Prefazione
“Il meccanismo di mercato, che scatena amori e odi così grandi, è una struttura
di base attraverso la quale gli individui possono interagire l'uno con l'altro e
avviare attività reciprocamente vantaggiose. Tuttavia possono emergere
problemi che non si affrontano sopprimendo i mercati ma mettendoli in
condizione di funzionare meglio, con più equità e in presenza di integrazioni
adeguate.”
Amartya Sen
4
Introduzione
A quasi quattro anni dall'ultimo allargamento dell'Unione Europea, suscita
sempre maggiore interesse, anche a causa della congiuntura economica, il
dibattito sulla bontà del progetto comunitario e a proposito un gran di numero
analisti non nascondono i propri timori sulle conseguenze negative che si
potrebbero verificare successivamente alle prossime adesioni della Croazia e
della Turchia.
Partendo dal presupposto che esistono politici ed economisti più adatti del
sottoscritto nel commentare la situazione generale, con questo lavoro cerco di
analizzare il nuovo scenario che si è venuto a creare, provando a ripercorrere le
tappe principali dai primi passi mossi dalla Comunità Europea del Carbone e
dell'Acciaio negli anni Cinquanta fino ad arrivare ai recenti ingressi dei dieci
paesi ex comunisti avvenuti a cavallo tra il 2004 e il 2007.
Già negli anni Sessanta Yves Lacoste ipotizzava un mondo caratterizzato da
zone particolarmente ricche del Nord a cui è contrapposto un Sud
estremamente povero, metafora in parte condivisa da Immanuel Wallerstein che
vedeva l'economia globale dominata da un centro su cui gravitano svariate
regioni periferiche. Pur mantenendo le dovute proporzioni l'adozione di questa
metafora risulta quantomai assimilabile alla dimensione europea esaminata in
particolare nel secondo capitolo grazie all'utilizzo sia di rappresentazioni
cartografiche che di indicatori economici e sociali.
Tali distanze oltre a persistere su scala globale e continentale risultano presenti
anche a carattere nazionale, e a proposito la Romania ne rappresenta un
esempio lampante. Nel terzo capitolo viene infatti approfondito lo studio del
paese balcanico attraverso l'elaborazione di importanti dati come il volume
dell'interscambio commerciale e degli investimenti diretti esteri, prima e dopo il
manifestarsi della congiuntura economica globale, nonché il suo privilegiato
rapporto con l'Italia.
5
Dall'analisi di questo quadro emerge una nazione che dall'uscita dal regime
comunista fino al suo ingresso in Unione è cresciuta in modo esponenziale, ma
per poi fermarsi, come del resto tutti i PECO, proprio quando sembrava potesse
raggiungere lo standard dei paesi occidentali. Standard invece raggiunti
soltanto da parte delle imprese della grande distribuzione organizzata (quarto
capitolo) che, negli anni del boom economico, hanno effettuato copiosi
investimenti per sviluppare una rete capillare su tutto il territorio romeno.
Sarà forse a causa della crisi economica globale o più probabilmente per la
carenza infrastrutturale ma l'unica cosa certa è che la strada, che devono
percorrere i paesi dell'Europa orientale per recuperare il gap con i vecchi
membri occidentali, resta particolarmente lunga e tortuosa, forse ancor di più di
quanto noi tutti possiamo credere.
Fig. I.1: Contadino nel sud-est della Romania
Fonte: Fabio Ferro
6
Capitolo 1
Le fasi dell'allargamento ad Est dell'Unione Europea
Il primo Gennaio 2007 è stato ultimato l'allargamento verso est dell'Unione Eu-
ropea, che si è ampliata ulteriormente passando da 15 a 27 stati membri, rag-
giungendo una superficie di 4.326.253 km² e una popolazione di 501 milioni
persone nel 2010. L'UE è diventata così il terzo soggetto politico più popoloso
sull'intera scala mondiale dopo Cina e India.
Fig. 1.1: L' Unione Europea al 2007
Fonte: www.mappaeuropa.it
Le adesioni nell'Unione Europea dei Paesi dell'Europa Centro-Orientale
(PECO) si sono svolte in due sessioni.
La prima, nel 2004, ha previsto l'ingresso di otto PECO (Estonia, Lettonia, Li-
7
tuania, Polonia, Repubblica Ceca, Slovacchia, Slovenia, Ungheria) e delle due
piccole nazioni insulari, Malta e Cipro, mentre con l'adesione di Romania e Bul-
garia nel 2007 si è concluso il quinto e finora ultimo allargamento dalla creazio-
ne della Comunità economica europea (CEE) del 1957
1
.
Ai primi sei paesi fondatori e firmatari del Trattato di Parigi (Belgio, Francia,
Germania Federale, Italia, Lussemburgo ed Olanda) si sono aggiunti nel 1973
Danimarca, Irlanda e Regno Unito, nel 1981 la Grecia e in seguito nel 1986 i
paesi della penisola iberica, Spagna e Portogallo.
Il 7 Febbraio 1992, si ha una svolta epocale in quanto i primi dodici stati mem-
bri, precedentemente elencati, sono firmatari del Trattato di Maastricht
2
, che
sancisce la nascita dell'Unione Europea, alla quale aderiscono anche Austria,
Finlandia e Svezia nel 1995.
Fig. 1.2: I Paesi fondatori dell'Unione Europea nel 1992
Fonte: www.commons.wikimedia.org
1 I primi lavori per l'istituzione della CEE, risalgono al 1950 e 1951 con La Dichiarazione di Shuman e
la creazione della Ceca (Comunità europea del carbone e dell'acciaio.
2 E' noto anche come Trattato sull'Unione europea che comprende 252 articoli nuovi, 17 protocolli e 31
dichiarazioni.
8
Le ultime adesioni, avvenute a cavallo tra il il 2004 e il 2007, riguardanti l'ingres-
so dei paesi dell'area PECO, possono rappresentare un elemento di continuità
nella costituzione di una grande Europa, ma dall'altro lato della medaglia posso-
no costituire una delle sfide più difficili mai affrontate, in quanto il consolidamen-
to di una così grande forma di integrazione potrebbe generare forti ripercussio-
ni, investendo tutti i settori economico-finanziari, le decisioni politiche nonché la
modalità di gestione dei rapporti internazionali. Per tali ragioni è innegabile che
l'allargamento abbia fatto emergere una moltitudine di problematiche, di certo
non risolte con l'ingresso dei nuovi paesi centro-orientali e che anzi, possono
mettere a serio rischio i risultati positivi previsti nel lungo periodo.
1.1: L'impatto dell'allargamento e il nuovo scenario europeo
In questo contesto è necessario analizzare gli effetti delle ultime espansioni del-
la UE e i problemi che ha sollevato. Come detto precedentemente, la caratteri -
stica che si denota più facilmente è sicuramente il sostanziale aumento della
popolazione3 comunitaria, che al Gennaio 2010 ha raggiunto la quota di 501.1
milioni di abitanti con un PIL4 complessivo di 11.900 miliardi di Euro (tab.1.1 e
Fig 1.3), superando persino gli Stati Uniti.
L'integrazione economica europea ha così permesso di creare una grande coa-
lizione da contrapporre alle altre potenze economiche storiche della Triade
(Giappone e U.S.A.) o emergenti (Cina, Brasile e India) nei sempre più delicati
equilibri politici e commerciali caratterizzanti l'attuale fase di globalizzazione dei
mercati.
3 La popolazione della Euro Zona (EA-16) al Gennaio 2010 ha raggiunto il numero 329,5 milioni
abitanti, che comparata con i 328,6 milioni di unità del Gennaio 2009, ha registrato un tasso di
crescita del 2,7% pari a un incremento di 900.000 abitanti.
4 Dato 2009. Nel 2008 il PIL dell'EU-27 fu pari a 12.500 miliardi di Euro.
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Tab. 1.1: Volume del PIL in milioni di Euro
Anno\Paese 2004 2007 2009 Anno\Paese 2004 2007 2009
UE-27 10616509,9 12395415 11790842,2
UE-25 10535570,5 12241788 11641096,2
UE-15 10043043,7 11526175,2 10920878,9
Austria 232781,8 272010,2 274320,5 Cipro 12728 15951,1 16946,5
Belgio 290825 335085 339162 Estonia 9685,3 15827,5 13860,8
Danimarca 197069,9 227024,9 222892,9 Lettonia 11176,3 21111 18538,7
Finlandia 152148 179702 171315 Lituania 18158 28576,6 26649,7
Francia 1660189 1895284 1907145 Malta 4515,5 5479,8 5749,7
Germania 2210900 2432400 2397100 Polonia 204236,5 311001,7 310075,1
Grecia 185812,6 226437 237493,5 Repubblica Ceca 88262 127330,5 137245,3
Irlanda 149098 189751,2 163543 Slovacchia 33969,6 54897,6 63331,6
Italia 1391530,2 1546177,4 1520870 Slovenia 27136 34568,2 35384,4
Lussemburgo 27455,9 37465,8 37645,2 Ungheria 82666,3 101086,5 93086,1
Olanda 491184 571773 571979
Portogallo 148827,4 168737,1 167652,1 Bulgaria 19875,4 28898,6 33876,8
Regno Unito 1772545,9 2052846,5 1563186,1 Romania 61063,9 124728,5 115869,2
Spagna 841042 1053537 1053914
Svez i a 291634,1 337944,2 292680,4
Fonte: Elaborazione dati Eurostat, 2010
Fig. 1.3: La distribuzione del PIL in Unione Europea
Fonte: Elaborazione dati Eurostat, 2010
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Sebbene l'allargamento dei confini ha determinato un aumento della popolazio-
ne all'interno della Unione, per i prossimi decenni è previsto un forte calo demo-
grafico.
Non è un caso se degli ultimi paesi entrati tra il 2004 e il 2007, soltanto Malta
(+ 2,2%) e Cipro (+5,5%) hanno registrato un incremento della popolazione nel
2009, mentre la maggioranza dei vecchi membri5, denotano tassi di crescita
nulli se non addirittura negativi, considerato l'andamento di alcune superpoten-
ze come per esempio la Germania (-2,3%).
Questo trend è confermato anche se si considera l'Europa nel suo complesso, il
cui tasso di natalità medio è sceso del 1,4%, tanto che nemmeno gli incentivi of-
ferti per decenni da alcuni paesi membri, sono riusciti ad invertire l'andamento
decrescente.
Il forte calo demografico unito all’aumento della vita media attesa nella UE è de-
stinato a generare un cospicuo incremento del “tasso di dipendenza” (rapporto
pensionati/lavoratori), con gravi problemi per la sostenibilità dei sistemi pensio-
nistici pubblici. In Spagna, Francia, Germania, Italia e Regno Unito tale proble-
ma è mitigato in parte dall'immigrazione degli stranieri, che partecipando attiva-
mente sul mercato del lavoro contribuiscono a generare una società maggior-
mente multietnica6.
Inoltre l'invecchiamento medio della popolazione da origine ad un inevitabile au-
mento del costo dei sistemi sanitari pubblici, quindi ad un incremento della spe-
sa pubblica e di conseguenza del deficit statale, proprio nel momento in cui i
ventisette paesi aderenti all'Unione Europea si sono posti il vincolo di non su-
perare determinati parametri nel rapporto deficit/PIL. Se oggi infatti la maggior
parte della popolazione europea ha una età compresa tra i 15 e i 60 anni, si
prevede che nel 2050 la classe più numerosa dovrebbe essere quella degli ul-
traottantenni, cosa che rischierebbe di portare ad un vero e proprio boom della
spesa sanitaria futura (tab. 1.2).
5 Le sole Irlanda, Francia, Regno Unito e Olanda hanno registrato tassi di crescita della popolazione
positivi.
6 In Italia la percentuale della popolazione nata all’estero è in crescita sebbene rimanga ancora bassa
(meno del 4%) rispetto a quella degli altri paesi (ad es., la Germania dove tale percentuale supera il
12%).
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Tab. 1.2: Variazione della popolazione (in migliaia di unità)
Nascite
EU27 499 695 5 353 4 844 509 857 1 366 501 062
Austria 8 355 76 77 -1 21 20 8 375
Belgio 10 750 126 104 22 55 77 10 827
Danimarca 5 506 63 55 8 21 29 5 535
Finlandia 5 326 60 50 11 15 25 5 351
Francia 64 367 822 546 276 71 347 64 714
Germania 82 002 651 841 -190 -13 -203 81 800
Grecia 11 260 118 110 8 27 35 11 295
Irlanda 4 450 75 29 46 -40 6 4 456
Italia 60 045 569 592 -23 318 295 60 340
Lussemburgo 494 6 4 2 7 9 502
Olanda 16 486 185 134 51 41 92 16 578
Portogallo 10 627 99 104 -5 15 10 10 638
Regno Unito 61 596 790 560 231 182 412 62 008
Spagna 45 828 495 391 103 58 161 45 989
Svezia 9 256 112 90 22 63 84 9 341
Cipro 797 10 5 4 -3 1 798
Estonia 1 340 16 16 0 0 0 1 340
Lettonia 2 261 22 30 -8 -5 -13 2 248
Lituania 3 350 37 42 -5 -15 -21 3 329
Malta 414 4 3 1 -2 -1 413
Polonia 38 136 418 385 33 -1 31 38 167
Slovacchia 5 412 61 53 8 4 13 5 425
Slovenia 2 032 22 19 3 12 15 2 047
Repubblica Ceca 10 468 118 107 11 28 39 10 507
Ungheria 10 031 96 130 -34 16 -18 10 013
Bulgaria 7 607 81 108 -27 -16 -43 7 564
Romania 21 499 222 257 -35 -2 -36 21 462
Popolazione
1.1.2009
Morti Cambi Naturali
Immigrazio
ne Netta
Cambio
Totale
Popolazione
1.1.2010
Fonte: Elaborazione dati Eurostat, 2010
Ciò che però preoccupa maggiormente gli analisti, ancor più del calo demografi-
co, è la povertà dei paesi dell'area PECO rispetto ai 15 paesi che costituivano
l'Unione Europea fino al 2004, in quanto il PIL pro-capite dei nuovi entranti, ec-
cezion fatta per la Slovenia7, è di gran lunga inferiore rispetto alla media euro-
pea pari a 23.600 euro, con una differenza ancor più marcata nel caso degli ulti -
mi due membri, quali Romania e Bulgaria che hanno rispettivamente un PIL
pro-capite di 5.800 e di 3.800 euro (tab.1.3, fig. 1.4).
7 Nel 2009 la Slovenia ha registrato un PIL pro-capite di 17.100 Euro, leggermente superiore a quello
del Portogallo che è pari a 15.800. Dei nuovi paesi entrati, l'unico che si avvicina alla media è Cipro
(21.200 Euro).
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Tab. 1.3: PIL pro-capite in Euro per abitante
Anno/Paese 2004 2007 2009 Anno/Paese 2004 2007 2009
UE- 27 21700 25000 23600
Austria 28500 32800 32800 Cipro 17200 20300 21200
Belgio 27900 31500 31400 Estonia 7200 11800 10300
Danimarca 36500 41600 40400 Lettonia 4800 9300 8200
Finlandia 29100 34000 32100 Lituania 5300 8500 8000
Franc ia 26600 29700 29600 Malta 11300 13400 13900
Germania 26800 29600 29300 Polonia 5300 8200 8100
Grecia 16800 20200 21100 Repubblic a Ceca 8600 12300 13100
Irlanda 36700 43500 36600 Slovacchia 6300 10200 11700
Ita lia 23900 26000 25200 Slovenia 13600 17100 17300
Lussemburgo 59900 78100 75700 Ungheria 8200 10100 9300
Olanda 30200 34900 34600
Portogallo 14200 15900 15800 Bulgaria 2600 3800 :
Regno Unito 29600 33700 25300 Romania 2800 5800 :
Spagna 19700 23500 22900
Svez ia 32400 36900 31300
Fonte: Elaborazione dati Eurostat, 2010
Fig. 1.4: PIL pro-capite per abitante
Fonte: Elaborazione dati Eurostat, 2010
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La distanza tra il reddito medio pro capite del paese più povero e di quello più
ricco è cresciuta enormemente passando da un rapporto del 1:3 con l'UE-15,
ad uno del 1:20 con la UE-278. Questi dati testimoniano l'esistenza di un ampio
divario tra i vari membri europea, ma la speranza che muove questa grande sfi-
da è quella di estendere i benefici generati da una Europa unita a tutti i nuovi
entranti, così come successe in passato per l'Irlanda, per ridurre nel tempo il
gap che intercorre tra tutti i paesi.
Sebbene questo precedente dovrebbe indurre all'ottimismo sulla capacità dei
paesi dell'area PECO di colmare le attuali distanze con gli altri membri, alcuni
studiosi (Gadner, 2001) frenano gli entusiasmi, perché anche se questi paesi ri-
tornassero a crescere con un tasso del 6%9, impiegherebbero circa 40 anni per
recuperare lo svantaggio.
La disuguaglianza di reddito tra vecchi e nuovi membri della UE è destinata ad
avere forti ripercussioni su due aspetti fondamentali delle economie europee.
Relativamente alle politiche di budget della UE, i fondi strutturali saranno
ovviamente destinati ai nuovi paesi più poveri, spostando verso est la geografia
dei flussi dei trasferimenti all’interno della UE, mentre le nazioni fino al 2004
destinatarie di fondi dal resto della UE diventano finanziatrici, dovendo
contribuire anch'esse allo sviluppo delle regioni dell’Europa orientale. Quindi
quei paesi che erano nel complesso beneficiari netti delle politiche di budget
(cioè ricevevano più di quanto contribuivano all’Unione), sono adesso
contribuenti netti delle stesse politiche.
I connotati prevalentemente agricoli dei paesi che appartenevano al blocco
comunista determinano inoltre la necessità di destinare ingenti fondi verso tale
settore, denotando un problema alquanto rilevante per l'Unione Europea date le
forti pressioni a ridurre tali sussidi da parte delle Istituzioni Internazionali e dei
paesi in via di sviluppo, i quali sono particolarmente danneggiati dalla Politica
Agricola Comunitaria.
Nei nuovi membri della UE, l'agricoltura rimane il settore con la maggior percen-
tuale di forza lavoro per abitante, tanto che in alcuni paesi come in Polonia gli
8 Nella UE-15 sono presi come parametri massimi e minimi gli indicatori della Danimarca e del
Portogallo mentre nella UE-27 sono presi come dati estremi i valori danesi e quelli bulgari.
9 Era il PIL che i nuovi membri registravano in linea generale nel 2007 precedentemente alla crisi.
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