INTRODUZIONE
La canzone non è altro che la trasposizione in musica e in versi di
particolari stati d‟animo, e anche, secondo la definizione di Emilio Franzina:
«una dimensione dello spirito incline all‟autoriconoscimento collettivo e di gruppo
1
non importa se in forma epica, sacrale o lirica, di tipo politico o nazionale.»
Da questo, continua lo studioso, vi è una duplice difficoltà a creare una
catalogazione e uno studio adeguato delle canzoni di spirito patriottico,
perché in Italia molto spesso è mancato quel senso unitario di base
2
indispensabile.
Il primo grande laboratorio musicale di canti e inni patriottici è stato senza
dubbio il Risorgimento e, a partire dalla seconda metà dell‟Ottocento, in
tanti si sono cimentati nell‟impresa di formare dei corpora canori che
rappresentassero l‟anima musicale del paese. Le prime grandi raccolte sono
state quelle delle canzoni dialettali, costituite con l‟intenzione di tramandare
le tradizioni dei propri luoghi di appartenenza, in modo da conservarne la
memoria storica. Spiccano, per importanza e interesse, le raccolte siciliane
34
ottocentesche di grandi studiosi come il Vigo, il Pitrè e il Salomone
5
Marino. Nei loro lavori hanno raccolto molti canti, i quali divengono una
testimonianza del modo in cui il popolo ha vissuto e percepito gli eventi del
1
Emilio FRANZINA, Inni e canzoni, in I luoghi della memoria. Simboli e miti dell’Italia unita, a
cura di Mario Isnenghi, Roma, Laterza, 1996, p. 117.
2
Ibid.
3
Leonardo VIGO, Raccolta amplissima di Canti popolari siciliani, Catania, Galatola, 1870.
4
Giuseppe PITRÈ, Cartelli, pasquinate, canti del popolo siciliano, Palermo, s.e., 1913.
5
Salvatore SALOMONE MARINO, La storia nei canti popolari siciliani, Palermo, Giliberti,
2
1870, e anche, ID., La rivoluzione siciliana del 1848-49 nei canti popolari, in AA. VV. Memorie
della rivoluzione siciliana dell’anno MDCCCXLVIII, Palermo, Tipografia Cooperativa fra gli
operai, 1898, voll. I-II.
4
Risorgimento nell‟isola; dallo scoppio della prima rivolta nel 1820, fino al
periodo degli anni postunitari. In Italia settentrionale vi è l‟importante
6
lavoro sui canti piemontesi di Costantino Nigra, paragonabile per
importanza e rigorosità di metodo alle raccolte siciliane.
Verso la fine del XIX secolo compaiono i primi canzonieri patriottici,
compilati per esaltare e conservare gli ideali risorgimentali che hanno
portato all‟unità d‟Italia. Le pubblicazioni più complete e dettagliate, non a
caso, vengono pubblicate negli anni della prima guerra mondiale come
7
quello di Rinaldo Caddeo, o durante il fascismo come quello di Antonio
8
Schinelli; momenti storici nei quali in Italia era più forte l‟esigenza di
propagandare ed esaltare il sentimento nazionalista, che naturalmente traeva
la sua forza dall‟epoca risorgimentale.
Dopo la seconda guerra mondiale, con la caduta del fascismo, lo spirito
nazionalista, sentito in parte come una pericolosa eredità del vecchio
regime, venne messo da parte. Questo decretò anche la fine dei canzonieri
patriottici, considerati pesantamente retorici e artificiali lontani dal vero
sentire della popolazione. Si rafforzarono invece gli studi della tradizione
popolare, nei quali vennero riscoperti e valorizzati molti canti dell‟epoca
risorgimentale.
9
Negli anni ‟50 fu pubblicato uno studio di Carmelina Naselli sul canto
popolare nel Risorgimento. Ma fu nel decennio dopo che iniziarono a
uscire le raccolte di Roberto Leydi sui canti popolari di protesta sociale e
contro la leva militare.
6
Costantino NIGRA, Canti popolari del Piemonte, Torino, Einaudi, 1974.
7
Rinaldo CADDEO, Inni di guerra e canti patriottici del popolo italiano, Milano, Casa Editrice
3
Risorgimento, 1915.
8
Cfr. Achille SCHINELLI, Canzoniere del popolo italiano, Milano, Alba, 1930 e ancora dello
stesso autore, Nuovo canzoniere italiano, Milano, Signorelli, 1948.
9
Carmelina NASELLI, Il canto popolare politico nel decennio di preparazione, «Siculorum
Gymnasium. Rassegna semestrale della Facoltà di Lettere e Filosofia dell‟Università di
Catania», V/2, luglio-dicembre 1952, pp. 155-173.
5
10
Il lavoro condotto da Leydi è stato uno dei più importanti e utili, perché
di ogni canto, quindi compresi quelli risorgimentali, riportava le fonti di
raccolta, le varie lezioni che si sono tramandate negli anni, e quando era
possibile ne trascriveva la melodia. In ambito siciliano, invece, si è rivelata
utilissima per lo studio del Risorgimento nell‟isola, la raccolta di Antonino
11
Uccello, che ha continuato la grande tradizione di studi del Pitrè e di
Salomone Marino.
In seguito sono stati pubblicati molti canzonieri, tra i quali è da citare quello
12
di Giuseppe Vettori, dove però manca la trascrizione musicale; presente
13
invece nell‟ultima e più completa raccolta di Nunzia Manicardi.
Quest‟ultima è stata una delle prime studiose a considerare le canzoni delle
vere e proprie testimonianze, attraverso le quali è possibile ripercorrere i
periodi storici dell‟Italia. Altri lavori prodotti a partire dagli anni ‟80,
portano alla storia della canzone più che alla storia nella canzone, ad
14
eccezione dell‟opera di Stefano Pivato. Tuttavia mancano ancora
15
pubblicazioni dettagliate su periodi storici più circoscritti, affrontati
attraverso l‟analisi dei testi delle canzoni e lo studio della loro reale fama e
diffusione. Fino a ora, sono stati fatti solo dei percorsi generali che hanno
riguardato l‟intera storia italiana, citando soltanto i canti o gli inni più
conosciuti, aggiungendo quindi poco o nulla di nuovo. Si è però parlato
soltanto della canzone popolare, la produzione cosiddetta “colta”, a parte lo
10
Roberto LEYDI, Canti sociali italiani, Milano, Edizioni Avanti, 1963.
11
Antonino UCCELLO, Risorgimento e società nei canti popolari siciliani, Catania, Pellicano
Libri, 1978.
12
Giuseppe VETTORI, Canzoni italiane di protesta 1794-1974. Dalla rivoluzione francese alla
repressione cilena, Roma, Newton Compton, voll. I-II, 1974.
13
Nunzia MANICARDI, Storia d’Italia nel canto popolare, Sala Bolognese, Forni Editore, 1996.
14
Stefano PIVATO, Bella Ciao. Canto e politica nella storia d’Italia, Bari, Editori Laterza, 2007.
15
Un tentativo è stato da me compiuto in, Alessandro CROCCO, Maramao perché sei morto.
La seconda guerra mondiale nelle canzoni, Bari, Palomar, 2010.
6
16
studio di Monterosso negli anni „60, è stata quasi completamente
trascurata.
Sugli inni risorgimentali ha pesato il giudizio di scarsa qualità artistica,
soprattutto se paragonati ai coevi melodrammi in musica, dai quali spesso
furono influenzati. Inoltre, in un momento come quello attuale,
caratterizzato in politica dalle spinte federaliste, questi inni sono stati ancora
più emarginati, poiché hanno rappresentato con la loro retorica nazionalista
un periodo in cui, a rimorchio di una recente storiografia antirisorgimentale,
l‟unificazione sarebbe stata portata a forza contro la volontà degli italiani.
17
Un ulteriore limite, secondo alcuni studi, è che furono poco diffusi e
cantati, godendo di una popolarità alquanto limitata, tranne le eccezioni
rappresentate da il Canto degli Italiani di Mameli, l‟Inno di Garibaldi del duo
Mercantini-Olivieri e l‟Addio del volontario di Carlo Bosi.
Scopo della tesi è dimostrare che queste canzoni possono essere
considerate delle testimonianze importanti, per quanto a volte artificiose,
del periodo storico in cui furono prodotte. L‟intenzione è di affrontare un
organico percorso storico del Risorgimento, considerando sia gli inni e i
canti „colti‟, sia quelli popolari, perché soltanto così è possibile cogliere,
almeno in parte, la complessità degli ideali e dei sentimenti che animarono
la produzione vocale di questo periodo.
Si inizierà individuando le origini del canto politico e contestario italiano nel
repertorio dei canti giacobini, costituitosi durante i primi anni delle
invasioni napoleoniche in Italia, quando si diffusero gli ideali della
Rivoluzione del 1789. Infatti fu proprio in Francia che per la prima volta la
politica entrò nella canzone, servendosi di essa per propagandare i valori e
gli ideali rivoluzionari tra il popolo. I testi delle canzoni, diffusi attraverso
16
Raffaele MONTEROSSO, La musica nel Risorgimento, Milano, Vallardi, 1963.
17
Cfr. Un secolo di canzoni. Fogli volanti, a cura di Francesco Rocchi, Parenti, Firenze, 1961.
7
18
foglietti volanti, furono utilizzati come una sorta di mass-media ante
litteram, sia per celebrare i successi della rivoluzione sia per attaccare, con
satira feroce, gli avversari politici con lo scopo di delegittimarli. I primi
canti politici italiani faranno largo uso delle parole: libertà uguaglianza e
morte (alla tirannia). Ma nei canti di questo periodo non c‟è solo la
celebrazione degli ideali giacobini, perché in quelli della tradizione popolare,
soprattutto contadina, fu molto forte l‟ostilità ai nuovi valori rivoluzionari
predicati dai francesi e dai loro sostenitori.
Un primo repertorio di canti patriottici italiani inizierà a costituirsi durante i
moti carbonari del 1820-21. Questa sarà una breve esperienza, dato che con
il veloce fallimento delle rivolte si ripiomberà nella restaurazione
postnapoleonica. La prima grande fioritura avverrà negli anni
immediatamente precedenti il 1848, grazie alla figura di papa Pio IX, il
pontefice che riaccese, per poco tempo, le speranze degli italiani. La fama
che godette presso i circoli patriottici è riscontrabile nella grande quantità di
inni e canti che gli furono dedicati, i quali molto spesso furono usati a
scopo di opposizione politica contro i governi della Restaurazione.
L‟inizio delle rivolte del 1848 e poi il triennio unitario ‟59-61 segneranno il
periodo di maggiore produzione di canti patriottici. La lotta non fu solo nei
campi di battaglia, ma anche nei canti e negli inni che avevano lo scopo di
propagandare il più possibile gli ideali risorgimentali di Patria e Libertà, e
quindi di predisporre ancora di più gli animi alla lotta. Questi canti, anche
se molto spesso suonarono, e suonano tutt‟ora, retorici e poco più che
mediocri da un punto di vista estetico, servono a comprendere con quale
stato d‟animo i patrioti affrontarono le vicende risorgimentali. Molti di essi,
attraverso il significato dei loro testi, rispecchiarono i modi, le idee, i
18
Cfr., Lea PENTA, La storia d’Italia nelle canzoni popolari e nei fogli volanti, «Lares», XXIV/1-
2, 1958, pp. 42-54.
8
desideri, su come l‟Unità dovesse essere portata a termine e sotto quale
forma istituzionale: monarchica o repubblicana.
In un capitolo a parte, verrà invece trattato il personaggio di Garibaldi nei
canti, un argomento che ancora manca di studi adeguatamente
19
approfonditi. Poichè anche attraverso i canti che affrontano le imprese del
famoso eroe dei “Due Mondi”, è possibile contribuire alla conoscenza di
uno miti principali del Risorgimento, in tutta la sua complessità. Infatti.
variegata e diversa è stata la sua rappresentazione nelle canzoni: dalla
devozione religiosa, alla più laica figura di combattente per la libertà e la
giustizia sociale. Anche constatando la vitalità del repertorio garibaldino nel
tempo, si può affermare che il generale è uno dei pochi simboli che sono
durati ben oltre la fine dell‟epoca risorgimentale. Ad esempio la sua figura
di repubblicano e rivoluzionario sarà continuamente invocata negli inni di
fine Ottocento, i quali venivano cantati nelle manifestazioni e negli scioperi
socialisti.
Infine nella parte terminale della tesi, saranno affrontati i testi delle canzoni
nei quali confluì tutto il malcontento e il senso di delusione delle masse
popolari, che lamentarono il mancato miglioramento delle loro condizioni
sociali ed economiche a seguito dell‟unificazione. La maggior parte di
queste canzoni appartengono all‟area meridionale e, in particolare, a quella
siciliana. Perché proprio nell‟isola, a causa della grande partecipazione
contadina a sostegno dell‟impresa dei Mille, fu più amaro il sentimento di
disillusione per le promesse non mantenute.
19
Sul repertorio garibaldino vi è solo Musica in camicia rossa. Inni, canzoni e poesie garibaldine,
a cura di Laura Ciminelli e Claudio Cicconcelli, Roma, Il Bagatto, 1982
9
1. “NUMI VOI SIETE SPIETATI”. IL CANTO PATRIOTTICO
DA NAPOLEONE A PIO IX
1.1. La nascita del canto patriottico.
20
La Marsigliese, assieme ad altri inni e canti nati durante la Rivoluzione
francese, rappresenta il primo tentativo consapevole e di enorme successo,
di propagandare attraverso forme musicali d‟origine popolare, valori e ideali
politici. I canti francesi, quindi, possono essere considerati i modelli diretti e
21
indiretti della maggior parte dei canti e degli inni politici composti in Italia
durante il periodo risorgimentale e oltre. D‟altra parte, furono proprio i
valori rivoluzionari portati dagli eserciti francesi in Italia a risvegliare nel
popolo le rivendicazioni indipendentistiche e unitarie. Immagini e simboli
ricorrenti nelle prime canzoni italiane d‟ispirazione giacobina erano collegati
alle idee di: Patria, libertà, lotta popolare e democrazia.
Già a partire dal 1793-94, circolavano parecchie traduzioni italiane della
22
Marsigliese cantate sull‟aria originale. Altri due inni francesi, il Ca ira e La
Carmagnola, oltre ad essere tradotti, subirono numerosi adattamenti e
20
Composta da Claude Joseph Rouget de Lisle (1760-1836) a Strasburgo nella notte fra il
25 e il 26 aprile 1792, in seguito alla dichiarazione di guerra della Francia all'Austria. Il
nome originale era Chant de guerre pour l'armée du Rhin (Canto di guerra per l'armata del Reno)
ed era stata dedicata al maresciallo Nicolas Luckner, un ufficiale franco-bavarese nato a
Cham. L'inno divenne la Chiamata alle armi della Rivoluzione francese e in questo
contesto assunse il nome di Marsigliese perché cantata per le strade dai volontari (fédérés)
provenienti da Marsiglia al loro arrivo a Parigi. Venne distribuita in fogli volanti, per il
reclutamento di cittadini francesi nell‟esercito. Vedi, Stefano PIVATO, Bella Ciao. Canto e
politica nella storia d’Italia, Bari, Laterza, 2007, pp. 6-10.
21
Roberto LEYDI, Canti sociali italiani, Milano, Avanti, 1963, p. 23.
22
I testi di alcune versioni italiane si trovano in Cesare BERMANI, «Guerra guerra ai palazzi
e alle chiese». Saggi sul canto sociale, Roma, Odradek, 2003, pp.25-63.
10
modifiche. Il titolo, La Carmagnola, derivava dal nome della giubba a falde
corte che indossavano i rivoluzionari come simbolo di uguaglianza. In
Francia questo canto accompagnava le esecuzioni con la ghigliottina, al
contrario in Italia era intonato attorno ai vari “Alberi della Libertà”:
Maria Antonietta grida ai suoi
di far festa a tutti noi
la il cannon tuonò
lei niente festeggiò.
Questa è la carmagnole
bo bo bo bom bom bom
questa è la carmagnole
23
che ce la suona il cannon.
Ispirato a questi simboli rivoluzionari che furono esibiti nelle piazze delle
città dell‟Italia settentrionale, in un‟atmosfera ancora piena di entusiasmo
per l‟avventura napoleonica, è il canto Or che innalzato è l’albero, noto anche
con il titolo di Inno all’albero:
Or che innalzato è l’albero
s’abbassino i tiranni.
Da’ suoi superbi scranni
scenda la nobiltà.
Un dolce amor di patria
s’accenda in questi lidi:
formiam comuni i gridi:
24
viva la libertà.
La canzone probabilmente è stata composta a Genova da autori ignoti tra il
25
1796 e 1799, durante le prime campagne napoleoniche in Italia, e fu molto
26
apprezzata da Mazzini.
23
Nunzia MANICARDI, Storia d’Italia..., cit., pp. 126-127 (testo e musica).
24
Roberto LEYDI, Canti… cit., pp. 27-28 (testo); 445 (musica).
25
Uno dei numerosi adattamenti del canto, ricavato da un foglio volante dello stesso
periodo, riporta la firma dell‟autore del testo: il cittadino Piceda. Vedi, ivi, p. 29.
2
26
Alessandro D‟ANCONA, Ricordi ed affetti, Milano, Treves, 1908, p. 433.
11