La Depressione
Una tappa importante nel tentativo di stabilire una classificazione moderna delle
malattie mentali, è stata raggiunta con la distinzione tra le turbe delle facoltà cognitive
(turbe del pensiero) e le turbe degli stati d‟animo (turbe dell‟umore). Nella classificazione
clinica, il termine umore fa riferimento ad uno stato d‟animo persistente, che può perdurare
settimane, mesi, anni; con stati affettivi (o reazioni emotive) s‟intendono invece gli stati
d‟animo transitori e momentanei di una persona. Generalmente, gli stati affettivi sono in
dipendenza di fattori esterni, per cui potremmo dire che essi stanno all‟umore come il tempo
atmosferico sta al clima.
I normali stati d‟animo di un individuo assolvono importanti funzioni biologiche e
possono spaziare dall‟euforia alla gioia, al piacere, alla sorpresa, al risentimento, all‟ansietà,
al disappunto, alla tristezza, al cruccio, al dolore, per approdare infine alla Depressione più
profonda.
Con il termine Depressione si fa riferimento ad una deviazione dell‟umore in senso
malinconico, triste, con marcati effetti sulla cenestesi, sull‟umore, sul comportamento. In
Psichiatria, fenomeni depressivi si riscontrano in molte condizioni psicopatologiche,
nevrotiche, psicotiche e psicopatiche, le quali mostrano una comune infrastruttura, e cioè il
carattere melanconico dell‟esperire e dell‟affettività.
La Depressione è un‟emozione universalmente vissuta da praticamente qualsiasi
individuo in un particolare momento dell‟esistenza: distinguere però un sentimento
“normale” da uno patologico, che richiederebbe un intervento medico, è spesso
problematico per chi non ha una formazione psichiatrica. La stigmatizzazione e la
disinformazione nella nostra cultura creano il diffuso malinteso che una malattia mentale
quale la Depressione non sia in realtà una malattia, ma un deficit del carattere che può
essere superato con la volontà. In un‟indagine condotta nel secolo scorso negli Stati Uniti, i
cui risultati sono sinteticamente riportati nella Tabella 1, è emerso che il 45% degli
intervistati ha rivelato come questo “disturbo” sia legato a colpe dell‟individuo, e come tale
possa essere eliminato con la sola forza di volontà.
71% Causata da debolezza emotiva
65% Causata da un cattivo contesto familiare
45% Causata da colpe dell‟individuo
43% E‟ incurabile
35% Conseguenza di un comportamento deviato
10% Ha una base biologica; interessa il cervello
Tabella 1. Percezione della malattia mentale da parte della popolazione generale.
Anche nella Medicina di base si tendono ad utilizzare sintomi fisici per esprimere un
disturbo emozionale. Molti pazienti depressi con disturbi somatici non vengono considerati
affetti da una patologia reale o curabile, e pertanto, dopo l‟esclusione di una patologia
organica, non vengono sottoposti ad alcun trattamento.
Classificazione delle forme Depressive
Le Depressioni vengono abitualmente articolate in ambito psicogenetico, endogeno,
somatogenetico, come riportato nella Tabella 2. Nel primo caso si distinguono: (a)
Depressioni reattive, che sono sempre motivate (per esempio da un lutto): costituiscono il
60% dei casi, e sono innescate dai gravi dispiaceri ed avversità che la persona ha incontrato
nel corso della sua vita; (b) Depressioni nevrotiche, che sono alimentate da rimozioni
conflittuali che si radicano nella storia della vita (infanzia); (c) Depressioni psicopatiche,
cioè legate alla struttura della personalità, con ansia, scontentezza, diffidenza, irritabilità,
pessimismo.
Nell‟ambito endogeno si trovano le Depressioni insorgenti senza apparente motivo o
con motivazioni che solo parzialmente ne possono rendere ragione (per esempio il
cambiamento dell‟ambiente, il pensionamento, lo stress); costituiscono il 25% dei casi
totali. Si tratta di depressioni ciclotimiche, scarsamente legate a situazioni (Tellenbach,
1965), episodiche e fasiche: in questo contesto bisogna distinguere tra Depressione e Mania,
le quali vengono spesso considerate come estremi opposti nell‟ampio spettro delle turbe
dell‟umore. Classicamente, Depressione e Mania rappresentano poli distinti, fatto che porta
alla definizione delle turbe depressive unipolari, nelle quali i pazienti sperimentano solo il
polo down o polo depressivo, e turbe depressive bipolari, nelle quali i pazienti
sperimentano, in momenti diversi, il polo up (maniacale) ed il polo down (depressivo).
Nel terzo ambito, quello somatogenetico, la Depressione è legata ad una malattia
organica, per processi cerebro-organici diversi (infiammatori, traumatici, degenerativi,
circolatori) oppure è sintomatica, cioè causata da malattie extracerebrali (ad esempio
malattie croniche renali, polmonari, circolatorie, oppure endocrine, come la sindrome
endocrina di M. Bleuler, o iatrogene da farmaci).
Ambiti Forme depressive
Psicogenetico Depressioni Reattive
Depressioni Nevrotiche
Depressioni Psicopatiche
Endogeno Turbe unipolari e bipolari
Somatogenetico Malattie organiche
Malattie sintomatiche.
Tabella 2. La classificazione delle forme Depressive articolata in tre ambiti.
Sebbene i criteri diagnostici per i disturbi dell‟umore siano in continua evoluzione (è
prevista infatti a breve l‟edizione del DSM-V), le attuali nosologie sono descritte dal
Manuale Statistico e Diagnostico dei Disturbi Mentali, Quarta Edizione (DSM-IV) per gli
Stati Uniti, e nella Classificazione Internazionale delle Patologie, Decima Edizione (ICD-
10) per gli altri paesi. Secondo il Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorders
(1994), i sintomi più comuni legati ad un episodio di Depressione Maggiore (o disturbo
unipolare) sono: umore depresso per la maggior parte della giornata (stato d‟animo
disforico); marcata riduzione dell‟interesse o del piacere in tutte le attività quotidiane
(anedonia); significativo calo ponderale in assenza di dieta, ma anche aumento ponderale;
riduzione dell‟appetito o iperfagia; insonnia o ipersonnia tutti i giorni; agitazione e ritardo
psicomotorio; affaticabilità e perdite di energie; senso di inadeguatezza, di eccessiva o
inappropriata colpevolezza; ridotta abilità di concentrazione; indecisione; ricorrenti pensieri
di morte.
Turbe Depressive Unipolari
La forma depressiva più diffusa, è certamente la Depressione unipolare, della quale
troviamo descrizioni già nell‟opera di Ippocrate del V secolo a.C. Secondo Ippocrate,
l‟umore dipendeva dall‟equilibrio di “una miscela di quattro umori elementari”, il sangue, il
flegma, la bile gialla e la bile nera. Egli attribuiva la Depressione ad un eccesso di bile nera,
tanto che, nel greco antico, il termine per indicare la Depressione era “Melancolia”, che
significa appunto bile nera.
Le caratteristiche cliniche delle forme depressive unipolari (definite anche come
Depressione Maggiore) potrebbero essere sintetizzate dalle parole di Amleto: “Come mi
sembrano noiose, inutili, senza rilievo e senza giovamento le cose di questo mondo”.
La Depressione unipolare costituisce un grave disturbo che colpisce ogni anno circa
il 5 % della popolazione adulta; negli Stati Uniti ne sono costantemente affette 8 milioni di
persone e l‟età media di esordio si aggira intorno ai 28 anni, ma in pratica, il primo episodio
può verificarsi a qualsiasi età. Diversamente da una normale sensazione di tristezza, di
perdita o di un transitorio stato di cattivo umore, la Depressione Maggiore presenta
caratteristiche di persistenza e può interferire pesantemente sul modo di pensare di un
individuo, sul comportamento, l‟umore, l‟attività ed il suo benessere fisico.
Fra tutte le patologie la forma unipolare è la più frequente causa di invalidità in molti
Paesi sviluppati. Le donne sono colpite da Depressione Maggiore in numero doppio rispetto
agli uomini e tutti i gruppi etnici, razziali o sociali possono essere affetti dalla Depressione:
recenti studi hanno dimostrato una maggiore frequenza in soggetti separati o divorziati,
nelle donne sposate rispetto alle nubili, ed una minor frequenza negli uomini sposati rispetto
ai celibi. Almeno tre quarti di coloro che sono stati colpiti da un primo episodio di
Depressione Maggiore ne saranno colpiti da un altro durante il resto della vita. Alcune
persone sono colpite da più episodi durante l‟anno. Se non debitamente curati, gli episodi di
Depressione possono durare dai sei mesi a un anno.
Con ogni probabilità, la Depressione unipolare non è una malattia unica, ma è
costituita da un gruppo di disturbi diversi, che vengono classificati in tre sottotipi: la
Depressione melancolica, la Depressione atipica e la Distimia.
La Depressione melancolica (detta anche endogena) è la forma di Depressione
unipolare più frequente (40-60%), ed è caratterizzata da uno stato depressivo ad andamento
variabile, più accentuato al mattino, con anedonia ed anoressia: caratteristica comune ai
pazienti affetti da questa patologia, è una chiara alterazione del ritmo del sonno, rilevabile
elettroencefalograficamente: si manifesta nella prima parte della notte, con
un‟abbreviazione della latenza della fase V del sonno, detta fase REM (Rapid Eyes
Movement). Questa forma può essere associata a ritardo psicomotorio, ad una riduzione
delle capacità emotive e dell‟attività intellettuale.
La Depressione atipica è meno frequente di quella melancolica (15%) e viene così
chiamata poiché i suoi sintomi sono l‟esatto contrario rispetto ad essa: i pazienti mostrano
contentezza quando accade loro un evento piacevole, mostrano iperfagia ed ipersonnia; gli
stati depressivi tendono ad acuirsi alla sera, e non al mattino.
La Distimia, invece, è una forma di Depressione persistente ma più lieve, che dura
almeno due anni ed è caratterizzata da sintomi variabili: in generale, il paziente riesce a
svolgere la propria attività lavorativa, riesce ad esplicare i suoi doveri familiari, ma il tutto
con uno sforzo notevole: egli ha una bassa autostima, è insicuro, pessimista ed introverso.
Tuttavia, come precedentemente osservato, accanto alla forma depressiva unipolare
appena descritta, il DSM-IV fornisce informazioni anche sull‟altra forma depressiva
endogena, caratterizzata da una continua oscillazione tra un polo up maniacale ed un polo
down depressivo: durante il periodo di Mania, si riscontrano specifici sintomi, quali:
aumentata autostima e grandiosità; ridotta necessità di sonno (i pazienti si sentono ben
riposati dopo appena 3 ore di sonno); loquacità superiore alla norma, pulsione a parlare
continuamente; fuga di idee o esperienza soggettiva che i pensieri passino velocemente;
attenzione labile, troppo facilmente distratta da stimoli esterni irrilevanti; aumentata attività
finalizzata, con agitazione psicomotoria; eccessivo coivolgimento in attività piacevoli che
hanno un‟elevata potenzialità di avere conseguenze dolorose (esuberanza sessuale,
investimenti in attività insensate, inarrestabile desiderio di comprare).
Turbe Depressive Bipolari
Come osservato, questa è una forma differente di Depressione endogena, nella quale i
pazienti manifestano episodi sia depressivi, sia di grandiosità: è meno frequente rispetto alla
Depressione unipolare, e colpisce una percentuale di popolazione compresa tra lo 0,9% ed il
2,4%. La malattia colpisce uomini e donne in egual misura e l‟età media di insorgenza è di
almeno 10 anni più precoce della Depressione di tipo unipolare; in linea generale, l‟età di
esordio si avvicina più ai 20 anni che ai 30 anni. La forma bipolare è tipicamente ricorrente:
dopo il primo episodio maniacale, altri episodi, sia di Depressione che di euforia, si
succedono con una frequenza doppia rispetto a quelle della forma unipolare. Una delle
caratteristiche più sorprendenti delle forme bipolari è costituita dall‟osservazione che esiste
un sottogruppo di pazienti (definiti “a ciclo rapido”), che possono passare con rapidità da
uno stato di Depressione ad uno di euforia; talvolta nel giro di pochissimi minuti!
Generalmente, gli episodi di Depressione bipolare tendono ad accentuarsi con l‟età ed a
ricorrere con maggiore frequenza.
Alcune ricerche piuttosto recenti (Drevets et al., 1997), effettuate mediante la
Tomografia ad Emissione di Positroni (PET), hanno messo in luce un‟interessante analogia
tra un‟alterazione della regione sottogenicolata della corteccia frontale, situata subito sotto il
corpo calloso, e le forme depressive, in modo particolare quelle su base familiare.
Gli studi hanno dimostrato che nella forma unipolare, caratterizzata dunque dal solo
polo down, l‟attività di questa regione risulta fortemente ridotta, in gran parte a causa della
drastica riduzione del volume di sostanza grigia a livello prefrontale, mentre nelle forme
bipolari si assiste ad un incremento dell‟attività di queste regioni durante gli episodi up
(Amy et al., 2005).
Quest‟area stabilisce notevoli connessioni con svariate aree cerebrali deputate al
controllo del comportamento emotivo, quali ippocampo, amigdala, ipotalamo laterale,
nucleo accumbens ed i centri del tronco encefalico.
Aree cerebrali coinvolte nei meccanismi della Depressione
Già verso la metà del XIX secolo, i Neurologi e gli Anatomici si accorsero che le
lesioni di particolari settori dell‟encefalo umano erano associate a disturbi delle emozioni e
della personalità. Queste lesioni, diversamente da quelle, per esempio, del cervelletto, del
lobo occipitale o delle regioni corticali vicine alla scissura centrale, non erano correlate a
variazioni della percezione e del movimento. Questo fatto permise di stabilire che i sistemi
neurali per le emozioni, l‟apprendimento e la memoria erano distinti dai sistemi sensitivi e
motori. Pertanto, le strutture per le emozioni, e le loro interconnessioni, sono state riunite in
un unico sistema chiamato Sistema Limbico. Il termine limbico deriva dal latino limbus,
“limite”, dal momento che molte delle strutture coinvolte nelle emozioni,
nell‟apprendimento e nella memoria circondando il diencefalo sulla faccia mediale
dell‟encefalo, trovandosi così al confine tra i nuclei sottocorticali e la corteccia cerebrale.
Il sistema limbico è un insieme di varie regioni corticali e sottocorticali che sono
dunque importanti per il normale comportamento umano come illustrato nella Figura 1. I
ricordi, la personalità, i pensieri, le emozioni di una persona sono determinati in larga
misura dalle attività funzionali che avvengono in quest‟area dell‟encefalo; di fatto, tutte le
patologie psichiatriche comportano la disfunzione di una o di alcune di queste strutture.
L‟organizzazione di base dei circuiti per le emozioni appare diversa da quella dei
sistemi sensitivi e motori: questi ultimi constano di regioni strutturalmente e funzionalmente
indipendenti, che sono interconnesse soltanto nei livelli elaborativi più alti. Le emozioni,
invece, dipendono dall‟analisi concomitante di differenti informazioni sensitive, essendo
quindi funzioni altamente integrate.
Due strutture sottocorticali del sistema limbico, la formazione dell‟ippocampo e
l‟amigdala, costituiscono dei dispositivi neurali distinti, che mediano rispettivamente le due
funzioni caratteristiche: l‟apprendimento e la memoria, le emozioni.
Figura 1. La localizzazione dell’amigdala e dell’ippocampo nel Sistema Limbico (sezione
sagittale): sono evidenti il corpo calloso, il talamo, l’ipotalamo, il nucleo del setto.
I circuiti della formazione ippocampale sono coinvolti nel consolidamento della
memoria esplicita (detta anche memoria dichiarativa), cioè il ricordo consapevole degli
avvenimenti, e della memoria spaziale. La formazione dell‟ippocampo coopera in larga
misura con l‟adiacente corteccia entorinale, tanto da poter considerare queste due strutture
funzionalmente inscindibili (Pohorecki & Domino, 1987). Il danno a carico della
formazione dell‟ippocampo o della corteccia entorinale può dar luogo, a seconda della sua
estensione, ad un‟importante e ingravescente amnesia anterograda, nella quale viene
compromessa la memoria semantica (acquisizione di nuove parole, la conoscenza di fatti,
persone, oggetti) e la memoria episodica, che concerne eventi che hanno uno specifico
contesto spaziale e temporale. La formazione dell‟ippocampo è costituita da 3 componenti
principali, ciascuna con particolari collegamenti ed aspetti morfologici: il giro dentato, il
corno d‟Ammone ed il subicolo, come illustrato nella Figura 2.
Figura 2. Diagramma stilizzato della formazione dell’ippocampo.
Proprio da quest‟ultima componente ha origine un importante circuito, ipotizzato nel
1937 da James Papez, che si pensava avesse un ruolo rilevante nelle emozioni: gli assoni
che si originano dal subicolo raggiungono i corpi mammillari dell‟ipotalamo; i corpi
mammillari proiettano, tramite il fascio mammillo-talamico, ai nuclei anteriori del talamo, i
quali proiettano alla circonvoluzione del cingolo. Questa, a sua volta, invia fibre alla
corteccia entorinale, la quale proietta alla formazione dell‟ippocampo (Martin, 2005).
Le conoscenze odierne suggeriscono che il “circuito di Papez” fa parte di una
complessa rete di collegamenti bidirezionali, e che molte delle componenti di questa rete
svolgano un ruolo più importante nella memoria che nelle emozioni.
I circuiti coinvolti nelle emozioni comprendono anche l‟amigdala; definita anche
complesso amigdaloideo, consistente in un insieme di nuclei che differiscono dal punto di
vista morfologico, istochimico e funzionale, localizzati nella parte rostrale del lobo
temporale, come descritto nella Figura 3.
Figura 3. Sezione coronale (trattata con colorazione mielino-specifica) passante per la
colonna del fornice e l’amigdala. Nel riquadro in basso a destra viene rappresentata la
localizzazione dei vari nuclei.
Una delle vie efferenti, la stria terminale, e uno dei nuclei che la costituiscono, il
nucleo del letto della stria terminale, possiedono una forma a “C”. Gli assoni dell‟altra via
efferente dell‟amigdala, la via amigdalofuga ventrale, hanno un decorso più diretto verso le
loro destinazioni.
L‟amigdala è una struttura importante per le esperienze emozionali: a quali stimoli
rispondere e come sono organizzate le risposte somatiche e quelle viscerali, tutto dipende
dall‟amigdala. In seguito ad un danno dell‟amigdala le persone perdono la capacità di
riconoscere il significato affettivo dell‟espressione del viso; i soggetti perdono anche la
capacità di riconoscere il contenuto emozionale di un discorso.
I numerosi nuclei dell‟amigdala possono essere suddivisi in tre gruppi principali:
basolaterale, centrale e corticomediale. Ciascun gruppo presenta funzioni e collegamenti
specifici.
Le proiezioni verso il sistema limbico da parte dei principali sistemi
neurotrasmettitoriali sono con ogni probabilità importanti per il normale svolgersi degli stati
emozionali: questa conclusione si fonda sull‟osservazione che molti dei principali farmaci
utilizzati nel trattamento delle patologie pschiatriche, quali i disturbi del pensiero,
Schizofrenia e soprattutto Depressione, agiscono in maniera selettiva su uno o più dei
sistemi di neurotrasmettitori.
Le proiezioni dopaminergiche mesencefaliche prendono origine dall‟area tegmentale
ventrale (VTA) e dalla pars compacta della substantia nigra: le fibre dopaminergiche
decorrono nel fascio proencefalico mediale, raggiungendo diverse strutture corticali e
sottocorticali coinvolte nelle emozioni.
Le proiezioni serotoninergiche alle strutture limbiche del telencefalo e del diencefalo
provengono dai nuclei dorsale e mediano del rafe.; queste fibre prendono contatto sinaptico
con i neuroni dei nuclei dell‟amigdala, oltre che della formazione dell‟ippocampo, dello
striato e della corteccia cerebrale. I farmaci che bloccano i meccanismi di ricaptazione della
serotonina sono efficaci nel trattamento dei disturbi dell‟umore.
Le proiezioni noradrenergiche originano dal locus coeruleus ed influenzano l‟intera
corteccia cerebrale, incluse le varie aree limbiche associative ed altre strutture sottocorticali.
Anche i farmaci che aumentano i livelli di noradrenalina vengono utilizzati con successo nel
trattamento degli stati depressivi.
Le proiezioni colinergiche originano da voluminosi neuroni disposti a ridosso della
superficie ventrale del telencefalo. I neuroni sono situati nel nucleo basale, nel nucleo settale
mediale, e nel nucleo della benderella diagonale di Broca. Anche le fibre colinergiche si
distribuiscono all‟intera neocortex, compresa la corteccia associativa limbica, all‟amigdala
ed alla formazione dell‟ippocampo.
L‟amigdala funziona come un archivio della memoria emozionale, ed è quindi
depositaria del significato stesso degli eventi; la vita senza l‟amigdala è un‟esistenza
spogliata di significato personale. All‟amigdala è legato qualcosa di più dell‟affetto: tutte le
passioni dipendono da essa. Le lacrime, un segnale emozionale esclusivo degli esseri umani,
sono stimolate da essa. Asportando o resecandola negli animali, questi perdono ogni
impulso a cooperare o a competere e non provano più rabbia o paura. In pratica, mentre
l‟ippocampo ha un ruolo nel consolidamento dei fatti in senso “fisico”, l‟amigdala ne
trattiene il contenuto emotivo.
Ipotesi alla base dell’insorgenza della Depressione
La principale linea di pensiero sull‟Eziologia biologica della Depressione è la
“Teoria Aminergica”; secondo questa ipotesi, la Depressione è provocata da un‟anormale
trasmissione aminergica, causata da un deficit dei neurotrasmettitori quali noradrenalina
(NE), dopamina (DA), serotonina ( 5-HT o 5-idrossitriptamina).
La noradrenalina (Figura 4) è una catecolamina che viene sintetizzata a partire da un
aminoacido, la L-tirosina (TYR), che dal circolo ematico raggiunge il Sistema Nervoso per
mezzo di uno specifico trasportatore. Una volta all‟interno del neurone, la L-tirosina viene
idrossilata dall‟enzima tirosina idrossilasi (TOH) a L-3,4-diidrossifenilalanina (L-DOPA):
la tappa successiva è catalizzata dalla DOPA-decarbossilasi (DDC), che converte la L-
DOPA in dopamina. Fino a questa tappa, il processo di biosintesi avviene nel citoplasma
neuronale; successivamente, la Dopamina viene trasportata nelle vescicole sinaptiche, ove è
trasformata in Noradrenalina attraverso una reazione di idrossilazione della catena laterale,
catalizzata dalla dopamina β-idrossilasi. Infine, la noradrenalina può essere trasformata in
adrenalina mediante una reazione di transmetilazione, catalizzata dall‟enzima
feniletanolamina-N-metiltransferasi: quest‟ultima tappa si realizza nelle cellule cromaffini
delle ghiandole surrenali ed in alcuni neuroni adrenergici.
Figura 4. Formula di struttura e tridimensionale della Noradrenalina.
All‟arrivo di un potenziale d‟azione, la NE viene rilasciata per esocitosi attraverso un
meccanismo Ca
2+
dipendente, che libera la catecolamina nello spazio intersinaptico: qui
essa può andare ad interagire con i suoi specifici recettori, per venire poi rimossa attraverso
tre meccanismi: (a) ricaptazione attraverso la membrana presinaptica; (b) catabolismo,
attraverso due principali classi di enzimi: 1) le MAO, monoaminossidasi, localizzate nella
membrana esterna del mitocondrio, che catalizzano la deaminazione ossidativa; 2) la
COMT, catecol-O-metiltransferasi, localizzata a livello post-sinaptico: tramite questa
reazione viene prodotto l’acido 3-metossi-4-idrossimandelico, che è un metabolita terminale
che si ritrova nelle urine (un indice di “turnover” delle catecolamine); (c) diffusione esterna
allo spazio sinaptico fino alla circolazione generale.
La maggior parte dei corpi cellulari dei neuroni noradrenergici è situata nel locus
coeruleus, la cui funzione principale è quella di stabilire se l‟attenzione debba essere mirata
sull‟ambiente circostante o sul monitoraggio dell‟ambiente interno del corpo. Aiuta in
pratica a stabilire la priorità tra gli stimoli in arrivo ed a fissare l‟attenzione solo su alcuni di
essi. Si ritiene che abbia un‟importante influenza sul controllo centrale delle funzioni
cognitive, dell‟umore, delle emozioni, dei movimenti e della pressione arteriosa.
Secondo la teoria aminergica, una riduzione dei livelli di noradrenalina può essere
alla base di forme depressive: esamineremo in seguito come gli antidepressivi triciclici,
bloccando il meccanismo di ricaptazione della noradrenalina, ne causano un accumulo, ed
un conseguente miglioramento delle condizioni del paziente. Analogamente gli inibitori
delle MAO agiscono come antidepressivi, in quanto impediscono alla NE di venire
metabolizzata, aumentandone conseguentemente i livelli.
Quanto detto per la noradrenalina, vale anche per la dopamina (DA) (Figura 5).
Figura 5. Formula di struttura e tridimensionale della Dopamina.
I neuroni dopaminergici sono privi dell‟enzima dopamina β-idrossilasi, che pertanto
non converte la dopamina in noradrenalina. Questi neuroni posseggono un trasportatore
specifico (per la ricaptazione della dopamina), e sono situati nel mesencefalo, in modo
particolare nell‟area tegmentale ventrale e nella pars compacta della substantia nigra. Come
per la noradrenalina, anche per la dopamina è possibile studiare il suo “turnover”, per
mezzo di un indice di biosintesi che è l‟acido omovanillico.
La serotonina (Figura 6) è la quarta monoamina dopo le tre catecolamine descritte, e
si considera come un derivato dell‟indolo: questa sostanza biologica venne identificata per
la prima volta presso l‟Università degli Studi di Pavia da parte di Erspamer e Vialli nelle
cellule cromaffini della mucosa gastrointestinale, e per questo denominata anche
enteramina; tuttavia, la 5-idrossitriptamina è localizzata anche nelle piastrine e nel S.N.C.
Figura 6. Formula di struttura e tridimensionale della 5-idrossitriptamina.
Anche la serotonina viene sintetizzata a partire da un aminoacido, il triptofano,
definito “essenziale” e proveniente dalla dieta: esso viene idrossilato a 5-idrossitriptofano
dall‟enzima triptofano-5-idrossilasi: il 5-idrossitriptofano viene infine decarbossilato da
parte della decarbossilasi degli aminoacidi aromatici (5-HTP decarbossilasi) a 5-
idrossitriptamina.
I neuroni serotoninergici, al pari di quelli noradrenergici e dopaminergici,
posseggono un selettivo trasportatore presinaptico: si ritrova principalmente nel nucleo
mediano e dorsale del rafe. Come per la noradrenalina l‟acido 3-idrossi-4-
metossimandelico, come per la dopamina l‟acido omovanillico, anche per la serotonina è
possibile studiare il suo “turnover” per mezzo di un indice che è l‟acido 5-idrossi-
indolacetico.
In accordo con la teoria aminergica, sono divenuti di grande interesse i farmaci SSRI,
inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina, che bloccano il trasportatore appena
citato, favorendo un aumento delle concentrazioni del neurotrasmettitore nello spazio
intersinaptico. Vengono anche utilizzati gli inibitori della MAO-A, che tuttavia agiscono
con meccanismi farmacologici differenti.
Una critica alla Teoria Aminergica è rappresentata dal fatto che gli effetti dei farmaci
antidepressivi sui neurotrasmettitori sono temporalmente molto distanti dagli effetti degli
stessi farmaci sull‟umore. In pratica, gli antidepressivi innalzano immediatamente il livello
di monoamine, ma la loro azione terapeutica si esplica con notevole ritardo, anche di diverse
settimane dopo l‟assunzione. L‟attenzione si è rivolta allora a cercare altre possibili
eziologie della Depressione, e sono emerse differenti ed interessanti ipotesi.
Ipotesi neurorecettoriale
Questa teoria ipotizza che ci possa essere qualcosa di alterato nei recettori dei
principali neurotrasmettitori monoaminergici. In pratica, la carenza di neurotrasmettitore
potrebbe portare ad un‟elevatissima “up-regulation” compensatoria dei recettori post-
sinaptici, che si tradurrebbe in un‟ipotetica causa della Depressione (Stahl, 1999a).
Ipotesi monoaminergica dell’espressione genica
Studi effettuati mediante la tomografia ad emissione di positroni (PET), hanno messo
in luce come la Depressione possa essere dovuta ad una carenza di monoamine per un
deficit nella trasduzione del segnale dal neurotrasmettitore aminergico al suo neurone
postsinaptico, in presenza di una normale quantità di neurotrasmettitore e recettore (Yogesh,
2009). In pratica, dopo il legame del neurotrasmettitore al suo recettore, la cascata di eventi
molecolari che caratterizza la trasduzione del segnale può risultare difettosa. Pertanto, i
sistemi di secondo messaggero che portano alla formazione di fattori di trascrizione che
controllano la regolazione genica, potrebbero essere la sede del difetto di funzionamento dei