Premessa
Lo stimolo da cui parte questo studio è la società, in cui esiste un
ampio prisma d’immagini. Questo prisma ha assunto un valore tale da
subordinare quella capacità intrinseca nell’uomo, l’immaginazione,
ovvero la proprietà di percepire, di creare delle immagini mentali
proprie. Vi è una passività delle immagini, o meglio il nostro modo di
apprenderle è passivo, non percepiamo. Al contrario l’immaginazione
è attiva perché si serve di noi stessi, del nostro senso interno e dei
cinque esterni per generare immagini.
Il rapporto tra immagine e immaginazione è stato trattato nei secoli,
nella storia da svariati filosofi, artisti, religiosi, letterati, (da Aristotele
a Sartre, Platone e Kant, ecc), propensi verso una ricerca conoscitiva
di tale argomento. Molti nel loro cercare hanno apportato ipotesi e tesi
su come e quanto l’immagine sia strettamente connessa
all’immaginazione; che tipo d’immagini e immaginazione vi possono
essere, partendo dallo studio dell’uomo e delle sue capacità intellettive
e sensoriali, astrattive, sia rispetto al suo Io e sia verso il mondo
esterno.
Con il presente progetto s’intendono interrogare la natura e i limiti
dell’immagine, concentrandosi sulla capacità dell’immagine, sulla
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possibilità di valersene per descrivere il reale, fondendo le prospettive
e le competenze tanto storico - artistiche quanto esteto - logiche,
psicologiche.
Nella mia esperienza lavorativa, da babysitter e da volontaria, a
contatto con i bambini e i disabili da anni, mi è sempre stato
riconosciuto il pregio di avere una buona creatività e immaginazione.
Vedendo quanto questa capacità mi ritorni utile per comprendere la
diversità e i molteplici modi di vivere il reale, l’idea di poter studiare e
approfondire questo argomento, mi sembrava interessante e proficuo.
L’immaginazione è fondamentale per qualsiasi creazione, l’essere
umano la possiede sin dalla nascita, fin da bambino. Essa è
indipendente dalla vista, perché anche i non vedenti sviluppano una
propria immaginazione, non basandosi su immagini, ecco perché ho
approfondito quest’aspetto, per evidenziare e non limitare le
potenzialità di un’abilità che è ormai una forma assopita dell’uomo,
troppo concentrato a vedere ciò che gli viene proposto di fronte ai suoi
occhi, ma che spesso e volentieri ingloba la sua mente nei meccanismi
di “assuefazione da immagine”. Ne è prova l’ultimo traguardo dell’era
d’internet, Facebook, portale in cui si comunica e si sceglie di farlo
solo attraverso profili, ossia immagini, video, link, ecc. Sta cambiando
il modo di rapportarsi, l’immagine di ciò che siamo, l’immagine è ciò
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che si vuole promuovere; ma siamo fatti solo di Immagine? Scopo
della ricerca è quello di delineare una linea di demarcazione che
consenta la messa in evidenza dello statuto dell’immagine nella
contemporaneità.
La ricerca si articolerà quindi su diversi piani: la teoria dell’immagine
e dell’immaginazione e della loro forma; l’analisi dei linguaggi
dell’immagine (storia dell’arte, letteratura, e inoltre fumetti, cinema,
televisione, ecc.) e delle loro grammatiche come modi del dire -
pensare dell’immagine stessa.
Il tema dell’immaginazione verrà messo in rapporto con quello della
simulazione nel mondo delle arti, per verificare, con l’aiuto delle
scienze cognitive, come questo intreccio di problemi contribuisca
significativamente a intendere i processi di simpatia, empatia, nelle
esperienze artistiche, soprattutto dei non vedenti.
Dal punto di vista epistemologico, la riflessione estetica sulle arti e le
neuroscienze consentirà di discutere il problema dell’immagine e della
visione dal lato della percezione visiva e da quello della conoscenza.
Un’analisi approfondita e sistematica dei processi che sono alla base
dell’elaborazione dell’informazione visiva e della formazione di
molteplici immagini mentali, che s’inserisce a pieno in una teoria
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dell’immaginale e dell’immaginazione, ha un valore analitico,
sistematico e dinamico.
Le radici su cui poggia l’immaginazione oggi vanno ricercate
nell’immaginario antico. L’immaginazione porta con sé una ricchezza
storica, comunicativa e pedagogica senza eguali. E allora ecco che il
mio lavoro inizia con il primo capitolo dedicato al mondo
dell’immaginario antico. Nella prima parte (1° e 2° capitolo) chiarirò
alcuni termini legati al mondo dell’immaginario e
dell’immaginazione. Il terzo capitolo sarà interamente dedicato a
conoscere questa facoltà a livello psicologico e pedagogico. Se nel
primo e nel secondo capitolo vedremo come ha influito l’immaginario
e l’immaginazione nella storia, nel terzo capitolo mi accingerò a
capire che cosa è, in che cosa consiste, che cosa accade nel cervello e
nel comportamento dell’uomo. Il quarto capitolo è una descrizione del
valore che hanno assunto l’immagine e l’immaginazione in vari ambiti
della società contemporanea. Infine, il quinto e ultimo capitolo, tratta
un approfondimento sulla questione dei non vedenti e il loro rapporto
con l’immagine, domande e riflessioni, esplicate da un’intervista a una
ragazza non vedente nata; inoltre il loro rapporto con l’arte e i nuovi
supporti informatici, applicazioni che agevolano questa capacità
intrinseca nell’uomo, che è appunto l’immaginazione.
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Capitolo 1.
Etimologia dei termini: Immaginazione e Immagine
1. “Immaginazione”
L’Enciclopedia Garzanti di filosofia alla definizione
d’immaginazione cita così: “ La facoltà di rappresentarsi cose non
date attualmente alla sensazione”
1
.
I termini "immaginazione" e "immagine" in greco sono detti eikasia o
phantasia, riferiti l'uno e l'altro alla facoltà dell'immaginare. L'oggetto
dell'immaginare o del fantasticare è detto eidolon, idolo. Il concetto
d’immaginazione rinvia alla capacità di conservare mentalmente il
prodotto delle percezioni sensibili.
2. “Immagine”
Il termine ‹‹immagine›› appare immediatamente comprensibile, ma
esprime una profonda equivocità semantica. Dal punto di vista dei
sostantivi, troviamo il lemma eikon (icona), nel senso d’immagine,
rappresentazione, dalla radice weik-*, che esprime l’idea di
somiglianza. Nella lingua greca, da Omero in poi, eikon discende da
un orizzonte di esperienze di tipo ottico e rimanda a una
1
Enciclopedia Garzanti di filosofia, 1995, p.528-9.
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rappresentazione che sia da offrirsi alla vista, capace di riprodurre
verosimilmente una realtà. Ma in senso etimologico, eikon, si applica
tanto a rappresentazioni mentali (immagine di una cosa, visione
onirica, ecc.) quanto a rappresentazioni materiali di realtà psichiche
(ritratto, statua). Come eidolon, che deriva da eidos, che significa
‹‹aspetto, forma››, dalla radice weid- *, ‹‹vedere››. Eidolon ha una sua
continuità con la nozione d’irrealtà, nel senso di riflesso, e lo troviamo
associato all’idea di menzogna, semanticamente vicino a phantasma,
‹‹visione, sogno o fantasia››, da una radice che significa ‹‹far
brillare››, e quindi ‹‹render visibile››. M. Heidegger: ‹‹ Immagine può
essere anzitutto la veduta di un determinato ente, in quanto manifesto
nella sua semplice-presenza››. Imago, di etimologia incerta, ha in sé
tutti i significati della parola ‹‹immagine››, e si avvicina pertanto a
species e simulacrum, che traducono entrambi il greco eidolon; a
imago sono spesso associati forma e figura. Il termine ‹‹immagine››
serve così da termine generico per tutto un insieme di espressioni
circoscritte che sono altrettante specie o sottoinsiemi della categoria
‹‹immagine››: segno, simbolo, allegoria, metafora, emblema, tipo,
archetipo, prototipo, schema, illustrazione, diagramma, engramma,
monogramma, figura, piano, carta, ecc. L’immagine si sposta su un
registro semantico che oscilla tra l’idea di forma visibile (in latino
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imago è forma, figura, come in tedesco Bild e Gestald, in inglese
picture, figure, pattern, frame, shape) e l’idea di contenuto irreale,
fittizio, prodotto di ciò che non è (in greco eidolon, in tedesco
Schattenbild, in inglese phantom). L’immagine non è tanto
un’emanazione del reale oggettivo, quanto il prodotto di un’attività di
eidolopoietike, come in Platone, che è la fictio dei latini, connessa con
l’immaginazione, il phantastikon, che genera dei phantasmata, cose
che in rapporto al reale sono soltanto apparenza. L’immagine è
considerata una rappresentazione sensibile che ingloba tutte le
impressioni percettive. Essa non si limita ai prodotti
dell’immaginazione, giacché attività rappresentative in assenza di
oggetto, ma si estende a tutti i contenuti dell’intuizione sensibile. È
questo l’uso della parola ‹‹immagine›› nelle teorie della percezione,
dagli stoici - che denominano la rappresentazione percepita phantasia,
derivandola da phos, luce, rappresentazione che è immaginaria
(phantasma) solo nel caso in cui l’immaginazione (phantastikon) la
ponga in assenza del rappresentato oggettivo - fino alla psicologia
sperimentale contemporanea. L’immagine, nella tradizione
empiristica, che presuppone che tutti i contenuti intellettuali derivino
dall’esperienza empirica, tende a comprendere anche le
rappresentazioni, più astratte, delle idee. I due termini immagine e
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idea sono interscambiabili nell’empirismo del XVIII secolo, secondo
il quale nessuna rappresentazione, anche nella sfera spirituale,
potrebbe essere spogliata dagli elementi sensibili. È possibile
circoscrivere il termine ‹‹immagine›› a un’idea di rappresentazione la
cui percezione perdura in assenza d’intuizione e dia luogo a
procedimenti mnesici, per fissarla con la memoria, o immaginativi,
per rielaborarla con l’immaginazione. L’immagine ‹‹è un modo di
rappresentazione mentale che ha come caratteristica quella di
conservare l’informazione percettiva sotto una forma che mantiene
una notevole somiglianza strutturale con la percezione››.
E.Fulchignoni ricorda che gli psicologi hanno parlato a volta a volta di
‹‹fantasma, specie, vestigio, eco mentale, stato esterno, intuizione
sensibile, idea di sensazione, idea-immagine, idea-ricordo, immagine
mentale. Tutti questi termini disegnavano prevalentemente delle teorie
generali della vita mentale››
2
.
3. Immaginazione e fantasia
Nel parlare comune si distingue l’immaginazione dalla fantasia,
nelle lingue neolatine vi è una relazione concordia: l’immaginazione è
la ritenzione dell’assente, fantasia la sua rielaborazione.
2
La civilisation de l’image, Payot, Paris, 1969, p.24.
13
Strawson (1970) assegna all’immaginazione tre aree semantiche
fondamentali:
1) L’immagine mentale;
2) L’immaginazione come invenzione;
3) L’immaginazione come credenza o illusione.
Questa definizione corrisponde a quella della phantasia in Platone,
che ha il valore sia di rappresentazione veridica, sia di apparenza
illusoria. Imaginatio è voce più tardiva, anche se è già censita in Plinio
il Vecchio. I due termini si possono considerare di principio
equivalenti, mentre l’accezione dell’immaginazione come illusione
predomina nella traslitterazione, post-classica, dal greco phantasia,
attestata nella cena Trimalchionis, e nell’Institutio oratoria di
Quintiliano. Nel medioevo accade che si marchi una tonalità
chimerica di phantasia, di contro al valore realistico d’imaginatio. In
senso generico phantasia vale imaginatio, il primo termine è la
traslitterazione dal greco, il secondo la traduzione dopo la più antica
versione visio. In senso specifico, imaginatio è la facoltà che ritiene le
forme raccolte dal sensus communis (la koinè aisthesis di Aristotele: il
senso interno che coordina i dati provenienti dai sensi esterni, per
esempio il colore o il sapore di un percetto); phantasia è invece la
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facoltà che riaggrega i fantasmi ritenuti dall’imaginatio.
L’imagination cosi com’è riportata dall’Oxford English Dictionary
(ymaginacyon) è la creatività profonda al contrario della fancy
(phantasy) che è l’invenzione di cose leggere. In un conio del tedesco
Einbildungskraft, Paracelso rese imaginatio per designare ciò che,
insieme all’intelletto, compone il corpo invisibile, cioè l’anima. Come
paradigma esotico, l’esempio offerto dalla lingua giapponese nel
parlare contemporaneo ha come equivalenti di fantasia: kûsô,
“immaginare ciò che non esiste in realtà”, gensô, pensare ciò che non
esiste in realtà. Per imagination si ha sôzô, che viene dal cinese
classico, il termine designa sia “pensiero”, sia “immaginazione”
3
. Nel
lessico ebraico dei secoli XIII- XIV si distinguono la vis immaginativa
(ha –Kòah ha- medamèh), l’imaginatio (dimaiòn), e l’imago (dimùi):
da una parte, l’umanità caduta volge le spalle alle verità astratte per
seguire le immagini. D’altra parte, l’immagine è anche la via per far
ritorno, in un processo inverso, alla verità.
3
Maurizio Ferraris. L'immaginazione. Il Mulino, Bologna, 1996, p.13.
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Cenni storici sulle immagini e sull’immaginazione
1. Immaginazione e conoscenza
“La filosofia si è posta fin dalla sua origine il problema
dell’immaginazione, […] oscillando in genere tra un atteggiamento
che la vede come momento positivamente legato all’attività
conoscitiva, e un atteggiamento che la considera inutile o addirittura
dannosa alla conoscenza del vero”
4
.
Platone (Timeo, 71° sgg.) aveva
posto la sede dell’immaginazione nel fegato, che è un organo lucido,
capace di ricevere e mostrare le immagini rispecchiandole. Questo
rispecchiamento può partire dalle apparenze fornite dai sensi, ma può
anche essere determinato dall’alto, per esempio dagli dei nella
divinazione. Da Platone si origina cosi una dottrina
dell’immaginazione che la vede anche del tutto indipendente
dall’esperienza sensibile. Platone tratta il tema dell'immaginazione in
Repubblica, Teeteto, Timeo e Filebo. Nel Teeteto critica il concetto
d’immaginazione dei sofisti i quali sorvolavano sull'aspetto creativo di
questa facoltà e sulla sua autonomia nei confronti della realtà con la
quale tali filosofi tendevano a confonderla. Tuttavia, come sottolinea
Platone, non sempre l'attività gnoseologica dell'immaginazione è
4
Enciclopedia Garzanti di filosofia, 1995, p.528-9.
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esatta, poiché può indurci in errore nella costruzione della conoscenza.
Allora qual è la definizione più vera dell'immaginazione in Platone?
Nel Timeo il filosofo, per chiarire il quesito, chiama in causa il fegato.
Il fegato rappresenterebbe l'organo di cui si serve l'anima appetitiva
per trasformare i pensieri in immagini. Quando su quest’organo si
riflettono i pensieri, se essi sono forti e disturbanti, il fegato riceve
delle figure che si trasformano in immagini che lo rendono grinzoso e
bilioso. Se, invece, i pensieri che su di esso si riflettono, sono
riposanti, le immagini che la superficie dell'organo registra, sono
serene e lo rendono roseo e disteso. Associando l’immaginazione alla
riflessione, Platone ne fa il centro di una teoria della conoscenza,
poiché il fegato è un’altra immagine della tabula rasa. Essa è
contemporaneamente un sistema di archiviazione, come un foglio di
carta, e un sistema di riflessione sempre vergine;
In Aristotele immaginare resta essenzialmente legato alla sensazione,
ma in questo legame trova anche la garanzia della propria funzione
conoscitiva. Aristotele la definisce ‹‹un movimento prodotto dalla
sensazione in atto ››
5
. Quando la sensazione è in atto,
l’immaginazione ne è come soverchiata e repressa; la sua attività
emerge invece quando il frastuono della sensazione tace, come nel
5
Aristotele, L’anima, III, 3, 429a 1.
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sonno, e questo spiega le visioni che si hanno in sogno
6
. La tesi
Aristotelica che fa dell’immaginazione un proseguimento dell’attività
dei sensi anche quando l’oggetto è assente rimane costante in tutta la
tradizione occidentale; Per Aristotele non si può pensare senza
immagini. La reminiscenza rinvia alla capacità di stabilire
connessioni, spesso correggendo, dirigendo e trasformando, i dati
conservati dalla memoria. Grande importanza Aristotele assegna al
rapporto corpo - mente, entrambi implicati nell'immaginazione. Dalla
periferia del corpo, tutto ciò che è appreso dai sensi, giunge al centro
del cervello, sulla piccola ghiandola, dove s’imprime. Per Aristotele,
infine, l'immagine è sensazione, memoria, pensiero e soprattutto
simbolo. Aristotele afferma che è necessario supporre una funzione
unificante che riconduca a un solo fenomeno le immagini che ci
vengono dai due occhi, e a un solo acumeno i suoni che ci vengono
dai due orecchi. Alla tesi Aristotelica si affianca l’eredità platonica,
che si trasmette alla modernità attraverso Plotino, il quale sintetizza in
qualche modo le due linee. Secondo Plotino, l’immaginazione può
esercitare quella funzione che Aristotele le attribuisce, formando le
immagini generali che aiutano l’intelletto a risalire dalle sensazioni
molteplici ai concetti, perché essa riveste già un ruolo nel processo di
6
Aristotele, Sogno e veglia, III, 461a 2sgg.
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derivazione delle cose sensibili dall’Uno che sta al culmine di tutto il
reale. Per dare origine al mondo dei molteplici enti sensibili, l’Uno ha
bisogno di una scala di mediazioni; in questa scala, il gradino più
basso è occupato dall’anima e, nell’anima, dall’immaginazione.
Attraverso l’immaginazione, l’anima informa e vivifica la materia
7
.
Questa dottrina neoplatonica si trasmette al pensiero successivo
attraverso la tarda antichità (con Sinesio di Cicere) e il Medioevo
(specialmente con Ugo di San Vittore, che riprende le dottrine di
Sinesio, in uno scritto De unione corporis et spiritus). Il Medioevo
vede svilupparsi una ricca esegesi dell’immagine nelle sue dimensioni
ontologiche e teologiche. Con l’avvento del nominalismo medievale,
culminato nel XVII secolo con la formulazione di una semiologia
(logica di Port-Royal), l’immagine è sempre concepita come un segno,
e le sue proprietà sono fatte discendere da regole di costruzione di un
linguaggio formale. L’immagine, in quanto rappresentazione o segno,
si definisce come qualcosa che sta al posto di qualcos’altro per
qualcuno (l’aliquid stat pro aliquo della scolastica). Un simbolo
designa pertanto un’immagine, visiva o verbale.
La dottrina platonica ha il suo momento di massima fioritura
nell’Umanesimo e nel Rinascimento, in Marsilio Ficino e Giordano
7
Plotino, Enneadi, IV, 4, 13.
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