Premessa
Per affrontare lo studio dei manifesti propagandistici è opportuno
fare alcune considerazioni preliminari riguardo la semiotica visiva, una
disciplina che analizza il linguaggio delle immagini e fornisce gli strumenti
per la loro analisi. Essa viene suddivisa in due branche principali: la
semiotica figurativa, che si occupa delle immagini in quanto
rappresentazioni del mondo, e la semiotica plastica, che si interessa degli
elementi visivi (colori, linee...) indipendentemente da ciò che
rappresentano.
Qualunque persona, di fronte a un'immagine (o testo visivo), attua
un processo interpretativo che parte dal “riconoscimento” dei segni
rappresentati fino ad arrivare a quella che viene chiamata interpretazione
iconografica. L'iconografia è una disciplina che si occupa di studiare come
determinati temi vengono rappresentati in maniera ricorrente, in pittura o
in altre arti grafiche, attraverso la ripetizione di schemi compositivi.
Accanto all'iconografia si è sviluppato un altro importante settore di
indagine, l'iconologia, che analizza l'evoluzione di questi soggetti
ricorrenti per comprendere le trasformazioni ideologiche avvenute
all'interno di una cultura.
L'arte propagandistica ha molto in comune con la pittura e, pertanto,
può essere analizzata con il medesimo approccio adottato per lo studio dei
dipinti. Una delle prime analogie tra le due forme d'arte è l'utenza a cui si
rivolgono: così come accadeva nel periodo del Medioevo, in cui la pittura
era di bassa elezione e a sfondo fortemente religioso, anche i propagandisti
sovietici si rivolgono ad una società per la maggior parte analfabeta.
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Questo richiede l'uso di elementi familiari alle masse e semplici da
comprendere, ma allo stesso tempo efficaci per diffondere il messaggio del
Partito Comunista. Secondo questo principio, i personaggi rappresentati
sono facilmente riconoscibili grazie alle loro caratteristiche e ai loro
attributi: essi vengono tipizzati da caratteri peculiari standardizzati
(caratteristiche) legati principalmente al loro aspetto fisico, alla postura o
al vestiario, basti pensare all'abbigliamento nero di Lenin o alla casacca
verde militare di Stalin con i quali i due capi sovietici appaiono nei plakaty
(manifesti). A questi si aggiunge una serie di ulteriori elementi accessori
(attributi), che aiutano nell'identificazione del personaggio in questione; a
tal proposito, l'attributo di Lenin può essere il berretto, mentre quello di
Stalin la pipa. Nella propaganda sovietica, perciò, oltre alle figure “uniche”
di personalità politiche come Lenin o Stalin, vengono diffusi anche “tipi”
di persone che permettono alla popolazione di identificarsi nella propria
classe di appartenenza (l'operaio, il contadino della fattoria collettiva,
l'architetto e così via) o di prendere le distanze da quelle categorie
considerate anti-sovietiche.
Nella stragrande maggioranza dei casi, i manifesti associano
all'immagine rappresentata (testo visivo) una o più frasi (testo verbale).
Nell'ambito della semiotica questo processo viene definito “ancoraggio”,
in quanto il testo verbale ha lo scopo di fungere da chiave di lettura del
testo visivo ed indirizzare così l'interpretazione dello spettatore secondo la
volontà del creatore. L'elemento testuale verbale è, nei manifesti
propagandistici, fondamentale.
Un testo può racchiudere il proprio significato su livelli diversi che
non si escludono a vicenda, ma anzi agiscono contemporaneamente.
Secondo il percorso generativo, un elemento della semiotica narrativa
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greimasiana, i significati non espliciti o astratti di un testo vengono
rappresentati da elementi concreti, come nel caso della lotta tra San
Giorgio e il Drago che, a un livello più profondo, è l'espressione dell'eterna
lotta tra le forze del Bene contro quelle del Male. Come mostrerò più
avanti, questo tema verrà ampiamente utilizzato nelle varie propagande
nazionali, specialmente negli anni delle due guerre mondiali.
Seguendo ancora il percorso generativo, il messaggio reale del testo
si troverà quindi al livello più profondo di quest'ultimo. Inoltre, secondo la
teoria di Greimas,
A questo livello incontriamo le opposizioni semantiche fondamentali, quelle
attorno alle quali ruota tutto il testo [che] è sempre la messa in scena di un
conflitto fra due poli opposti di una categoria semantica: Bene vs Male, Vita vs
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Morte, Natura vs Cultura, Giovane vs Vecchio, Ragione vs Passione.
Partendo da questo punto saremo capaci di notare che la propaganda
oppone spesso i propri modelli a quelli altrui; questa contrapposizione non
è comunque esclusivamente esplicita, o in presentia: nel manifesto infatti
possono essere presentate entrambe le possibilità di positivo e negativo per
creare la dicotomia Noi/Loro. Analizzando un plakat del 1950 di Koreckij,
si può notare come lo spazio venga suddiviso in due parti che ritraggono
un cittadino sovietico calato in due contesti differenti: a sinistra egli è un
lavoratore zelante in un paese dove domina il socialismo, dalla parte
opposta lo stesso cittadino tende le mani verso lo spettatore in cerca di
elemosina poiché il capitalismo ha lasciato senza lavoro molta gente. Il
messaggio è amplificato dal testo verbale: “Sotto il Socialismo non c'è
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Da Algirdas Julien Greimas, studioso franco-lituano e primo esponente della “scuola di
Parigi” che, all'interno della semiotica contemporanea, ha sviluppato una corrente definita semiotica
strutturale o generativa.
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P. Polidoro, Che cos'è la semiotica visiva, Carocci Editore, Roma 2008, p. 47.
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posto per la disoccupazione! Sotto il Capitalismo, milioni di braccia senza
lavoro!”
A volte l'opposizione con l'Altro può essere implicita, o in absentia,
ma il richiamo può essere fatto ancora una volta grazie al metodo
dell'ancoraggio testuale: ad esempio, un poster britannico mostra una
volontaria della Croce Rossa tedesca che deride un prigioniero inglese
ferito e assetato versando l'acqua per terra di fronte ai suoi occhi. Nel
manifesto non c'è un'altra immagine che, in contrapposizione a questa,
mostra cosa farebbe invece una volontaria inglese, ma riusciamo lo stesso
a immaginare cosa accadrebbe grazie allo slogan: “Non c'è nessuna donna
che farebbe questo in Gran Bretagna. Non c'è nessuna donna che lo
perdonerà in Gran Bretagna”. Quindi, è possibile anche creare
un'opposizione Loro-negativo/Noi-positivo mettendo a confronto un testo
visivo con uno verbale.
Un elemento molto importante nelle immagini propagandistiche è lo
sguardo dei personaggi rappresentati. Prima di parlare di ciò, è però
necessario fare un passo indietro ed accennare al concetto di débrayage
introdotto da Greimas nell'ambito dell'enunciazione visiva. Pronunciando
un “enunciato”, ovvero la produzione di un segmento reale di discorso
attraverso il sistema della lingua, introduciamo alcune categorie spazio-
temporali (qui, là, adesso, domani) o della persona (io, tu). Per quanto
riguarda i testi visivi, l'applicazione del débrayage può essere fatta
attraverso la rappresentazione frontale o di profilo dei personaggi e la
direzione del loro sguardo. Se le figure di profilo danno un effetto di
obiettività e di estraneità al discorso, il volto e lo sguardo rivolti verso
l'esterno creano un sistema Io/Tu in cui il personaggio dell'immagine
chiama emotivamente in causa lo spettatore. Allo sguardo possono essere
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aggiunti altri elementi quali il dito puntato o il testo verbale che in questo
caso assume la funzione di débrayage enunciazionale. Come sarà possibile
vedere nel confronto tra un manifesto di James Montgomery Flagg e uno
di Dmitrij Moor nel capitolo finale di questo lavoro, tale schema
compositivo è stato ampiamente sfruttato nell'ambito delle campagne di
arruolamento svolte durante le due guerre al fine di indurre un'efficace
coinvolgimento emotivo nella coscienza delle masse.
Rimanendo nel campo dell'enunciazione, possiamo considerare le
immagini su due dimensioni chiamate trasparenza e opacità. Con la
dimensione della trasparenza noi vediamo, attraverso l'immagine, l'idea
dell'oggetto come se ci stesse realmente di fronte, il che ci consente di
sostituire un oggetto assente con la sua rispettiva rappresentazione. Al
contrario, la dimensione dell'opacità fa focalizzare la nostra attenzione sul
veicolo dell'immagine (la tela di un dipinto o, come nel nostro caso, un
manifesto) permettendoci allo stesso tempo di prendere le distanze
dall'artificio artistico creato dall'autore. In Unione Sovietica la propaganda
sfrutta al massimo la dimensione della trasparenza poiché, specialmente
negli anni in cui Stalin è alla guida, nel plakat viene proposto come
modello un mondo in cui credere e fare proprio in sostituzione di quello
vero “nell'applicazione della categoria filosofica della credenza: credo a
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ciò che vedo”. Su questi manifesti, sia la dimensione temporale, che
spaziale sono spesso stravolte per via dell'introduzione di elementi
auspicabili che vengono presentati come reali oppure a causa della
contemporaneità di figure passate, presenti e soprattutto future poiché
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G.P. Piretto, Gli occhi di Stalin. La cultura visuale sovietica nell'era staliniana, Raffaello
Cortina Editore, Milano 2010, p.15
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l'avvenire comunista non poteva essere messo in discussione, ma doveva
invece essere rappresentato come già esistente.
Poiché la propaganda è da considerarsi a tutti gli effetti un'arte
promozionale, sebbene non abbia i fini prettamente commerciali, un altro
approccio che può essere interessante per l'interpretazione delle immagini
presentate in questa tesi è quello proposto da Floch, semiologo francese
che ha indicato quattro filosofie pubblicitarie utili alla costruzione di un
discorso, le quali possono essere applicate anche nel caso dei manifesti
propagandistici.
La pubblicità referenziale si basa sui concetti di verità e onestà, e
punta dunque a presentare il prodotto con le sue reali qualità. Questo tipo
di pubblicità deve trasmettere al consumatore la fiducia nei confronti di chi
ha creato l'annuncio. Un tipo di pubblicità simile a quella referenziale è
quella sostanziale, che sposta l'attenzione non tanto alle caratteristiche
pratiche del prodotto, ma lo rende desiderabile da un punto di vista
estetico. In opposizione alla tipologia referenziale vi è invece la pubblicità
mitica, che crea per il prodotto un legame con la leggenda, il mito e il
sogno in modo da far fantasticare il cliente, il quale immagina uno stile di
vita nuovo grazie all'utilizzo dell'oggetto acquistato. L'ultimo tipo di
filosofia pubblicitaria, quella obliqua, non è immediatamente
comprensibile poiché sfrutta il paradosso e l'ironia e richiede pertanto uno
sguardo attivo del fruitore, il quale deve fare uno sforzo interpretativo. Le
quattro filosofie di Floch, inoltre, possono essere associate ad altrettante
figure retoriche creando così le coppie pubblicità referenziale/sineddoche,
pubblicità mitica/metafora, pubblicità sostanziale/metonimia e pubblicità
obliqua/iperbole.
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