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Lo spinge ad indagare ed esplorare il suo mondo e nuove realtà o l’immagine
della scienza e dell’essere scienziato pare così lontana ed irraggiungibile da
innescare un meccanismo di abnegazione, inferiorità, rinuncia ad un approccio
più prossimo alla scienza, in quanto universo lontano?
Le risposte provengono da televisioni appartenenti a due diversi paesi europei,
Italia ed Inghilterra, quindi anche il paragone tra queste due realtà può essere
spunto per molte conclusioni.
Per rispondere alle domande poste finora il primo passo è considerare la storia
della storia della divulgazione scientifica in televisione in entrambi i paesi presi
in esame. Quindi si pone l’attenzione sul momento presente, e dall’analisi della
strategia palinsestuale delle televisioni interessate, dalla discussione sulle loro
differenze più rilevanti, si cerca di trarre i primi spunti. I primi capitoli servono
ad introdurre nel cuore dell’argomento. Poiché il palinsesto è da intendersi come
porta d’ingresso, il suo studio permette una prima considerazione
sull’importanza della divulgazione scientifica. Vengono poi analizzati quattro
programmi inerenti il tema in questione, trasmessi nel periodo Gennaio- Aprile
1999 da reti italiane ed inglesi. Si tratta di “Superquark” (RAI UNO), “La
Macchina del Tempo” (Retequattro), “Horizon” (BBC TWO) e “Tomorrow’s
World” (BBC ONE).
Naturalmente per poter trarre adeguate conclusioni si dovrà analizzare anche il
tipo di patto comunicativo che viene attuato, le modalità della messa in scena, il
ruolo dei conduttori di ogni trasmissione.
Comprese in questo modo le finalità di divulgazione di ogni programma, si
cercherà di trarre le conclusioni sull’immagine della scienza che viene proposta
ed intravedere le possibili prospettive della divulgazione scientifica televisiva.
6
PARTE I
“Gli esseri umani si distinguono dalle formiche perché
hanno la facoltà di esprimere le proprie opinioni
più o meno liberamente e che non tutti hanno la stessa opinione
di fronte allo stesso fatto.
Questa facoltà evidentemente non è concessa alle formiche.
Ma ci sono esseri umani che hanno il cervello da esseri umani
e ci sono esseri umani che hanno il cervello da formiche.
Questi ultimi hanno la pretesa che tutti dovremmo pensarla allo stesso modo:
cioè come loro, cioè come formiche.”
Albert Einstein
7
CAPITOLO 1
STORIA DELLA DIVULGAZIONE SCIENTIFICA TELEVISIVA IN
ITALIA ED IN INGHILTERRA
Fin dai suoi albori la televisione ha impegnato varie ore di trasmissione in
divulgazione scientifica. Un vero e proprio boom in questo genere si è registrato
negli anni ’50 e ’60, grazie all’incidenza e alla congiunzione di fattori diversi,
tra i quali il grande sviluppo economico, le trasformazioni politiche, la
distensione internazionale, l’avvento dell’automazione nell’industria, la nascita
delle prime centrali nucleari e l’esordio delle esplorazioni spaziali con il lancio
del primo Sputnik nel 1957. La richiesta di continue notizie scientifiche ha
sollecitato i mezzi di comunicazione di massa a produrre sempre più materiale
attinente il campo scientifico, per venire così incontro alla domanda che si era
venuta a creare.
Naturalmente la neonata televisione non rimase sorda di fronte ad un tale
richiamo, e ha affiancato nel compito divulgativo la stampa periodica e
quotidiana, oltre alla scuola e alle università, le guide più riconosciute all’epoca
per la diffusione culturale.
L’Italia e l’Inghilterra hanno risposto diversamente a questa richiesta di
informazione scientifica, sia per modelli culturali di riferimento diversi, sia per
strategie e storia certamente divergenti.
8
1.1 LA DIVULGAZIONE SCIENTIFICA NELLA TV ITALIANA
L’avvio della programmazione, avvenuta il 3 Gennaio 1954, coincide da subito
con la storia della divulgazione scientifica.
Il 7 Gennaio prende il via “Una risposta per voi”, imperniata
sull’indimenticabile figura del Professor Cutolo. La trasmissione utilizza un
linguaggio ed un modello divulgativo proprio della radio, dalla quale il
conduttore proviene. In onda in prima serata, alle 21, Cutolo ospita con un
istrionismo tipico del napoletano verace quale è, diversi ospiti in studio, con i
poveri supporti scenografici che la tv dell’epoca consente, offrendo al suo
pubblico pillole di conoscenza, “tenendosi sempre attentamente in superficie ma
su un campo molto esteso”
3
, come ha avuto modo di dichiarare lo stesso Cutolo.
La sua chiacchierata amabile cerca di divulgare scienza e conoscenza in un
paese in cui, è bene ricordarlo, circa un italiano su tre non sa leggere. E’ logico
dunque che l’intenzione pedagogica sia quella prevalente, ed essa pervaderà per
molto tempo le trasmissione del genere.
Ben presto la RAI si accorge che lo spettatore medio della prima serata,
estremamente vasto ed eterogeneo, è maldisposto a sorbirsi lunghe ed
impegnative serate culturali. Hanno così la meglio documentari di viaggi o
esplorazioni, rubriche sulla vita e il comportamento degli animali (tendenza che
continua ancora oggi), rassegne di invenzioni e curiosità. Si cerca dunque un
compromesso che possa soddisfare quell’esigenza del pubblico di
acculturazione, rispondendo dunque al ruolo pedagogico- educativo ricoperto
dalla RAI stessa, e al tempo stesso attirare lo “spettatore medio”. Inizia ad essere
trasmesso, dal 14 settembre 1954 “Le avventure della scienza”, condotto da
Enrico medi alle 18:30.
3
A. Grasso, Storia della televisione italiana, Garzanti, Milano, 1992.
9
In mezz’ora si passano in rassegna molte notizie singolari, cercando una risposta
ai quesiti più impensati. Medi conduce il telespettatore fin all’interno di
laboratori di fisica e chimica, nel primo tentativo italiano di portare la scienza in
casa del cittadino.
L’intenzione di “somministrare” la scienza a piccole dosi e con un’offerta
rapida, caratterizza anche “Enciclopedia di lascia o raddoppia?”, che dal 1956
mostra in immagini delle “voci” enciclopediche, occupando solamente 15
minuti.
Per superare il limite dei tecnicismi ci si rende ben presto conto, e si tratta
probabilmente della prima operazione market oriented della tv di stato, che i
programmi divulgativi possono approfondire al meglio le loro materie in un
orario in cui il pubblico non è quello generico e vasto della prima serata. Dal
registro “medio e mirato, una giusta mediazione tra linguaggio tecnico ed
esclusivo e linguaggio divulgativo, pur mantenendo un certo rigore di fondo”
4
della prima serata, si passa ad un’informazione scientifica più completa e
puntigliosa nei programmi di seconda serata.
“L’amico degli animali” di Angelo Lombardi ne è l’esempio più lampante.
Trasmesso a partire dal 7 febbraio 1956, alle ore 22, prosegue fino all’anno
successivo, per ben 78 puntate. La trasmissione ha una connotazione molto
popolare, in cui Lombardi mette in scena l’uomo bianco, il Tarzan dominatore
del mondo animale. Così, con un lessico colloquiale e dunque facilmente
recepibile dall’italiano medio, Lombardi divulga i principi dell’etologia, ovvero
l’arte di studiare il comportamento degli animali rispettandone le loro
caratteristiche e bisogni. Ne “L’amico degli animali” a detta di Aldo Grasso,
possiamo riscontrare la nascita di quel genere che oggi continua in
“Superquark”
5
. Certo la visione proposta è ancora antropocentrica, la natura
deve piegarsi all’uomo, è una gita allo zoo, ben diversa dai documentari girati in
4
E.Schiavini, “Scienza e divulgazione scientifica in televisione dalle origini agli anni ‘60”, in G.Bettetini e
A.Grasso (a cura di), Lo specchio sporco della televisione, Fondazione Giovanni Agnelli, Torino, 1988, pag.1,
cap.II.
5
A.Grasso, cit.
10
natura cui siamo abituati oggi. A fare spalla a Lombardi vi sono una valletta e un
personaggio di colore vestito da ascaro (etiope italianizzato) il cui compito è
quello di portare in scena gli animali. La concezione ideologica è dunque
insopportabile, eppure è il primo programma che inizia il filone che prosegue
nel 1958 con “I racconti del naturalista” e approda ai giorni nostri con “L’arca di
Noè”, tutti programmi che veicolano al tempo stesso un’idea al tempo stesso
ecologista e naturalista della scienza.
“La macchina per vivere”, del 1957, inizia lo sganciamento dal tentativo
iniziale della RAI di veicolare la cultura non come luogo elitario di
“coltivazione intellettuale”, ma come riscoperta di valori incarnati in una civiltà,
anche e specialmente in quella civiltà in via di sparizione come quella contadina.
Si passa dunque dal tentativo di riappropriarsi del proprio passato, dalla poesia
popolare alla religione e al rito, ad una divulgazione culturale che cerca di
sconfiggere le superstizioni, le illusioni e le false credenze popolari. “La
macchina per vivere” ripropone in studio gabinetti scientifici per spiegare con
esperimenti e inserti filmati le fondamentali funzioni del corpo umano.
Sempre nel 1958 prende il via “Telescuola”, vere e proprie lezioni di
avviamento professionale che danno la garanzia di un regolare diploma di scuola
media professionale, primo corso di istruzione tv in Europa. La dimensione
educativa è chiaramente basilare. Sulla stessa onda troviamo “Non è mai troppo
tardi”, ciclo di trasmissioni per adulti analfabeti, grazie al quale Alberto Manzi
diviene il maestro per antonomasia. Oltre un milione di analfabeti italiani
ottengono simbolicamente un diploma elementare, ma lo stesso Manzi fa notare
come questo programma faccia in modo che sempre più persone, soprattutto le
meno acculturate, riversino la loro speranza nell’attività della televisione.
11
Nasce un mito, quello della televisione come liberatrice dall’ignoranza,
addirittura canalizzatrice di forza spirituale, fino a divenire nell’immaginario
collettivo fonte di indicazione per un miglioramento morale, capace di abolire
ogni disuguaglianza.
“Telescuola” e “Non è mai troppo tardi” sono i prodromi del nascente, di lì a
poco, “Dipartimento Scuola Educazione” (DSE).
Nel 1963 fa il suo debutto “Almanacco”, un ampio contenitore che spazia tra
argomenti inerenti la storia, la scienza e l’umanità. La trasmissione è divisa in
quattro momenti che toccano ognuno un diverso sapere umano e che vengono
introdotti singolarmente, in modo da non compromettere l’elemento sorpresa del
servizio successivo. Ci si accorgerà della macroscopica differenza con i
programmi odierni presi in esame da questa tesi, ove gli argomenti vengono
presentati in pillole in un sommario all’inizio della trasmissione.
Tornando ad “Almanacco”, in onda alle 21 di ogni Giovedì, esso non è un
rotocalco di curiosità, tantomeno di attualità. Il Comitato di Direzione è
composto da importanti studiosi e docenti universitari. “Il criterio che, dietro un
apparente casualità, ha orientato la scelta degli argomenti [...] è quella di
privilegiare tutti i temi che possono meglio servire a dare il senso dell’avventura
umana sulla Terra, questa catena di successi ed errori, esperienze di un momento
in un angolo qualunque della Terra che diventano patrimonio di tutti nella
lunghissima staffetta della storia”
6
6
“Radiocorriere” 3-8-1966.
12
Tutte le trasmissioni finora presentate hanno in comune il modello espressivo e
comunicativo: quello narrativo. Le numerose rubriche costruite a “enciclopedia”
possiedono una struttura ancor più semplificata, suggerendo quasi una
scommessa con il telespettatore: “Lo sapevate che..?”. Inevitabile dunque che in
simili trasmissioni, primi tentativi di divulgazione scientifica al grande pubblico,
il discorso scientifico ceda molto spesso il passo alla curiosità, trasformandosi in
una sorta di insieme di notizie strane e poco note.
L’Italia cambia, vi è un notevole balzo economico negli anni Sessanta, nasce la
seconda rete RAI e le trasmissioni divulgative si sganciano da un’eccessiva
tendenza pedagogizzante, per approdare a nuove formule.
Nel 1966 debutta “Orizzonti della scienza e della tecnica”, fortunata
trasmissione curata e presentata da Giulio Macchi fino al 1973, sempre in
seconda serata. Talvolta la puntata è monotematica, altre volte è divisa in tre
momenti, collegati dalla presenza in studio di Macchi. I servizi esterni passano
da un laboratorio all’uomo comune, nel tentativo di coinvolgere un vasto
pubblico sottolineando un legame, e non un divario incolmabile, tra scienza e
vita. Nelle trasmissioni monotematiche una voce competente fuori campo funge
da guida esperta, sensibilizzando ed orientando tra le informazioni, cercando di
rendere più umana la figura del ricercatore. Spesso dei servizi vengono offerti
come autentici scoop, relegando il programma all’attualità, fornendo perciò
l’idea di un continuo contatto e aggiornamento con il mondo scientifico, dando
insomma l’impressione di sapere sempre l’ultima novità scientifica. Si delinea
quindi un taglio duplice: da una parte la comprensibilità dell’argomento trattato
e dall’altra una tendenza al sensazionalismo, senza però mai indulgere troppo
sulla spettacolarizzazione a tutti i costi.
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Anche “Sapere” costituisce uno dei primi esempi di grandi cicli televisivi
dedicati alla scienza. In palinsesto dal 1967 al 1971, sempre in preserale (alle
19:15), è un programma esplicitamente didattico, che si propone ad un pubblico
adulto nell’orario del rientro a casa. Lo scopo è quello di fornire ogni giorno un
argomento legato ad un tema monografico, proponendo anche temi prettamente
scientifici (vi sono puntate sulla fisica, la matematica, l’astronomia). In una
prospettiva umanistica ed antropocentrica il discorso sulla scienza diviene uno
strumento di emancipazione messo a disposizione del più vasto pubblico
possibile. Il fine è dunque l’istruzione permanente, senza ricercare lo scoop,
divenendo quindi una succursale del telegiornale, bensì cercando le cause, le
ragioni e gli approcci più corretti.
Nel 1970 prende il via “Habitat”, che si propone di divulgare temi inerenti
l’ambiente e le condizioni di vita sul nostro pianeta. I filmati sono i motori
principali della trasmissione, e vengono analizzati e commentati in studio da
esperti invitati da Giulio Macchi. Si cerca di dare maggior importanza al dato
che non all’esperto, la cui autorità risulta secondaria.
Lo stesso anno “Medicina oggi” comincia le sue trasmissioni, in onda su RAI
DUE in terza serata al Giovedì sera. E’ il primo esperimento di medicina in tv.
Lo scopo è quello di fornire un aggiornamento medico, palesemente di taglio
informativo, più che scientifico. La sua capacità di venire incontro ai piccoli
problemi quotidiani di salute dei telespettatori ne garantisce il successo.
“Boomerang, ricerca in due sere” debutta sempre nel 1970 e sempre in seconda
serata, sfruttando anche “l’effetto traino” di “Rischiatutto”. In due serate
presenta un tema al Giovedì sera che viene poi dibattuto in studio la sera
successiva con l’intervento di giornalisti, ospiti ed esperti, spaziando da temi
storici, a temi scientifici, passando per quelli di attualità. L’intenzione è quella
di instaurare un discorso aperto col pubblico, in grado di dare diverse soluzioni
al problema posto.
14
“Check up”, nato nel 1977, prosegue su questa falsariga, e con filmati e chiare
spiegazioni di un “comitato scientifico internazionale” promette di facilitare la
formazione di una “coscienza sanitaria”. Non si riscontra il modello di lezione
universitaria, bensì l’alternanza di testimonianze di esperti, malati, luminari e
medici, che permette al pubblico di autodiagnosticarsi.
Nel 1981 la tragedia di Alfredo Rampi, bimbo caduto e morto in un tombino a
Vermicino, segna una svolta in televisione. Termina un ciclo iniziato con lo
sbarco sulla Luna. Se quest’ultimo è stato il trionfo della scienza e della
tecnologia che conquista territori lontani, Vermicino è la sconfitta della
tecnologia, battuta dall’asprezza di una terra impenetrabile. E’ in questo
momento che matura una visione nuova della scienza in televisione, dedita ad un
progetto neopositivista, il cui primo fautore e sostenitore è Piero Angela.
Il suo rinnovamento nasce negli Anni ’80, con “Nel cosmo alla ricerca della
vita”, in cui affronta in nove documentari le tappe del lungo cammino del
pianeta Terra, dalla formazione della vita a quello dell’intelligenza. I contributi
sono realizzati in gran parte grazie alla NASA, impegnata nei primi passi del
progetto SETI (Search for Extraterrestrial Intelligences), basata sulla ricerca di
eventuali segnali radiostellari provenienti dallo spazio e di natura intelligente.
Nel 1980 inizia “Quark” dello stesso Angela, che forte di un linguaggio
semplice e allo stesso tempo impeccabile, informale nelle posture, elegante e
sportivo al tempo stesso nell’abbigliamento, diviene l’indiscusso leader della
divulgazione scientifica in televisione. Ottiene il prime time in RAI dalla quinta
edizione, conservando un orientamento didattico proprio della tradizione
televisiva italiana. La formula originale prevede tre, massimo quattro servizi di
aree disciplinari anche molto lontane tra loro, ma sempre magistralmente
collegate le une alle altre dal conduttore. Angela ricorreva spesso a
semplificazioni, offrendo così maggior comprensione ai neofiti e anche
un’opportunità di aggiornamento agli specialisti all’ascolto. Il suo fine fu
dichiaratamente quello di aiutare una “cultura della caciotta” a fare il salto nella
15
“cultura postindustriale”
7
. Dal 18 Marzo del 1981 vengono introdotti i filmati
della BBC che, con il passare degli anni e delle formule (da “Il mondo di Quark”
a “Quark in pillole”) divengono sempre più di taglio zoologico ed etologico e
occupano gran parte se non l’intera trasmissione.
Con “Quark” il taglio della divulgazione scientifica in televisione è più
marcatamente di genere tecnico- scientifico, che non umanistico, come era in
“Sapere”.
Il programma trascende addirittura la classica “stagione” e offre delle protesi di
sé anche nel periodo estivo, con “Quark speciale”, in cui Angela funge da
tessitore dei diversi servizi. Nel tempo si estese il campo di azione del
programma con “Quark economia”, ergendo così Angela a padre putativo della
divulgazione scientifica televisiva, proponendosi come la guida di giovani e
adulti alla scoperta del mondo che ci circonda.
Le nascenti televisioni private non stanno certo a guardare e Canale 5 propone
“Big bang” con Jas Gawronsky, che emula “Quark”, ma con un intento più
marcatamente spettacolare. Proposta in seconda serata, con replica al sabato
pomeriggio, la trasmissione verte su 35 minuti divisi in diversi temi, ognuno dei
quali veniva introdotto e poi commentato dal conduttore. I filmati hanno spesso
una notevole eterogeneità di provenienza, si va da riprese di esterni a immagini
di laboratorio, mentre costante risulta la ripresa in studio, con Gawronsky seduto
su di avveniristiche poltrone. Un’analisi del programma chiarisce come esso
verta più sulla notizia e sullo spettacolo che non sulla scienza, qui utilizzata
come semplice contenitore dei primi due campi semantici
8
.Il valore di
notiziabilità risulta quindi immensamente più importante di quello di
scientificità.
7
Cfr. A.Grasso, cit.
8
M. Martinelli e B. Mascherpa, ”Un caso di divulgazione scientifica in una televisione privata”, in G.Bettetini e
A.Grasso (a cura di), cit., pagg. 161-173.
16
Infatti l’accento viene posto più che altro sulle applicazioni tecnologiche,
dunque sono palesi il desiderio di stupire il proprio pubblico, l’enfatizzazione
del progresso e le profezie avveniristiche. Si può parlare di “intrattenimento
scientifico” che permea la logica dell’intero programma.
Gli Anni ’80 segnano anche il passaggio ad una maggior consapevolezza del
linguaggio della tv, che necessita di immagini e riprese di buona qualità estetica,
formule comunicative accattivanti. Contemporaneamente si nota anche come i
programmi di divulgazione scientifica vengano ghettizzati in seconda serata e
l’offerta televisiva del genere divulgativo tenda a scomparire definitivamente.
L’ultimo decennio di questo secolo ha visto la RAI garantire i tre quarti
dell’offerta di divulgazione scientifica, anche per il palese interesse delle reti
Fininvest nei confronti di altri programmi che garantiscono più audience. Si
deve naturalmente tenere conto dell’ondata di ribasso che ha caratterizzato
l’opzione culturale in televisione. In anni di benessere economico, di
divertimento a tutti i costi, in cui lo yuppie prende il sopravvento sul cittadino
impegnato culturalmente e socialmente, è inevitabile che il medium per
eccellenza converta la propria offerta, svestendo i panni pedagogici, per
indossare quelli dell’intrattenitore
La medicina, che pare essere la maggior calamitatrice di audience, assolve gran
parte del ruolo di divulgatore; nascono così “Medicina 33”, “Visita medica”,
“Più sani più belli”, “Il medico in diretta”, “Quando c’è la salute”, “Un milione
di ore, istruzioni per vivere 100 anni”. Si registra in questi anni anche la
scomparsa delle discipline fisico-matematiche, che si ritagliano i loro piccoli
spazi all’interno della programmazione televisiva dalla DSE, vista la necessità di
un linguaggio para- cattedratico.
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Sulle reti private vanno in onda “Jonathan Reportage”, “L’arca di Noè” e
“Visita medica”, tutti caratterizzati dalla presenza di uno sponsor e molte sono le
richieste al pubblico di inviare contributi per la salvaguardia di una specie o di
scrivere racconti sulla natura per vincere ricchi premi. Le reti RAI, invece,
invitano a scrivere solo per mandare consigli o partecipare alla trasmissione,
riducendo quindi al minimo la contaminazione tra divulgazione e
sponsorizzazione.
Nascono i leaders, i divulgatori per eccellenza e, a fianco del solito Angela,
troviamo Licia Colò, Ambrogio Fogar e Giorgio Celli, che si rifanno
rispettivamente ad uno stile riconoscibile ed amichevole, all’immagine
dell’uomo d’avventura e alla figura dello studioso.
L’offerta più recente di divulgazione scientifica è rappresentata dai programmi
che verranno analizzati in questa tesi, ovvero “Superquark”, di fabbricazione
RAI, e “La macchina del tempo” di marca Fininvest.