2
adeguatamente sull’argomento. Da ciò nascono pregiudizi, rigide
prese di posizione o, peggio, irrazionali allarmismi”.
1
Oltre ai vocaboli biosicurezza e biodiversità, tornati in auge
con l’avvento del fenomeno, nuovi ed inquietanti sono i termini
coniati appositamente per le agrobiotecnologie: oggi si sente parlare
di biopirateria, bioterrorismo e bioschiavitù. Sono questi, assieme
agli aspetti squisitamente giuridici, ad aver condizionato
inevitabilmente la regolamentazione dei nuovi prodotti brevettabili.
Alla visione “laica” dell’imprenditore che investe nella
ricerca e che giustamente rivendica la protezione dei suoi impegni
economici, si contrappone, la visione dell’individuo come membro
della collettività, il quale, altrettanto giustamente, chiede di
circoscrivere entro ambiti ragionevoli quel “piccolo monopolio in un
mercato concorrenziale” che è il brevetto sulle invenzioni industriali.
Riprendendo un concetto bene indicato dal Di Cataldo
2
, un
brevetto non è che “un contratto tra inventore e collettività nel quale
il primo mette a disposizione della seconda la sua invenzione,
offrendo di essa una descrizione adeguata nella domanda di brevetto;
la collettività remunera poi l’acquisizione dell’invenzione al
patrimonio collettivo attraverso l’attribuzione di un diritto esclusivo
di uso, limitato nel tempo”.
In questa specie di do ut des, il baricentro si collocherà più
vicino all’uno o all’altro in relazione della diversa forza contrattuale.
1
Così si è espresso Gian Paolo Accotto* nel suo intervento al Convegno
“Biotecnologie: realtà applicative e prospettive di sviluppo nelle coltivazioni agricole e in
zootecnia”. *Membro dell’Istituto di Fitovirologia Applicata di Torino e del Consiglio Nazionale
delle Ricerche.
2
V. Di Cataldo, Le invenzioni I modelli – Milano – Giuffrè Editore – 1993
3
In campo biotecnologico il contraente-collettività ha sicuramente un
peso ben superiore rispetto a ciò che potrebbe accadere in altri
settori, vista la peculiarità dell’oggetto in questione e cioè il
materiale vivente; di conseguenza, le norme in questo settore della
tecnica, dedicano ampio spazio alla delimitazione dei poteri
dell’inventore.
Oggi, poi, numerose sono le grida di protesta che si levano
da più parti: ecologisti, animalisti, consumatori, gruppi religiosi e
alle volte gli stessi scienziati, si rendono attori di iniziative di
notevole impatto sociale, iniziative che spesso assumono le
sembianze di vere e proprie crociate contro la brevettabilità delle
biotecnologie.
La questione delle piante e dei cibi geneticamente
modificati è balzata prepotentemente agli onori della cronaca in
termini apocalittici. I periodici trattano l’argomento con una
frequenza ed una attenzione assolutamente impensabili fino a pochi
anni fa. L’opinione pubblica si trova coinvolta, per forza di cose, a
dover prendere in seria considerazione una realtà nuova,
contraddistinta da una costante ed inarrestabile evoluzione, sulla
quale confluiscono prese di posizione ed opinioni quanto mai
disparate, che contribuiscono a rendere meno chiaro un argomento
già complesso di per sé: diviene in tal modo difficile trovare risposte
obiettive alle inevitabili domande che questo settore comporta.
Ben consapevoli della spinta emotiva che avvolge l’intero
argomento, cercheremo di analizzare, per quanto possibile, in modo
imparziale il problema della brevettabilità delle biotecnologie in
4
campo agricolo ed alimentare la cui regolamentazione, a livello
Europeo, si trova ancora in una fase embrionale (con tutte le
conseguenze immaginabili sul piano pratico).
Nella costruzione di un bagaglio di informazioni quanto più
possibile completo ai fini di una corretta analisi della dimensione
giuridica, dedicheremo il primo capitolo ad una sintetica analisi di
temi di estrema attualità quali la tutela dell’ambiente, dei
consumatori, nonché degli interessi economici in campo; questi,
assieme alla esposizione degli argomenti giuridici preliminari,
fungeranno da background dell’intera vicenda biotech.
Nel secondo capitolo, che è il cuore del presente lavoro,
studieremo la normativa delle nuove varietà vegetali brevettabili,
entità giuridiche poste al confine fra disciplina speciale ed ordinaria.
Dedicheremo, quindi, ampio spazio all’analisi della Direttiva
98/44/CE, che è la recente produzione legislativa comunitaria in
tema di brevetti, cercando di farne emergere i nuovi principi nonché
gli obiettivi espressi dal Legislatore Europeo.
Nel terzo capitolo cercheremo di evidenziare il risultato
della sovrapposizione, indispensabile, della stessa Direttiva con la
Legge Italiana Brevetti individuando le inevitabili “zone grigie” che
ne seguono dal punto di vista giuridico, con particolare attenzione ai
requisiti di brevettabilità. Valuteremo, pertanto, la portata degli
aspetti innovativi della nuova disciplina sul nostro impianto
normativo, ancorato tuttora a settori industriali “tradizionali” e, di
conseguenza, meno problematici nella loro regolamentazione.
5
Nel corso dell’esposizione degli argomenti, non
mancheremo di prendere in considerazione i sistemi brevettuali degli
USA e del Giappone, realtà giuridiche ormai consolidate in materia,
dalle quali poter trarre interessanti spunti di riflessione.
Come ben si vede, l’obiettivo del presente lavoro, è quello
di analizzare le conseguenze del nuovo paradigma biotech sulla
disciplina brevettuale di un settore in forte espansione, ossia
l’ingegneria genetica applicata al mondo vegetale ed alimentare.
Dall’attenta lettura, si avrà modo di vedere quanti e quali
stravolgimenti giuridici attendano il nostro immediato futuro. Alla
luce dei nuovi principi, questi dubbi saranno mitigati soltanto
attraverso uno studio accurato della stessa logica del brevetto, non
essendo in grado il tenore letterario delle stesse norme, di adattarsi
sempre, sic et simpliciter, alle nuove ed inquietanti problematiche.
6
CAPITOLO I
Le biotecnologie agroalimentari
1.1 Introduzione
Il termine biotecnologia nasce dall’incontro di due realtà
scientifiche: la Biologia Molecolare e l’Ingegneria Genetica. Sebbene
lo sviluppo più evidente dei risultati ad essa relativi possa essere
ricondotto soltanto agli ultimi anni, la biotecnologia è il frutto
dell’applicazione di moderne tecniche a disposizione dell’uomo su un
materiale del tutto particolare: il materiale vivente. Questo, infatti, è
contraddistinto dalla capacità di modificarsi, evolversi ma soprattutto
di riprodursi.
Con i metodi dell’ingegneria genetica l’uomo può influenzare
il suo ambiente di vita, raggiungendo una profondità di intervento che
ha una dimensione del tutto nuova poiché è in grado di “pilotare” le
leggi naturali dell’evoluzione: “possiamo intervenire in modo drastico
e fondamentale sui processi vitali, accelerare in modo spettacolare i
lenti adattamenti evolutivi naturali, infrangere le barriere fra specie
diverse e formare, secondo il nostro desiderio, nuovi organismi che
servano in modo mirato agli interessi dell’umanità”.
3
3
Intervento del Dott. Urs Guthauser* sul tema biotech, *Chirurgo di Losone, membro
dei Medici per l’Ambiente, Svizzera.
7
A tal proposito, nella parte introduttiva di un’autorevole
relazione il prof. Jeremy Rifkin asserisce che “in poco più di una
generazione la definizione della vita e del significato dell’esistenza
molto probabilmente verrà radicalmente modificata. Convincimenti
datati sulla natura, inclusa la nostra natura umana, verranno quasi
certamente rivisti. Molte consuetudini pratiche e antiche concernenti
la sessualità, la riproduzione, la nascita e la genitura potranno essere
parzialmente abbandonate. Anche le idee su eguaglianza e democrazia
saranno probabilmente soggette a ridefinizione, altrettanto quanto la
nostra visione di cosa significhino termini come libero arbitrio e
progresso”.
4
1.2 Breve sunto storico sulle Biotecnologie
L’utilizzo di organismi viventi per produrre sostanze utili
all’uomo rappresenta una pratica molto antica che risale all’era
preistorica. Già migliaia di anni fa venivano utilizzati microrganismi
per la produzione di birra, di vino e di altre bevande alcoliche. Molte
civiltà del passato scoprirono che le sostanze ricche di zuccheri e
amido talvolta si modificavano spontaneamente generando alcool
(fermentazione).
I meccanismi che sono alla base di tali processi vennero
studiati dal biochimico Louis Pasteur intorno alla metà del secolo
scorso: egli riuscì ad individuare i microrganismi responsabili di
queste trasformazioni.
4
Jeremy Rifkin*, The biotech century: human life as intellectual property, “The
Nation”, 13/04/1998. *Presidente della Foundation on Economic Trends di Washington, esperto di
rapporti fra evoluzione scientifica e tecnologica.
8
Pasteur segnò un punto di svolta nella storia di questo settore
tanto da poter essere considerato il padre della biotecnologia; i suoi
studi resero possibile la produzione di altri composti chimici e posero
le basi per lo sviluppo della moderna bioindustria.
Il passaggio da una biotecnologia tradizionale, caratterizzata
da scarsa conoscenza dei meccanismi biologici alla base dei processi
osservati, ad una biotecnologia innovativa, caratterizzata da un
controllo sempre più ampio delle variabili in gioco, avviene soltanto
negli ultimi decenni. La discriminante è rappresentata dalla tecnologia
del DNA ricombinante.
In particolare, verso la fine degli anni settanta si verificano
notevoli progressi, per cui diventa possibile operare sull’informazione
genetica di cellule microbiche in modo tale da mutarne le
caratteristiche fisiche e/o funzionali.
La consacrazione definitiva della ricerca biotecnologica
avviene grazie al risultato di una sentenza destinata ad entrare nella
storia. Corre l’anno 1980 quando Amanda Mohan Chakrabarty,
ricercatore della General Electric, dopo nove anni di dispute
giudiziarie, si vede riconoscere dalla Corte Suprema degli Stati Uniti
d’America il diritto di brevettare il suo batterio geneticamente
modificato: nasce di fatto la privativa industriale biotecnologica, punto
di partenza per il successivo sviluppo dell’industria biotech.
5
E’ proprio negli anni immediatamente successivi che nascono
i primi organismi transgenici con un DNA composto da spezzoni
5
Caso Diamond vs Chakrabarty, 447 US 303, 206 U.S.P.Q. 193 (1980).
Per una lucida trattazione dell’argomento vedi H. Nies, Patent protection of
Biotechnological inventions – American perspectives, in “IIC”, n.4/1990.
9
provenienti da specie diverse e cominciano a spuntare in un vasetto di
laboratorio i germogli delle prime piante transgeniche. Le tradizionali
tecniche di incrocio e selezione utilizzate per millenni cedono il passo
all’ingegneria genetica: “viene creato l’ibrido impossibile in grado di
violare la barriera tra specie animale e vegetale”.
6
Nel 1988 nascono ad Harvard gli oncotopi, cavie da
laboratorio destinate ad ammalarsi di cancro. Negli anni novanta le
piante transgeniche diventano realtà e, direttamente o indirettamente,
cominciano a presentarsi sulle nostre tavole. Tali piante contengono
DNA di batteri o virus di altri vegetali o animali, sono piante che
irrorate con erbicidi e attaccate da agenti patogeni sono in grado di
sopravvivere, di produrre sostanze chimiche particolari, di maturare in
tutte le stagioni, di resistere a condizioni climatiche estreme.
In un simile contesto, cercare di circoscrivere il raggio
d’azione delle biotecnologie diviene sostanzialmente impossibile: le
applicazioni sono diventate tanto numerose quanto importanti. Non a
caso da più parti si sottolinea come si vada progressivamente
delineando un secolo biotech.
1.3 Le Biotecnologie verdi
Da sempre l’uomo si è servito delle risorse della terra per
soddisfare i propri bisogni. D’altronde l’agricoltura ha sempre avuto
tra le sue prerogative, quella di ottimizzare quanto la natura mette a
nostra disposizione. Ottimizzare vuol dire cercare di ottenere il
massimo rendimento, ridurre i costi di produzione, utilizzare il terreno
6
Yurij Castelfranchi, L’era della X-life, Avverbi, Roma, 1999.
10
in modo razionale, studiare il contesto climatico nel quale si opera,
ottenere prodotti con certe caratteristiche, etc.
Nel fare ciò, l’uomo ha inevitabilmente dovuto fare i conti
con i limiti, spesso invalicabili, delle leggi della natura: le
caratteristiche fisico-chimiche nonché quelle genetiche, unite al fattore
ambientale, fanno sì che una determinata varietà vegetale nasca, si
evolva, si riproduca e sia diversa da tutte le altre.
Oggi, grazie alla biotecnologia, è possibile intervenire
all’interno della realtà più intima di un materiale vivente come la
varietà vegetale scoprendo il suo patrimonio genetico. Non è più
l'uomo che ruota intorno alla doppia elica del DNA, è la vita che si
svolge nella direzione dettata dalla tecnologia: la “ricombinazione”
del DNA è infatti destinata a modificare per sempre tutti i sistemi di
produzione dell’industria agricola ed alimentare.
I prodotti agricoli transgenici sono prodotti il cui DNA è stato
modificato. In un’accezione più ampia si parla di organismi
geneticamente modificati (OGM) e cioè di “un organismo biologico
capace di riprodursi ed il cui materiale genetico è stato modificato in
modo diverso da quanto si verifica in natura con l’accoppiamento e/o
la ricombinazione genetica naturale”.
7
Attualmente le specie più importanti, oggetto di
manipolazione genetica sono il mais, la soia, il cotone, la colza, la
patata, il pomodoro e alcune altre orticole.
8
7
F. Addeo, F. Nazzaro, L. Maurelli, Le biotecnologie nell’industria alimentare,
“Ricerca e Futuro”, 01/09/1999.
8
N.B. I prodotti di seguito elencati vengono menzionati a titolo puramente
esemplificativo.
11
La maggior parte di tali interventi riguardano un problema
particolarmente sentito da chi opera nel settore agricolo: quello della
resistenza agli agenti esterni dannosi in particolare ai diserbanti
(erbicidi chimici).
9
Fra gli agenti esterni non vi sono, ovviamente, soltanto
prodotti creati dall’uomo; pensiamo agli insetti, nemici, per alcune
piante, dall’enorme potere distruttivo.
10
Tra i nemici dell’agricoltore vi sono anche esseri per così dire
invisibili, quali i virus. Oggi, attraverso la “tecnica della resistenza
derivata da patogeni”, è possibile vaccinare geneticamente le piante
contro tali nemici. Tale tecnica consiste nella possibilità di inserire nel
DNA di una pianta alcuni geni di un virus che permettono,
paradossalmente, di resistere al virus stesso.
11
Successi di minor portata, ma non per questo meno
importanti, sono stati raggiunti nella resistenza ai funghi e ai batteri
attraverso il potenziamento delle difese naturali delle piante,
inserendovi geni più efficaci nella produzione di proteine capaci di
attaccare le cellule dei funghi e dei batteri. Sono stati creati pomodori
e tabacco transgenici in grado di produrre enzimi che forniscono una
discreta resistenza al fungo responsabile di una grave malattia, la
fusariosi.
9
Ricordiamo i Super-semi di soia brevettati dalla Monsanto, colosso industriale
americano, in grado di immunizzare i prodotti da un potente diserbante fornito dalla stessa società
(il Round-up) e il super-mais brevettato dalla Ciba Geigy per resistere alla piralide.
10
Citiamo il cotone Bollgard della Monsanto, immangiabile per i bruchi di varie
specie o il mais Maximizer della Ciba Seeds, manipolato per risultare velenoso ai bruchi di una
particolare specie.
11
La Asgrow ha brevettato e vende dal 1995 i semi di una zucchina transgenica
resistente a due tipi di virus.
12
Altra applicazione importante delle agrobiotecnologie è
quella della resistenza ai fattori ambientali estremi. Pensiamo alla
capacità delle piante di sopravvivere al freddo, alla siccità, ai terreni
salini o alla possibilità di alterare i normali “ritmi della natura”
consentendo ad un frutto di maturare in una stagione diversa da quella
prestabilita dalla natura, di ritardarne la decomposizione, etc.
12
Applicazioni altrettanto affascinanti riguardano la creazione
di varietà di frutta e verdura più belle e appetibili, più produttive e più
nutrienti
13
o la realizzazione della partenocarpia genetica - vale a dire
lo sviluppo di frutta senza la fecondazione dell’ovulo da parte del
polline e perciò privi di semi.
14
Dall’attenta osservazione di tutte queste possibili applicazioni
viene spontaneo pensare ai benefici che si potrebbero ricavare per
tutte quelle popolazioni che, vuoi per motivi economici, vuoi per
motivi ambientali, sono da sempre alle prese con il problema della
sottoalimentazione. Obiettivamente, possiamo affermare che la
biotecnologia può costituire un valido strumento per ridimensionare
12
Esempio emblematico è dato dal primo pomodoro transgenico posto in commercio,
il Flavr Savr creato da Calgene nel 1994, in cui è stato disattivato un gene connesso alla
maturazione e quindi in grado di restare sodo e intatto per settimane.
13
citiamo il pomodoro della linea Fresh World Farms manipolato e brevettato dalla
Dna Plant Technology.
14
Vale la pena ricordare che le prime piante geneticamente modificate per il carattere
della partenocarpia sono un’invenzione nata dalla collaborazione tra l’Istituto Sperimentale per
l’ortocoltura di Montanoso Lombardo, l’Università di Verona e il Max Planck Institut di Colonia
nell’ambito del Piano nazionale biotecnologie vegetali del Mipa e del Progetto Biotecnologie del
Cnr. Il risultato di tale collaborazione è una tecnica in grado di far fruttificare i pomodori, le
melanzane e le ciliegie senza fecondazione. Dalla coltivazione di queste nuove piante potranno
derivare per gli agricoltori vantaggi evidenti tanto sul piano economico quanto su quello
commerciale.
La partenocarpia genetica permette, infatti, una riduzione dei costi per il venir meno
della necessità di ricorrere ai trattamenti con fitormoni, normalmente usati per la produzione di
frutti senza semi, un incremento sensibile della produttività, la possibilità di non essere più
vincolati dal fattore climatico grazie alla capacità di fruttificare in condizioni ambientali
sfavorevoli, la possibilità di differire la raccolta. Evidenti sono quindi i riflessi positivi sul piano
economico grazie ad una maggiore flessibilità nella gestione aziendale del prodotto.
13
questo drammatico problema. Tuttavia l’argomento non viene
circoscritto entro i confini di un sereno dibattito ma, al contrario,
costituisce uno dei più accesi motivi di scontro, che vedono da una
parte le industrie biotech ribadire l’importanza di una protezione
giuridica dei risultati ottenuti quale stimolo alla ricerca e dall’altra
parte coloro che ritengono che accordare una tutela brevettuale a tali
imprese possa portare ad effetti diametralmente opposti.
Tra le sfide del prossimo futuro dell’industria genetica
vegetale ci sono senza dubbio: a) il miglioramento dei tempi di
produzione, attraverso la manipolazione dei geni codificatori della
fioritura; b) la produzione di piante in grado di autoclonarsi; c) la
possibilità di costringere i vegetali a produrre molecole a loro del
tutto estranee;
15
d) l’utilizzo di piante per sintetizzare oli e grassi
speciali per gli usi industriali più disparati; e) la realizzazione della
c.d. “fitodecontaminazione” del suolo e cioè la possibilità di creare
piante in grado di assorbire le sostanze tossiche presenti nel terreno. I
biotecnologi dell’Università della Georgia lavorano da tempo su una
particolare varietà di pioppo transgenico in grado di assorbire
mercurio dai terreni inquinati e rilasciarlo nell’aria sotto forma di
vapore, assai meno tossico.
L’applicazione forse più importante delle ricerche riguarda la
produzione di proteine umane. Già dal 1992 nell’Università del Texas
venivano coltivate piante transgeniche, in grado di produrre l’antigene
(un ingrediente fondamentale di un vaccino) per l’epatite B. Ulteriori
15
Esempio emblematico è dato dalla creazione di piante transgeniche Arabidopsis,
capaci di sintetizzare una particolare plastica non vegetale biodegradabile.
14
ricerche hanno portato alla produzione di componenti per i vaccini
contro il colera, la rabbia e diversi altri virus. E’ infatti universalmente
riconosciuta l’efficacia della biotecnologia in un settore
particolarmente importante come quello della Medicina.
Dall’esame, sia pure rapido ed incompleto delle potenziali
applicazioni delle agrobiotecnologie,
16
passiamo ora alle
considerazioni dei diversi aspetti ambientali, sanitari ed economici,
assolutamente indispensabili al fine di esaminare l’argomento da un
punto di vista più equilibrato e spoglio quanto più possibile, da
valutazioni frettolose e superficiali.
1.4 Aspetto ambientale: l’impatto dell’ingegneria
genetica sull’ecosistema
Discutere del problema ambientale vuol dire imbattersi in
alcune domande dai risvolti quanto mai inquietanti: è giusto
intervenire in modo così incisivo sull’equilibrio dell’ecosistema? Se
l’uomo non è ancora padrone di tutte le leggi della natura come può
prevedere gli effetti degli interventi sulle informazioni genetiche degli
organismi viventi? Ricorriamo per un istante ad un principio della
Teoria dei Sistemi secondo cui l’ambiente, in quanto sistema, trova un
proprio equilibrio nell’interazione di ogni elemento, anche quello
apparentemente più insignificante, con tutti gli altri. Qualsiasi
intervento si riflette, in modo più o meno importante, sull’equilibrio
precedentemente determinato.
16
Per una dettagliata analisi tecnica, si rinvia a “Le agrobiotecnologie: Atti del
convegno”, Avenue Media, Bologna.
15
La Natura ci ha sempre dato dimostrazione come ad ogni
intervento dell’uomo su di essa, ci sia una risposta automatica
tendente a ripristinare le condizioni di equilibrio. La storia ci insegna
però che ove l'intervento umano si spinge oltre modo rispetto alle
condizioni di partenza, possono determinarsi effetti irreversibili cui la
natura non è in grado di porre rimedio. Partendo da queste
considerazioni dovremmo affrontare il problema dell’intervento
dell’uomo sul patrimonio genetico del materiale vivente.
Entrando nel cuore del discorso si può verificare quali e
quante siano le domande cui è difficile dare una risposta precisa.
Fintanto che gli esperimenti restano confinati all’interno di un’azienda
o di un’Università, vi è la ragionevole certezza di poterne controllare i
risultati; con il rilascio nell’ambiente tuttavia, vengono meno le
sostanziali barriere di sicurezza presenti in laboratorio. Il rischio cui si
va incontro nell’ingegneria genetica risiede nel fatto che la fonte dello
stesso è una materia che vive, si evolve, si riproduce, influenza gli altri
organismi.
Rischi di natura chimica o di irradiazioni, per quanto
catastrofici, possono essere localmente e temporaneamente
circoscritti. Nell’ambito degli Ogm la natura diviene un laboratorio a
cielo aperto, nel quale le interazioni dei nuovi elementi con l’intero
sistema possono avere una portata teoricamente illimitata.
17
17
Pensiamo ad un eventuale transfer genetico, noto come hgt (horizontal gene
transfer) e cioè trasferimento di materiale genetico tra organismi non appartenenti alla stessa
specie o alle specie vicine, oppure alla trasmissione di geni di resistenza agli erbicidi a piante
infestanti (non è poi così improbabile che l’ecosistema, in un arco temporale più o meno lungo,
converga verso un nuovo equilibrio e riesca a “riconoscere” ed “aggirare” le proprietà del gene
estraneo).