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1 INTRODUZIONE
Questo lavoro di tesi nasce da una passione personale per la storia antica e
l‟archeologia, maturata nel corso degli anni dalla convinzione che per capire il
presente occorra guardare al passato. Ciò ha senz‟altro costituito lo stimolo
principale per la realizzazione dello studio che si andrà a presentare; studio che si
inserisce in un progetto più ampio (v. cap. 2), di durata annuale, finanziato dalla
regione Friuli Venezia Giulia e che vede coinvolte persone appartenente ad aree
tematiche differenti: archeologi e storici; esperti di informatica, geomatica e
telerilevamento.
Il presupposto fondamentale del progetto è quello di applicare tecnologie
informatiche di recente sviluppo, in alcuni casi ancora in fase di sperimentazione,
alle ricerche in campo archeologico. Gli strumenti e le metodologie di indagine
utilizzati coinvolgono diverse discipline scientifiche ed aree conoscitive, le quali
interagiscono sinergicamente per raggiungere gli obiettivi prefissati.
La parte sviluppata in questa tesi, chiaramente afferente all‟area ingegneristica,
riguarda l‟analisi di immagini iperspettrali e l‟utilizzo di uno strumento G.I.S.
(Geographic Information System1) come supporto all‟individuazione e catalogazione
di anomalie archeologiche.
La scienza che fornisce conoscenze e strumenti per l‟analisi di queste immagini è il
Telerilevamento (Remote Sensing in inglese).
Col termine Remote Sensing si intende l‟insieme delle metodologie di acquisizione,
elaborazione ed interpretazione di immagini telerilevate da aereo,satellite o altre
piattaforme.
Il Telerilevamento può avere notevoli applicazioni in campo archeologico, ma il suo
reale sviluppo e utilizzo in questo campo è ancora abbastanza limitato. I motivi sono
molteplici e potrebbero essere in gran parte attribuiti alla separazione ancora forte,
quantomeno in Italia, fra le discipline umanistiche e quelle tecnico-scientifiche.
1
La definizione di GIS verrà data nel cap. 5
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In realtà l‟Archeologia ha da tempo adottato metodi di indagine e strumenti di analisi
tipici dei settori scientifici, pur fondando le proprie basi su una matrice di stampo
umanistico. I motivi reali del ritardo con il quale il Telerilevamento è entrato nel
mondo archeologico sono piuttosto da ricercare nelle limitate possibilità che esso ha
offerto fino ad oggi, fatta eccezione per qualche settore specifico.
Nonostante ciò, le tecnologie offerte da questa disciplina consentono di sviluppare
un‟analisi altrimenti impossibile: tramite l‟elaborazione di immagini telerilevate
(indipendentemente dal metodo di acquisizione), infatti, si perviene ad un livello di
visualizzazione degli oggetti archeologici e paleo-ambientali non ottenibile a occhio
nudo o tramite metodi tradizionali, quali ad esempio la stereoscopia (utilizzata
nell‟analisi di foto aeree).
Tutte le indagini di natura archeologica hanno in comune il fatto di individuare tracce
(definite in seguito “anomalie”) che sono, nella migliore delle ipotesi, appena
visibili, quando non del tutto nascoste dalla vegetazione o dal terreno.
La presenza di una traccia archeologica non può essere identificata se non attraverso
le modifiche causate alla consistenza e alle caratteristiche fisiche del suolo.
La possibilità di studiare le tracce che tali anomalie lasciano sul terreno è connessa
all‟informazione che la luce riflessa trasporta. Processando le immagini telerilevate,
è possibile ottenere un set di dati che varia con la riflettanza2 della vegetazione e del
suolo; l‟analisi separata delle diverse lunghezze d‟onda rende poi le immagini più
facilmente interpretabili.
L‟integrazione del dato originato dai diversi sistemi di telerilevamento, gestito
attraverso strumenti GIS e confrontato con altri livelli di informazione, può fornire
contributi sostanziali alla ricerca archeologica. I singoli risultati dell‟applicazione di
queste tecniche possono essere combinati, tramite il GIS, con informazioni
provenienti da altre fonti (come quelle bibliografiche), offrendo così l‟opportunità di
un‟analisi del dato a diversi livelli.
Fino a non molti anni fa, il maggior limite nell‟utilizzo di immagini iperspettrali in
archeologia è stato certamente il basso livello di risoluzione spaziale delle stesse, che
solo raramente ha consentito la localizzazione di siti e mai una loro analisi spaziale.
La ricostruzione della paleoidrologia e della paleogeomorfologia del territorio è stata,
per molto tempo, l‟unico contributo che il Telerilevamento ha potuto fornire,
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Per la definizione di riflettanza cfr. par. 3.2.1
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consentendo di effettuare ricerche di antichi insediamenti o di giustificare
localizzazioni e funzioni di quelli già noti.
Più di recente, il coinvolgimento attivo dell‟archeologia nel processo di analisi ha
probabilmente permesso l‟individuazione di ulteriori potenzialità applicative e
fornito nuove conoscenze, stimolando la richiesta e lo sviluppo di strumenti dedicati.
Altri svantaggi del Telerilevamento, che ne hanno ostacolato nel recente passato
l‟utilizzo su larga scala, sono stati gli alti costi e le distorsioni geometriche.
Al giorno d‟oggi la disponibilità sul mercato di immagini a più alta definizione, la
possibilità di acquisire dati multispettrali e iperspettrali da aereo, il crollo dei prezzi
dei software di elaborazione digitale delle immagini, sono tutti elementi che
favoriranno uno sviluppo crescente dell‟utilizzo del Telerilevamento in campo
archeologico.
Inoltre le sinergie che, sempre più numerose, si stanno creando tra Istituti di Ricerca,
Università ed Amministrazioni Locali, favoriscono l‟interscambio e la condivisione
di dati e conoscenze spesso considerati prettamente “settoriali”.
Da una di queste sinergie è scaturito il progetto in cui è inserito il seguente lavoro,
nel quale la cooperazione tra persone competenti in discipline sia scientifiche che
umanistiche è stata (e sarà) fondamentale per raggiungere gli obiettivi prefissati.
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2 IL PROGETTO
Come accennato in precedenza, questa ricerca è inserita in un progetto di durata
annuale (giugno 2010 – giugno 2011) finanziato dalla Regione Friuli Venezia Giulia,
denominato “Itinerari storico archeologici per la conoscenza del Friuli longobardo”.
Il progetto mira a ricostruire l‟antica viabilità e lo sviluppo antropico della parte
settentrionale dell‟antico Ducato Longobardo del Friuli. Per ricreare queste direttrici
viarie si è scelto di far uso della fotografia aerea obliqua e di strumenti tecnologici
recenti, come il sensore aviotrasportato MIVIS (Multispectral Infrared and Visible
Imaging Spectrometer) e l‟analisi spaziale. Successivamente, i siti individuati lungo
questi percorsi viari verranno rilevati mediante total station e saranno inquadrati
geograficamente mediante sistemi GPS3. Verranno inoltre utilizzati moderni software
3D per ricostruire il paesaggio nelle varie epoche storiche. L‟ultima fase del progetto
consisterà nella creazione di un sito internet, a cui associare un WebGIS, da cui poter
scaricare gli itinerari e le informazioni nei più comuni sistemi di navigazione oggi in
normale dotazione alla maggior parte delle autovetture. Verrà realizzato inoltre un
CD multimediale da distribuire nelle scuole per avvicinare anche i più giovani alla
conoscenza del nostro territorio e del nostro passato.
La prima parte del progetto, iniziata a giugno di quest‟anno e in fase di conclusione,
si è focalizzata sulla ricerca e consultazione dell‟edito riguardante l‟area presa in
esame, con particolare attenzione alla cartografia storica e alla documentazione
archivista e archeologica.
Parallelamente alla ricerca bibliografica, che non è argomento di questa tesi, sono
state prese in considerazione foto aeree verticali di periodi diversi, conservate presso
l‟ufficio cartografico della Regione F.V.G.
Successivamente verranno effettuate diverse campagne di fotografia aerea obliqua, in
diversi periodi dell‟anno e in diverse ore del giorno, per evidenziare eventuali
anomalie del terreno. Queste fotografie saranno archiviate congiuntamente a quelle
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Global Positioning System
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verticali sopracitate e costituiranno un‟importante memoria storica, che permetterà
negli anni a venire di evidenziare i cambiamenti avvenuti nel paesaggio.
Pertanto per questa tesi sono state visionate solo le ortofoto già esistenti, insieme alle
immagini iperspettrali (conservate anch‟esse presso l‟ufficio cartografico regionale)
rilevate dal sensore MIVIS.
Nella fase successiva, che dovrebbe iniziare entro la fine di ottobre, verranno
ricostruiti, sulla base dei risultati ottenuti e mediante l‟utilizzo dell‟analisi spaziale e
in particolare della cost surface analysis, gli antichi tracciati viari delle diverse
epoche storiche; mettendo in evidenza i luoghi di maggior interesse storico,
archeologico e ambientale presenti sul territorio. In seguito la ricerca si sposterà sul
campo con il fine di collocare, mediante sistemi di posizionamento satellitare
geodetici, i punti di interesse estrapolati in precedenza: per le evidenze di maggior
rilievo storico-culturale verranno realizzate diverse campagne di rilievo topografico,
mediante stazione totale, al fine di poter restituire un modello dell‟elevato.
Il modello così ottenuto verrà integrato con applicazioni di fotogrammetria e
ricostruzioni di grafica 3D. Tutti i dati acquisiti saranno inseriti all‟interno di un
software GIS.
2.1 OBIETTIVO
Questa tesi ha come obiettivo primario quello di valutare le potenzialità delle
immagini iperspettrali MIVIS, accertandone l‟utilità nell‟individuazione di tracce che
possano essere fisicamente spiegate con la presenza di strutture sepolte.
Il secondo obiettivo è quello di definire una metodologia per l‟accorpamento di tutti i
dati raccolti, al fine di creare un sistema di gestione che fornisca un valido strumento
per la tutela del patrimonio storico-culturale individuato.
Per meglio valutare le potenzialità delle immagini MIVIS e la loro possibile
applicazione in archeologia, è estremamente importante riportare fin da ora alcune
doverose precisazioni.
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Il sensore MIVIS può teoricamente identificare, al suolo, oggetti aventi dimensioni di
circa 3x3 metri: in archeologia questo significa che, mentre può andare bene per
l‟individuazione di materiali dispersi (ceramiche, frammenti in laterizio, ecc.), grandi
costruzioni o insediamenti, canali o reti stradali, resti archeologici di dimensioni
ridotte potrebbero non essere rilevati. Per questo motivo diventa importante cercare
di capire se il livello di dettaglio fornito dalle immagini MIVIS sia utile
nell‟interpretazione archeologica, e che tipo di strutture sepolte ci si possa aspettare
siano rilevate dal sensore.
Ugualmente importante è anche determinare se e come il sensore possa distinguere
una traccia antica (es.: viabilità) da una moderna (es.: tubatura sotterranea).
Tutto ciò si traduce nell‟investigare se le immagini MIVIS riescano a dare un
contributo per l‟identificazione di strutture archeologiche che sia unico, e non
fornibile dai metodi tradizionali (come le foto aeree).
I risultati forniti dai sensori iperspettrali dovrebbero essere quantificabili e
verificabili: è quindi fondamentale essere in possesso di un metodo che ne testi la
validità. Questo è un dato molto importante dal momento che l‟uso di un sensore di
questo tipo può incidere di molto sul costo complessivo di uno studio archeologico.
Occorre sottolineare, inoltre, che l‟integrazione di più strumenti deve essere
preferibile all‟utilizzo di uno solo di questi: in questa ricerca, l‟integrazione tra foto
aeree e immagini iperspettrali ha portato notevoli vantaggi, che non si sarebbero
potuti ottenere se fossero state utilizzate o le une o le altre.
Infine occorre sottolineare come, per trarre vantaggio dai dati telerilevati, si dovrebbe
essere in grado di estrarre da essi un‟informazione significativa: questo viene fatto
tramite l‟interpretazione visiva e l‟analisi delle immagini. In generale questi metodi
possono originare dubbi e condurre a risultati diversi, per la natura intrinsecamente
soggettiva degli stessi.
Vi è inoltre un problema di ridondanza del dato: diverse elaborazioni possono
produrre risultati simili, che forniscono le stesse anomalie o tracce.
Il numero di elementi identificati e registrati in questo modo diventa esponenziale: è
pertanto necessario fissare una metodologia di indagine e definire i criteri di
elencazione delle anomalie, al fine di ridurre sia il tempo di catalogazione che il
rischio di incorrere nella ripetitività del dato.
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Dopo aver elencato tutti gli elementi è importante identificare quali e quante
anomalie ogni elaborazione permetta di individuare, e con quale livello di
affidabilità.
Tutte queste considerazioni, di cui si è tenuto conto nel lavoro di tesi, sono confluite
nell‟implementazione di un applicativo GIS, che ha reso possibile visualizzare con
maggiore semplicità i risultati ottenuti.
2.2 AREA DI STUDIO
2.2.1 Inquadramento geografico
La zona oggetto di studio è situata in provincia di Udine, nella fascia pedemontana
che va da Osoppo (a ovest) a Cividale (a est).
Fig. 2.1 – L’area di studio
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2.2.2 Inquadramento storico
Si riporta un breve excursus storico dei principali avvenimenti che hanno
caratterizzato la zona, facente parte del cosiddetto Ducato del Friuli, in epoca
longobarda.
Tuttavia occorre precisare che, pur essendo questo il periodo di riferimento per il
progetto “Itinerari storico archeologici per la conoscenza del Friuli longobardo”, la
ricerca condotta finora è stata diacronica: le anomalie non sono state discriminate in
base al presunto periodo storico di appartenenza, né alla provenienza dall‟una o
dall‟altra delle dominazioni che hanno popolato la zona nel corso dei secoli.
Quello di distinguere se, ad esempio, una fondazione sia di epoca romana,
longobarda o medievale, sarà compito degli storici e degli archeologi in una fase
successiva del progetto.
Cividale, che sorge sulle sponde del Natisone a 17 km da Udine, nacque tra il 56 a.C.
ed il 50 a.C. quando, grazie all'iniziativa di Giulio Cesare, i Romani crearono il
municipio di Forum Iulii, da cui prese poi il nome tutta la regione Friuli, che
successivamente divenne colonia dell‟Impero romano. Nel V secolo d.C., dopo la
distruzione di Iulium Carnicum da parte degli Avari e di Aquileia da parte degli
Unni, Cividale crebbe per numero di abitanti e importanza strategica e fu la prima
località di rilievo a cadere sotto il dominio longobardo.
Nel 569 d.C. il re Alboino, ritenendo strategicamente essenziale poter procedere in
sicurezza all'invasione della Val Padana, vi stabilì un forte presidio militare, capace
di resistere a un eventuale attacco bizantino o avaro e di tenere eventualmente aperta
la via della ritirata verso la Pannonia, e lo affidò al nipote Gisulfo, che venne
nominato duca (dux), ovvero comandante militare: il territorio soggetto al suo
dominio, denominato Ducato del Friuli, fu il primo ducato istituito dai Longobardi in
Italia In quell'epoca mutò nome in Civitas, la città per eccellenza, che divenne poi
Cividale.
Fin dalle sue origini il Ducato del Friuli rivestì una funzione militare (e quindi
politica) di primo piano; tale condizione lo avrebbe portato, durante tutta l'epoca del
regno longobardo, a giocare un ruolo di primo piano nel quadro politico italiano,
tanto che più d'uno dei suoi duchi sarebbe assurto al rango di re.
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Distrutta dagli Avari (610), rimase un centro importante e risorse con il nome di
Civitas Forumiuliana, per diventare il centro militare e politico delle Venezie.
Nel 737, durante il regno di Liutprando, vi giunse Callisto, Patriarca di Aquileia, per
sfuggire alle incursioni bizantine. L‟ultimo duca longobardo di cui si ha notizia è
Rotgaudo, che regnò fino al 776.
Nello stesso anno, in seguito alla conquista del regno longobardo, Carlo Magno si
proclamò "Gratia Dei rex Francorum et Langobardorum" e realizzò un'unione
personale dei due regni: pur mantenendo le Leges Langobardorum, riorganizzò il
regno sul modello franco, con conti al posto dei duchi. Di conseguenza anche il
ducato del Friuli venne riorganizzato su base comitale e nel 781 venne inquadrato
assieme agli altri territori ex-longobardi nel Regnum Italiae, affidato a Pipino sotto la
tutela del padre Carlo. Nell'846 il feudo fu trasformato in marca.
Fig. 2.2 – L’Italia ai tempi del dominio longobardo e bizantino