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individuale e collettivo; un percorso che partirà dal nostro Io
per approdare, faticosamente, al nostro Es, attraversando il
conscio e l’inconscio, il Bene e il Male, la luce e l’ombra, al
fine di scongiurare, esorcizzare e conoscere quello che, a ben
guardare, è il più disperato segno d’attaccamento alla vita: la
paura della morte.
Di fatto, quando si pensa al tema del doppio, alla
moltiplicazione ed allo scandaglio della personalità e
dell’inconscio, si richiama subito alla mente Freud, le sue
categorie circa l’animo umano, dunque la psicanalisi, la
letteratura, l’arte e la riflessione novecentesca.
Ma, in realtà, l’uomo è sempre stato affascinato da se
stesso più di quanto si creda, ed ha affrontato, più o meno
consciamente, più o meno esplicitamente, l’analisi di sé, o
meglio dei suoi “sé”, già in tempi antichissimi.
6
Paradossalmente, la consapevolezza dell’animo
umano, dei suoi atteggiamenti, delle sue fantasie, ha
richiesto più impegno, dolore, sofferenza ed abnegazione
della conoscenza di tutto ciò che è fuori di noi, in quanto
esige sforzi che danno fondo alle nostre riserve di razionalità
e perché ci mette a nudo davanti allo «specchio», riflettendo
immagini spesso poco piacevoli, o troppo lontane dell’idea
che abbiamo di noi stessi.
Non è un caso che in ogni cultura, civiltà, popolo, più
o meno evoluto e progredito, l’Ombra, il Sosia, lo Specchio
– intesi come proiezione autonoma del nostro Io – abbiano
sempre rappresentato il magico, infuso un alone di paura e
mistero intorno a sé.
Basti pensare allo stesso termine latino “imago-inis”,
il cui significato non è solo legato alla sfera visiva, ottica, ma
anche alla “parvenza”; difatti, la parola “imago” può essere
7
tradotta come “eco, visione, sogno, apparizione”, con
evidente allusione alla sfera del magico, al sortilegio,
all’amore per se stessi.
Si consideri ancora il terrore di non riuscire a vedere
la propria immagine riflessa nello specchio, segno di
malvagità, di demoniaco, tratto distintivo delle storie sui
vampiri.
Appare immediatamente evidente che il tema del
doppio altro non è che un «apologo sulla condizione
umana
1
», da sempre dilaniata fra Bene e Male, rettitudine e
corruzione, ingenuità e conoscenza.
Nondimeno, al fine di essere il più possibile precisi,
dovremmo ricordare la distinzione operata, all’interno di
1
Per un’interpretazione del significato del doppio nella letteratura in chiave
psicologica cfr. O. RANK, Il doppio, Milano, Sugarco, 1994; M. TREVI,
«Introduzione» a R. L. Stevenson, Lo strano caso del Dr Jekyll e Mr Hyde,
Milano, Feltrinelli, 1991.
8
quest’iconologia, dallo studioso Mario Trevi, attento
interprete e critico di C. G. Jung e J. L. Borges.
Trevi riconosce, nella prismatica tematica del doppio,
differenti sfumature: difatti, esso può manifestarsi come la
nostra ombra divenuta autonoma – come ne La meravigliosa
storia di Peter Schlemihl di Adalbert Von Chamisso, o nella
fiaba L’ombra di Andersen; doppia è anche la nostra
immagine allo specchio – si pensi alla storia di Erasmo
nelle Avventure della notte di San Silvestro di Hoffmann; ma
forse, nell’immaginario comune, il doppio si esplicita
appieno nella figura del sosia, come appare chiaro negli
Elisir del diavolo di Hoffmann, ne Il Sosia di Dostoevskij, in
Maupassant, Edgar Alan Poe, fino allo studio chiave sul
Perturbante di Freud.
9
1.2 Il Perturbante
2
di Sigmund Freud.
Il saggio, del 1919, è forse il maggior contributo di
“critica letteraria” di Freud, il quale, da buon medico e
scienziato viennese, possedeva una cultura molto ampia ed
una genuina sensibilità artistica, che si esprime appieno in
queste sue riflessioni, suggerite dalla lettura del racconto di
Hoffmann L’Orco in sabbia.
Il saggio è molto complesso ed ha richiesto un elevato
numero di letture ed interpretazioni, soprattutto nell’ultimo
decennio
3
.
Il termine che dà il titolo al saggio è la parola tedesca
“unheimlich”, che Freud stesso descrisse come intraducibile
2 S. FREUD, Il Perturbante, trad. it. di S. Daniele, in Opere, IX, (1917-
1923), L’Io e l’Es e altri scritti, a cura di C.L. Musatti, Torino, Boringhieri,
1977.
3
Per un’analisi approfondita del saggio freudiano cfr. N. HARTZ, Freud e
l’Orco in sabbia, a cura di J. V. Harari, Londra, Methuen, 1980.
10
in altre lingue. Esso è l’antitesi dell’aggettivo “heimlich”,
“confortevole, tranquillo”, che deriva da “heim”, “casa”,
quindi “unheimlich” è ciò che, all'opposto, suscita spavento,
sospetto, inquietudine, perché non noto, familiare,
quotidiano.
Qualcuno ha proposto di tradurre come
“inquietante”, l’equivalente, in inglese, del vocabolo
“uncanny”, ma si è sempre preferito il termine
“perturbante”.
Nel linguaggio corrente con la parola “perturbante”
s’indica una peculiare situazione, un disagio, uno
sdoppiamento, in riferimento ad una perdita di identità, ad
un’alienazione, e tale disagio riguarda il soggetto, l’Io, il suo
inconscio.
L’emergere improvviso di una figura di sosia, ad
esempio, è un’invasione dell’inconscio nel campo del
11
conscio, un “ritorno del rimosso”, che, spesso, assume i tratti
del demoniaco, perché, a ben guardare, è «il manifestarsi
dell’angoscia della morte, la quale, scansata in quanto lutto e
dolore, si ripresenta nel reale, con la beffarda e ghignante
figura del Sosia
4
».
Ciò che è escluso, rimosso, insomma il familiare,
diventa tormento e perturbante.
In conclusione, citando Mario Trevi
5
, il doppio è la
parte “ALTRA” di noi, ciò che siamo ma non conosciamo
razionalmente, ciò che ANCHE siamo.
4
Cfr. L. GUIDI-BUFFARINI, V. LA VIA, «Introduzione» a O. Rank, Il doppio,
Milano, Sugarco, 1994, p. 12
5
M. TREVI, op. cit., p. 7
12
1.3 Il ritratto e il doppio come tema comico in Plauto,
Shakespeare e Goldoni.
E’ essenziale fare un passo indietro, giacché, per
avere un approccio il più possibile completo ed organico con
una tematica così complessa, sfuggente e ricca di
sfaccettature come quella del doppio, in altre parole, al fine
di evitare indagini banali e superficiali, si rende necessario
percorrere a ritroso la storia dell’evoluzione e del significato
di un’immagine popolare tramandataci fin dai tempi antichi,
e che ha ispirato «poeti ricchi fantasia e d’ingegno
6
», ma
anche pittori ed artisti in genere, come conferma la
prestigiosa ed importante mostra tenutasi nel 1998 a Palazzo
6
O. RANK, op. cit., p. 15.
13
Reale di Milano, intitolata, significativamente, L’Anima e il
Volto
7
.
In quest’occasione il complesso rapporto fra l’essere
e l’apparire, fra l’Io e il Mondo, fra l’anima ed il corpo è
analizzato con il sussidio di centinaia di capolavori dell’arte,
attraverso cinque secoli di pittura e scultura, dedicati alla più
evidente duplicazione dell’uomo, il “ritratto”, inteso non solo
come genere ma anche come percezione che di se stessi, del
proprio corpo e del proprio volto, ebbero, a partire da
Leonardo da Vinci, gli artisti di tutto il mondo occidentale.
La mostra accoglie più di 300 capolavori dell’arte
italiana e straniera, in quello che Isabella Brega definisce
«un viaggio tortuoso sui moti dell’anima più nascosti,
complessi e sfuggenti».
7
Cfr. L’Anima e il Volto, Milano, Catalogo Electa, 1998.
14
Da Leonardo al Bramante, dalle opere del
Caravaggio, al Pontormo, a Tiziano, fino a Balla e Matisse,
insomma, una straordinaria carrellata d’icone celebri e di
rarità preziose, che segnano un seducente percorso
espositivo.
Filo conduttore di questo appassionante viaggio sono
i princìpi che dall’anatomia alla fisiognomica, attraverso la
psicanalisi, hanno accompagnato il cammino dell’individuo
alla ricerca di sé, ma al tempo stesso alla ricerca anche di un
rapporto con il mondo circostante; il tutto filtrato
dall’inconscio, che determina una perdita di identità, o
meglio di razionalità, ed un rinnovato interesse per l’animo
umano.
Ricapitolando, essere se stesso e insieme un altro,
duplicare la vita: sembra essere questo un sogno stravagante
e perenne dell’uomo, tanto da essere anche un tema farsesco
15
d’antichissima origine, che incontriamo spesso in molte
commedie greche e latine, ma che è soprattutto affrontato,
con singolare freschezza, dall’estro scenico di Plauto
8
.
Molte le sue opere che giocano sul tema del doppio,
sullo scambio di persona come motivo di confusione, e
dunque di riso; ma si ricordino, principalmente, tre
commedie: le Bacchides, una farsa incentrata sulle vicende
di due fanciulle perfettamente identiche; l’Amphitruo, in cui
Giove, innamoratosi d’Alcmena, sposa d’Anfitrione, assume
le sembianze di quest’ultimo per trascorrere una notte
d’amore con lei, aiutato da Mercurio, che a sua volta si
8
Per un’analisi più approfondita su Tito Maccio Plauto cfr. E. PARATORE,
Storia del teatro latino, in AA. VV., Storia del teatro, a cura di M. Praz,
Milano 1957; P. FEDELI, La commedia romana. Plauto, in Letteratura
latina, Napoli, Il Tripode, pp. 48-68; I. MARIOTTI, Plauto, in Storia e testi
della letteratura latina, Bologna, Zanichelli, 1989, pp. 81-119. Per
un’indagine sulle caratteristiche delle commedie cfr. E. FRAENKEL, Elementi
plautini in Plauto, Firenze, 1960: C. QUESTA, Maschere e funzioni nelle
commedie di Plauto, «Mat e Disc.», 8, 1982, pp. 9-64
16
trasforma in Sosia, servo d’Anfitrione; e soprattutto i
Menaechmi.
Quest’opera sviluppa al meglio il tema del gioco dei
sosia, poiché i personaggi principali sono proprio due
gemelli, così uguali fra loro da generare una serie d’intrighi
esilaranti.
La commedia è ambientata nella città greca
Epidamno – secondo uno stereotipo del genere – e narra le
vicende di due fratelli, che il fato ha separato da bambini e
che, adulti, si trovano a vivere, ignari l’uno dell’altro, nello
spazio della stessa città.
L’antefatto che precede l’azione è esposto da Plauto
nel Prologo: «Mercator quidam fuit Syracusis senex. Ei sunt
17
nati filii gemini duo, ita forma simili pueri, ut mater sua non
internosse posset quae mammam dabat
9
».
Allorché ebbero sette anni, il padre partì con uno dei
bambini per Taranto, dove il piccolo si perse fra la folla, e fu
rapito da un altro mercante, che lo portò nell’Epiro. Il padre
morì di crepacuore, e, a casa, per ricordo del fratello perso,
al secondo gemello viene dato il nome del primo, Menecmo.
Menecmo I vive ad Epidammo, mentre Menecmo II lo cerca
in giro per il mondo; Menecmo I è un giovane ricco e
brillante, Menecmo II è onesto e buono. Allorquando i due
fratelli si troveranno nella stessa città, inizieranno una serie
d’equivoci divertenti, fino al ritorno insieme a Siracusa.
Nell’opera lo scambio di persona, che la perfetta
somiglianza rende inevitabile, dà avvio ad una vicenda
9
TITO MACCIO PLAUTO, I Menecmi, Milano, BUR, 1989, p. 90, «Vi era a
Siracusa un vecchio mercante. Egli ebbe due figli gemelli, così simili fra
loro, che neppure la loro seconda madre, quella che li allattava, avrebbe
potuto distinguerli».
18
comica, che gravita, inoltre, intorno ad un servo, un
parassita, una moglie gelosa, una tenera amante – personaggi
stereotipati del teatro plautino e qui coinvolti in una serie
d’equivoci paradossali che «scardinano l’ordine delle
convenzioni quotidiane, portando i due giovani quasi
sull’orlo della follia
10
», fino a che l’atteso riconoscimento,
l’agnizione finale, non risolve il divertente intrigo.
10
Cfr. C. QUESTA, « Introduzione» a Plauto, I Menecmi, Milano, Rizzoli,
1989.