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Introduzione
Lusso e usato: termini distanti e differenti, ma non troppo...
Il seguente lavoro si propone infatti di dimostrare l‘esistenza di un segmento lusso
nel mercato vintage. Attraverso l‘analisi di questo mercato e del new luxury
l‘obiettivo della tesi è quello di comprendere in quale momento, in che modo e a
quali condizioni un abito o un accessorio usato, di seconda mano, vecchio può
diventare addirittura lussuoso.
Il mondo della moda e dell‘abbigliamento è senza dubbio ricco di spunti
interessanti per un lavoro di marketing, ma spesso questi sono già stati affrontati da
innumerevoli testi, rapporti, convegni ed esperti. Spesso resta poco di inesplorato,
poco da scoprire, poco che incuriosisca e stimoli il reale interesse del lettore e,
perché no, di chi scrive.
Non potendomi definire una fashion victim, ma essendo ugualmente affascinata dal
settore abbigliamento, ho voluto cercare, con l‘aiuto del mio relatore, un argomento
che non fosse stato già analizzato e che, nello stesso tempo, stuzzicasse il mio
interesse e la mia curiosità.
Durante questa ricerca la parola vintage mi ha conquistata, catturando i miei pensieri
e stimolando le mie considerazioni.
Un mercato in espansione quello del vintage, su questo non ci sono dubbi. Ma
qual è il perché di questa crescita? Cosa stimola e spinge i consumatori ad acquistare
degli abiti che, scopri un po‘, non sono semplicemente usati? Quali caratteristiche ha
il consumatore tipico? Quali sono i meccanismi di marketing e le leve che stanno
dietro questo mondo? E come si compone il mondo distributivo, la filiera vintage?
Mentre cercavo una risposta a tutte queste domande mi sono imbattuta in casi di
eccellenza dove lusso e usato si intrecciano.
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Nasce da qui la volontà di studiare le caratteristiche e le tendenze del settore lusso,
per individuare il punto d‘incontro con il mercato vintage.
Molto è stato scritto sul mondo del lusso e sulle tendenze in atto. Fisken e
Silverstein hanno affrontato il tema della democratizzazione nel loro lavoro intitolato
―Trading up‖. Giampaolo Fabris ha scritto numerosi testi sulle caratteristiche del
consumatore post-moderno e sui cambiamenti in atto nei comportamenti di consumo,
che indubbiamente toccano il mondo del lusso.
Poco o nulla è stato scritto invece sul mercato del vintage. Ad accezione del dossier
ad opera dell‘Istituto dei Beni Artistici, Culturali e Naturali della Regione Emilia –
Romagna (―Vintage. La memoria della moda‖) uscito pochi mesi fa, le informazioni
si trovano principalmente sulle pagine di periodici o su quelle di Internet. Le fonti
più attendibili nonché ricche di dettagli sono però i diretti interessati, ossia
consumatori e rivenditori. Per questo motivo la gran parte del mio lavoro trae dati e
indicazioni da interviste e ―sopralluoghi‖.
Il lavoro, diviso in quattro capitoli, parte da uno studio trasversale dei due
mercati in questione: quello del lusso e quello del vintage.
Iniziando dal concetto di lusso, si analizzano le caratteristiche, gli universi ed i
segmenti di questo mercato. Si procede poi con l‘analisi di quelle che sono le
tendenze in atto riscontrabili nel comportamento del consumatore post-moderno. Si
definiscono in tal modo le basi che spiegano la nascita di un nuovo universo
soprannominato new luxury, caratterizzato da nuove regole che in parte colludono in
parte si sovrappongono alle tradizionali norme di funzionamento del ―vecchio‖ lusso.
Nel settore moda il tempo svolge un ruolo fondamentale. Se da un lato le grandi
catene fast fashion impongono un abbigliamento standardizzato ed un ciclo di
produzione e di utilizzo dei capi sempre più breve, dall‘altro la storia della moda
trova una sua allocazione sempre più spaziosa nella personalizzazione del modo di
vestire.
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Il legame tra moda e tempo è un continuo rincorrersi di significati che nel 2010
trovano ampio rimando nel termine vintage.
D‘annata e non più semplicemente usato. Questa è la differenza che sempre più netta
si va a delineare nell‘analisi che, nel secondo capitolo, riguarda le leve di marketing
nel mercato vintage.
Mediante una ricerca svolta direttamente sul consumatore vintage, di cui illustro le
caratteristiche principali, analizzo le leve del prodotto, del prezzo, della
comunicazione e della location.
Nel terzo capitolo l‘analisi riguarda invece le leve del retail mix. Dopo un breve
excursus sui punti vendita di abbigliamento e accessori vintage oggetto della ricerca,
si analizzano le strategie di comunicazione e di definizione del prezzo di questo
mercato. E‘ interessante scoprire quali sono i canali di approvvigionamento per
prodotti sempre più difficili da reperire, soprattutto in Italia. Uno spazio a sé viene
inoltre dedicato al tema dell‘e-commerce, che nel mercato del vintage sta muovendo
i primi passi.
All‘interno di questi due capitoli si indaga inoltre il peso che alcune griffe hanno nel
determinare prezzo, successo e domanda dei prodotti d‘epoca. Maison che hanno
fatto la storia della moda e del costume, come Chanel, Gucci, Hermés, Vuitton
Lanvin ed altre ancora, che scopriremo strada facendo e ci condurranno fino al
fantastico mondo del luxury vintage.
Nell‘ultimo capitolo scopriremo come i temi affrontati precedentemente si
incontrano e si fondono in un unico segmento di mercato, sicuramente di nicchia, ma
ugualmente affascinante. I prodotti vintage trovano nella loro unicità, nella storia che
incorporano, nel tempo trascorso, una nuova vita. Che sia essa nei musei, nelle aste,
negli archivi aziendali poco importa. Ciò che conta è però che c‘è un segmento di
consumatori che riconosce un sovraprezzo e abbina l‘aggettivo lusso a capi e
accessori ormai datati.
Un caso di eccellenza in questo mercato è rappresentato dai gallery-store di Elio
Ferraro, presenti in Italia nelle città di Firenze e Milano e all‘estero a Londra.
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Ampio spazio sarà ad esso dedicato nell‘ultimo paragrafo, a dimostrazione del fatto
che il mio lavoro di tesi su fonda su realtà commerciali e di marketing realmente
esistenti.
Essendo un lavoro di tesi sperimentale e soprattutto innovativo, l‘utilizzo
preponderante di articoli di giornale e Internet è giustificato dal voler rendere dati il
più possibile specifici e attuali, tali da consentire un lavoro critico e utile al lettore
per conoscere un mercato ancora poco valorizzato e nelle stesso tempo permettere
un‘analisi il più possibile vicina alla realtà.
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Capitolo 1 Il mondo del lusso ed il mercato del vintage
1. IL LUSSO
1.1 Il concetto di lusso
«Luxe: besoin qui commence où finit la nécessité» (Iribe 1932).
―Datemi il lusso! Farò a meno del necessario‖ (O. Wilde).
Lusso: uno dei concetti più concreti ed immateriali al tempo stesso (P. Calefato
2003).
Questo termine deriva dalla voce latina luxus che significa letteralmente eccesso,
intemperanza, dissolutezza, ma anche fasto e magnificenza.
Il concetto di lusso resta dunque sospeso tra una valenza negativa ed una positiva, tra
il bene ed il male.
Queste due opposte interpretazioni da sempre attribuite al termine lusso sono
evidenti nel dibattito tra Voltaire e Rousseau, all‘interno del quale il primo riconosce
una funzione positiva allo sviluppo del lusso nelle classi elevate poichè fonte di
lavoro e sostentamento dei poveri. Voltaire si batteva a favore della proprietà e della
ricchezza, alle quali opponeva pigrizia, povertà e distruzione delle arti sostenendo
che “Una legislazione restrittiva del lusso sarebbe ben vista solo dai pigri ...e dai
poveri invidiosi che non vogliono lavorare o permettere a chi lavora di godersi la
vita”.
Per contro Rousseau sosteneva che: ―Il lusso nutre un centinaio di poveri nelle nostre
città e causa la morte di centomila di loro nella nostra campagna; il denaro che
circola nelle mani dei ricchi e degli artisti per soddisfare la loro domanda di beni
superflui, è perduto per la sussistenza dell’operaio…‖.
Osservando questi significati si evince quanto il lusso sia sempre stato strettamente
legato al possesso dei mezzi di produzione, alla ricchezza ed al controllo sociale, ma
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le sue manifestazioni ed interpretazioni sono state diverse nei differenti modelli di
società, periodi storici e nelle diverse culture, alternando periodi e luoghi in cui viene
considerato come il vizio, la sregolatezza, l‘eccesso, e quindi bandito da leggi che
regolavano il consumo di alcuni beni, ad altri in cui il lusso è potere, ricchezza e
felicità.
La lettura meno severa del lusso, sebbene già presente in epoche storiche precedenti,
sta vivendo oggi un momento di forte affermazione che deriva dall‘evoluzione in atto
nei contesti socio-culturali delle economie avanzate.
Oggi il sito di Wikipedia definisce il lusso come ―l'abitudine a consumi di elevata
gamma qualitativa e di costo. È uno stile di vita e di comportamento che privilegia
l'acquisto e/o il consumo di prodotti e oggetti, spesso superflui, destinati ad ornare il
proprio corpo o la propria abitazione‖.
Il lusso è ostentazione, superfluo, ma nello stesso tempo è necessario, è desiderio, è
sogno. E‘ proprio la sua superfluità che, prosciugando gli oggetti della loro utilità, li
trasforma in strumenti di estetica, bellezza, raffinatezza e seduzione. D‘altronde
proprio nelle parole di Coco Chanel “il lusso comincia dove finisce la necessità. Non
è il contrario della povertà ma il contrario della volgarità”, ritroviamo un lusso
inteso come arte, cultura, gusto, perfezione, eternità, mito, emozione, rarità ed
esclusività.
Il lusso è un atteggiamento che trae soddisfazione dal superfluo, da una raffinatezza
non necessaria e che come tale può avere le applicazioni più varie, dalla fruizione
artistica all‘uso del tempo libero, dai decori ed arredi alle più disparate comodità, da
ogni velleità a particolari amenità.
Thierry Paquot, un giovane filosofo francese in ―Elogio del lusso‖, dopo aver
analizzato molte forme del lusso contemporaneo, scrive: "Il lusso, per come lo
intendo io, richiede non soltanto un'approfondita conoscenza di sé stessi, ma anche
il dominio di sé, in modo che possiamo continuare a provare desiderio ovvero che
possiamo rimanere nella suspence o in uno stato di sospensione, e dunque evitare
quell'atteggiamento invidioso, geloso, insoddisfatto che adotta invece colui che
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desidera sempre ciò che non otterrà mai. Ecco - prosegue Paquot - questo equilibrio
squilibrato ai miei occhi rievoca il lusso: una tensione (il desiderio), un'intenzione
(l'attesa) e un'attenzione (il piacere). Questo ciclo gaudente ininterrotto, che si ripete
ancora e ancora, appaga colui o colei che lo ricerca e non si fonda per forza sul
circuito monetarizzato dei beni e dei sevizi. Da questo punto di vista si pone al di
fuori del mercato" (Paquot 2007).
Il lusso non è più solo definito in base al denaro dunque, ma è una distinzione basata
su scelte di vita autonome, consapevoli, felici. Questo è il nuovo lusso, di cui parlerò
nel terzo paragrafo.
1.2 Il mercato del lusso
Nonostante il mercato del lusso abbia negli ultimi tempi subito qualche battuta
d‘arresto, soprattutto dopo gli avvenimenti dell‘11 Settembre 2001 e della crisi
finanziaria, il ―capitalismo del lusso‖ è un ―capitalismo duraturo‖ perché è mondiale.
Viene generato soprattutto dalla richiesta interna dei paesi emergenti, che è a sua
volta alimentata dal crescente quanto a volte spettacolare potere d‘acquisto dei suoi
cittadini, ma anche dalla richiesta delle classi medie dei paesi industrializzati, ghiotte
più che mai di punti di riferimento sociali.
Gli analisti di Bain & Company vedono rosa: il consumo globale di beni di lusso è
sceso dell‘8% nel 2009, fino a un totale di 153 miliardi di euro, ma sta già
recuperando 4 punti, e per fine 2010 dovrebbe risalire a 158 miliardi. «Tutte le
categorie stanno recuperando», ha assicurato pochi giorni fa a Milano Claudia
D‘Arpizio, analista capo di Bain per il lusso, presentando l‘indagine per la
Fondazione Alta Gamma (www.bain.com).
I numeri non sono ancora brillanti, ma è cominciata una frenata sostanziale della
caduta per quello che riguarda il made in Italy, anche se la ripresa sarà lenta e lunga
ed isegnali positivi generalizzati non arriveranno prima del secondo semestre 2010.
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Per l'abbigliamento (sempre di fascia alta) è previsto un calo del 6% nei primi sei
mesi 2010, seguito però da un aumento dell'8% nella seconda metà dell'anno.
Andamento simile per gioielli e orologi (-2% e +3%) mentre borse, scarpe e
pelletteria, come profumi e cosmetici, dovrebbero rimanere in area positiva, per
chiudere l'anno rispettivamente a +4% e +2%.
A fine anno vedremo la luce in fondo al tunnel (www.luxury24.ilsole24ore.com).
1.3 Attributi degli oggetti di lusso
―Non basta essere inutili o cari per proporre il lusso con successo, non basta essere
belli per essere desiderati‖ (Marinozzi e Tartaglia 2007).
Bernard Arnault, presidente del gruppo LVMH, insiste sul fatto che il lusso deve
rispondere imperativamente a due esigenze: "l'originalità legata alla creatività, e la
qualità eccezionale dei prodotti".
Nel mondo del lusso gli attributi tangibili lasciano gradualmente spazio al significato
simbolico ed emotivo che il consumatore attribuisce ad un determinato bene. A
questo proposito l‘amministratore delegato di Gucci riassume l‘essenza
dell‘intangibilità spiegando come Gucci ―non è nel business di vendere borse ma nel
business di vendere sogni” (Gumbel 2008).
Il sogno tuttavia deve basarsi su basi solide ed elementi tangibili e materiali.
Dubois e Laurent definiscono sei attributi che devono essere presenti in un oggetto di
lusso (Dubois e Laurent 1996):
1. Qualità eccellente conferita dalla singolarità delle materie prime utilizzate e dei
metodi di lavorazione che si distinguono per l‘attenzione alle rifiniture e si
basano su un savoir-faire stabilito e di lunga data, che conferisce un qualche
cosa in più agli oggetti realizzati.
Attenzione però, l‘eccellenza funzionale del prodotto e la sua qualità intrinseca
sono condizioni necessarie ma non sufficienti a conferire un vantaggio
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competitivo ad un‘azienda del lusso perché non sempre il consumatore riesce a
distinguerle o spesso le da per scontate (Cappellari 2008).
2. Prezzo elevato: un importo di vendita elevato dissuade un buon numero di
clienti a compiere l'atto d‘acquisto contribuendo a definire l'accessibilità o
l‘inaccessibilità dei prodotti oltre che a segnalare la qualità elevata del prodotto.
Nel mercato del lusso infatti la domanda è anelastica o addirittura può avere
elasticità positiva (la domanda cresce all‘aumentare del prezzo). Questo avviene
soprattutto nel lusso esclusivo in cui il valore simbolico sintetizzato da un
prezzo fuori portata può essere sufficiente a connotare l‘appetibilità di un bene.
Nel lusso democratico invece, il prezzo elevato deve coniugarsi agli altri fattori
elencati di seguito.
3. Rarità/Unicità: rarità e unicità sono due sinonimi con differenze sostanziali,
soprattutto se considerati nell‘ambito del lusso. Ciò che è raro non è fatto per
essere manipolato, mentre ciò che è unico sì. Unici sono un‘opera d‘arte, un
gioiello. Rari un pellame, una pietra, un metallo, l‘edizione di un libro antico.
Ciò che è unico è destinato a rimanerlo a lungo, mentre ciò che è raro spesso è
giunto a diventarlo in virtù del suo esaurimento o della sua usura materiale (P.
Calefato 2003).
Entrambi questi termini implicano una difficoltà di reperimento, in un mercato
dove poca offerta a poca domanda sono incompatibili con una distribuzione
massificata.
4. Appello a tutti i sensi: il consumo di un prodotto di lusso costituisce
un‘esperienza edonistica e sensuale che coinvolge tutti e cinque i sensi.
5. Rapporto privilegiato con il passato: il tempo e la perennità dell'oggetto sono tra
gli ingredienti necessari a definire il lusso. Il lusso è eterno, sopravvive al tempo
perché è storia e tradizione, al di là dalle mode passeggere.
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6. Inutilità e futilità: lusso è desiderio e possesso di qualcosa che eccede il
bisogno, in termini negativi lusso è spreco.
1.4 Gli universi del lusso
Danielle Allérès distingue tre universi del lusso (Allérès 1997):
Il lusso inaccessibile corrisponde a prodotti esclusivi, fabbricati in modo artigianale e
tradizionale integrando un certo grado di tecnologia per raggiungere la perfezione.
Questi prodotti sono dei modelli e servono da riferimento simbolico. Il mercato del
"super lusso" si distingue per la fama del creatore, intorno alla quale sono fondate
l'immagine e la notorietà della marca. Le marche generate da questa categoria
esistono da molto tempo e partecipano attivamente alla storia del lusso. La posta in
gioco per queste maison prestigiose è di veicolare un‘immagine di marca forte, al
fine di garantirne la perennità.
Figura 1.1 Gli universi del lusso
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Il lusso intermedio raggruppa le prime linee dei creatori classici e include i modelli
di quelli nuovi. Utilizzando dei materiali meno nobili e rivelando una composizione
meno complessa, questi prodotti sono fabbricati in serie limitata.
La strategia marketing adatta a questo universo è elaborata ed ha per scopo di
mettere in risalto la qualità e l'originalità dei prodotti abbinante a prezzi mediamente
accessibili. Sono prodotti fabbricati e diffusi in serie limitata e promossi grazie a una
comunicazione ristretta ai media più importanti.
Il prêt-à-porter, i profumi e gli accessori in pelle fanno parte, ad esempio, del lusso
intermedio.
Il lusso accessibile rompe con i criteri selettivi del "super lusso". Si tratta di beni
prodotti industrialmente, di estensioni di linea. Il ―populuxe" comprende, alle volte,
l'attività accessoria di una maison de couture. Questi prodotti sono contemporanei,
alla "moda"; il loro costo è medio e il rapporto qualità/prezzo è ben studiato, in
relazione con le aspettative della clientela toccata.
Oggi il 98% del mercato del lusso corrisponde al lusso accessibile (Chevalier e
Mazzalovo 2008). Questa classificazione dunque, per quanto utile a spiegare
l‘origine del mercato del lusso, non è sufficiente a spiegare l‘attuale situazione di
questo settore.
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1.5 I segmenti del lusso
Figura 1.2 I segmenti del lusso
Lusso Accessibile
È il primo livello del lusso, quello più basso e popolare, quello degli escursionisti
casuali.
A prima vista può sembrare semplicemente moda e superfluo solo un po‘ più cari. In
realtà è già lusso perché, a differenza della moda, non dura una sola stagione ma
contiene uno stile che sopravvive alle tendenze; è ―indemodabile‖ perché ha dentro il
tempo. Attenzione però: il lusso non è la moda, ma non è neppure il demodè, ―è un
sottile strato sedimentario che con tempi che appaiono geologici, nella scala del
tempo degli oggetti, si sovrappone ad un altro, senza cancellarlo di colpo, e che sarà
ricoperto a sua volta, con gli stessi tempi, da un altro, solo un po’ più attuale
(Marinozzi e Tartaglia 2007).
I prezzi del lusso accessibile vanno dal 50% al 300% in più rispetto ai prodotti del
non-lusso, ma restano alla portata delle tasche di una larga fetta della popolazione
(almeno metà dei consumatori per i prodotti a più basso scontrino e almeno un quarto
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per gli acquisti di valore più alto). Non si tratta quindi di prodotti per gli ―happy few‖
(pochi ricchi), ma di 50 milioni di consumatori negli Stati Uniti e 10 milioni in Italia
che possono concedersi un borsa di Louis Vuitton, o un capo Armani (Silverstein e
Fiske 2004).
Il suo essere un lusso a buon mercato e quindi presente quasi obbligatoriamente in
molte classi sociali lo rende, però, un lusso impersonale perché non descrive il
proprietario del bene e non spiega di per sé la motivazione d‘acquisto. Può infatti
essere scelto per l‘amore verso un oggetto speciale, oppure per amore della ricchezza
necessaria a possedere quel bene.
Lusso Rassicurante
J.P. Sartre diceva che il lusso non designa soltanto una qualità dell‘oggetto
posseduto, ma anche una ―qualità del possesso‖. L‘aspetto rassicurante di questo
lusso è proprio nella scelta individuale, nella consapevolezza che non c‘è
ostentatività nelle motivazioni di acquisto, nella certezza che il suo eccesso di valore
e di superfluità è legittimo perché fondato sulla conoscenza profonda di tutto il
pregio che contiene, su una relazione tra il consumatore e l‘oggetto potentemente
intima.
E‘ il lusso di una piscina Jacuzzi o di un Aston Martin preferita ad una Ferrari.
Lusso Imbarazzante
E‘ un lusso intermedio, compreso tra quello accessibile e quello inaccessibile, ma
con un‘origine diversa: non è guidato dal gusto, non è lo sviluppo o la soddisfazione
di una passione, ma semplicemente il voler mostrare sé stessi attraverso la
materializzazione del denaro. E‘ il ―nouveaurichisme‖, il lusso opulento, l‘opulux,
come lo definisce Twitchell (Twitchell 2002). E‘ una costruzione sociale, una
―lussificazione‖ del consumo, è ostentazione, è denaro. E‘ il logo della griffe sulla
maglietta, è una festa sfarzosa, una villa più grande, uno yacht più lungo.
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Lusso Aristocratico
Questo è il vero lusso inaccessibile, quello di un‘élite che ha bisogno di essere
riconosciuta come tale. Un lusso riservato a pochi, fortemente regolato e ritualizzato.
E‘ un lusso che si fonde con uno stile di vita esclusivo e che non per forza passa
attraverso il prezzo. E‘ il modo più complesso e difficile di essere ricchi e potenti, ma
è anche l‘unico lusso che, nella sua misura smisurata, non costa un euro in più di
quello che vale. E‘ il lusso di un albero genealogico che risale al primo millennio o
quello di una dimora raggiungibile solo in elicottero.
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2. NUOVE TENDENZE DEL CONSUMATORE POSTMODERNO
Lo stato attuale della società può essere definito post-modernista e questo ha un
impatto non trascurabile sulla sociologia dei consumi, dato che c‘è stato un
mutamento di fondo nell‘uso simbolico dei beni (Corrigan 2002).
In questo paragrafo analizzerò le caratteristiche fondamentali del consumatore post-
moderno, alla luce delle quali andrò poi a definire il nuovo concetto di lusso nel
paragrafo successivo.
Post-modernismo e macrotendenze
Nei Paesi industriali avanzati l‘epoca della modernità sta sfumando verso quella della
post-modernità. Cause di questo passaggio sono l‘emergere delle nuove tecnologie
dell‘informazione, l‘avvento della Grande Rete (Fabris 2008) e del network. Tutto
ciò, unito al fenomeno della globalizzazione, presuppone una nuova metodologia di
analisi delle scelte di consumo e sfocia nella nascita del consumatore pos-tmoderno.
Molto è cambiato negli ultimi anni sul fronte del consumatore, che si caratterizza per
una crescente autonomia ed indipendenza nei confronti del mondo della produzione e
della marca. Non è più un consumatore passivo, ma attivo e curioso, potendo contare
sull‘accesso ad una massa fino a ieri impensabile di informazioni sui prodotti e sui
punti vendita.
Se nell‘epoca della modernità la domanda era trainata dall‘offerta e dunque il
consumo era un di cui della produzione e da essa dipendeva in quanto suo
linguaggio, nella nuova era della post-modernità esso assume una nuova centralità
che si allontana dal legame fin troppo stretto con la produzione riproponendosi come
linguaggio di sé stesso. Perde i suoi significati tangibili per divenire comunicazione,
proprio perché con le nostre scelte comunichiamo costantemente a noi stessi e agli
altri (Fabris 2003).