa 650 milioni di sterline ed un vantaggio di immagine enorme,
potendo raggiungere paesi (quindi potenziali clienti-tifosi) fino ad allora inaccessibili. Da
sottolineare come purtroppo in Italia ed in molti paesi Europei (Spagna e Francia) i ricavi derivanti
dal botteghino incidono solo marginalmente sul fatturato complessivo.
Diversificazione: ossia l‟essere presenti sul mercato con prodotti che tradizionalmente non
appartengono al proprio “core business”. Ad esempio business correlati al mass market potrebbero
essere l‟abbigliamento o le calzature. Le politiche di merchandising vengono attuate spesso in
collaborazione con imprese presenti nel business market (un esempio è il Real Madrid con la Nueva
Ciudad Deportiva, il centro sportivo che è aperto al pubblico, a pagamento, dotato di centro
commerciale, campi di allenamento, centro medico, archivio e biblioteca).
La chiave strategica per ottenere dei profitti dai clubs di calcio sembrerebbe essere la corretta
gestione e l‟apprezzamento del valore degli assets nel lungo termine. Sia assets immateriali, quali il
marchio, sia assets materiali, come gli stadi.
1.3) L’INDUSTRIA DEL CALCIO IN ITALIA
Il calcio in Italia costituisce un fenomeno sociale di incredibile rilevanza: 31 milioni di tifosi, 3.000
ore di programmazione televisiva, 2 milioni di abbonati pay-tv, 5.7 milioni di lettori di quotidiani
8
specializzati, un giro d‟affari complessivo che supera i 6 miliardi di Euro.
Come prevedibile, data la portata del “fenomeno calcio”, i flussi di introiti che arrivano nelle casse
dei clubs di Serie A sono raddoppiati nell‟arco di un decennio, passando dai 650 milioni del 1998
9
agli 1.4 miliardi del 2006 (ultimi dati disponibili).
La situazione economica dei vari clubs è tuttavia insoddisfacente: le perdite operative sono
aumentate da 222 milioni nel 1998 a 402 milioni nel 2006, facendo osservare straordinari picchi in
flessione, come nel 2002 in cui le società hanno complessivamente accumulato perdite operative per
7
“La gestione delle società sportive: evoluzione giuridico economica” in www.consulenzasportiva.it 20-09-2008
8
“La miglior difesa è l‟attacco: il calcio contro tutti” in www.consulenzasportiva.it 3-09-2008
9
Centro Studi Lega Calcio: “Analisi economico-finanziaria dei bilanci delle società della Serie A TIM” in www.lega-
calcio.it 20-09-2008
19
1 miliardo di Euro. I costi del lavoro (spinti anche dagli effetti dalla Sentenza Bosman - si rimanda
al capitolo 2 per approfondimenti) ed i costi operativi di gestione sono raddoppiati, i primi passando
da 417 milioni nel 1998 a 806 milioni nel 2006, i secondi da 268 milioni a quasi 600 milioni. I
debiti sono cresciuti nello stesso periodo del 188%, arrivando a 1.6 miliardi nel 2006 (per altro
mitigati contabilmente dal perverso sistema delle plusvalenze sullo scambio di giocatori che non
porta flussi reali di denaro in entrata).
Quando le risorse impiegate nell’attività caratteristica (costi operativi) sono gravate mediamente
per il 69% dal costo del lavoro, e soprattutto quando quest’ultimo è mediamente pari al 112% della
produzione economica, è assolutamente impossibile perseguire un obiettivo di compatibilità
economica tra costi e ricavi della gestione, l’unica soluzione possibile è il passivo.
Dando uno sguardo al conto economico riclassificato della serie A si nota facilmente l‟evoluzione
del settore e la sua portata economica, si veda la tabella nella pagina seguente.
Tabella n 2: CONTO ECONOMICO RICLASSIFICATO DELLA SERIE A 1998-2006
Conto Economico
Riclassificato
della Serie A 30/6/1998 30/6/1999 30/6/2000 30/6/2001 30/6/2002 30/6/2003 30/6/2004 30/6/2005 30/6/2006
Ricavi 649.833 713.737 1.058.902 1.150.676 1.126.118 1.161.993 1.152.717 1.335.693 1.399.327
Costo del lavoro -417.176 -511.636 -659.742 -868.054 -1.013.815 -884.169 -844.656 -830.326 -805.739
Ammortamento diritti
alle prestazioni -186.143 -221.079 -360.516 -494.509 -640.796 -303.691 -247.517 -293.857 -231.542
Ammortamento oneri
pluriennali ex lege
282 0 0 0 0 0 -116.091 -107.455 -72.187 -169.692
Altri costi operativi di
gestione -268.687 -316.191 -445.171 -498.277 -525.799 -543.045 -541.988 -503.919 -594.593
Primo risultato -
operativo -222.173 -335.169 -406.527 -710.164 1.054.292 -685.003 -588.899 -364.596 -402.239
Plus-minusvalenze
nette da cessione 201.332 318.796 492.912 592.151 798.052 147.433 182.285 109.555 150.827
Secondo risultato
operativo -20.841 -16.372 86.384 -118.013 -256.240 -537.570 -406.614 -255.041 -251.412
Altri proventi-oneri
netti -7.261 26.539 -3.249 11.986 682 13.071 -31.969 84.501 199.307
Risultato prima
delle imposte -28.102 10.166 83.135 -106.027 -255.558 -524.499 -438.583 -170.540 -52.105
Imposte -9.537 -21.403 -48.358 -27.413 -23.552 -11.094 -13.463 -5.167 -11.719
Risultato netto
d’esercizo -37.639 -11.237 34.777 -133.440 -279.110 -535.593 -452.046 -175.707 -63.824
“Analisi economico-finanziaria dei bilanci delle società della Serie A TIM” in www.lega-calcio.it
15-10-2008
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E‟ doveroso ricordare che il miglioramento dei conti dell‟area tipica a partire dal 2003 è dovuto,
oltre alla riduzione degli stipendi (-17% in quattro anni), anche al massiccio ricorso da parte delle
società alla legge 27/2003 (salva-calcio), che ha consentito di ridurre gli ammortamenti per oltre il
60% (se ne parlerà approfonditamente nel capitolo 3).
Tabella n 3: ANALISI COSTI-RICAVI DELL’AREA GIOCATORI DELLA SERIE A 1998-
2006
Analisi costi-ricavi 30/6/1998 30/6/1999 30/6/2000 30/6/2001 30/6/2002 30/6/2003 30/6/2004 30/6/2005 30/6/2006
Ricavi 649.833 713.737 1.058.902 1.150.676 1.126.118 1.161.993 1.152.717 1.335.693 1.399.327
costo della
gestione calciatori
603.319 732.715 1.020.258 1.362.563 1.654.611 1.303.951 1.199.628 1.196.370 1.206.973
“Analisi economico-finanziaria dei bilanci delle società della Serie A TIM” in www.lega-calcio.it 15-
10-2008
Grafico n 2: ANALISI COSTI-RICAVI DELL’AREA GIOCATORI DELLA SERIE A 1998-
2006
TREND DI CRESCITA DEI RICAVI E DEI COSTI DI GESTIONE DEI GIOCATORI
1.800.000
1.600.000
1.400.000
1.200.000
Ricavi
1.000.000
800.000
costo della gestione calciatori
600.000
400.000
200.000
0
199819992000200120022003200420052006
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Giusto per inquadrare il “problema plusvalenze” si confronta il MOL lordo con quello al netto di
esse:
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Tabella n 4: ANALISI DEL MOL DELLA SERIE A 1998-2006
Analisi del MOL 30/6/1998 30/6/1999 30/6/2000 30/6/2001 30/6/2002 30/6/2003 30/6/2004 30/6/2005 30/6/2006
MOL lordo -222.173 -335.169 -406.527 -710.164 -1.054.292 -685.003 -588.899 -364.596 -402.239
Plus-minusvalenze
nette da cessione 201.332 318.796 492.912 592.151 798.052 147.433 182.285 109.555 150.827
MOL netto -20.841 -16.372 86.384 -118.013 -256.240 -537.570 -406.614 -255.041 -251.412
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Grafico n 3: ANALISI DEL MOL DELLA SERIE A 1998-2006
1.000.000
MOL lordo
500.000
0
Plus-minusvalenze
199819992000200120022003200420052006
nette da cessione
-500.000
MOL netto
-1.000.000
-1.500.000
“Analisi economico-finanziaria dei bilanci delle società della Serie A TIM” in www.lega-calcio.it
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Le ragioni della crisi in cui si trova il calcio italiano sono di natura gestionale, strutturale e
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culturale. Il problema gestionale maggiore si sostanzia nell‟insufficiente diversificazione dei
ricavi: il 62% di essi proviene dalla cessione dei diritti televisivi (873 milioni di Euro su un totale di
1.4 miliardi), mentre i ricavi da gare pesano solo per il 13% ed i ricavi commerciali per il restante
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25%. I ricavi delle società calcistiche presentano un elevato tasso di aleatorietà ed instabilità
legato alle performance sportive, una loro diversificazione consentirebbe una riduzione della
rischiosità insita a questo mercato.
Tabella n 5: COMPOSIZIONE DEI RICAVI NELLA SERIE A 2005-2006
Composizione dei ricavi nella Serie A
RICAVI DA GARE 179.655
DIRITTI TELEVISIVI 872.875
RICAVI COMMERCIALI 346.797
RICAVI TOTALI
1.399.327
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