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INTRODUZIONE
«Nella tradizione filosofica, ed anche nel comune modo di pensare, la
memoria sembra far riferimento ad una persistenza, ad una realtà in
qualche modo intatta e continua, la reminiscenza (o rievocazione) rinvia
invece alla capacità di recuperare qualsiasi cosa che si possedeva un
tempo e che è stato dimenticato. Secondo Aristotele la memoria precede
cronologicamente, la reminiscenza e appartiene alla stessa parte
dell'anima alla quale appartiene l'immaginazione :è una collezione o
raccolta di immagini con l'aggiunta di un riferimento al tempo. La
rievocazione non è qualcosa di passivo: è il recupero di una conoscenza
o sensazione già avuta in precedenza. Rievocare implica uno sforzo
deliberato della mente, è una sorta di scavo o di volontaria ricerca fra i
contenuti dell'anima: chi rammemora fissa per illazione che prima ha
veduto o udito o sperimentato qualcosa e ciò è, in sostanza, una specie di
ricerca; essa spetta solo a coloro che hanno capacità deliberativa perché
anche il deliberare è una forma di illazione. La memoria è di uomini e
animali, la reminiscenza è solo dell' uomo. Nella tradizione platonica
invece come una forma di conoscenza che è collegata alla teoria della
reincarnazione. L'anamnesi platonica, non deriva dai sensi: è un
riconoscimento di essenze. L'intera conoscenza è una forma di ricordo.
All' origine sta un possesso che un tempo era presente e in seguito è
stato perduto. Quella perdita si configura come una colpa. Se le
immagini sono espressione di una realtà trascendente e rinviano ad essa,
l'arte della memoria diventa, un mezzo per far corrispondere mente ed
universo. L'arte non è più una tecnica fondata sullo studio delle
associazioni mentali e sul potere evocativo delle immagini. Le immagini
sono spiragli che mostrano una via di accesso verso le profondità dell'
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essere.. L'artista della memoria non è più costruttore di una tecnica utile
agli oratori e agli avvocati, , è l'interprete della realtà dell' universo e
del suo destino, il possessore di quella chiave universale che è nascosta e
deve restare nascosta ai comuni mortali. »
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In questa ricerca abbiamo cercato di mettere in evidenza l'importanza del
tema della memoria e dei suoi inevitabili collegamenti: l'assenza e la
perdita.
Anche se è utopico cercare di circoscrivere un così ampio tema,che trae
le sue origini sin dall'antichità, fino al suo sviluppo nelle teorie
filosofiche, storiche, psicologiche, scientifiche e letterarie del nostro
tempo, abbiamo cercato di analizzarlo sotto il profilo di tre specifici
artisti del nostro contemporaneo: Christo, Boltanski ed infine Felix
Gonzalez-Torres che hanno cercato, attraverso le loro opere di dare un
loro personale contributo a queste tematiche e agli atavici interrogativi
riguardanti la definizione di memoria, il valore dei ricordi, e la perdita e
l'assenza nella vita dell'uomo. Tutti e tre questi artisti, hanno molteplici
aspetti in comune: l'importanza del rapporto con il pubblico, la caducità
del tempo che si percepisce attraverso le loro opere , il cercar di far
sopravvivere i loro lavori,le emozioni che questi possano comunicare ma
sopratutto l'invito a riflettere, a porsi delle domande, sul proprio passato,
sulla propria identità attraverso immagini o opere non strettamente
vicine allo spettatore. I loro sentimenti sono i sentimenti di tutti.
Abbiamo preso in oggetto anche le teorie dia alcuni autori, come Proust,
Paolo Rossi (docente di Storia della Facoltà di Filosofia all'Università di
Firenze) Bertolt Brecht, Walter Benjamin, sia perché tutti loro hanno
affrontato queste tematiche nella loro vita, nei loro scritti, in maniera
utile alla mia ricerca, sia perché sono stati il fondamento, di tutti e tre gli
artisti, che li hanno condotti poi a produrre le loro affascinanti opere
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Paolo Rossi, Il passato, la memoria, l’oblio, Il Mulino, Bologna, 1991, pag. 19
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d'arte.
Christian Boltanski, artista francese di origini ebraiche, nei suoi tentativi
di ricostruzione e di archiviazione di qualsiasi traccia del passato, ha
messo in luce la contraddittorietà e inaffidabilità propria della memoria,
attraverso installazioni di foto sfumate e ingiallite e di abiti dimessi e
ammassati, che ci conducono, tra ironia e nostalgia, in un universo
fittizio, nell’assenza di quegli sguardi e quei corpi ormai scomparsi per
sempre e nell’assenza stessa che ci circonda.
A tale scopo egli ha, infatti, ricercato e raccolto tutto quel materiale che
custodisce e rende tangibile il passaggio dell’esistenza, tutti quei
momenti vissuti e frammentari che cadono inevitabilmente nell' oblio.
Una memoria emotiva, dunque, tragicomica, con uno sfondo proustiano e
densa di doppi sensi, di quesiti irrisolti, e in fondo infine di disarmante
bellezza. In tutti questi casi, comunque, sia che si rifletta sulla memoria
storica o della storia dell’arte, sulla memoria di sé o di un luogo, sulla
memoria come fatto mentale o come evocazione intima e personale, il
passato è sempre recuperato e rivissuto in vista del presente, in rapporto
all’attuale e al possibile, in modo da migliorare l’attesa del nostro
domani. Nella frenesia del vivere quotidiano, la memoria, sia che si tratti
di una memoria proustiana o di una memoria storica, di una memoria
culturale o del tempo irreversibile, ci invita, dunque, per mezzo della
visibilità dell’arte, alla riflessione, una ricerca nel proprio, mondo
interiore, nella storia di cui facciamo parte, nei luoghi che percorriamo,
nella storia dell’arte e della cultura, nel tempo che passa.
Eppure qualcosa resta, tra speranze, nostalgie, utopie, denunce ed
ossessioni che s’intrecciano, affiancano e rincorrono.
Proprio l’anonimato rafforza il potere di queste immagini,
l'immedesimazione e identificazione, Questi volti sconosciuti ridestano
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ricordi comuni, ci fanno fare libere associazioni di idee e ci riportano ad
emozioni passate, come la famosa “madeleine” per Proust .
Abbiamo poi Javaceff Christo,che con i suoi impacchettamenti è il
detentore e l'artista della memoria storica, che vive attraverso
l'architettura. L'esempio artistico è il “Reichstag”, che situato sul confine
separava Berlino nel tempo della guerra. La sua è l'architettura della
bellezza, del ricordo e delle emozioni che queste sue imponenti
costruzioni riescono a suscitare anche se la loro vita è temporanea.
Per finire, abbiamo analizzato le opere di Felix Gonzalez- Torres, artista
cubano,che nelle sue opere abbraccia appieno tutte e tre queste
tematiche; lui è stato l'artista di riferimento, la sua arte emozionale,ma al
contempo non facilmente leggibile è riuscito a scavare nel profondo delle
sue emozioni, cercando di liberarsene perché dolorose, ma al contempo è
riuscito a dar voce alle sofferenze, alle delusioni, alle gioie all' amore di
ogni persona. É riuscito a farsi portavoce di esperienze che seppur
personali possono appartenere a ognuno di noi,esperienze attraverso cui
chiunque ha avuto modo di passare almeno una volta nella vita. Egli non
pretende con la sua arte di dare una soluzione ai problemi, ma
semplicemente metterli davanti allo spettatore per non permettere che
vengano dimenticati e fornire lo spunto di una riflessione. I suoi lavori
parlano di amore di perdita e di sofferenza, ma sono opere piene di vita
che di gioia di vivere. Il centro del suo mondo e della sua arte è stato il
suo compagno Ross, al quale ha dedicato non solo la sua vita intima ma
anche tutta la sua produzione artistica. Non è un caso infatti che la
quantità di caramelle utilizzate corrispondesse nei fatti al peso del
compagno, o al proprio sommato a quello di Ross. Felix trovava questo
metodo di esposizione una sorta di auto-terapia, simboleggia ciò che
comporta la completa fusione nell’amore: la totale donazione di sé
all’altro che conduce anche ad un venire meno dell’integrità di sé
stessi,abbracciare coscientemente la propria fragilità, il togliere tutte le
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barriere in favore di questo sentimento. L’assenza diventa un mezzo per
comprendere il valore unico della permanenza. Confrontando la morte di
Ross con la propria, in quanto anche lui aveva contratto l’AIDS, Torres
non esprime la morte, ma un profondo desiderio di continuità della vita.
“Una vita vissuta al meglio é la vendetta migliore”
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Allora a questo punto ci sono due domande da fare riflessioni e
supposizioni, sulla sua arte e sul suo concetto di come condurre e vivere
la vita al meglio. Da una parte abbiamo Ross, il suo compagno, malato di
Aids che non sappiamo fosse già malato quando si sono incontrati e se
allora Torres la malattia , l'abbia contratta da lui. Se questa fosse la
risposta, allora possiamo supporre, che l'amore sconfinato che l'artista
aveva per il suo amante, sia stato così profondo dal voler tutto di lui
anche la sua malattia, e che il timore della morte alla fine non era un
prezzo così alto da pagare. La morte di Torres ci apre una strada allora
verso la seconda riflessione: Se Felix, non si fosse ammalato di AIDS,
non avesse saputo che sarebbe morto dopo pochi anni, si sarebbe
preoccupato che le sue opere fossero durate nel tempo, che nonostante l'
esaurimento degli oggetti presenti nelle sue installazioni, l'opera dovesse
essere comunque ripetuta dal suo pubblico nonostante lui? Infine la mia
terza ipotesi è quella secondo cui, dietro il dolore della malattia e la
scomparsa di Ross si celasse in realtà la propria paura di morire.
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Catalogo della mostra tenutasi a Monaco, Felix Gonzalez Torres, Roni Horn Munchen,
Sammlung Goetz, 1995