Capitolo Primo
1. LA PIANIFICAZIONE DEL TERRITORIO: PROFILI
GENERALI.
1.1 Pianificazione territoriale ed urbanistica: nozioni generali e
caratteri distintivi.
Preliminare, rispetto all‟esame dei profili contenutistici, risulta la
precisazione in ordine al concetto di pianificazione territoriale ed
urbanistica.
In particolare, si tratta di chiarire se le aggettivazioni “territoriale” ed
“urbanistica” identifichino due distinte nozioni del sostantivo a cui si
correlano, di modo che si possa distinguere una pianificazione
territoriale da quella urbanistica, oppure esse si risolvano in
un‟endiadi, determinando, così, una piena coincidenza in termini
3
giuridici tra le due pianificazioni.
L‟accennato rapporto di diversità/identità può essere saggiato,
innanzitutto, con riguardo alla materia alla quale ciascuna
3
Al riguardo, la terminologia legislativa non offre un valido ausilio, se solo si considera che l‟uso
delle due aggettivazioni, in alcuni casi, non risulta costante: “piani urbanistico territoriali” (ad es.
art. 1-bis, l. n. 431/1985), “piani territoriali ed urbanistici” (ad es. art. 32, comma 2 lett. b, l. n.
142/1990) e “piani urbanistici e edilizi” (art. 81, comma 2, d.p.r. n. 616 del 1977); mentre in altri
casi, ad indicare il medesimo piano, ad esempio quello territoriale regionale, si impiegano spesso
entrambe le aggettivazioni, anche con diversa combinazione: “piano urbanistico” (art. 21, comma
2, lett. c st. To.), “piano urbanistico territoriale” (art. 1, comma 3, st. Um.), “piano dell‟assetto
territoriale” (art. 6, comma 2, st. La.) e “piano di assetto urbanistico territoriale” (art. 20, comma 1,
st. Cam.).
9
pianificazione si rapporta: il governo o politica del territorio, per
l‟una, l‟urbanistica, per l‟altra.
4
Un‟autorevole dottrina ha definito il governo del territorio come “la
risultante di tutte le prescrizioni che influenzano e determinano la
trasformazione ed in generale l’uso del suolo”; si tratterebbe,
pertanto, di un concetto volto ad esprimere il risultato di una serie di
comportamenti incidenti sul territorio e valutabili solo ex post.
Per quanto concerne la nozione di urbanistica, invece, le prime
individuazioni concettuali si possono ravvisare già all‟inizio degli
anni ‟20, quando l‟urbanistica è ancora “la disciplina che studia come
l’uomo organizza la sede di una comunità, già predisposta dalla
natura, per permetterle di rispondere ai bisogni ed ai desideri dei
5
consociati”.
Questa è stata dai più definita come “ la scienza che si preoccupa
della sistematizzazione e dello sviluppo delle città, nell’intento di
assicurare, con il sussidio di tutte le risorse tecniche, la migliore
posizione di vie, edifici, impianti pubblici, nonché di abitazioni
private, in modo che la popolazione vi possa avere una dimora sana,
6
comoda e gradevole”.
4
G. MORBIDELLI, La disciplina del territorio fra Stato e Regioni, Milano, 1974.
5
N. ASSINI, P. MANTINI, Manuale di diritto ubanistico, Milano 1997, p. 11.
6
Nozione fornita da DANGER nel 1933, durante il suo Cours d’urbanisme svoltosi a Parigi.
10
È indubbio che l‟espressione in questione, semanticamente legata
all‟idea di città (urbs), sia andata man mano evolvendosi, a partire dal
XIX secolo, fino a ricomprendere non solo lo sviluppo edilizio
urbano, bensì l‟uso e la tutela dell‟intero territorio nazionale ai fini
della localizzazione e tipicizzazione degli insediamenti di ogni genere,
con le relative infrastrutture; ma di questo avremo modo di parlarne
nei capitoli che seguiranno.
Pertanto, nonostante non siano mancate autorevoli indicazioni di
7
segno contrario, si è per lo più concordi, tenuto anche conto del
diverso campo operativo accennato pocanzi, nel sostenere la non
sovrapponibilità delle due pianificazioni, adducendo che al governo o
politica del territorio, in quanto “risultante di tante politiche di
interventi settoriali”, l‟urbanistica si rapporta esclusivamente come
parte del tutto, costituendo solo una razione della complessiva attività
di “governo del territorio”, in cui confluiscono molteplici norme e
8
provvedimenti.
Ecco, dunque, che da tale fondamentale premessa emerge con
evidenza la possibilità di distinguere un tipo di pianificazione, quella
urbanistica, collegata alla omonima materia, ed un‟altra, quella
7
Cfr. SPANTIGATI, Manuale di diritto urbanistico, Giuffrè, 1969.
8
In tal senso, seppure con diversità di prospettazioni, cfr. CARAVITA, Diritto pubblico
dell’ambiente, Bologna, 1990, 31; CERULLI-IRELLI, Pianificazione, cit., 439; NIGRO,
L’assetto, cit. 345 ss..
11
territoriale, anch‟essa disciplinante la utilizzazione e trasformazione
del territorio, esulando però da profili ed aspetti urbanistici.
Ad ulteriore sostegno di quanto appena enunciato, contribuiscono le
caratteristiche dei piani relativi alle due forme di pianificazione; più
specificamente: sono qualificabili come “territoriali” quelli che
producono effetti nei confronti delle amministrazioni pubbliche
preposte alla tutela del territorio e che, in particolare, dettano direttive
destinate a guidare le previsioni d‟uso del suolo. Per tali
caratteristiche si differenziano, dunque, dai piani “urbanistici” che, al
contrario, hanno come destinatari anche i privati, incidendo sulle
situazioni dominicali.
Le considerazioni appena sviluppate risultavano doverose al fine di
comprendere e delineare meglio i confini della nostra trattazione, la
quale approfondirà entrambe le forme di pianificazione di cui sopra,
analizzandole anche in relazione ad un problema attuale e diffuso:
l‟abusivismo edilizio.
12
1.2 Pianificazione territoriale: funzione, peculiarità e
classificazione.
La pianificazione territoriale costituisce, nell‟ordinamento italiano,
come in genere in altri ordinamenti occidentali, un esempio fra i più
significativi di pianificazione pubblica di settore, costituendo altresì
una sorta di metro di valutazione dell‟efficienza dell‟azione
amministrativa.
Dopo aver illustrato, nel precedente capitolo, i suoi caratteri distintivi
rispetto alla pianificazione urbanistica, procediamo con un
approfondimento in merito alle sue peculiarità.
9
L‟espressione in questione nasce con Giovanni Astengo e può essere
intesa sia come metodo concreto ed organico di azione, in quanto
rivolto ad ordinare nel tempo e nello spazio un oggetto sulla base di
obiettivi prefigurati, quanto il risultato di tale metodo operativo, ossia
10
il piano che ne discende.
Come peculiare tecnica di intervento sul territorio, la pianificazione si
distingue rispetto agli altri strumenti che concorrono ugualmente alla
disciplina dell‟uso e della trasformazione del suolo, i quali, infatti,
sono privi di diverse caratteristiche, tra cui: il divieto, sia esso
9
G. ASTENGO: “La stessa parola “urbanistica” pare ora insufficiente ad esprimere il concetto di
coordinamento territoriale; adotteremo anche a tale scopo il termine di “pianificazione
territoriale”, oppure decideremo di convivere semplicemente in una estensione del contenuto di
“urbanistica”? ” in I piani regionali in Italia, in Urbanistica, 1949, n.1, 12.
10
Cfr. di recente CARABBA, “Programmazione economica”, in Enc. Giur., XXIV, Roma, 1991.
13
assoluto o relativo, di utilizzazione del territorio, i limiti o parametri
di densità edilizia, di altezza e di distanza ecc. da osservarsi
puntualmente in sede pianificazione ed infine i progetti relativi alle
11
singole opere pubbliche.
Con riguardo, invece, al risultato del modello operativo di cui sopra,
la pianificazione territoriale viene intesa nell‟accezione comune come
insieme di piani concernenti lo sviluppo e la modifica del territorio.
È proprio la pluralità di piani che ci consente di distinguere diverse
forme di pianificazione, delle quali vanno di seguito ricordate le
principali: in relazione alla finalità perseguita, distinguiamo una
pianificazione globale o generale, quando ha lo scopo di sistemazione
complessiva del suolo e concerne l‟intero ambito spaziale considerato,
e una settoriale o speciale, allorché persegue obiettivi specifici di
assetto e pertanto prende in considerazione solo le zone da essi
interessate.
Con riguardo all‟ambito spaziale che li connota, i piani risultano
raggruppabili secondo diversi livelli, quali ad esempio quello
regionale, sovralocale e comunale.
11
In generale sugli strumenti di disciplina sugli usi del territorio cfr. PREDIERI, La regolazione
giuridica degli insediamenti turistici e residenziali nelle zone alpine, in Foro Amm., 1970.
14
Diffusa è anche la distinzione tra pianificazione di direttive, operativa
12
e di attuazione; in particolare, la prima annovera i piani di vasta
area, contenenti fondamentalmente direttive generali per l‟assetto del
territorio nei confronti delle autorità pubbliche, come ad esempio il
piano regionale; la seconda, comprende i piani volti ad attuare le
previsioni dei precedenti per livello comunale, con efficacia anche nei
confronti dei privati, come ad esempio il piano regolatore generale; la
terza, infine, è costituita dai piani destinati a fissare per zone
infracomunali prescrizioni più precise, come ad esempio il piano
particolareggiato.
Alla base di tale classificazione sussiste l‟idea che la pianificazione
attinente al territorio si snodi in una sequenza gradualistica di comandi
sempre più concreti, nella quale i vari piani sono collegati da relazioni
tali per cui quelli a scala più ridotta risultano vincolati a quelli a scala
più ampia.
L‟estensione del principio di sussidiarietà alla pianificazione può
essere inteso come un tentativo di portare il livello di governo del
territorio all‟ente più vicino al cittadino, ricercando, però, la scala che
risulti essere allo stesso tempo la più adeguata ed idonea ad affrontare
12
Cfr., ad esempio, SALVIA –TERESI, Diritto, 44, 63, 73 e 109; BARTOLI-PREDIERI, Piano,
675 s.; ASSINI –MANTINI, Problemi e tendenze del diritto urbanistico, in ASSINI
(a cura di), Manuale, 31 s..
15
e risolvere in maniera efficace i problemi generati dalle stesse azioni
di piano.
Uno degli elementi chiave della pianificazione territoriale, nel nuovo
contesto istituzionale, è, infatti, proprio il bisogno di prendere in
considerazione gli interventi che ciascun attore politico e
amministrativo attua al proprio livello.
Un intervento fatto dall'attore provinciale deve prima di tutto prendere
in considerazione le peculiarità del proprio territorio e quindi
predisporre un piano di intervento idoneo che risponda esattamente
alle esigenze locali, evitando così di produrre impatti negativi sui
sistemi territoriali ambientali.
L‟intera argomentazione fin qui sviluppata lascia trapelare come
l‟operazione di pianificazione assuma una veste di primaria incidenza
per lo sviluppo di molteplici settori del vivere comune poiché,
inevitabilmente, produce conseguenze socio-economiche oltre che
strettamente ambientali e territoriali, andando ad incidere
prepotentemente sul tessuto urbano ed extraurbano.
Ogni intervento di pianificazione, infatti, tocca inesorabilmente, in
modo più o meno diretto, il tessuto sociale; il che accade in un gioco
di ripercussioni di scale di cui è difficile poter controllare tutti gli
effetti.
16
È soprattutto per questi motivi che si è avvertita sempre di più, nel
corso di questi anni, la necessità di una più ampia partecipazione di
tutte le forze sociali interessate ed implicate nei processi di piano.
Sotto questo aspetto, l‟obiettivo che si è venuto proponendo è
l‟individuazione di nuovi mezzi, metodi e strumenti di piano aventi
sufficienti gradi di definizione per trasmettere con precisione le scelte
tra i diversi livelli di pianificazione e, nel contempo, sufficienti gradi
di elasticità per non vincolare univocamente le soluzioni.
Con questo non si è voluto mettere in discussione la natura stessa del
piano territoriale, vale a dire il suo grado di vincolatività, in quanto l‟
obiettivo che si intende conseguire resta invariato, ed è solo con
riguardo agli interventi sul territorio che si considera la possibilità di
concedere spazi di opzionalità e di scelta che consentano, sempre nel
contesto degli obiettivi prefissati, di elaborare e di adottare soluzioni
alternative.
L‟ordine di considerazioni dinanzi sviluppato ha dunque dimostrato
come, anche nel nostro Paese, l‟urbanistica e, più in generale, la
pianificazione territoriale, siano lentamente maturate, passando dal
piano urbano esecutivo a quello territoriale programmatico e come ciò
abbia imposto un passaggio dalla visione strettamente urbanistica,
circoscritta solo alla città, ad un modello organizzativo globale di
17
governo del territorio e di ogni attività che su di esso si realizza,
garantendo così anche un maggiore coinvolgimento degli enti locali.
1.3 Pianificazione e strumenti urbanistici: origine, funzione ed
evoluzione normativa.
Lo stretto legame, la stretta interdipendenza tra pianificazione
territoriale ed urbanistica, ci consente di soffermarci e di approfondire
quelli che sono gli strumenti attraverso i quali si rende possibile un
intervento organico e completo sul territorio.
Preliminarmente, però, risulta doveroso trattenersi sull‟origine e
sull‟evoluzione della pianificazione urbanistica, nonché analizzare in
rassegna i diversi interventi legislativi e giurisprudenziali che si sono
susseguiti nel tempo e che ci hanno condotto all‟attuale sistema di
pianificazione.
È indubbio che l‟argomento in questione ci porta ad estendere il
nostro campo di analisi ad una materia di grande importanza, quale è
l‟urbanistica.
Questa ha subìto nel tempo tali e tante variazioni normative da
implicare una preliminare messa a punto di carattere definitorio, utile
per individuare la materia e, con essa, il suo perimetro.
18
È evidente che l'azione della Pubblica Amministrazione, volta alla
cura dell'interesse urbanistico, trovi nel territorio l'oggetto del proprio
riferimento, il quale, infatti, assunto come elemento progettuale
dell'urbanistica, è in una più ampia analisi, punto di riferimento di una
pluralità differenziata di beni-interessi su di esso insistenti.
Si evince, da quanto appena accennato, che la formula “urbanistica”
segue l'andamento discendente del diritto di proprietà, ponendosi,
così, in un rapporto di coesistenza dialettica con l'istituto privatistico
in questione, mentre con le altre discipline c.d. differenziate, quali la
tutela dell'ambiente, del paesaggio, dei beni storici artistici e culturali,
et similia tout, si pone il problema diverso se l'urbanistica diventi un
quid mixtum, o viceversa confermi una propria autonomia e
13
caratterizzazione settoriale; si è comunque propensi per la seconda
soluzione.
14
Pertanto, il diritto urbanistico, si può definire come quel complesso
insieme di norme che disciplinano la capacità pianificatoria
13
Cfr. N. ASSINI, Pianificazione urbanistica e gestione del territorio, in Trattato di diritto
amministrativo, Padova, 2000, pp. 3-4.
14
Connaturato al fatto che le regole propriamente urbanistiche coesistono con regole appartenenti
ad altri rami di diritto, pertinenti anch'esse con la sorte del medesimo territorio. Cfr. P. STELLA
RICHTER, I principi del diritto urbanistico, Milano, 2002, pp. 9-10. Inoltre Stella Richter
configura il diritto urbanistico quale diritto mutevole, in conseguenza dell‟adattamento della
normativa ai cambiamenti abitativi e non, alle esigenze geografiche, sociali ed economiche di
ciascun luogo (c.d. diritto differenziato).
19
dell'amministrazione a fronte dell'esplicazione del diritto del
15
proprietario di realizzare opere.
Il rapporto, fra pianificazione ed esplicazione del diritto di proprietà,
ci consente di affermare che il diritto urbanistico si pone come tutela
della individualità del cittadino e della sua libertà, nei limiti e nel
16
rispetto dell‟ordinamento giuridico.
"Un cenno sull'evoluzione della legislazione urbanistica italiana può
essere utile, sia per conoscere i precedenti degli strumenti giuridici
vigenti, sia per confrontare gli istituti legislativi con la corrispondente
17
realtà dello sviluppo territoriale".
Se si prende come punto di partenza temporale la legge fondamentale
del 17 agosto 1942 n. 1150, notiamo come l‟art. 1 descriveva il
proprio oggetto, quale l‟attività riguardante “l’assetto e l’incremento
edilizio dei centri abitati”, con una certa unidirezionalità: la città.
In piena temperie di guerra, nessuno poteva immaginare lo sviluppo
che la disciplina urbanistica avrebbe conosciuto nei decenni
successivi, cui non sarà estranea, per gli effetti prodotti, la fase della
ricostruzione postbellica.
15
Cfr. N. CENTOFANTI, La legislazione urbanistica, 2° ediz., Padova, 2000, p. 3.
16
Cfr. G. C. MENGOLI, Manuale di diritto urbanistico, Milano, 1997, p. 7.
17
Cfr. G. D'ANGELO, Legislazione urbanistica, compendio teorico-pratico, 9a ediz., Padova,
2000, p. 29.
20
Dunque, il legislatore del tempo considerava come proprio
dell‟urbanistica lo sviluppo della sola città intesa come aggregato
urbano o centro abitato; il fenomeno della urbanizzazione, che si era
già prepotentemente affermato in altri contesti nazionali, come in
Gran Bretagna e negli Stati Uniti, non costituiva la preoccupazione
principale dei redattori della legge.
La stessa dottrina, fino a pochi anni or sono, definiva l‟urbanistica
quale “scienza che si preoccupa della sistematizzazione e dello
sviluppo delle città nell’intento di assicurare, con il sussidio di tutte le
risorse tecniche, la migliore posizione delle vie, degli edifici e degli
impianti pubblici, nonché delle abitazioni private, in modo che la
18
popolazione vi possa avere una dimora sana, comoda e gradevole”.
Il primo embrione del termine che stiamo analizzando è stato
rappresentato da “l’urbanesimo”, che compare per la prima volta negli
studi demografici della prima metà dell‟ Ottocento ed indicava quel
particolare fenomeno di immigrazione dalla campagna alla città che
rappresentò, oltretutto, uno degli aspetti più significativi della
rivoluzione industriale.
18
DANGER, Cours d’urbanisme, Paris, 1933, accolto da V. TESTA, nelle sue Lezioni di
legislazione urbanistica, Roma, 1933-34, pagg. 3-4.
21
In Italia, nei primi anni del Novecento, emerge il termine urbanismo,
19
o, come da molti chiamata, scienza urbanistica, il quale si distingue
dal suindicato urbanesimo per il diverso oggetto: il territorio.
L‟urbanistica, pertanto, è la disciplina giuridica dell‟insediamento
20
dell‟uomo sul territorio e si caratterizza oltre che per il suo oggetto,
come appena specificato, anche per le sue finalità, quali conservare,
modificare e riqualificare il territorio stesso.
Tuttavia, la riduttiva concezione del concetto di urbanistica che si
ebbe per molti anni, giustifica l‟ampio uso che si fece, durante tutto il
periodo della civiltà preindustriale, dello strumento regolamentare,
quale fonte normativa primaria per l‟attività urbanistico-edilizia, il cui
contenuto, mutuato dai modelli ottocenteschi e attinente per lo più ad
aspetti legati alle distanze, alle altezze, alla volumetria degli edifici ed
in generale alla disciplina delle limitazioni della proprietà privata, fu
in gran parte recepito dalla legge del 1942, il che dimostra il ruolo
anticipatorio svolto dai regolamenti stessi rispetto alla legge
urbanistica dei nostri giorni.
19
TAJANI, Congresso delle abitazioni e dei piani regolatori, In Corriere della Sera, 14 settembre
1929.
20
DI LORENZO, Diritto Urbanistico, Torino 1973; BREGANZE, Verso un ritorno
dell’urbanistica come disciplina dell’Urbs?, in Riv. Giur. Urb. 1997, III, 333 ss..
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In questo contesto, strumento essenziale per la pianificazione del
territorio sono stati per lungo tempo i procedimenti di espropriazione
per pubblica utilità.
Significativo, a questo proposito, può essere il richiamo alla legge
fondamentale sull‟espropriazione per causa di pubblica utilità, la L. n.
2359/1865, la quale ha introdotto il primo piano regolatore
definendolo “uno strumento diretto principalmente ad agevolare più
ampie e complesse espropriazioni per il miglioramento viario ed
igienico dei maggiori centri abitati”, senza contenere alcuna
precisazione in ordine alle destinazioni d‟uso delle singole parti del
territorio.
Esso concerneva solo l‟abitato esistente ed aveva lo scopo di
migliorarne la disposizione dal punto di vista dell‟igiene e del traffico.
A questo contenuto normativo corrisponde, quindi, un modello
territoriale indifferenziato, avulso da qualsiasi considerazione globale
delle esigenze della comunità, in ragione di un ingiustificato timore
dei legislatori dell‟unificazione amministrativa, quale era quello di
incidere sulla proprietà privata, così che ne lasciarono cadere gli
aspetti più innovativi proposti nel corso dell‟iter legislativo, quali
l‟obbligatorietà del piano.
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