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PREMESSA
Storia e Antropologia
Prima di esporre il contenuto dell‟argomento che andremo a trattare, vale la pena
di fare chiarezza sui rapporti che intercorrono tra Storia e Antropologia, per
comprendere come questo lavoro si sia potuto svolgere utilizzando entrambe le
discipline.
Quindi vediamo come ognuna di esse serva per completare l‟altra e sia utile per
arrivare alla conoscenza di fatti storici in maniera più integrale.
La ricerca storica ha il compito di scoprire i processi realmente accaduti e i fattori
che ne hanno condizionato l‟origine, cioè si indaga procedendo dall‟effetto alla
causa.
Quando uno storico effettua una ricerca, bisogna sempre considerare la sua
soggettività, il modo con cui si accosta agli avvenimenti e il periodo in cui vive,
perché tutto questo modifica la concezione dei fatti da cui muove la ricerca stessa.
La storia quindi è sempre condizionata dal caso1, perché essa non segue leggi
naturali, bensì può essere mutata da decisioni prese da individui che esercitano il
loro libero volere.
In ogni avvenimento sono da considerare i processi individuali e le influenze
esterne, che possono essere determinanti dal corso degli eventi, quindi è compito
del giudizio storico capire quali tra questi fattori sono decisivi e scoprirne i
motivi, le tendenze, le rappresentazioni che dominano una personalità o un
gruppo.
Spesso anche altri fatti sono collegati all‟avvenimento in modo da formare
un‟unità con esso, racconti paralleli ricavati dalla storia e dal mito che si
confondono, tramandati attraverso le generazioni. La tradizione orale costituisce,
accanto ai documenti, il fondamento di tutto il materiale storico.
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MEYER, E., Storia e Antropologia, in GIAMMUSSO, S. (a cura di ), Micromegas, 27, Guida,
Napoli, 1990, pp.86 ss.
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La conoscenza storica muove sempre dal dato particolare e si pone il compito di
comprendere ed esporre come sono andate effettivamente le cose, considerando
sempre la libertà umana.
Quindi è necessario, per tale disciplina, appoggiarsi all‟antropologia, che cerca di
conoscere l‟uomo e il corso generale della sua evoluzione. La storia umana, infatti
è una forza dinamica che crea di continuo forme culturali tipiche, ma nella quale
permangono alcuni bisogni fondamentali, che sono delle costanti come: il bisogno
di sicurezza materiale e di benessere per i membri di un determinato gruppo
umano, a cui provvede lo Stato, ed il bisogno di trascendenza spirituale di cui si
occupa la religione.
Queste sono le due grandi manifestazioni antropologiche che unificano tutta la
vita storica, perché la condizione umana è perennemente la stessa, infatti gli inizi
della vita storica mostrano che là dove si comincia a parlare dell‟uomo sono
presenti anche tracce di vita associata e di culti. La vita umana sin dalle sue
origini documentabili è stata per sua essenza vita sociale, organizzata e statale.
Accanto all‟aspetto materiale dell‟esistenza umana vi è l‟aspetto spirituale, nel
quale alle origini sono contenuti i momenti del pensiero mitico, della magia e
della religione; a questi si aggiungono in un punto più avanzato della civiltà le arti
le tecniche, la filosofia e la stessa scienza. Inoltre nessuno Stato vive mai isolato,
ma è sempre in rapporto con una pluralità di formazioni statali, più o meno affini
sotto l‟aspetto culturale, per cui dai loro rapporti si formano ampie aree culturali
che superano i confini dei singoli Stati e tendono ad unificare i comportamenti
individuali.
L‟antropologia ha contribuito a fornire intuizioni importanti che completano il
quadro storico, come nello studio dei riti religiosi, le credenze, il folklore, i
rapporti di parentela e aiuta a comprendere la mentalità del passato. Senza questi
importanti elementi studiati dall‟antropologia, la storia rimarrebbe sempre
incompleta, soprattutto nella comprensione delle culture passate.
Quando la ricerca dello storico procede a ritroso l‟esistenza e lo stato del materiale
documentario pongono dei limiti all‟ampliamento della conoscenza scientifica.
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Per le fasi più antiche della specie umana vi sono tracce che testimoniano gli
aspetti generali dell‟ esistenza, quindi la storia, che è indagine ed esposizione dei
fatti storici particolari, progressivamente si dissolve nell‟antropologia, cioè nello
studio dei fattori generali e costanti.
Argomento
Dopo aver esposto i rapporti tra la Storia e l‟Antropologia, possiamo iniziare a
riassumere ciò che verrà analizzato nei prossimi capitoli.
Iniziamo con la leggenda del culto di san Guinefort, cioè la storia di un cane
ritenuto santo, perché aveva le capacità di guarire i bambini. Si prosegue con
l‟analisi di questo rito, durante le varie fasi storiche, che ha come protagonista un
levriero.
Approfondito l‟esame di questa venerazione, si coglie l‟importanza che questo
animale aveva nella religione popolare della Dombes francese. Quindi da questo
esempio si dà inizio ad un analisi di alcuni animali ritenuti sacri nell‟antichità,
seguendo un ordine cronologico e geografico, cominciando dalla Preistoria.
Si prosegue fino al periodo Medievale, dove si parlerà della Storia del lupo di
Gubbio, vedendone le attinenze con il mondo Cristiano.
Nel secondo capitolo si affronterà il rapporto Simbolico tra Uomo e Animale, e la
relazione che li lega, soprattutto in alcune religioni, come Totemismo e
Animalismo, facendo esempi di popolazioni che le professavano, in particolare Gli
Amerindi e alcuni popoli Africani.
Analizzati i valori simbolici degli animali, si prosegue nel terzo capitolo, parlando
della figura di essi nelle favole, come portatori di insegnamenti morali. Anche qui
viene adottato un criterio cronologico, partendo dai più antichi favolisti del
periodo Greco e Romano, fino ad arrivare al mondo contemporaneo.
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Sono riportati gli esempi più significativi di fiabe, per comprenderne meglio il
significato, dove essi sono umanizzati. Si noterà, che anche ai nostri giorni sono
protagonisti di favole e film animati.
Per capire come gli animali siano arrivati ad essere protagonisti, nel corso della
storia, in tutti questi diversi campi, sia della religione che in ambito letterario, si è
indagato sui motivi che portano l‟uomo a esserne affascinato. Quindi con l‟aiuto
dei miti greci ed altri aneddoti storici e leggendari, si è concluderà che essi hanno
delle qualità e dei sensi che l‟uomo non possiede, ma che da sempre vorrebbe
avere. Questo provoca in lui invidia e fascino nei confronti di queste creature, ed
egli cerca di compensare le sue mancanze, inventando delle macchine che
colmino questo divario, ma con la consapevolezza che non saranno mai sue
qualità innate.
Tali motivazioni hanno portato gli animali ad essere al centro dell‟attenzione di
molti e fonte di ammirazione per altri, quindi prima sono stati inserirti nelle
religioni di tutto il mondo, poi umanizzati e saggi protagonisti delle fiabe, e
rimarranno sempre compagni di cammino degli uomini.
Con questi capitoli si è voluto fare luce sull‟importanza del ruolo di essi nella vita
del genere umano nel corso della storia, non dimenticando che sono ancora oggi
nostri vicini, perché condividiamo lo stesso pianeta.
Dobbiamo ancora imparare molte cose di loro, soprattutto, essendo nostri amici,
hanno bisogno del nostro aiuto per essere al meglio tutelati.
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CAPITOLO 1:
IL SANTO LEVRIERO: IL CULTO DI SAN GUINEFORT
Il documento che racconta la leggenda del culto di san Guinefort2, ci è pervenuto
grazie a un chierico Etienne de Bourbon sotto forma di exemplum.
Sull‟autore del trattato da cui questo exemplum è estrapolato si san ben poco:
Etienne de Bourbon sarebbe nato a Belleville-sur-Saône verso il 1190.
Entrò nell‟ordine dei domenicani nel 1223, dove perfezionò la propria formazione
teologica. Durante il corso della sua vita percorse l‟attuale regione Rodano-Alpi e
in questi viaggi, Etienne de Bourbon raccolse diverse testimonianze, che gli
fornirono materia per un gran numero di exempla.
Gli fu affidato l‟ufficio di inquisitore verso il 1235, nella regione di Valence.
Tra i suoi interlocutori privilegiati si trovavano i curati di campagna, che lo
informavano sui loro fedeli. Fu probabilmente in occasione di uno dei suoi giri di
inquisitore nella Dombes che il domenicano scoprì lo strano culto di san
Guinefort, mentre predicava contro i sortilegi e confessava.
I primi sospetti lo convinsero a fare un‟indagine e a trasferirsi sul luogo.
Confessando i contadini, li interrogò su tutti i peccati derivanti dal vizio della
superbia e analizzando le superstizioni, scoprì l‟esistenza dell‟adorazione del
levriero.
Convocò il popolo e i rappresentanti del potere secolare per fare un sermone di
accusa e condanna del culto.
L‟inquisitore venne a conoscenza che l‟adorazione di san Guinefort era sito nella
terra del signore di Villars ed è da questi signori che fece emanare un editto.
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J.C. SCHMITT, Il santo levriero:Guinefort guaritore di bambini, in “Microstorie”, 5, G. Einaudi,
Torino, 1982, pp.16 ss.
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Il testo in cui Etienne de Bourbon riportò l‟exemplum si trova nella parte dedicata
alle superstizioni, perché erano ritenute una forma degradata e pervertita della
religione.
Riassumiamo brevemente la leggenda che riporta l‟inquisitore.
Nella diocesi di Lione, presso il villaggio delle monache, chiamato Noville, nella
terra del signore di Villars, si trovava un castello in cui vivevano il signore con la
sua sposa e un figlio.
Un giorno mentre il signore e sua moglie erano usciti dalla dimora e la nutrice
non si trovava presso il castello, il bambino rimase solo in compagnia del levriero,
improvvisamente un enorme serpente entrò in casa e si diresse verso il neonato.
Il cane subito attaccò il serpente aggredendolo sotto la culla, che nella lotta si
rovesciò. Il levriero riuscì a uccidere il serpente e lo lanciò lontano dal bambino.
La culla e il muso del cane rimasero macchiati del sangue del rettile e il povero
levriero restò accanto alla culla.
Quando la nutrice rientrò, vedendo la scena, credette che il bambino fosse stato
divorato dal segugio e subito si mise a gridare, quindi arrivò la madre che cadde
nello stesso errore e urlando anch‟essa attirò subito il cavaliere, che
immediatamente estrasse la spada ed uccise lo sventurato animale.
Poi si accorsero che il bambino era vivo e che vi era un serpente ucciso dai morsi
del cane, si resero conto che il cane era stato soppresso ingiustamente e gettarono
il corpo in un pozzo, davanti alla porta del castello, lo coprirono con delle pietre e
piantarono degli alberi in memoria di questo avvenimento.
In seguito il castello fu distrutto per volontà divina e la terra abbandonata.
I contadini, avendo udito la storia e l‟ingiusta sorte toccata al levriero, iniziarono
a visitare il luogo e a rendergli onore con preghiere, così ebbe inizio il culto di
san Guinefort.
La tomba dell‟animale era situata nella diocesi di Lione, vicino a Neuville-les-
Dames.
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Il luogo del pellegrinaggio era boschivo, vi scorreva un torrente ma il pozzo
risultava essere scomparso.
Il nome di questa foresta pareva essere Rimite, ma non si sono trovati riscontri
nella toponimia locale, anche se il nome rimanda al termine heremita, che designa
una terra incolta e dimora di bestie selvagge.
Questo luogo di culto era visitato da due categorie di pellegrini: i contadini, che vi
si recavano per chiedere delle guarigioni e dalle madri che vi portavano i loro
bambini malati.
Il rito si componeva di tre fasi che erano regolate da una donna anziana ritenuta
una “strega”.
In primo luogo si offrivano sale e altri elementi non precisati.
Dopo aver fatto queste offerte, le fasce del bambino erano distese sugli arbusti e
un chiodo veniva piantato nel tronco degli alberi, che si ritenevano cresciuti dalla
tomba del cane.
La madre e la strega prendevano posto da una parte e dall‟altra dei due alberi tra i
quali, per nove volte, facevano passare il bambino.
L‟infante doveva essere disteso ai piedi dell‟albero, nudo, come al momento della
nascita e a quel punto dovevano intervenire i “fauni”, demoni abitanti della
foresta, per sostituire il bambino malato con un altro piccolo che doveva rinascere,
infatti le madri si dovevano separare dal figlio per permettere che avvenisse lo
scambio.
Il tempo che doveva trascorrere per tale sortilegio era pari a quello necessario ad
una candela per consumarsi. Però questo rito comportava dei rischi, il fuoco
poteva bruciare il bambino, o sarebbero potuti giungere dei lupi, rappresentazione
del diavolo, che lo avrebbero divorato.
Era necessario al termine verificare che il bambino fosse il figlio degli uomini e
non dei fauni, per far ciò si doveva praticare l‟ultima sequenza: se il bambino
fosse morto significava che i demoni non avevano acconsentito a riprendersi il
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loro figlio malato. Se fosse invece sopravvissuto si sarebbe trattato del figlio
sano degli uomini.
Dovevano avvenire anche nove immersioni nel torrente per concludere il rituale,
anche in questo caso, sopravvivendo al freddo dell‟acqua corrente, costui veniva
riconosciuto come il figlio delle donne, il changelin (termine che rimanda alla
parola scambio, così era definito il figlio dei fauni), al contrario sarebbe stato
troppo gracile e debole per resistere a un tale trattamento.
Tutti i gesti che si compivano, erano molto antichi e simili ad altri riti di
guarigione, probabilmente precedenti alla diffusione del cristianesimo, anche se
si integravano perfettamente con i riti dei cristiani del XIII secolo.
La procedura che effettuavano nel rito di san Guinefort di sostituzione del
bambino corrispondeva alla credenza dei changelins, secondo questa tradizione,
“spiriti” non ben definiti, rapivano i bambini e li sostituivano con i loro.
Il rischio di ciò era più elevato, quando il bambino non era ancora stato battezzato
e non aveva un nome, infatti in questo periodo il figlio poteva essere sostituito con
un changelin.
Etienne de Bourbon, riportando la testimonianza delle donne da lui interrogate,
precisa che sono costoro a dire che i changelins sono i figli dei “fauni”, poiché tra
il popolo questa affermazione era stata a lungo accettata.
Questo rito portava sicuramente, in un gran numero di casi, alla morte del
bambino: che era condotto sul luogo, perché malato, e dopo tale trattamento non
riusciva a sopravvivere (veniva esposto nudo nel bosco, lanciato tra gli alberi e
immerso nove volte nell‟acqua gelida del torrente, considerando anche i pericoli
che correva per la presenza di fuoco e dei lupi).
Infatti per questi motivi il domenicano accusa le donne di infanticidio, ma le
madri non si rendevano conto della gravità di tale cosa, perché pensavano che a
morire fossero i figli dei fauni (changelins) e non i propri bambini.