Introduzione
Io non penso all'arte quando lavoro.
Io tento di pensare alla vita.
(Jean-Michel Basquiat)
La nostra arte è la nostra vita. Il patrimonio culturale e artistico del nostro
Paese è specchio delle nostre menti, ed esso dipende da chi lo ha in cura.
Il presente lavoro nasce da un paradosso: ricca di arte e vestigia del passato,
l‟Italia appare disattenta rispetto alle professioni museali che dovrebbero averle in
cura e trasmetterne il significato.
Questi mestieri sono strategici e indispensabili per la nostra sopravvivenza,
per il nostro benessere, per la crescita e il futuro della comunità italiana. Le figure
professionali costituiscono le linee guida lungo le quali si sono originate
peculiarità, funzioni e mutamenti dei nostri musei.
Per più di un secolo, la funzione di tutela degli oggetti e dei monumenti che
costituiscono il patrimonio culturale della nostra nazione, la funzione di custodia e
diffusione dei loro significati fu affidata a specialisti che operavano in edifici
adatti a contenere e a esporre gli oggetti del patrimonio, e cioè nei musei. Questi
uomini organizzavano la produzione scientifica, amministravano le dotazioni
finanziarie, definivano le azioni indirizzate verso la crescita culturale della società
e verso l‟educazione delle giovani generazioni, e garantivano la sicurezza delle
collezioni. Su tutto ciò vigilava lo Stato, che controllava sia il livello qualitativo
dei direttori e dei conservatori assumendoli attraverso duri concorsi, sia il livello
della produzione culturale del museo.
Con gli anni, si sono avute considerevoli trasformazioni, soprattutto in
seguito ai tagli dei finanziamenti pubblici, comportando irreversibili modifiche al
ruolo stesso del direttore di museo, che non incarna più meramente la figura di
studioso che governa il museo, presumibilmente lontano dal trambusto della
politica e del mondo esterno, ma svolge attività che hanno sempre meno a che fare
con l‟arte e che comprendono operazioni di marketing e di “fundraising”.
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Questo processo è affrontato nel seguente lavoro delineando, nel primo
capitolo, le figure cardine di direttori che hanno contribuito a tali trasformazioni,
fino ad arrivare, nel corso dei capitoli, alla situazione corrente e a definirne i tratti.
Le figure dei direttori di museo più carismatici hanno assunto in periodi
diversi il ruolo di guida; la narrazione prende le mosse da Parigi, nell‟ultimo
decennio del XVIII secolo, con Dominique Vivant Denon, direttore del Louvre
nel 1802, che apre le porte del museo al pubblico, costituendo un modello in
Europa e in America; all‟inizio del XX secolo si sposta a Berlino, dove Wilhelm
von Bode presenta le opere d'arte con ricostruzioni del loro ambiente storico
d'origine; approda poi in America, nel 1929, con la nascita del Museum of
Modern Art e la nomina a direttore di Alfred H. Barr, il cui approccio all‟arte è
connotato da un netto orientamento didattico. Fu il primo, inoltre, a concepire
l‟idea di un museo con un‟“immagine aziendale”, dando il primo contributo alle
successive trasformazioni della figura del direttore. Il risultato più enfatizzato di
tale concezione fu quello di Thomas Hoving, direttore del Metropolitan Museum
of Art di New York, che virò con troppa decisione in direzione del pubblico, con
una spiccata propensione commerciale.
È possibile iscrivere in questa trama la gran parte delle istituzioni, ed è
possibile, infatti, analizzare anche la storia dei musei del nostro Paese attraverso le
figure carismatiche di direttori, che ci hanno, in primo luogo, slegato da una
concezione didascalica del museo, che era privo della capacità di comunicare con
il pubblico, contribuendo, dunque, alla nascita del museo come spazio attivo e
democratico. È anche sulla scorta delle idee sviluppate in America che direttori
quali Palma Bucarelli, Paola Della Pergola, Fernanda Wittgens e Alessandra
Mottola Molfino hanno operato in questa direzione.
La disattenzione di cui è vittima oggi la figura del direttore in Italia è da
ascrivere a forti carenze del sistema dei beni culturali: l'assenza di una precisa
definizione delle professionalità impegnate nel settore e, conseguentemente, dei
requisiti necessari per svolgerle. La diagnosi del problema si definisce nel
secondo capitolo.
Per la soluzione al problema sono stati concepiti dalle Associazioni museali
documenti che sarebbe utile condividere, come La carta delle professioni museali
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e il documento ministeriale sugli standard di qualità del 2001, le quali
definiscono le linee da seguire per un corretto funzionamento dell‟istituzione
museale, collocando la figura del direttore come centrale ed essenziale al buon
esito delle funzioni del museo.
Sulla base di questi documenti è possibile analizzare, nel terzo capitolo, le
caratteristiche salienti che dovrebbe possedere un direttore di museo, affinché
svolga nel più efficiente dei modi la sua attività, in cosa consiste il suo lavoro (in
una comparazione con la figura del curatore), quali competenze dovrebbe detenere
e quale formazione dovrebbe conseguire. In merito all‟ultimo aspetto si è rilevata
una grande inadeguatezza del sistema formativo italiano a rispondere ai nuovi
bisogni dei musei e del patrimonio culturale.
Conforme all‟evoluzione che ha interessato la figura del direttore negli anni,
si è diffuso il termine di “manager culturale”: si analizzano tali trasformazioni e
la loro applicazione in Italia, considerando pertanto un confronto con l‟estero, i
cui Paesi appaiono decisamente più preparati in proposito. Si evince, dunque, la
distanza esistente tra il nostro mercato del lavoro e quello omologo anglosassone
o americano, soprattutto in seguito ad una formazione degli amministratori
culturali ben più organizzata e strutturata. In Italia, è inoltre frequente che alla
guida dei musei ci sia un volontario: vi sono numerosi musei anche interamente
gestiti da volontari.
Nel quarto capitolo sono affrontate le difficoltà di questo mestiere.
Considerando le gravi carenze del sistema dei beni culturali, soprattutto in merito
alle professioni museali, si possono delineare gli elementi che gravano sulla
professione del direttore, che è chiamato ad affrontare grandi ostacoli. In primo
luogo, una difficoltà dell‟organizzazione del lavoro, che comporta compiti sempre
più numerosi, allontanandolo progressivamente dalla sua funzione principale:
quella di storico dell‟arte.
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1. Il direttore di museo nella storia
Più l'arte è controllata, limitata,
lavorata, e più è libera.
(Igor Stravinskij)
Attraverso la figura del direttore i musei si sono evoluti, hanno reagito ai
mutamenti politici e sociali, hanno rispecchiato le dinamiche e la natura della
società, sono divenuti i musei di oggi. La concezione di museo è cambiata
radicalmente nel tempo e ancora muterà: relativamente agli scopi, alla tipologia di
utenti e all‟approccio tenuto nella selezione degli oggetti esposti.
Nonostante l‟incertezza che regna oggi intorno alla figura del direttore di
museo, essa rappresenta la linea guida lungo la quale si sono avute tali
trasformazioni, che hanno finito per modificare il ruolo stesso del direttore.
1.1. Figure influenti in Europa
Durante il Medioevo e il Rinascimento si costituirono preziose raccolte
d'arte nelle abbazie e nei monasteri, nei palazzi ducali e principeschi, dove le
collezioni dei nobili erano raccolte per il loro esclusivo piacere e per meravigliare
gli ospiti. I primi gabinetti si formarono in Italia; poi il gusto del collezionismo si
diffuse in tutta Europa, a partire dal XVII secolo. Tutte queste raccolte formarono
i nuclei dei musei d'arte che sorsero in gran numero nel XVIII e XIX secolo.
Nel Settecento sorgono in Europa i musei di Parigi, Roma, Londra, Berlino,
e costituiscono i prototipi di museo in senso moderno. La Rivoluzione francese fu
un momento storico che ebbe conseguenze irreversibili sulla storia del concetto di
museo. Di qui in poi si avrà una forte evoluzione dell‟idea di museo che,
concepito inizialmente come istituto fine a se stesso, cassaforte senza aperture, si
svincolerà dall‟aura sacrale di cui si era connotato, costituendo un mezzo di
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comunicazione tra interno ed esterno, tra opera d‟arte e vita, “umanizzandosi,
democratizzandosi, senza però desacralizzarsi”. 1
La Francia ci offre il primo esempio di museo concepito non solo come
contenitore di pezzi di valore, ma capace di considerare il pubblico in quanto
fruitore dell‟arte. Il museo non è con assoluta evidenza il luogo che per tanto
tempo abbiamo voluto credere che fosse; è invece un luogo la cui peculiarità è da
ascrivere alla capacità di cambiare in continuazione, è una costruzione culturale
eccezionalmente flessibile, molto esposta a interferenze esterne.
E l‟esempio ci è stato fornito da Dominique Vivant Denon, nominato
direttore del Louvre da Napoleone nel 1802. Uomo di traboccante entusiasmo e
audacia, concepì l‟allestimento dei dipinti di Raffaello generando un modello da
seguire. Riuscì a rappresentare il corso dell‟attività dell‟artista coniugando finalità
pedagogiche e gusto estetico, per la prima volta.
Denon aveva ideato un allestimento fondato esclusivamente sulla
cronologia, sul percorso artistico e sulle scuole nazionali. Riuscì inoltre a creare
un senso all‟interno del terrificante insieme di opere d‟arte, rinvenute dal processo
di confisca dei beni durante la Rivoluzione francese del 1789, proprio perché
considerati “beni nazionali”. Sotto la direzione di Denon, il Louvre stabilì con
chiarezza quale metodologia adottare, costituendo un modello che i musei europei
e americani seguiranno fino ai primi decenni del XX secolo. A differenza delle
raccolte private dei principi, dove si rivelava la sensibilità e il gusto personale del
collezionista, il nuovo museo, fortemente orientato in senso didattico, fu
concepito come un archivio universale, con il fine di fornire un sapere
enciclopedico. Da questa concezione derivò anche la separazione e distinzione
delle varie discipline e la definizione dei quattro settori fondamentali in cui per
molto tempo verrà articolato il patrimonio museale: arte, storia, scienze naturali e
tecnica.2
Altra caratteristica della didattica museale di Denon fu il compito morale
che il museo si doveva assumere, offrendo al pubblico un‟opportunità di
1
LACLOTTE, Michel, Storie di musei. Il direttore del Louvre si racconta, Il Saggiatore, Milano
2005.
2
CATALDO, Lucia, Il Museo oggi. Linee guida per una museologia contemporanea, Hoepli,
Milano 2007, (cap. 2).