Il molestatore assillante esiste probabilmente dal principio della storia dei
rapporti umani; tuttavia la novità consiste nel fatto che solo da poco tempo il
comportamento di stalking è considerato come categoria distinta e separata di
comportamento deviante.
Le molestie assillanti rappresentano un fenomeno in cui la componente
soggettiva gioca un ruolo fondamentale (ciò che è molesto per una persona può non
esserlo per un’altra), diversamente da altri tipi di crimine quali ad esempio l'omicidio o
la violenza sessuale la cui evidenza non lascia spazio per incertezze.
Invece nello stalking (così viene denominato nei Paesi anglosassoni) non c'è
certezza della perpetrazione del reato in quanto il senso di fastidio, di intrusione, di
controllo e di paura (proprio perchè sensazioni) sono soggettivi e personali ed è quindi
difficile stabilire una soglia superata la quale si possa dire che questo tipo di reato è
stato certamente ed oggettivamente commesso (ed è quindi legalmente perseguibile).
Il termine “stalking”, d’altra parte, deriva dal linguaggio tecnico della caccia,
traducibile in italiano con “fare la posta”.
In molti Paesi, come la stessa Italia, gli ordinamenti legislativi nazionali
ignorano tale reato. Il motivo va ricercato sia nella tradizionale resistenza ad invadere
la vita privata e familiare dell'individuo, tipica dei Paesi europei, soprattutto alla luce
del fatto che di solito il molestatore è un ex partner, sia alla difficoltà di riconoscere un
comportamento che oggettivamente configuri tale reato; difficoltà in cui
necessariamente verrebbe ad imbattersi chi ha il compito di reprimere le condotte
criminose.
Non bisogna neanche dimenticare che le vittime sporgono denuncia solo in un
piccola percentuale, motivo per cui si può ritenere che le notizie pervenute circa la
perpetrazione del reato sono solo una ridotta parte di un fenomeno, a quanto pare,
sommerso.
Così facendo però si va incontro al rischio che la vita privata di una persona
arrivi ad essere stravolta nelle sue abitudini, cominciando da un (relativamente) poco
importante cambio di numero di telefono, passando magari per un cambio di residenza
e arrivando fin dove la paura (per sé stessi e per i propri familiari) e la coscienza di non
essere minimamente tutelati, portano.
Possono essere messe in atto, infatti, molestie relativamente poco gravi e
magari non durature, ma anche condotte protratte nel tempo e di notevole gravità
(spesso crescente), tali da condizionare e “segnare” significativamente la vittima sul
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piano psicopatologico, relazionale ed esistenziale, fino ad arrivare a condotte
gravissime, fortunatamente non frequenti, ad esito omicidiario.
Nel primo capitolo sarà affrontata la costruzione dello stalking come categoria, i
comportamenti che, singolarmente o in gruppo, possono essere classificati come
molestie assillanti e infine verrà esposto un quadro della diffusione del fenomeno e
delle “casistiche” maggiormente frequenti.
Il secondo capitolo tratterà della psicologia dello stalker, esaminato nei suoi
tratti psicologici (spesso psicopatologici) fondamentali, nelle sue motivazioni, nelle
caratteristiche a lui appartenenti. Saranno esaminate anche le diverse tipologie di
stalker, caratterizzate da diversi comportamenti caratteristici e tratti di personalità, che
sono state studiate negli anni da molteplici Autori. Sarà poi analizzato il rischio di
violenza (fisica e non) associata ai tratti di personalità dello stalker.
Nel terzo capitolo verrà approfondito il tema della vittima di molestie assillanti,
in particolare delle conseguenze (soprattutto a livello psicologico) che lo stalking
comporta; verrà analizzato poi l’identikit della vittima e il danno esistenziale che essa
subisce in seguito a molestie assillanti.
L’ultimo capitolo, infine, esporrà l’argomento del trattamento psicologico
rivolto allo stalker e alla vittima di molestie; saranno poi affrontati i temi del
riconoscimento e della prevenzione dello stalking e saranno esaminate le principali
strategie al fine di difendersi dalle molestie, nonché le più importanti azioni di aiuto nei
confronti delle vittime. Verrà approfondita una nuova forma di stalking, denominata
cyberstalking.
Sarà sviluppato, soprattutto da un punto di vista critico, il tema della
giurisdizione e della legislazione riguardante lo stalking e saranno esaminati i rapporti
tra vittime di molestie assillanti e forze dell’ordine. Nell’ultima parte, infine, saranno
esposti due casi di cronaca che, a causa del loro tragico epilogo, sono finite sulle pagine
dei quotidiani.
Lo stalking rappresenta un fenomeno nuovo semplicemente perché solo da
qualche anno gli è stato attribuito un nome, che i mass media adottano sempre più
frequentemente per i casi di cronaca che, partendo da un insieme di comportamenti
caratterizzati da molestie, sfociano nell’omicidio della vittima.
In realtà i comportamenti caratterizzanti lo stalking esistono da tempo, ma è solo
dalla fine degli anni ’80 che essi sono classificati sotto questa definizione. Inseguitori,
erotomani, maniaci sono sempre esistiti, ma il fenomeno spesso non trovava spazio
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all’interno dei mezzi di comunicazione di massa e le vittime di persecuzioni vivevano in
un isolamento che le portava a non comunicare ciò che gli stava accadendo.
Già agli inizi del secolo scorso Clérambault individua la sindrome
dell’erotomania e la colloca nell’ambito dei deliri cronici di tipo passionale. All’interno
di questa sindrome, il paziente riporterebbe una convinzione delirante di essere amato
da un persona importante e metterebbe in atto comportamenti caratterizzati da
sorveglianza, controllo, ricerca di comunicazione e contatto, scatenando reazioni
difensive da parte della vittima (a loro volta interpretate in chiave delirante).
Tuttavia è dagli inizi degli anni ’80, in seguito ad episodi che coinvolsero
personaggi dello spettacolo (soprattutto negli Stati Uniti d’America), che il fenomeno
dello stalking inizia ad attirare l’interesse dei media. Possono essere citati a tale
proposito i casi di cronaca delle attrici Theresa Saldana e Rebecca Schaeffer, assassinate
a Los Angeles dai loro stalkers rispettivamente nel 1982 e nel 1989.
Furono proprio questi due avvenimenti ad ispirare la prima legge anti-stalking
entrata in vigore nel 1991 in California. Da allora il tema dello stalking e la peculiarità
della relazione persecutore-vittima hanno iniziato a suscitare “l’interesse scientifico
degli psichiatri e dei medici forensi”.
Tuttavia, è solo dagli ultimi 9-10 anni che è fiorita la letteratura scientifica in
tema di stalking.
In Italia sono da ricordare soprattutto i contributi scientifici di Galeazzi e Curci
(2002) ed Aramini (2002).
Da un punto di vista etimologico, il termine “stalk” è traducibile nella nostra
lingua come “caccia in appostamento”, “pedinamento furtivo”, “avvicinarsi
furtivamente”; la parola “stalking” significa “cacciatore in agguato”, “chi avanza
furtivamente”.
Tuttavia questi termini non rendono giustizia al significato letterale in lingua
anglosassone, dove “stalker” è chi pedina la propria vittima per scopi puramente
molesti.
Il verbo “to stalk” è altrettanto traducibile con il significato di “inseguire
furtivamente la preda” e deriva dal linguaggio tecnico-gergale venatorio. Benché non
esista una definizione universalmente accettata, stalker è comunque colui che si
“apposta”, che “insegue”, che “pedina e controlla” la propria vittima.
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Quest’ultima definizione sembra essere quella più vicina al comportamento
tipico dello stalker, che è infatti quello di seguire la vittima nei suoi movimenti per poi
intromettersi nella sua vita privata.
In Italia, Galeazzi e Curci (2002) hanno proposto di tradurre il termine stalking
in “Sindrome del molestatore assillante”.
Si possono inquadrare le Molestie Assillanti come un insieme di comportamenti
di sorveglianza e di controllo, ripetuti, intrusivi, volti a ricercare un contatto con la
“vittima”: questa ne risulta infastidita, preoccupata, spaventata, può essere costretta a
modificare il proprio stile di vita, fino a giungere in alcuni casi a manifestare una
sofferenza psichica conclamata.
La definizione dello stalking risulta difficile perché il fenomeno descrive una
costellazione comportamentale complessa, che può avere diverse motivazioni anche,
ma non solo, di pertinenza prettamente psicopatologica.
Lo stalking comprende una serie di attività che sfumano in comportamenti
accettati socialmente e considerati normali, quali sono i tentativi di ristabilire una
relazione interrotta, ma che possono diventare oggetto di attenzione clinica oltre che di
quella legale, per pervasività, coerenza e persistenza nel tempo, effetti psicologici sul
destinatario e rischio di violenza associato.
La relazione molestatore/vittima nasce da una differente percezione della realtà e
del significato dei comportamenti adottati nel proseguire dello stalking.
Esiste un certo accordo circa i requisiti cardine che sono necessari per poter
parlare di stalking: ripetizione dei comportamenti, sviluppo nel tempo, corteo
comportamentale polimodale dei comportamenti molesti, effetto psicologico sulle
vittime e intento doloso del molestatore (quando è individuabile).
La Sindrome delle Molestie assillanti si articola sulla triade molestatore-
molestie-molestato, e comprende:
-un attore (molestatore) che sulla base delle sue particolari motivazioni individua
una persona nei confronti della quale sviluppa un'intensa polarizzazione ideo-
affettiva e verso la quale passa all’atto;
-una serie ripetuta di comportamenti aventi i caratteri della sorveglianza e/o
comunicazione e/o ricerca di contatto (telefonate, lettere, e-mail, appostamenti,
sorveglianze, minacce, etc.). A questi comportamenti corrispondono diversi tipi
di risposte da parte del bersaglio che vengono a costituire, insieme agli agiti del
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molestatore, la tipica dinamica relazionale e comunicativa della specifica
coppia;
-una persona individuata dall'attore (vittima) che percepisce soggettivamente
come sgraditi e intrusivi tali comportamenti e, per definizione, li avverte con
associato senso di paura e minaccia; a tali azioni disturbanti la vittima risponde
adottando cambiamenti nel proprio stile di vita; molto spesso purtroppo la
vittima subisce conseguenze psicologiche;
-a volte possono aggiungersi una serie di comportamenti associati che segnalano
l’intensificarsi delle molestie assillanti, quali il passaggio dalle minacce esplicite
agli atti di violenza su cose (danni alla proprietà) e persone (la vittima o chi si
frappone).
Da questa proposta di descrizione-definizione si evince come la riunificazione di
comportamenti diversi sotto l’etichetta di stalking sia essenzialmente interpretativa e
come da essa originino vari problemi di difficile risoluzione.
Lo stalking è un fenomeno caratterizzato principalmente da intrusività, varietà e
continuità. Per quanto riguarda il carattere della ripetizione, una problematica riguarda il
fatto che è teoricamente possibile mettere in atto le molestie utilizzando modalità e
comportamenti tutti differenti tra loro, senza necessariamente ripetere ciascuno di essi.
Tuttavia, anche se così fosse, rimarrebbe presente il carattere di continuità e
persistenza dell’intento nel tempo, nonché quello di minacciosità percepito dalla
vittima.
Non esiste inoltre un accordo riguardo il numero minimo di azioni moleste
necessarie per poter parlare di stalking, né sull’arco di tempo in cui si devono
sviluppare.
C’è da sottolineare inoltre che molto spesso non è semplice individuare
precisamente il momento in cui ha avuto inizio lo stalking; nel caso dei comportamenti
assillanti che nascono alla fine di una relazione di coppia, ad esempio, il controllo e
l’intrusività sovente precedono la decisione di un membro della diade di porre fine alla
relazione, rendendo così incerti i confini di inizio dello stalking.
Di certo l’elemento più controverso e di difficile chiarimento nella definizione
del concetto di stalking è quello relativo al vissuto della vittima di paura,
preoccupazione, intrusione rispetto ai comportamenti dello stalker. Le preoccupazioni e
i timori della vittima oltre ad essere dimensionali e soggettivi sono influenzati da
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soggettivo
“variabili interindividuali, quali il genere ed il contesto culturale di appartenenza, oltre
che da quelle individuali relative alla specifica personalità della vittima e alle sue
esperienze passate”.
Differenti contesti culturali possono, inoltre, influenzare la percezione soggettiva
del significato dei comportamenti oggetti di studio, condizionando la valutazione del
pericolo di tali comportamenti.
Si è detto che i comportamenti molesti esistono da tempo; ma come mai si è
iniziato a parlare di Sindrome delle molestie assillanti solo di recente?
Lo stalking trova terreno fertile in una società dove l’altro è estraneo; in questo
senso esso può essere visto come una creatura della contemporaneità. Lo stalking
scaturisce dal conflitto esistente tra il bisogno di individualismo senza vincoli e il
desiderio di un’intimità idealizzata.
Può essere inquadrato inoltre alla luce di una nuova concezione della privacy,
che nella nostra società è simbolizzata sempre più come un diritto-feticcio. Da tale
simbolizzazione può nascere un conflitto tra il desiderio di privacy e la presa di
coscienza della sua fragilità, che porta allo svilupparsi di paure di intrusioni incarnate
nello stalker.
Non è da trascurare poi il mutato ruolo che ricoprono le donne all’interno della
contemporaneità; tradizionalmente, infatti, la costruzione della relazione e del
corteggiamento avveniva a partire dalla figura maschile. Fino ad oggi si è constatato che
molti casi di stalking rappresentano il tentativo, da parte degli uomini, di reinserire
forzatamente le donne nel consueto ruolo di accondiscendenza e passività. Persiste
inoltre il non-riconoscimento del diritto di una donna di porre termine ad una relazione.
Tutte queste problematiche contribuiscono ad inquadrare lo stalking in una
“nuova” costellazione comportamentale, anche se le azioni che lo caratterizzano sono
già da tempo conosciute singolarmente.
I comportamenti di molestia assillante sono caratterizzati da uno scenario in cui
lo stalker, per specifiche motivazioni che appartengono alla sua individualità, sceglie di
ossessionare un’altra persona mettendo in atto ripetute, indesiderate comunicazioni e/o
intrusioni che vengono inflitte alla vittima e che producono in essa paura.
Lo cerca di sottrarre all’altro il potere ed il controllo della propria vita
spesso mediante il sistematico isolamento della vittima dalla famiglia, dagli amici e in
genere da tutti i sistemi di relazioni sociali.
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stalker
La violenza può essere fisica e/o psicologica; la violenza fisica comprende l’uso
di qualsiasi atto teso a far male od a spaventare la vittima. Essa non riguarda solo
l’aggressione fisica grave, che causa ferite richiedenti cure mediche, ma anche ogni
contatto fisico mirante a spaventare ed a rendere la vittima soggetta al controllo
dell’aggressore.
La violenza psicologica consiste in una serie di atteggiamenti intimidatori,
minacciosi, vessatori, denigratori e di tattiche di isolamento realizzate dalla persona che
molesta e consiste in ricatti, insulti verbali, colpevolizzazioni pubbliche e private,
ridicolizzazioni e svalutazioni continue, denigrazioni ed umiliazione pubblica e privata.
La componente psicologica più grave consiste nella imprevedibilità
dell’aggressione. La diversità di condotte dello stalking è assai ampia ed include una
gamma di attività che hanno come unico limite la fantasia dell’autore. A causa di questa
eterogeneità, i singoli comportamenti non vanno mai decontestualizzati, ma è necessario
osservarli nella cornice dell’intera durata della campagna di molestie.
Per delimitare e distinguere lo stalking da altri comportamenti considerati come
“benigni atti di corteggiamento” si può applicare una semplice regola: nel caso in cui la
vittima si senta molestata, provando angoscia e paura per i comportamenti ripetuti da
parte di qualcuno, siamo in presenza di stalking, indipendentemente da quale sia il reale
comportamento.
I comportamenti di molestia assillante possono essere raggruppati in tre
categorie:
1.comunicazioni indesiderate (telefonate, lettere, fax, e-mail, biglietti, graffiti,
etc.);
2.contatti indesiderati (approcci diretti, pedinamenti, sorveglianza);
3.comportamenti associati, quali: invio di doni, richiesta o annullamento della
richiesta di beni o servizi a nome della vittima, inserzioni e annunci pubblici,
reclami, iniziative legali pretestuose, minacce e aggressioni (fisiche o sessuali).
Solitamente lo stalker agisce da solo nel mettere in atto tali comportamenti;
tuttavia a volte il molestatore può coinvolgere complici, amici o conoscenti nel
portare avanti la propria campagna di molestie;
Spitzberg (2002) ha concettualizzato una classificazione dei comportamenti più
dettagliata, che comprende sei categorie:
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1.iper-, comprendente azioni come comunicazioni e contatto diretto con la
finalità di esprimere affetto o di intensificare la relazione con l’altro;
2.pedinamento, vicinanza e sorveglianza, che riassumono una vasta gamma di
attività con lo scopo di mantenere il controllo sulla vittima;
3.invasione, che ha l’effetto di invadere la legittima privacy della vittima
attraverso il furto o la violazione di domicilio;
4.pedinamento ed intrusione svolti da terzi, i quali sono utilizzati dallo stalker per
raccogliere informazioni o per mantenere un contatto con la vittima;
5.coercizione e costrizione, in cui la forza fisica o psicologica è utilizzata per
ottenere un controllo sulla vittima;
6.aggressione rivolta alla vittima, alle sue proprietà oppure a persone o oggetti
cari alla stessa.
(2002) distingue i comportamenti messi in atto dallo stalker in due
categorie:
1.comunicazioni intrusive (telefonate, lettere, sms, e-mail);
2.contatti.
Questi ultimi sono a loro volta suddivisibili in:
•comportamenti di controllo diretto (come pedinare, spiare, sorvegliare);
•omportamenti di confronto diretto (visita sul lavoro, minacce, violenze,
intrusione, furti).
In maniera schematica i comportamenti, sebbene si presentino con maggiore
frequenza in modalità mista, sono stati così classificati:
lettere e fiori 60%
telefonate 78%
pedinamento 75%
sorveglianza sotto casa 35%
danno alla proprietà 35%
violazione di domicilio 26%
visita sul luogo di lavoro 40%
appostamenti vari 40%
minacce di violenza 76%
violenza a terzi 6%
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c««««««««««
Mullen
intimità
violenza fisica di diversa entità 37%
violenza sessuale 10%
tentato omicidio 3%
omicidio/omicidio familiare 5%
omicidio/suicidio 5%
Come si può osservare, tale classificazione non rispecchia i criteri di ordine di
frequenza, quanto quelli di gravità. Tra i casi estremi la violenza a terzi, solitamente
animali, deve essere concepita come vera e propria minaccia da non sottovalutare in
quanto spesso sconfina con la possibilità omicidiaria.
Dalle ricerche americane è emerso anche che la vittima è stata avvicinata
indifferentemente nei locali dell’ambiente universitario o all’esterno. Una buona
percentuale riguarda i primi: residence, aule, biblioteche o telefoni pubblici sono spesso
stati buone occasioni di approccio. Il comportamento tuttavia è stato protratto,
coinvolgendo quindi anche altri ambienti, per una durata media di 1 anno e 8 mesi.
Nel caso in cui il molestatore sia qualcuno con cui la vittima abbia intrattenuto
una relazione intima, la durata media cresce a 2 anni e 2 mesi.
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