Prima parte
1 - Presentazione
Questo elaborato è suddiviso in tre parti a cui corrispondono altrettanti nuclei tematici: la
‘canadesità’; il gotico; Margaret Atwood e il romanzo Alias Grace. Tale articolazione non è però da
intendersi in modo monolitico, in quanto tutte le parti contribuiscono a delineare un quadro della
letteratura canadese. In un breve capitolo rifletto sull’identità del Canada, considerato soprattutto
come ex colonia e attuale paese multietnico; a queste pagine fa seguito una trattazione della
letteratura canadese e dei suoi aspetti gotici, mediata dalle considerazioni di Margaret Atwood nel
saggio Survival. A Thematic Guide to Canadian Literature1.
La seconda parte si apre con un richiamo al gotico Settecentesco e ai suoi topoi, un’analisi è
molto rilevante per comprendere l’evoluzione del genere gotico nella letteratura contemporanea.
Questa tesi, infatti, ha come filo rosso i mutamenti di questo genere e la sua capacità di cambiare
nel tempo, adeguandosi di volta in volta alla temperie culturale del momento, senza però snaturare i
propri caratteri fondamentali. In seguito, si riflette sul gotico inserito nel contesto della letteratura
canadese e sulle strategie e tematiche gotiche nella produzione di Margaret Atwood.
La terza e ultima parte si concentra sulla biografia della Atwood e sul suo macrotesto, in
particolare sul romanzo Alias Grace2 (pubblicato nel 1996). Ho deciso di privilegiare questa
scrittrice perché, senza nulla togliere ai molti autori di indubbio valore canadesi sia di nascita che
d’adozione di indubbio valore, ritengo che le opere della Atwood, e in particolare Alias Grace,
siano adeguate per l’analisi del gotico che mi propongo di svolgere. Dopo aver tratteggiato il
percorso letterario della Atwood, ho cercato di evidenziare come Alias Grace possa essere
interpretato in un ambito di ‘goticità’. Dopo un sommario della fabula, ho condotto un’analisi delle
1
Margaret Atwood. Survival A Thematic Guide to Canadian Literature, Anansi, Toronto, 1972.
2
Margaret Atwood. Alias Grace, McClelland & Stewart, 1997.
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tematiche e delle strategie gotiche riscontrabili nel testo e delle connessioni con alcune tradizioni
letterarie rilevanti, come quelle del giallo, del romanzo storico e di quello realistico. Ho poi
effettuato una disamina del ruolo del patchwork, l’attività di cucire trapunte molto diffusa in
Canada e metafora della convivenza fra i differenti gruppi etnici, improntata idealmente ad un
modello secondo il quale ogni individuo apporta il proprio contributo alla comunità, rivendicando al
tempo stesso la propria singolarità. In Alias Grace il patchwork ha la funzione di veicolare alcune
fondamentali riflessioni sulla narrazione e le possibilità metanarrative, e in particolare sulla
dialettica story/history, che evidenzia la difficoltà di stabilire la veridicità degli eventi descritti.
Infine, nelle pagine dedicate all’Author’s Afterword si analizzano le fonti utilizzate dall’autrice per
ricostruire l’ambientazione del romanzo.
4
2 - Definire un’identità canadese
Come per tutte le ex colonie dell’Impero britannico, per il Canada la conquista di una
propria identità non è facile da raggiungere, anche a causa della difficoltà del confronto con la
lingua e la cultura della madrepatria, che possono essere rassicuranti, ma al tempo stesso possono
costituire un ostacolo. Negli anni Settanta Leonard Cohen sosteneva addirittura: you’ve turned
Canada into a vast analyst’s couch from which we dream and redream nightmares of identity3,
sottolineando quindi la mancanza di identità. Ma quali sono i requisiti fondamentali per
l’acquisizione di un’identità nazionale?
Bisogna innanzitutto sottolineare (almeno per quello che concerne le ex colonie inglesi)
l’importanza della creazione di miti nei quali gli individui possano riconoscersi, generalmente
pervasi da una tonalità utopica. Essa è presente già nei viaggi e nelle esplorazioni che condurranno
alla scoperta delle colonie stesse: per fare solo alcuni esempi, basti ricordare che la scoperta delle
Americhe sollecita la scrittura di testi quali la Nuova Atlantide di Bacone, la Città del Sole di
Tommaso Campanella e Utopia di More. La mescolanza fra mito e utopia è stata spesso in grado di
fare da collante fra persone e gruppi etnici diversi, fatto dimostrato dal caso degli Stati Uniti. Questi
ultimi, che di per sé non possedevano un vero e proprio passato né delle tradizioni, in compenso
sono stati in grado di forgiare una sorta di sentimento del proprio destino e del proprio ruolo, che
sono poi confluiti nella concezione dell’America come melting pot di razze e di popoli. Questa idea,
peraltro, si adattava bene ai miti di ascendenza puritana del popolo eletto e della Terra Promessa,
che diedero sostegno all’espansione verso Ovest e al mito della Frontiera.
La questione dell’identità nazionale risulta invece più complessa per le altre ex colonie, che
sembrano incontrare maggiori difficoltà nella ricerca di un mito o un’utopia che possa fungere da
3
Leonard Cohen, Beautiful Losers, Granada, London, 1972.
5
elemento di identificazione di tutta la società. Di solito, il colono che si trasferisce in una terra
inesplorata cerca di ricreare il mito dell’Eden, ma questo riesce raramente perché le difficili
condizioni ambientali trasformano spesso il paradiso in un luogo di esilio. A questo punto, è facile
prevedere che il sentirsi esiliati non possa agevolare il distacco dalla madrepatria, anzi, aumenti il
senso di attaccamento ad essa; la forte alterità del nuovo territorio, infine, può solo peggiorare la
situazione. Questo può essere il caso, ad esempio, della Nuova Zelanda, in cui la sensazione di
isolamento è resa più profonda dalla collocazione agli antipodi, che obbliga a modificare o a
rovesciare il senso di molti riferimenti culturali, e in primis di quelli collegati alle stagioni. La prima
grande scrittrice neozelandese, Katherine Mansfield, decise quindi di viaggiare verso l’Europa per
compiere il proprio percorso artistico; la stessa scelta sarà poi messa in pratica anche da altri, tra cui
Janet Frame.
Per quanto riguarda il Canada, la questione dell’identità è resa ancora più complessa
innanzitutto dal fatto che non c’è unica madrepatria, ma due - la Gran Bretagna e la Francia -, e
dalla contiguità con gli Stati Uniti, che hanno l’egemonia nel mondo occidentale e cercano di
‘ricolonizzare’ il Canada in senso culturale ed economico. Qui l’ideale di riferimento è quello della
convivenza fra comunità diverse unite da valori condivisi: anche per questo motivo spesso gli
immigrati hanno sentito il Canada come home e come patria. Come sottolinea Paolo Bertinetti, ‘il
Canada ama pensarsi come un ‘mosaico’ di genti giunte in quel vastissimo territorio … un paese
che ha saputo rispettare le identità originarie dei ‘nuovi’ canadesi accogliendoli nella propria
unificante cornice’.4 L’idea del mosaico, però, nonostante possegga un innegabile fascino, ha anche
contribuito a rendere ancora più difficile la definizione dell’identità canadese: molte comunità,
infatti, tendono a chiudersi in se stesse, e nel paese è ancora presente una forte rivalità tra il gruppo
francofono e quello anglofono. Anche dal punto di vista storico, la coesione culturale non è mai
stata molto forte. La Battle of the Plains (1759) segna la sconfitta dei francesi ad opera dell’esercito
4
Paolo Bertinetti (a cura di), Storia della letteratura inglese, volume secondo, pag. 345, Piccola Biblioteca Einaudi,
Torino, 2000.
6
britannico e la nascita delle prime tensioni politiche che in seguito condurranno alla divisione della
provincia del Québec in Upper Canada e Lower Canada. L’unificazione (1840), pensata come un
modo per avviare l’assimilazione dei franco-canadesi, porta invece alla separazione fra Canada
West e Canada East. Ai tempi della Confederazione (1867) viene ufficialmente stabilita la parità
della comunità inglese e francese ed è quindi definita la natura biculturale del Canada, il quale poi,
grazie ad immigrati da tutto il mondo, diventerà un paese multiculturale.
Bisogna sottolineare che la storia del Canada è molto diversa da quella degli Stati Uniti: la
conquista canadese non ha molto in comune con lo stabilirsi in un Eden o in una Terra Promessa.
Le grandi distanze, il clima inclemente e la scarsità di risorse fanno sì che i colonizzatori avvertano
invece la sensazione di essere isolati ed in pericolo. I primi insediamenti in Canada sono soprattutto
avamposti e missioni sperduti in un territorio ostile, in balìa delle forze della natura (la wilderness)
e della violenza degli indigeni.
Anche in seguito, nonostante l’aumento della popolazione e lo sviluppo della produzione
industriale e agricola, le aree urbane che sorgono non possono essere definite come centri da cui si
propaga una vera e propria cultura canadese. Giustamente negli anni Settanta Frye parla di garrison
mentality5, che incoraggia le comunità a chiudersi in se stesse piuttosto che a comunicare fra loro.
Sia il mito della garrison che quello del survival (al centro del macrotesto di Margaret Atwood),
però, partono dal presupposto che i canadesi debbano soprattutto cercare di resistere a varie
condizioni ostili, per cui non hanno un effetto di stimolo positivo. L’identità canadese sembra
quindi essere immaginata sin dall’inizio soprattutto in modo ‘difensivo’ o addirittura negativo,
come un elenco di ciò che i canadesi non sono, più che come una descrizione delle loro
caratteristiche peculiari.
5
Northrop Frye, Conclusion to A Literary History of Canada, in The Bush Garden. Essays on the Canadian
Imagination, House of Anansi Press, Toronto, 1971.
7
2.1 - What, Why and Where Is Here?: Margaret Atwood e la scoperta della letteratura
canadese
‘The North’ is .. also a state of mind.
Margaret Atwood, Strange Things. The Malevolent North in Canadian Literature (1995).
Nel 1972 la Atwood pubblica Survival. A Thematic Guide to Canadian Literature6. In una
Introduction redatta per un’edizione del 2003, l’autrice racconta la genesi di questo saggio e spiega
che esso fu al centro di numerose polemiche principalmente perché all’epoca non si riteneva che la
letteratura canadese fosse così interessante da essere analizzata in un testo critico, anzi, spesso non
si credeva neppure nell’esistenza di una letteratura canadese. Negli anni Sessanta la Atwood aveva
viaggiato nel paese e si era resa conto di un’ignoranza diffusa; le domande che le venivano rivolte
più frequentemente riguardavano l’esistenza di una letteratura canadese e il dubbio se non fosse
semplicemente una copia di quella inglese e americana. Per giustificare la propria ragion d’essere,
Survival doveva provare la veridicità di alcuni assunti: innanzi tutto, che esisteva una letteratura
canadese, e che essa non era solo una debole eco di quella inglese o americana, ma aveva
peculiarità precise che le derivavano dalla propria storia e geopolitica. Vedremo più avanti come la
geografia del Canada sia importante per la sua produzione letteraria; per ora è interessante
sottolineare che, sebbene al momento della sua uscita Survival abbia suscitato molti dibattiti, esso
vendette circa dieci volte le tremila copie previste, il che indica che probabilmente generò nel
pubblico il desiderio di conoscere più approfonditamente l’argomento in questione. La Atwood
scelse come titolo Survival perché, soprattutto negli anni Settanta, la sopravvivenza rivestiva un
ruolo di fondamentale importanza in Canada: nella parte anglofona bisognava difendersi dalle
6
Margaret Atwood, Survival. A Thematic Guide to Canadian Literature, Anansi, Toronto, 1972. Le citazioni
successive, salvo diversa indicazione, sono tratte dallo stesso testo.
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intemperie e dalla possibilità di essere fagocitati dalla società; in Québec era presente anche l’ansia
circa la persistenza della lingua, della religione e della cultura francese. L’identità canadese era
ancora in via di formazione: la natura era vista come un’entità minacciosa, ma doveva essere
protetta da uno sfruttamento indiscriminato, gli americani sembravano colonizzatori che
esportavano solo le abitudini peggiori e spesso gli intellettuali disorientati erano portati a chiedersi:
‘What, Why and Where Is Here?’ (pag. 15).
La Atwood ricorda di aver iniziato a leggere opere canadesi da bambina; in molti casi si
trattava di racconti che avevano come protagonisti degli animali e, (probabilmente non è casuale),
animali che cercavano di sopravvivere. Gli animali cercano di evitare la morte e possono riuscirci
solo grazie ad una mescolanza di astuzia, esperienza e fughe quasi miracolose. Crescendo la
Atwood si rende conto che esiste una shape ben precisa e tipica del suo paese: in linea di massima è
possibile dire che ogni cultura o nazione rappresenta attraverso un ‘simbolo’ il sistema di credenze
che unifica il paese e aiuta la popolazione a cooperare per delle finalità comuni. Per esempio, il
simbolo dell’America può essere la Frontiera, un concetto abbastanza flessibile che contiene vari
elementi tipicamente americani: suggerisce l’idea di un luogo nuovo ed inesplorato, dove l’ordine
preesistente può essere sovvertito, la possibilità di una ‘linea’ in espansione, la conquista di territori
sconosciuti e la speranza di una società umana perfetta.
La Atwood sostiene che, per quel che concerne il Canada, il ‘simbolo’ per eccellenza è il
survival, che può avere molteplici interpretazioni ed adattamenti: per i primi esploratori e coloni
significa semplicemente sopravvivere agli elementi naturali e al confronto con i nativi, ma anche
alle crisi e ai disastri. Per quanto riguarda il Canada francese, sopravvivere può indicare il tentativo
di mantenere viva la propria lingua e religione senza cedere all’avanzata degli inglesi, e lo stesso
discorso vale per i canadesi nei confronti degli americani. Come si può facilmente intuire, questo
tipo di simbolo non connota il senso di rischio e di avventura della Frontiera americana ma, al
contrario, una forte ansia. La produzione letteraria canadese non è incentrata su persone che hanno
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ottenuto successo in qualche impresa, ma su coloro che sono riusciti a scampare esperienze
estremamente dure. L’unico riconoscimento per il sopravvissuto è la sopravvivenza stessa, e il
guadagno è ben poco, se si eccettua il senso di gratitudine per essere ancora vivo.
Nei primi autori canadesi, sottolinea la Atwood, gli ostacoli alla sopravvivenza sono in larga
parte esterni, come il territorio selvaggio e il clima. Man mano che si procede, però, gli ostacoli
tendono a diventare più complessi da identificare e, soprattutto, interni: non sono più ostacoli alla
sopravvivenza fisica, ma a quella spirituale. Talvolta la paura degli ostacoli diventa a sua volta un
ostacolo: il personaggio è bloccato dal terrore, e a volte ha addirittura paura della vita stessa. Un
altro lato della sopravvivenza è il fallimento: ad un certo punto, l’insuccesso nel raggiungere la
sopravvivenza non è più imposto dal mondo esterno ostile, ma è una scelta operata dall’individuo.
Se ci si spinge abbastanza oltre, l’ossessione per la sopravvivenza può trasformarsi in volontà di
non sopravvivere.
La Atwood nota che in molti racconti e romanzi canadesi i protagonisti alla fine muoiono o
comunque falliscono, e questo elemento può far pensare che, più o meno consciamente, l’unico
finale corretto sia appunto un insuccesso. L’autrice si domanda se questo fatto possa indicare che i
canadesi possiedono una volontà di perdere altrettanto forte del desiderio di vincere tipicamente
americano: si può replicare che, poiché gran parte della letteratura canadese è stata scritta nel
Novecento, caratterizzato da un pessimismo diffuso, questo atteggiamento può semplicemente
riflettere la temperie culturale del periodo. Oppure si può opinare che un testo caratterizzato solo
dall’allegria risulterebbe abbastanza monotono. Rimane comunque innegabile che nella letteratura
canadese degli ani Settanta il fallimento e gli elementi malinconici sono decisamente marcati e che i
canadesi sembrano apprezzare in modo particolare gli eventi negativi.
Il fatto che così tanti scrittori canadesi inseriscano nelle proprie opere i medesimi elementi
peculiari conduce la Atwood a formulare un’ipotesi: supponiamo che il Canada sia una vittima, una
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