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Nel capitolo successivo si tenterà una prima sintesi di quanto emerso
nella fase di ricerca preliminare, con la conseguente formulazione dell’ipotesi su
cui si baserà la seconda parte del lavoro.
Verrà poi illustrato, nel sesto capitolo, lo strumento individuato come più
idoneo per la nostra ricerca, il questionario, e le diverse fasi che hanno portato
alla sua realizzazione e somministrazione.
Nel settimo capitolo verranno analizzati i dati emersi dai questionari
distribuiti ai frequentatori assidui della discoteca che serviranno a comprendere
sia il rapporto che hanno con essa, sia la loro reale capacità di individuare e
adeguatamente valutare le situazioni di pericolo; un analogo lavoro di analisi
verrà poi effettuato nel successivo capitolo prendendo però in considerazione i
dati analogamente raccolti da una popolazione di confronto, caratterizzata
dall’avere un rapporto saltuario con il mondo della discoteca.
Si passerà poi, nel nono capitolo, ad esaminare l’eventuale esistenza di
differenze significative tra i due campioni considerati per verificare se esista una
evidente diversità nelle capacità dei soggetti appartenenti ai due gruppi di
valutare i rischi connessi ad alcune situazioni pericolose.
Nelle conclusioni si cercherà di riassumere quanto di significativo emerso
dal lavoro svolto.
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CAPITOLO 1
LA DISCOTECA:
UN FENOMENO IN CONTINUA EVOLUZIONE
Fin dall’antichità la danza, rappresentando uno dei più importanti
linguaggi espressivi e di comunicazione, è stata oggetto, nelle diverse epoche
storiche, di molteplici procedure di impostazione e di divieto che, partendo
dall’idea che essa sia un luogo “trasgressivo” rispetto ai codici della morale
dominante, ne hanno imbrigliato la naturalità dei movimenti. Danza e musica
quindi, intesi come strumenti di comunicazione autoespressiva e socializzante,
non sono un’invenzione recente, ma affondano le loro radici nella storia del
genere umano. Come rileva Garavaglia (1996) le feste danzanti, la musica ed il
canto hanno da sempre assunto una forte importanza nella celebrazione di
alcuni momenti di vita particolarmente importanti: dai riti religiosi, alle feste
itineranti di Caterina de’ Medici che duravano intere settimane, a quelle della
corte di Carlo V articolate su due giorni senza pause o intervalli. Ciò che nel
corso dei secoli ha provocato scandalo è stato il passaggio di questi riti dai
palazzi dell’aristocrazia ai luoghi della cultura di massa, scatenando ogni volta
campagne allarmistiche presso l’opinione pubblica.
Bollon (1991) riconduce la comparsa delle sale da ballo come luogo
specifico di divertimento popolare, ai grandi mutamenti introdotti dalla
Rivoluzione francese: le sale da ballo erano rivolte in particolare ai nuovi ceti
della borghesia arrichitisi grazie alle sfortune degli aristocratici e alle operazioni
di riassegnazione delle proprietà. A partire da questo momento lo sviluppo e la
diffusione di questi locali si estende nel corso dell’Ottocento e, veicolato
dall’industrializzazione e dalla forte urbanizzazione, coinvolge anche il
proletariato. É soprattutto con il Novecento che il ballo si afferma come una
delle principali occupazioni del tempo libero della classe operaia e come una
delle poche occasioni di incontro tra i sessi.
Le discoteche, in cui la pratica del ballo si configura come linguaggio di
comunicazione attraverso il corpo assumendo una specifica sintassi di
movimenti, gesti e figure che riflettono le caratteristiche della cultura, la struttura
e i conflitti della società, si sviluppano in Europa nei primi anni Sessanta,
ponendosi come alternativa “povera” rispetto ai locali con orchestre e gruppi
musicali. Se ancora negli anni Cinquanta la pratica del ballo richiede una
continua ”messa al lavoro” anche nel tempo libero, con movimenti e pratiche
fortemente regolamentate (Antonelli e De Luca, 1995), con l’esplosione della
musica rock il ballo si separa dal “lavoro” e diventa pura espressione
individuale. Sul piano della danza si assiste ad una progressiva eliminazione
delle regole e delle forme codificate dei movimenti: irrompe l’improvvisazione,
predomina l’espressività individuale, libera e spontanea, scompare lo schema
della coppia come vincolo figurativo.
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In Italia la nascita e lo sviluppo delle discoteche si colloca sulla scia della
tradizione delle “balere”, delle sale da ballo, dei dancing che sorgono
principalmente nelle aree urbane e nelle località turistiche nel secondo dopo
guerra. Secondo Torti (1997) una prima svolta significativa nel modo di
intendere le sale da ballo avviene intorno alla metà degli anni ‘50, quando a
Rimini sorge lo spazio Whisky go-go. In esso per la prima volta compaiono,
precursori delle moderne discoteche, piatti per i dischi con la testina a
grammofono (in sostituzione dell’orchestra), casse di amplificazione e un DJ
che seleziona e propone i brani musicali. Inizia così l’epoca dei cosiddetti
”Whisky go-go”, locali che si pongono come elemento di rottura rispetto ai
modelli di organizzazione del ballo nelle balere di periferia. Essi, concepiti per il
target dei ceti in ascesa figli del boom economico, assumono le vesti di locali
eleganti, dove è preferibile entrare in coppia, dove lo spazio per ballare è
limitato a favore di tavolini e séparé e dove il ballo diventa un elemento
secondario. Fino alla metà degli anni ‘60 i nuovi locali del divertimento legati al
ballo e alla musica rivolgono la loro attenzione alle fasce sociali medio-alte,
curando con grande attenzione la scelta e la qualità delle diverse performance
di spettacolo, musica, danza e cabaret.
Verso la fine degli anni ‘60 l’apertura del più grande locale d’Europa,
“l’Altro Mondo” di Rimini, da il via ad una nuova fase, che segna il passaggio dai
consumi d’élite ai consumi di massa, dai locali esclusivi ai locali aperti al grande
pubblico, e che vede l’attenzione degli operatori spostarsi verso i nuovi
protagonisti del consumo: i giovani. Come evidenziano Antonelli e altri (1995) la
progettazione del locale delinea i caratteri della discoteca di quel periodo:
”costruire il magico e l’irreale per forzare e rompere il mondo pratico e inerte
che ci opprime può diventare una strada per la ricerca di momenti di libertà”. La
discoteca così pensata, definita del ”tempo radicale” (Torti, 1997), si propone
come contenitore multifunzionale: musica, ballo, spettacolo, dibattiti, happening,
yoga sono le sue attività. Tale nuova tendenza viene influenzata dai movimenti
di protesta del ‘68 che, se da un lato introducono un attivismo politico
estremamente intenso e coinvolgente che sembra spazzar via l’interesse per il
divertimento ed il disimpegno, dall’altro apre “una stagione di liberazione:
liberazione attraverso i movimenti e la gestualità, liberazione da griglie di
comportamenti consuetudinari e da modelli di fruizione precodificati” (Torti,
1997).
Come rileva Chambers (1986) la “disco music” nasce in America
all’interno delle culture periferizzate, fra le minoranze, nei club gay o in locali di
Harlem. É intorno ai primi anni Settanta che, dall’incontro di queste due culture,
entrambe esaltanti la centralità erotica del corpo, nasce una musica che vede al
centro il corpo e la sua forte funzione comunicativa.
In Italia il punto di svolta è determinato dall’uscita nel 1978 del film
”Saturday Night Fever” che, esaltando la disco music, diventa il motivo portante
delle notti in discoteca (Donadio e Gianotti, 1996). Si rinnova così la funzione
della balera: un locale aperto a tutti che esalta i linguaggi del corpo, favorisce
incontri e microrappresentazioni individuali. Si diffonde a macchia d’olio la moda
di andare in discoteca, con il conseguente proliferare delle “cattedrali” della
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disco music. Nei locali nasce uno spazio, concepito quasi come una cabina di
pilotaggio, appositamente disegnato per il DJ. Rispetto al periodo della
contestazione sono ora in declino fra i giovani l’interesse e l’adesione nei
confronti dell’attività politica, elemento questo che apre la strada al disimpegno
e alla supremazia del divertimento. Nel corso di tutti gli anni ‘70 nelle discoteche
si assiste ad un progressivo e continuo perfezionamento dei canali comunicativi
attraverso l’arredo, il design, le luci, gli impianti di insonorizzazione e gli
apparecchi di amplificazione. Tutto viene costruito in funzione della diffusione
della musica e del ballo: coreografie di illuminazione, piani rialzati, pavimenti
luminosi e multipiste.
Con gli anni ‘80 muta nuovamente lo scenario: la discoteca, come
microcosmo sociale, riflette valori e modelli culturali che si affermano, più in
generale, nella società: successo economico, carriera, “rampantismo”. In questi
anni prevale la logica dell’apparire rispetto a quella dell’essere, domina
”l’impero dell’effimero” (Lipovetsky, 1989) e l’elemento fashion si impone come
discriminante, orientando gli stili di tendenza in campo artistico e culturale. In
tale contesto la discoteca diventa un ”ascensore sociale” (Torti, 1997): si
frequenta un certo locale perché è frequentato da determinate persone, perché
quella discoteca rappresenta un certo tipo di pubblico. Su tutto il territorio
nazionale le discoteche diventano vetrine della moda e laboratori delle mode in
cui regnano ”arte e spettacoli, trasgressione e lusso, eccessi di stile ed
eccedenze di denaro, iperproduzione di coreografie di autorappresentazione e
di autocelebrazione” (Torti, 1997). E così il passaggio agli anni ‘80 vede un
mutamento nel rapporto pubblico-discoteca: ora il pubblico rappresenta solo se
stesso e la discoteca si propone non più come etichettatrice di uno specifico
target, ma come luogo di aggregazione e di offerta di divertimento. É verso la
fine del decennio che nascono nuovi stili musicali e di danza, quali “l’house” e la
“techno”, che si diffondono nei contenitori anonimi e svuotati delle periferie
urbane.
La musica “house” (magazzino, deposito), come prima la disco music,
nasce a Chicago in un locale per neri e gay, tra le fasce della popolazione
marginalizzate ed escluse dai club alla moda (Fleming, 1995). Altro tipo di
musica che lentamente si diffonde è la “techno” che, affermandosi inizialmente
in America, accentua la presenza delle parti sonore prodotte dal computer
miscelandole con l’house; scompare la voce ed aumenta la velocità del BPM
(Beat Per Minute). Il termine techno descrive differenti tipi di musica: trance,
hard-core, ambient, gabberhouse, trip hop e altri. Con l’house e la techno si
forma una generazione di musicisti che fa dell’elettronica il proprio strumento
d’azione, trasformando il DJ in compositore ed interprete. La musica house
muta i significati del ballo giovanile e i codici di comportamento, alla ricerca di
emozioni più intense: si apre così la stagione dello “sballo”, della voglia di
“eccessi”. La fine degli anni Ottanta vede molte discoteche diversificare le
offerte tra l’orientamento di “tendenza” e il “commerciale”. In campo musicale
tale distinzione segna il confine tra house e generi ad essa collegati in ambito
“commerciale” (underground), e la techno e le sue diramazioni (progressive)
all’interno della “tendenza”. Il pubblico delle discoteche “commerciali” è
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maggiormente eterogeneo per età e scelte di divertimento, meno interessato
alla musica e più sensibile all’ambiente; le discoteche di tendenza, viceversa,
sono frequentate da amanti della musica techno che conoscono e scelgono gli
eventi in base ai DJ e alle proposte musicali: inclini alla trasgressione, attori di
metamorfosi agite con tatuaggi, piercing e abiti.
Dall’inizio degli anni ‘90 il panorama musicale delle discoteche si è
arricchito di due nuove realtà: i RAVE e gli AFTER HOUR. I rave compaiono in
Inghilterra alla fine degli anni Ottanta come forma di opposizione e protesta
verso il governo conservatore ritenuto eccessivamente rigido. Si tratta di feste
organizzate senza permessi ne licenze in luoghi temporaneamente occupati
che vengono definiti TAZ (Zone Temporaneamente Autonome) quali fabbriche
o edifici dismessi, che iniziano generalmente durante la notte e proseguono
senza interruzioni fino al giorno seguente. Come sottolineato da Pol (1996) ” il
rave, attraverso l’esperienza dell’ebbrezza collettiva, crea un annullamento
temporaneo delle identità e dei ruoli consolidati, seguendo la necessità di una
loro ridefinizione”, divenendo così ”una grande festa collettiva in cui la techno,
che è una musica culturale, ti aiuta a superare i tuoi limiti sociologici” (Bagozzi,
1996). L’informazione dell’evento avviene attraverso il “flyer”, un volantino molto
curato nella grafica e nei colori, che indica la data, il luogo, gli organizzatori e i
DJ che vi partecipano. Se il rave è illegal (illegale) tale materiale informativo
circola in modo informale, attraverso canali nascosti e accessibili solo a
persone accuratamente selezionate.
Con la nascita degli after hour, come spiega Melbin (1990), il processo di
colonizzazione della notte compie un ulteriore passaggio, sconfinando oltre le
ore mattutine: l’after hour infatti è una festa che di solito si svolge la domenica,
inizia alle 6 del mattino e prosegue fino al pomeriggio. L’after si presenta così
come un evento particolare, un momento di rottura rispetto alla consuetudine
delle serate nei locali. É lo spazio dove si possono accentuare comportamenti
di trasgressione, al di fuori di ogni limite, anche temporale. Se inizialmente era
un fenomeno d’élite, perché rivolto ad un pubblico di amatori e addetti ai lavori,
successivamente l’after hour si è diffuso coinvolgendo una massa di persone
sempre più ampia.
Questo mondo delle discoteche, così complesso ed articolato, a partire
dagli anni Ottanta si è sviluppato stabilendo una intelligente sinergia con le
attività turistiche, dando origine al ”divertimentificio”, un insieme di strutture
legate al divertimento, per lo più notturno, fortemente connesse alle proposte di
tipo turistico. Ma questo mondo dorato appare oggi in crisi, e le cause sono
tante: la nascita di nuovi luoghi di divertimento legati alla musica (pub, discobar
...), l’abusivismo, la crisi economica, il problema degli incidenti notturni, leggi
troppo restrittive e disequilibrate. A partire da questa crisi si fa sempre più forte
la necessità di aggiornare l’offerta, sia a livello di strutture, sia a livello di
intrattenimenti. Questa necessità di cambiamento ha portato al progressivo
costituirsi di nuove figure professionali, quali art-director, PR e direttore artistico
di cui parleremo più avanti. Unitamente a ciò si è fatta sempre più pressante ed
ineluttabile la necessità di modificare gli stili e le possibilità comunicative offerte
dalla discoteca. Il bisogno sempre più profondo di comunicare in modo più
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aperto e limpido, in un’atmosfera che vada contro la retorica del suono al limite
della sopportazione, espressa costantemente e con forza dai giovani, sta
spingendo i gestori di locali notturni a ripensare, in modo radicale, la vita del
proprio locale e le forme di intrattenimento da esso offerte. Si sta così
progressivamente diffondendo la struttura delle multisale, che consente di
presentare più proposte anche nell’ambito della medesima serata, facendo
ruotare il pubblico su diverse fasce orarie. Sempre più diffusa è l’idea di
”ecodiscoteca” (Barisio, 1995), che indica il tentativo di rivisitare i locali di
pubblico intrattenimento e spettacolo usando come criteri guida le urgenze
ecologiche e la necessità di un forte rilancio economico; si parla sempre più
spesso di post-discoteca, cioè di un uso diurno dei locali per iniziative quali
convegni, meeting, gala, mostre d’arte e così via.
Il mondo delle discoteche, oltre che essere legato al suo “far moda” e alle
“tendenze” che da esso nascono, costituisce un “evento”, una fonte di attrattiva
tale da aver dato vita ad un ampio numero di aziende legate alle sue strutture e
infrastrutture, e ad un insieme di attività ed iniziative diversificate, quali la
diffusione di testate giornalistiche specializzate, tra cui spiccano “Trend
Discotec”, “Dance Music Magazine” e “Tendence”, di network televisivi come
Match Music, e di emittenti radiofoniche quali Italia Network, Radio Deejay e
molte altre.
I dati statistici indicano che in Italia all’inizio degli anni ‘90 erano censite
più di 6000 discoteche, dato questo che fornisce un’idea dell’entità del
fenomeno. Da quanto emerge dall’indagine IARD del 1988 si rileva che nell’87 il
15% dei giovani frequentava la discoteca una o più volte la settimana, il 20%
una o più al mese, il 22% una o due volte in tre mesi. Se confrontiamo questi
dati con quelli IARD del 1993 emergono due tipi di informazioni, entrambe
estremamente significative: da un lato si assiste ad un aumento della frequenza
complessiva pari all’1,9%, dall’altro si osserva una variazione nel tipo di
fruizione che vede l’aumento di coloro che si recano in discoteca saltuariamente
e la diminuzione dei frequentatori assidui. Altro dato che evidenzia l’importanza
sociale del fenomeno discoteca è di tipo economico: è l’industria dello
spettacolo con il fatturato più alto, avendo un giro d’affari di 2.000-2.500 miliardi
l’anno, più del calcio e del cinema.