Capitolo 1 – Introduzione
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Capitolo 1
INTRODUZIONE
Molte pagine sono state scritte sul tema dell’alta velocità ferroviaria. Quello dei
collegamenti veloci, infatti, è un argomento di grande attualità, per la consistente
quantità di fondi pubblici necessari alla sua realizzazione, ma, soprattutto, per il forte
impatto che genera sull’ambiente e sulla collettività. Quasi quotidianamente si assiste
all’opposizione piø o meno aspra tra favorevoli e contrari ai vari progetti e si
susseguono in continuazione ripensamenti sul percorso e variazioni di tracciato, mentre
i tempi per la realizzazione delle opere, inevitabilmente, lievitano. Il pesante gap
infrastrutturale che sembra affliggere il nostro paese riempie in continuazione prime
pagine di giornali, alimenta sofisticati studi sui costi del fare e del non fare e spinge la
classe politica nella corsa alla realizzazione di grandi opere per il bene del paese o, nel
caso peggiore, per accaparrarsi il consenso dell’opinione pubblica.
Stessa sorte sembra toccare anche alla progettazione e realizzazione di una
direttrice ferroviaria ad alta velocità nel nord-est d’Italia, che, attraversando la ricca
Pianura Padana, colleghi da est a ovest l’Europa meridionale, seguendo il percorso del
noto corridoio europeo V. L’opera ha ormai accumulato un consistente ritardo nella sua
realizzazione, essendo stata pianificata già con la costituzione della TAV S.p.A. nel
1991. Tuttavia in questi anni, pur essendo stato ampio il dibattito su quello che sarà il
suo futuro tracciato, non sembra essere stata aperta un’altrettanto ampia discussione sul
suo futuro modello di esercizio, la cui importanza è, però, fondamentale. Osservando,
infatti, i progetti proposti finora si intuisce che per la grande “T” di infrastrutture
Capitolo 1 – Introduzione
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ferroviarie veloci pensata per collegare l’Italia da nord a sud (Milano – Napoli) e da est
a ovest (Torino – Trieste) è stato pensato un modello di esercizio delle linee di tipo
omogeneo, senza distinzioni sostanziali per le varie tratte. Se si pone attenzione, però, al
tessuto urbano ed economico in cui vanno ad inserirsi le due principali direttrici italiane,
quella dorsale e quella trasversale, si notano differenze importanti, che portano a
mettere in discussione lo schema originario del progetto. Questo perchØ la soluzione da
adottare di volta in volta per queste opere deve essere sviluppata tenendo conto della
realtà in cui l’infrastruttura andrà a inserirsi, con l’obiettivo di adattarsi nel miglior
modo possibile al territorio da servire.
Se si analizzano, poi, le esperienze maturate in altri paesi, in particolare quelli a
noi piø vicini, si nota che l’Europa rappresenta, per quanto riguarda i collegamenti ad
alta velocità, una fucina di idee e soluzioni, tra loro spesso molto diverse, all’interno
delle quali è possibile individuare proposte interessanti alle quali attingere per le future
applicazioni nel nord Italia. Tenendo conto, quindi, delle altre esperienze europee si
deduce che ci sono margini di scelta per semplificare il progetto italiano, riducendone i
costi, e per ripensare il ruolo delle stazioni.
In sostanza, l’obiettivo che questa tesi vuole perseguire non è quello di fornire
l’ennesima soluzione al problema suggerendo il migliore tracciato che potrà avere la
nuova linea, nØ di dimostrare perchØ è necessario o non necessario costruirla. Vuole
invece proporre degli spunti di riflessione critici e costruttivi su quello che sarà l’assetto
finale dell’opera, perchØ solo avendo ben delineato il fine da perseguire è possibile
proporre soluzioni chiare e condivise, che giustifichino le ingenti risorse economiche
coinvolte e che, soprattutto, garantiscano un efficace risultato finale per un opera
destinata a durare a lungo.
Capitolo 2 – Nascita e sviluppo dell’alta velocità ferroviaria
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Capitolo 2
NASCITA E SVILUPPO DELL’ALTA VELOCITÀ
FERROVIARIA
2.1 – Origini della ferrovia
Le origini della strada ferrata non sono conosciute con esattezza. Fin
dall’antichità, infatti, era noto che le ruote svolgevano la loro funzione in modo migliore
se potevano scorrere su un piano liscio e regolare. ¨ accertato, inoltre, che già nel 1600,
in alcune miniere del Galles, il trasposto del materiale scavato avveniva per mezzo di
particolari carri che si muovevano su delle rotaie di legno, con il fine di ridurre
drasticamente lo sforzo necessario ai lavoratori e agli animali per spostare i materiali.
La forza motrice necessaria per spostare un veicolo, infatti, è proporzionale all’attrito
che si manifesta tra le ruote e il supporto dove queste sono sistemate, e le rotaie di legno
permettevano a un solo cavallo di muovere anche quattro vagoncini da una tonnellata
ciascuno.
Va ricordato che all’epoca le alternative disponibili consistevano quasi
esclusivamente nel trasporto su strada, ovviamente non asfaltata, oppure nello
sfruttamento delle vie d’acqua naturali o artificiali. Anche nelle prime tramvie a
trazione animale per il trasporto urbano, risalenti al XVII secolo, furono usate dapprima
guide in pietra, poi longherine in legno ed infine guide in ferro a sezione rettangolare,
fissate a sostegni mediante ferri ad L, prototipi delle attuali rotaie che, con la loro
attuale forma a fungo e suola, furono introdotte in Francia nel 1830 dall’ing. Vignoles,
dal quale hanno preso il nome di rotaie Vignole.
Capitolo 2 – Nascita e sviluppo dell’alta velocità ferroviaria
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Fu però l’invenzione della locomotiva che diede la spinta decisiva per la
diffusione della strada ferrata come via di comunicazione. Lo sviluppo di queste
macchine avvenne quasi in contemporanea con la nascita delle strade ferrate e la messa
a punto di una macchina a vapore utilizzabile praticamente viene convenzionalmente
attribuita a Gorge Stephenson, che perfezionò gli studi degli inventori che lo
precedettero e costruì i primi
esempi di locomotive a
vapore perfettamente
funzionanti, in quanto dotati
di un rapporto peso/potenza
accettabile. L’anno ufficiale
di questo evento viene fissato
nel 1829, quando la
locomotiva “The Rocket” (“il
razzo”, rappresentata in
figura 2.1), vinse un
concorso per servire la prima
ferrovia moderna, che
collegava fra loro le città inglesi di Liverpool e Manchester. Non si trattò di un caso
isolato, perchØ, nonostante qualche piccolo inconveniente iniziale, le ferrovie conobbero
in Gran Bretagna un successo talmente sorprendente che appena quattro anni piø tardi
erano attive già 33 compagnie ferroviarie e nel 1844 esistevano ben 4.000 km di
ferrovie, destinati a diventare 30.000 alla fine degli anni ’80. Si trattava, in effetti, del
mezzo di trasporto piø efficiente dell’epoca, con capacità, in termini di volume di merci
e numero di viaggiatori, che si accostavano a quelle di navi di un certo tonnellaggio, ma
che poteva addirittura sbalordire se confrontate a quelle offerte dai carri e dalle carrozze
a trazione animale.
¨ da notare come assai precocemente fece la propria comparsa anche la trazione
elettrica, con il veicolo sperimentale del 1839, dotato di pile e viaggiante a 5 km/h, di
Robert Davidson. La tecnica in tale settore non era però ancora sufficiente per queste
applicazioni e solo nel 1879 si vide la prima realizzazione di un servizio pubblico
sperimentale, costituito da un trenino dell’ingegner Siemens usato per i visitatori
Figura 2. 1 - La locomotiva "the rocket" in una
rappresentazione del 1829
Capitolo 2 – Nascita e sviluppo dell’alta velocità ferroviaria
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dell’esposizione di Berlino. La trazione elettrica, quindi, vide le prime applicazioni solo
alla fine del XIX secolo per i trasporti urbani e metropolitani e negli anni ’20 e ’30 del
XX secolo per i trasporti ferroviari extraurbani.
Il secolo XIX può essere ricordato per lo sviluppo massiccio del trasporto su
rotaia e fin dall’inizio la costruzione di nuove linee, carrozze e carri divenne l’elemento
motore di una nuova grande industrializzazione. Siderurgia e meccanica ebbero una
notevole crescita, così come pure il livello della tecnologia. Sul piano economico,
inoltre, le ferrovie permisero la rivalutazione di molti prodotti, specialmente a basso
costo, che potevano essere commercializzati a distanze maggiori. Le strade ferrate
ebbero inoltre una notevole influenza sulle trasformazioni urbanistiche e demografiche
delle aree da esse attraversate e impressero un forte sviluppo alla tecnica delle
costruzioni civili, come ponti o gallerie.
Logica conseguenza di tutto ciò fu il rapido estendersi delle strade ferrate in tutte
le Nazioni, specialmente in quelle a piø avanzato sviluppo industriale. Le prime
esperienze europee si verificarono in Belgio con la Bruxelles – Malines del 1835, poi
nel regno di Baviera con la Furth – Norimberga del 1836, in Francia con la Parigi –
Rouen del 1937, per poi approdare in Prussia, Russia, Spagna e oltreoceano, negli Stati
Uniti.
In Italia il primo tratto venne inaugurato il 13 ottobre 1839 e collegava Napoli
con Portici, per un totale di 7,3 km (figura 2.2). La nostra penisola, tuttavia, non era
ancora stata unificata, e si trovava costituita da tanti piccoli stati autonomi, ciascuno dei
quali concepì la propria rete ferroviaria con criteri locali o, al piø, regionali. Fece
eccezione nel moderno Regno di Sardegna la lungimiranza di Camillo Benso, conte di
Cavour, che già a metà Ottocento pensò ad una rete organica che collegasse tutta la
penisola e capì da subito la necessità di adeguate connessioni con le altre reti europee.
Bisogna però attendere il 1861, anno dell’unificazione d’Italia, per vedere intraprendere
una complessa opera di collegamento e adeguamento dei vari tronchi e un ampliamento
massiccio della rete, che raggiunse uno sviluppo di circa 7.000 km nel 1872 e di 16.000
km nel 1910. Le nuove linee venivano date per la maggior parte in concessione a società
private, che ne curavano la costruzione e l’esercizio. Per questo ben presto venne attuato
anche un programma di riduzione progressiva delle concessioni, che portò dapprima alla
ripartizione in tre grandi società private (Società per le ferrovie del Mediterraneo,
Capitolo 2 – Nascita e sviluppo dell’alta velocità ferroviaria
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Società per le ferrovie Meridionali e Società per le ferrovie della Sicilia) e, in seguito, a
causa di alcuni disservizi dovuti a interferenze tra le società, alla nazionalizzazione
dell’intera rete, avvenuto nel 1905, con la nascita delle Ferrovie dello Stato, dipendenti
dal Ministero dei Trasporti. Solo alcuni tratti brevi, per un totale di 1.750 km, vennero
affidati a società private minori, come le Ferrovie Sarde o le Ferrovie Nord-Milano.
Figura 2. 2 - Inaugurazione, il 13 ottobre 1839, della ferrovia Napoli-Portici, in un dipinto di
Salvatore Fergola
2.2 – L’avvento dell’alta velocità
Tra la fine degli anni ’60 e gli anni ’70 del XX secolo le ferrovie conobbero un
periodo di pesante declino, che, a detta di molti, ne avrebbe sancito la fine. Il treno
veniva, infatti, percepito come un modo di viaggiare vecchio e scomodo, adatto al
massimo a trasportare grandi masse di pendolari attorno alle città piø popolose.
Gradualmente, però, nacque anche la consapevolezza dei vantaggi che il
trasporto su rotaia poteva ancora esprimere: i morti dovuti agli incidenti stradali
aumentavano di anno in anno e la congestione del traffico, con i relativi problemi di
code e parcheggi, annullavano progressivamente i vantaggi che aveva mostrato il
trasporto su gomma. L’opinione pubblica cominciava poi a prendere consapevolezza dei
problemi ambientali e di inquinamento causati da un uso massiccio dell’auto: la ferrovia
ha, in questo senso, grandi vantaggi e potenzialità ancora inespresse, dovute a un piø
efficiente consumo dell’energia. Secondo alcuni studi specifici, infatti, per trasportare
Capitolo 2 – Nascita e sviluppo dell’alta velocità ferroviaria
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una tonnellata di merci un treno consuma la metà dell’energia consumata da un camion
e un dodicesimo di quella consumata da un aereo.
[3]
Fu in questo periodo che alcuni governi decisero di impegnarsi con ingenti
investimenti per cercare di redimere il trasporto ferroviario, rinnovandolo e, per certi
aspetti, reinventandolo. L’Alta Velocità ferroviaria, in effetti, ha l’obiettivo di
aumentare l’attrattività del trasporto su rotaia, mettendolo in concorrenza sia con il
trasporto su gomma, rispetto al quale presenta velocità maggiori sia, nelle tratte medio-
lunghe, con il trasporto aereo, rispetto al quale offre tempi di percorrenza paragonabili e
consente di servire anche stazioni intermedie senza gli onerosi trasferimenti necessari
negli aeroporti.
Nel corso del tempo è cambiata anche la definizione stessa di Alta Velocità
(spesso individuata in Italia dalla sigla AV). Questo perchè fino agli anni settanta il
raggiungimento da parte di un treno dei 180-200 km/h era notevole e questo portava, ad
esempio in Italia, a definire tali anche gli ETR 250, ETR 300 e le ALe 601 (nelle
versioni normali e “AV”, progettati per raggiungere i 200 km/h), per i quali fu coniata la
definizione commerciale di Super-rapidi. Secondo le piø recenti “Specifiche tecniche di
interoperabilità” emanate dalla Commissione Europea viene fissato a 250 km/h il limite
minimo per poter parlare di Alta Velocità, anche se in numerosi paesi del mondo
valgono ancora valori inferiori, come accade, per esempio, negli Stati Uniti.
Il primo treno ad alta velocità secondo la vecchia definizione, quindi, fu
l'italiano ETR 200 del 1936 che, il 20 luglio 1939, coprì il tragitto Firenze-Milano ad
una media di 165 km/h con una punta di 203 km/h. Formato da materiale automotore e,
quindi, non da composizioni classiche del tipo motrice piø carrozze, inaugurò l'era dei
collegamenti rapidi intercittadini
Generalmente, però, viene ricordato il Giappone come inventore dell’alta
velocità, perchØ decise di realizzare non tanto un treno dalle prestazioni eccezionali, ma
un sistema complessivo di trasporto che permettesse viaggi rapidi per collegare fra loro
le principali città nipponiche. Questa concezione molto moderna di ferrovia veloce vide
la luce nel 1964, con la linea Shinkansen (letteralmente “nuova ferrovia”) sulla
direttrice Tokaido-Osaka. Si trattava di una tratta appositamente concepita per ospitare
un convoglio viaggiante a 210 km/h, inizialmente progettata in occasione delle
Olimpiadi, ma successivamente vista come la chiave per risolvere il problema del
Capitolo 2 – Nascita e sviluppo dell’alta velocità ferroviaria
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trasporto passeggeri in una rete obsoleta, con uno scartamento di soli 1067 mm e
tortuosa come quella giapponese. La nuova linea prevedeva lo scartamento normale dei
binari, curve di ampio raggio e numerosi viadotti e gallerie per superare criticità del
territorio e i grandi agglomerati urbani. Il modello di esercizio, che ricalca la
proverbiale precisione giapponese, prevedeva addirittura convogli ogni 5 minuti e
massima puntualità del sistema.
[3]
Il grande successo dello Shinkansen giapponese attirò l’attenzione anche delle
amministrazioni ferroviarie europee su questa nuova possibilità offerta dalle ferrovie.
Le strade percorse furono diverse e portarono a risultati interessanti, soprattutto
osservando alcuni vantaggi connessi all’alta velocità: è concorrenziale al trasporto aereo
per distanze attorno ai 600/700 km (difatti i collegamenti aerei tra Parigi e Lione, dove
corre il TGV, sono praticamente cessati, come sta avvenendo tra Parigi e Bruxelles),
libera capacità di traffico sulle linee tradizionali e in alcuni casi riduce il traffico
stradale, con conseguente diminuzione dell’inquinamento e dell’incidentalità. Oltre ai
vantaggi diretti per i passeggeri, cioè il maggiore tempo a disposizione e la possibilità, a
differenza di quanto avviene in auto o in aereo, di sfruttare il tempo di viaggio per fare
molte altre attività, bisogna tenere conto anche dei vantaggi indiretti, come un consumo
piø razionale dell’energia, un minore inquinamento e un generale risparmio di costi
collettivi. Di contro la costruzione di nuove linee attrezzate per il passaggio di convogli
veloci può essere particolarmente difficile in paesi, come l’Italia, molto antropizzati e
con un’orografia difficile.
Esistono sostanzialmente due differenti filosofie progettuali nella realizzazione
di una rete ad alta velocità: la prima, adottata dai francesi, prevede linee percorse solo
da treni AV e progettate in funzione dei treni stessi, e nessun altro tipo di convoglio,
passeggeri o merci, le percorre. Questo ha due conseguenze principali: la possibilità di
avere una circolazione omotachica, cioè un regime dove i treni viaggiano tutti alla stessa
velocità ed è quindi piø semplice la gestione del traffico, grazie alla possibilità che i
convogli siano molto ravvicinati tra loro; la possibilità di progettare un’infrastruttura
che non deve necessariamente accogliere anche lunghi e pesanti convogli tradizionali,
ma solo treni AV leggeri e potenti. In Francia, per esempio, la rete veloce progettata
dalla SNCF ha pendenze anche del 35 ‰, con un notevole risparmio nella costruzione
di ponti, viadotti e terrapieni. La seconda filosofia, adottata dagli italiani e, in parte, dai
Capitolo 2 – Nascita e sviluppo dell’alta velocità ferroviaria
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tedeschi, punta a una linea percorribile ad alta velocità, ma utilizzabile, se necessario,
anche da treni tradizionali o merci (per esempio di notte quando il traffico passeggeri è
assente). Per questo, a volte, si parla anche di raddoppio del tracciato esistente con una
linea dalle caratteristiche AV. I costi di costruzione, in questo caso, sono maggiori e
devono essere previste continue interconnessioni con la rete tradizionale.
La Francia è stata la prima in Europa a realizzare una rete ad alta velocità, nel
1978, con la messa a punto del TGV, acronimo di Train à Grande Vitesse (treno a
grande velocità) e l’apertura al traffico commerciale, il 27 settembre 1981 della nuova
linea Parigi – Lione. La SNCF, nel costruire queste linee, ha optato per la prima
soluzione e ha creato una rete nazionale di trasporti veloci che ha ottenuto un notevole
riscontro da parte dell’utenza. Nel 1989 venne aperta la linea Atlantique verso Brest,
Rennes e Nantes a ovest, seguita, nel 1990, dal collegamento in direzione di Bordeaux e
Tolosa a sud-ovest. Nel 1993 venne inaugurato il tratto verso Lille e Calais a nord, che
proseguirà poi con il tunnel sotto la manica dal novembre 1994. Sempre nello stesso
anno fu attivata una relazione tra le linee sud-est atlantica e nord, passando attraverso
l’aeroporto internazionale Charles de Gaulle di Parigi. Grazie alle nuove linee le
principali città francesi vennero unite fra loro in tempi molto ridotti. Nel 2001 le
distanze si accorciarono ulteriormente con l’apertura della tratta MØditerranØe, tra
Valence, Avignone e Marsiglia. Parallelamente a questo proseguirono le migliorie
tecniche e il TGV passò alla velocità di crociera di 300 km/h, consentendo di collegare
Parigi a Marsiglia (quasi 800 km) in sole 3 ore. In cantiere vi sono poi le linee per
collegare Parigi a Strasburgo (con una velocità di progetto di 350 km/h), il
proseguimento del TGV MeditØrranØe lungo la costa azzurra (TGV Rhin-Rhône) e del
TGV sud-est Atlantique verso la Spagna e il Portogallo.
La storia dell’alta velocità in Germania è invece piuttosto recente. I primi test
con l’ICE (acronimo di Inter City Express) risalgono alla metà degli anni ’80, ma il
primo servizio commerciale risale al 1991, quando il 2 giugno gli ICE hanno iniziato a
collegare Amburgo a Monaco di Baviera. Inizialmente la velocità massima era fissata in
250 km/h, portata poi a 280 per le nuove tratte. Le prime linee costruite furono la
Hannover-Würzburg, di 327 km, e la Mannehim-Stoccarda di 99 km, mentre dal 1997 i
collegamenti sono stati estesi anche all’ex Germania Est, con la tratta Berlino-
Hannover. Contemporaneamente si è assistito anche ad una evoluzione dei convogli