Capitolo 1
INTRODUZIONE AL LAVORO
“Peace agreements may be signed, and hostilities may cease, but landmines
and explosive remnants of war are an enduring legacy of conflict.”
- Landmine and Cluster Munition Monitor
Le mine antiuomo (APM, Anti-Personnel Mines) sono munizioni progettate
per esplodere alla presenza o al contatto di persone, e vengono attivate in maniera
indiscriminata dalla vittima, che sia essa un soldato o un bambino. Si trovano a
pochi centimetri di profondità, sepolte e camuffate nel terreno; decenni dopo la
fine di un conflitto, un ordigno terrestre è ancora lì, dormiente, pronto ad uccidere
o mutilare civili, sebbene il suo scopo fosse invece colpire le armate nemiche.
Gli esplosivi a grappolo consistono di contenitori di cariche più piccole, che
esplodendo si disperdono su una vasta area dopo essere state lanciate in aria. La
sicurezza della popolazione civile è messa a rischio sia durante che dopo questi
attacchi, per via dell’impatto geografico e delle porzioni di munizioni inesplose.
Con l’acronimo ERW si identificano le rimanenze di ordigni di guerra
inesplosi, suddivisibili in due catogorie: armi rimaste per errore inesplose (UXO)
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ed esplosivi abbandonati causa inutilizzo (AXO). Entrambe le categorie possono
causare danni simili a quelli delle mine antiuomo sepolte. La minaccia che questi
dispositivi rappresentano è enorme per le popolazioni che vi abitano a contatto,
poiché possono imbattervisi sulle strade, sui sentieri, presso campi coltivati o nelle
foreste limitrofe, fino ai deserti di confine e alle aree urbane o semi-urbane.
La presenza di materiali inesplosi causa impedimenti alla vita quotidiana,
mettendo a repentaglio vite innocenti anche nello svolgimento di attività banali
come andare a scuola, spostarsi per lavoro, accedere a risorse come cibo, acqua,
cure sanitarie.
Figura 1.1 – Contaminazione da mine ed ERW nel 2008
La paura si fa largo fra i civili che sanno di camminare ogni giorno
letteralmente in un campo minato. Quando i rifugiati non hanno altre strade per
fuggire, quando non ci sono altri terreni possibili da coltivare, quando le risorse
economiche destinate alla sanità sono prosciugate dai costi degli incidenti dovuti
agli ERW, non c’è possibilità per il futuro. Laddove i governi sono costretti a
spendere maggiormente per bonificare il proprio territorio dalle mine piuttosto
che per investire in educazione e welfare, è chiaro come gli ordigni inesplosi
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causino grandi sofferenze non solo alle persone coinvolte, ma siano anche una
barriera letale allo sviluppo post-bellico e alla ricostruzione di quelle aree
martoriate del pianeta.
1.1 International Campaign to Ban Landmines
La comunità internazionale si muove al fine di trovare soluzioni efficaci al
problema delle mine antiuomo, ed ha raggiunto nel 1997 un primo storico
traguardo. Nel dicembre di quell’anno il premio Nobel per la Pace è stato infatti
assegnato alla Campagna Internazionale per la messa al Bando delle Mine
Antiuomo (ICBL) ed alla sua portavoce Jody Williams. Oggi è sostenuta da una
coalizione di oltre mille organizzazioni operanti in più di settanta paesi, che
agiscono a livello locale, nazionale ed internazionale per bandire completamente la
produzione e l’uso di questi mezzi di offesa.
A partire dal 3 Dicembre 1997 ad Ottawa, Canada, una tavola rotonda ha
permesso agli Stati aderenti di firmare il trattato per dire definitivamente no alle
mine antiuomo, oltre a operare una massiccia promozione della campagna stessa
affinché tutte le nazioni vi aderissero man mano. Aderendo al trattato gli Stati si
impegnarono non solo a rinunciare all’uso di questi esplosivi, ma anche a
bonificare le aree minate, a distruggere gli ordigni prodotti e stoccati e a dare
assistenza alle vittime.
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Figura 1.2 – Stati aderenti al trattato ICBL
Il trattato ha finora ottenuto la firma di un elevato numero di paesi
partecipanti, tra cui l'Italia, sebbene manchino all’appello potenze come USA, Cina
e Russia. Questi risultati, per quanto significativi, non devono far perdere di vista
le dimensioni del problema che la comunità internazionale ha ancora di fronte a sé.
Anche se queste armi fossero definitivamente messe al bando in tutto il pianeta (e
si è ancora lontani dal raggiungimento di questo obiettivo), resterebbe ancora
aperto il problema dell'eliminazione delle mine già disseminate in un gran numero
di paesi.
La quantità totale di mine già disseminate è ovviamente molto difficile da
valutare; si può tuttavia assumere come dato di partenza la stima fornita dalle
Nazioni Unite che, per quanto grossolana, indica comunque l'ordine di grandezza
del problema. Questa stima indica in circa cento milioni in sessantadue paesi il
numero delle mine antiuomo disseminate finora, mentre il numero di quelle
introdotte ogni anno sembra collocarsi attualmente fra cinquecentomila e un
milione.
Negli ultimi venti anni il problema ha assunto dimensioni particolarmente
drammatiche per il gran numero di guerre civili e conflitti etnici durante i quali
queste armi sono state utilizzate indiscriminatamente, e al di fuori delle regole
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tradizionali d'impiego delle forze armate che prevedono la stesura e la
conservazione di mappe dei campi minati, utili per la successiva disinfestazione.
La produzione delle mine antiuomo è stimata in meno di dieci milioni ogni anno,
ripartita su un centinaio di produttori in cinquantacinque paesi. Il numero di mine
distrutte ogni anno nelle operazioni di sminamento, si colloca invece, tra cento e
duecentomila: con questi ritmi occorrerebbero centinaia di anni per eliminare
completamente questi ordigni dai paesi nei quali essi sono presenti.
1.2 L’opera di sminamento
Storicamente sia autorità militari che autorità civili si sono adoperate per
l’identificazione e la rimozione di mine antiuomo, seppure con nette differenze fra i
programmi di sminamento delle due parti. Mentre le tecniche di sminamento per
scopi militari possono ritenersi efficaci e facilmente disponibili, quelle per scopo
umanitario lo sono molto meno.
Lo sminamento militare ha come scopo solo l'apertura di corridoi praticabili
di larghezza pari a circa cinque metri, dove poter far transitare eventualmente un
convoglio. È accettabile un rendimento di circa l’80% e la velocità delle operazioni
deve essere tale da consentire di percorrere circa quindici kilometri ogni ora: non
ci si può concentrare allora sulla “singola mina”. Davanti al convoglio sono inviati
dei veicoli meccanici corazzati, solitamente in grado di rimuovere tutte le mine
anticarro (ATM, Anti-Tank Mines) che incontrano lungo la propria strada, ma non
altrettanto accade con le mine antiuomo. Può succedere che frammenti esplosivi o
addirittura delle mine antiuomo vengano gettate ai lati della corsia, creando nuove
aree pericolose. Tale livello di efficienza non è affatto accettabile per gli standard
richiesti dalle operazioni umanitarie, poiché queste ultime richiedono una bonifica
del territorio virtualmente del 100%, dal momento che il principale problema di
natura sociale è la totale restituzione di vasti territori all'attività e alla praticabilità
economica, commerciale ed umana in generale.
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Figura 1.3 – Vittime nel 2008
Le operazioni di sminamento umanitarie concentrano principalmente la
propria attenzione sulle mine antiuomo, sebbene quasi sempre nelle zone infestate
da APM vi siano anche delle mine anticarro; vi è inoltre un problema addizionale
dovuto alla presenza di ordigni inesplosi. Lo sminamento a scopi umanitari ha
inizio di solito alla fine del conflitto, a distanza spesso di qualche anno; per questa
ragione le mine sono considerate “vecchie”, potendo aver subito corrosioni,
spostamenti e assestamenti nel terreno. Lo scopo dichiarato è quello di localizzare
e distruggere ogni singola mina, ogni singolo ordigno esplosivo che può costituire
un pericolo. Puntando, come detto, ad un rendimento del 100% ci si approccia ad
un problema complesso che non può essere affrontato con soluzioni univoche e
utilizzando lo stesso tipo di procedure e mezzi per tutte le situazioni.
Il problema principale nello sminamento è la discriminazione. Le mine
terrestri non si comportano secondo schemi regolari o prevedibili, e ciò che
accade, quando una di esse esplode, è un altro evento variabile. Frequentemente la
tecnica di bonifica dalle mine dev’essere adattata su base individuale (mina per
mina) al fine di eseguire un’analisi accurata e di alto livello. Lo sviluppo di un’unica
tecnologia di sminamento è complesso, a causa dei continui cambiamenti nei
fattori ambientali e dell’incredibile diversità delle condizioni climatiche in cui le
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mine vengano a trovarsi, oltre che della ampia varietà di mine terrestri
(dimensioni, composizione, profondità di sepoltura, angolo radente). Le condizioni
climatiche ed ambientali, sotto cui giace la mina, comprendono fattori atmosferici
(caldo, umido, piovoso, freddo, ventoso), densità della vegetazione (folta,
intermedia, rada, non presente), composizione del suolo, tipo di suolo (duttile,
sabbioso, coltivato, duro, innevato, irrigato) e tipologia del terreno (roccioso,
friabile, pianeggiante, deserto, spiaggia, collina, fangoso, attraversato da fiumi,
paludoso, con canali e fossi, con foresta). Inoltre, devono essere considerate le
tipologie di zone da sminare, se residenziali, industriali o agricole, ciascuna delle
quali dotata di caratteristiche proprie.
Il problema è complesso e coinvolge non solo il rilevamento di singole mine
e pezzi di ordigni UXO, ma anche la decisione da prendere nel dichiarare una data
area libera da mine, o la delimitazione della sua reale estensione, se contaminata.
Le soluzioni di rilevamento con le tecnologie attuali spesso risultano essere troppo
ingombranti, pesanti, lente rispetto ai requisiti di sminamento, o non abbastanza
accurate con l’associazione di elevati tassi di falso allarme. È costoso, in termini di
tempo e di denaro, trasportare un equipaggiamento pesante su strade dissestate o
addirittura su terreni privi di percorsi attraversabili, ed i pezzi di ricambio sono
difficili da introdurre nelle aree contaminate. Il tasso di falso allarme dipende dalle
aree su cui avviene l’esplorazione, e può raggiungere livelli di 1000:1.
Ogniqualvolta venga riconosciuto un allarme, dev’essere iniziata un’operazione di
bonifica sicura, e, nel caso si tratti di un falso allarme, il tempo necessario ad
eseguirla è tutto tempo perso. Un alto tasso di falso allarme, pertanto, moltiplica il
tempo di sminamento per un fattore piuttosto elevato, aumentando
proporzionalmente i costi da affrontare.
Data la dimensione del problema, la ricerca e lo sviluppo nel campo dello
sminamento umanitario richiedono strategie basate su sforzi intensi nello studio di
nuovi approcci e di tecnologie che possano rendere i processi succitati accurati,
affidabili, veloci, sicuri e meno costosi. Lo sviluppo di sistemi a mano o basati su
piattaforme mobili, che siano efficienti dal punto di vista dei costi, rappresenta
un’urgente necessità.
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Una soluzione promettente verso la riduzione del tasso di falso allarme (e
l’eliminazione delle attuali limitazioni delle correnti tecniche per il rilevamento di
mine) è quella di applicare la fusione delle informazioni ottenute dai vari sensori,
applicando tecniche avanzate di elaborazione del segnale, integrando differenti
tecnologie dei sensori che reagiscano a diverse caratteristiche fisiche degli oggetti
sepolti. I sensori sviluppati potrebbero operare identificando le mine in base alle
forme, ai materiali di costituzione, agli esplosivi che esse contengono o ad una
combinazione di questi principi. In generale la presenza di componenti esplosivi è
associata a tutti i tipi di mine. C’è bisogno di miglioramenti sostanziali che vadano
dall’uso di metodi avanzati di elaborazione del segnale e tecniche di integrazione
dei dati che confermino il rilevamento e conducano all’identificazione dei
parametri relativi alle mine, a sistemi di calcolo leggeri con elevata performance e
basso costo. È inoltre necessario avere metodi efficienti per il controllo della
qualità, che siano affidabili ed accurati nel dimostrare che una data area sia
sostanzialmente libera da mine e sviluppare tecniche veloci di rimozione e
neutralizzazione che siano rispettose dell’ambiente. L’utilizzo delle tecnologie
dell’informazione e della comunicazione per migliorare il contatto, l’esperienza e la
condivisione dei dati è, infine, un approccio ad elevato valore aggiunto.
Lo sminamento può essere suddiviso in tre componenti basilari:
• Localizzazione ed identificazione del campo minato;
• Rilevamento della singola mina all’interno dell’area individuata;
• Rimozione della minaccia della mina rinvenuta (per neutralizzazione,
rimozione o detonazione).
Per ottenere risultati affidabili ed accurati, mantenendo allo stesso tempo
un elevato grado di sicurezza, le priorità della ricerca e dello sviluppo nel campo
dello sminamento umanitario richiedono delle strategie che potrebbero
identificarsi con le seguenti:
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• Necessità di incrementare la sicurezza per gli sminatori
attraverso un abbigliamento ed un equipaggiamento opportuni, e
un isolamento dalla possibilità di contatto fisico diretto con la
mina sviluppando una tecnologia appropriata;
• Necessità di sviluppare sensori affidabili o una loro combinazione
tramite l’integrazione dei trasduttori e la fusione dei dati, che
permetterebbero il rilevamento dei campi minati assieme
all’individuazione ed alla localizzazione di ogni singola mina al
loro interno;
• Utilizzo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione
per migliorare i contatti, l’esperienza, la ricerca, la pianificazione
e la condivisione di dati e risultati;
• Per velocizzare il processo di rilevamento della mina, si
potrebbero integrare array di sensori per coprire aree più vaste;
per facilitare il lavoro di ogni singolo sminatore, i sensori
sviluppati dovrebbero essere integrati per facilitare il trasporto a
mano della struttura complessiva;
• Allo scopo di velocizzare il rilevamento, la localizzazione e di
incrementare la sicurezza degli sminatori, il sensore dovrebbe
essere dislocato su di un veicolo flessibile e/o semi-autonomo.
Ciò evidenzia la necessità di sviluppare una struttura
meccanizzata appropriata, dotata di mobilità e di un certo grado
di autonomia, che possa lavorare in ambienti ostili e sotto un
ampio intervallo di situazioni;
• Per migliorare la performance dei sensori e del lavoro degli
sminatori, si necessita lo sviluppo di algoritmi per l’elaborazione
dei dati, e tecniche di fusione dei dati che confermino il
rilevamento e conducano all’identificazione dei parametri
necessari per stabilire quali sarebbero le azioni successive da
intraprendere, in un tempo accettabile;
• Necessità di avere metodi efficienti per il controllo della qualità,
che siano affidabili ed accurati nell’assicurare che un’area sia
sostanzialmente libera dalle mine;
• Sviluppare tecniche veloci di rimozione e neutralizzazione che
siano rispettose dell’ambiente.
Varie tecniche vengono utilizzate per il rilevamento di mine terrestri; vi
sono cinque aree principali sotto cui è possibile catalogare le tecnologie
attualmente disponibili: