6
Premessa
Il mio interesse per la fotografia nasce da una forte passione per
l‟immagine, per la luce, per i colori e la composizione formale. Inizio ad
avvicinarmi al disegno all‟età di tre anni, quando mia madre, con molta
pazienza, passava serate intere ad insegnarmi a tenere una matita in
mano. Fin dall‟infanzia un amore sregolato per le immagini mi porta a
proseguire gli studi superiori verso indirizzi artistici, in particolare
incentrati sul disegno grafico, geometrico e sulla fotografia. Per cinque
anni alterno studi teorici riguardanti la comunicazione e le arti visive a
studi pratici relativi alla fotografia in studio, sviluppo e stampa in bianco e
nero. Questo percorso accresce in me quell‟interesse formale che mi
aveva sempre spinto ad osservare la realtà con “occhi fotografici”, come
se ogni cosa dovesse bloccarsi e diventare, per il mio piacere, la
rappresentazione di un istante o di un‟emozione. Il passo successivo è
stato quasi naturale. Gli studi accademici mi hanno permesso, fino ad ora,
di dare corpo a tutte quelle idee che da bambina non sono mai riuscita a
concretizzare e che determinano la base teorica necessaria ad esaminare
tutte le forme in cui la fotografia si trova coinvolta.
Da uno studio personale ed intimo sul rapporto tra femminilità, corpo ed
estetica sono passata, ampliando di molto i confini delle mie conoscenze,
ad uno studio fotografico che affronta tematiche di estrema attualità quali
la fotografia digitale ed il suo rapporto con la nuova società mediale
approfondendo aspetti semiologici e comunicativi. Ho ritenuto opportuno
scrivere questa breve premessa per dimostrare che lo studio che questo
scritto illustra è il frutto di anni di interesse verso la materia trattata ed di
una passione che vive al di là dell‟ambiente accademico.
7
Introduzione
Il rapporto tra fotografia digitale e l‟evoluzione contemporanea del
concetto di memoria e condivisione sono i punti focali della mia ricerca che
procede, oltre i semplici confini della figurazione, aprendo un ampio
discorso teorico sul visuale. Si pone l‟obiettivo di definire le tipologie
attraverso le quali è possibile categorizzare la quantità ingente di
fotografie digitali distribuite principalmente su piattaforme di photo-
sharing. Con questo studio si cerca di individuare le caratteristiche
principali che descrivono la pratica della condivisione, conoscere in che
modo la fotografia digitale si posiziona rispetto all‟individuo all‟interno
della rete ed, in fine, indagare le trasformazioni che parallelamente ha
subito il concetto di „memoria‟ lungo lo sviluppo che la pratica fotografica
ha vissuto fino ai giorni nostri. Tentativo di questa ricerca è quello di
cercare di delineare le possibili caratteristiche, ancora non troppo definite,
della nuova fotografia digitale.
Sullo sfondo della contestualizzazione storica, con il primo capitolo,
analizzo l‟opera di quei fotografi che, dal 1839 fino ai giorni nostri, hanno
animato il panorama artistico mondiale con questo nuovo mezzo di ripresa
del reale. A partire da Daguerre, passando per Disderi, Nadar e
continuando fino a Vaccari, auspico mostrare gli esempi più significativi
che raccontano la scoperta rivoluzionaria della fotografia. Soprattutto,
intendo leggere tale parabola di sviluppo attraverso i filtri socio-culturali
secondo i quali la condivisione di immagini accompagna la crescita della
fotografia.
Questa parabola cronologica ha il compito di mostrare come la fotografia,
nel corso dei suoi anni di vita e di sviluppo abbia riconosciuto nella
condivisione la sua modalità predominante.
Di seguito, nel secondo capitolo, proseguo il percorso fino alla nascita
della fotografia digitale, evento chiave che pone le basi per i radicali
8
cambiamenti che di lì a poco avrebbero visto l‟immagine approdare al
virtuale ed immateriale.
Di seguito illustro alcuni aspetti importanti della fotografia analogica e
della fotografia digitale, trattati da Philippe Dubois e Giacomo Daniele
Fragapane, che hanno elaborato uno studio approfondito delle nozioni
spazio-temporali
1
al fine di comprendere i graduali adattamenti della
società al mezzo fotografico ed insieme riflettere sulla sua direzione
estetica. A sostegno di questa tesi, propongo due confronti: da un lato,
rendo esplicito il concetto di categoria spaziale portando ad esempio il film
Blow-up di Michelangelo Antonioni; dall‟altro lato, suggerisco una
stimolante linea di ragionamento sulla categoria temporale riattualizzando
le teorie di Marcel Proust ed Henri Bergson.
Nel terzo capitolo illustro alcuni principi teorici base dei dibattiti
contemporanei a proposito del rapporto controverso tra fotografia e
realtà: la fotografia ha sempre mantenuto un particolare rapporto di
referenza con essa e questo, con l‟arrivo del digitale, diventa assai più
labile. Dapprima porto alla luce la questione del realismo in fotografia, un
realismo del tutto apparente. L‟obiettivo fotografico, anche se può dare
questa illusione, non cattura il reale, bensì una sua rappresentazione. Si
torna così, con Sarah Kember, a ribadire la natura interpretativa della
fotografia. Secondo le sue riflessioni, le immagini fotografiche possono
essere considerate non come forme di conoscenza universale e di verità
assolute ma, più precisamente, come forme parziali di conoscenza e come
dichiarazioni di verità
2
. Prendo in esame alcune questioni rilevanti dei
dibattiti sul realismo al fine di proporre uno studio più capillare
sull‟effimero-digitale che si trova in stretto legame con le nuove tecniche
di fotoritocco. Il terzo capitolo si conclude, in sostanza, con un movimento
circolare che vede Mark Lister ristabilire un certo legame con la realtà
svecchiando il termine benjaminiamo di „aura‟ a favore della nuova e
1
) P. Dubois, L‟atto fotografico, Urbino, QuettroVenti, 1996, p.149.
2
) S. Kember, „The Shadow of the Object‟. Photography and realism, in The Photography Reader, London-New York,
Routledge, 2003, p.215.
9
ritrovata „aura tecnologica‟
3
. In tal direzione, intendo esprimere alcune
decisive considerazioni sulla relazione diretta tra individuo e immagine
fotografica evidenziando soprattutto i cambiamenti di statuto che la
caratterizzano.
Di seguito, nel quarto capitolo, analizzo le dinamiche che ruotano attorno
al rapporto simbiotico tra immagine fotografica ed internet, combinate con
l‟avvicinamento sempre più morboso della collettività, in larga parte
giovanile, ai nuovi dispositivi digitali. Nella prima parte descrivo il contesto
di riferimento: il Web 2.0 e soprattutto le pratiche attivate dalla presenza
della banda larga ed una migliore connessione. In particolare, mi addentro
negli usi sociali della fotografia e del loro riflesso all‟interno dei social
network.
Facebook, il numero uno degli attuali spazi di relazione e condivisione
online, è il primo che propongo di esaminare. Veicolo di memorie personali
e collettive, la fotografia permette ai suoi utenti di presentarsi alla
collettività della rete influenzando anche giudizi personali
4
come Pier
Cesare Rivoltella, proponendo un‟approfondita catalogazione delle
immagini personali, ha messo in luce. La fotografia può anche considerarsi
uno spontaneo racconto di vita che, rimarcando la tendenza del diario
fotografico, approda alla rete formalizzando un legame sempre più stretto
tra web e vita quotidiana. La compenetrazione tra i due ambienti porta
Stefano Mizzelli a proporre il concetto di life-sharing.
Intendo utilizzarlo come punto di riferimento costante delle immagini
fruite sui social network sotto forma di narrazioni condivise. Infatti, in
questa parte della mia ricerca, rifletto su come la fotografia concorre alla
creazione ed al mantenimento delle relazioni sociali. Gli studi culturali
risultano, a tal proposito, la base teorica fondamentale per analizzare la
storia del nostro tempo, da un lato grazie ai ritratti fotografici (foto
profilo) e dall‟altro grazie ai diari visuali (album fotografici).
3
) M. Lister, Extract from Introduction to the Photographic Image in Digital Culture, London-New York, Routledge,
2003, p.220.
4
) P.C. Rivoltella, Il volto “sociale” di Facebook. Rappresentazione e costruzione identitaria nella società estroflessa,
2010, http://www.scribd.com/doc/26359308/Il-Volto-Sociale-Di-Facebook
10
In fine, nel quinto capitolo, propongo un viaggio all‟interno della rete che
si muove tra condivisione e memoria.
In merito alla condivisione porto ad esempio Flickr, il sito per eccellenza
dedicato alla pratica photo-sharing. Attualmente molto popolare tra gli
amanti della fotografia, emerge da un energico desiderio di condivisone e
di scambio. Analizzando questo sito, tento di chiarire le sue caratteristiche
fondamentali delineandone soprattutto le funzionalità principali.
Questo è il quadro entro il quale si delinea la produzione visiva che la mia
ricerca intende approfondire, con i suoi elementi distintivi di
partecipazione e di condivisione.
A proposito del concetto di memoria, invece, ritengo interessante
analizzare il genere di fotografia familiare come dimostrazione del fatto
che, in parallelo alla dilagante massificazione e svalutazione della pratica
fotografica, esiste ancora un forte interesse a considerarla atto di
preservazione di memoria storica e sociale. Come diceva Susan Sontag nel
1973, inizialmente la fotografia era una pratica prevalentemente familiare,
un rito culturale connesso agli eventi più importanti ed era quasi sempre
riservata alla testimonianza delle proprie radici e dell‟appartenenza ad un
passato. Sin dall‟inizio del nuovo millennio invece, la fotografia è divenuta
un mezzo per immortalare esperienze di tutti i giorni. Nonostante la
dominante posizione della fotografia familiare come strumento di
memoria, dal momento in cui è diventata una pratica popolare, le sono
state cedute anche altre funzioni. Dagli anni „90 in poi il suo uso sociale si
alterna tra pubblico e privato, tra due dimensioni che tendono a non avere
più una netta separazione.
Ho deciso di trattare un caso di studio riguardante la pubblicazione di una
raccolta di fotografie: Familia. Fotografie e filmini di famiglia nella regione
Lazio, a cura di Gabriele D‟Autilia. Attraverso i filtri interpretativi di José
van Dijk propongo un confronto tra due diversi modi di divulgazione e
mantenimento della memoria: uno che riguarda la fotografia analogica, in
particolar modo quella familiare, e l‟altro che riguarda la fotografia digitale
ed i nuovi modi di catalogazione in album e condivisione online.
11
I mutamenti tecnologici della pratica fotografica vengono confrontati con
le molteplici modificazioni a livello sociologico e relazionale che il digitale
ha, in modo naturale, portato all‟interno delle pratiche di condivisione e di
memoria.
La fotografia nasce come atto di memoria e tocca, nello scorrere degli
anni, molti generi trovandosi a svolgere i più diversificati compiti. Alla luce
di questo, segnalo i nodi centrali che caratterizzano il cambiamento delle
modalità di fruizione della fotografia insieme alla rinnovata funzione
rimembrativa.
Una volta chiariti gli elementi costitutivi e le caratteristiche sostanziali
dell‟ambiente dei social network menzionati e, successivamente, della
fotografia familiare, si giunge alla parte conclusiva della mia ricerca che
intende mettere a confronto gli aspetti rappresentativi di entrambe le
sfere di riferimento.
Scopo del mio studio è, quindi, mostrare come i cambiamenti tecnici in
relazione alle trasformazioni socio-culturali hanno interessato la fotografia
nella comunicazione, nella formazione d‟identità e nel mantenimento della
memoria. La fotografia digitale incoraggia l‟individuo a muoversi al di là
del mondo fisico, anche quando afferma il valore della memoria, dei luoghi
e dei momenti autentici.
Tentativo del mio studio è quello di individuare nello scenario della
produzione fotografica digitale amatoriale alcune costanti nelle modalità
di rappresentazione e di fruizione/condivisione delle immagini attraverso
un confronto parallelo tra alcune forme convenzionali della fotografia
analogica e le nuove estetiche del digitale.
Le mie conclusioni gravitano attorno alle funzioni che la fotografia ha
assunto e di come attualmente lavori per mantenere il suo obiettivo
principale: il ricordare. Lo sviluppo tecnologico e la mia passione per essa
mi hanno spinto a studiarne le attuali dinamiche che la vedono cambiare
repentinamente e con lei anche gli atteggiamenti individuali e sociali.
12
Capitolo 1
La condivisione nella storia della fotografia
13
1.1 L‟invenzione della fotografia
La fotografia è stata, fin dal 1839, anno della sua invenzione, un mezzo
deputato al mantenimento e alla conservazione della memoria. Il suo compito
era, infatti, quello di impressionare immagini su una lastra fotosensibile al fine
di conservarle come testimonianza del reale. I francesi Joseph Nicéphore
Niépce, Louis-Jacques-Mandé Daguerre e l'inglese William Henry Fox Talbot
riuscirono a mettere a punto, grazie alle loro conoscenze scientifiche, una serie
di processi fotografici. Le loro ricerche erano accomunate dal desiderio di
salvare immagini, e tale rimase l‟interesse fondamentale di quelli che in
seguito si accostarono a questa pratica. L‟impatto della fotografia sulla società
fu enorme. Tutto ciò che prima poteva essere solamente descritto con la
parola, o tutt‟al più illustrato in immagini nate dal lavoro artistico, da quel
momento veniva rappresentato con assoluta fedeltà riproduttiva. La borghesia
e la nobiltà ottocentesca videro nella fotografia un mezzo per mettere in
mostra il proprio status sociale. Infatti, sin dalla sua infanzia la fotografia non
difendeva l‟apparenza di benessere bensì la costruiva mentre la celebrava.
Relativamente in fretta si riuscì ad incrementare la sensibilità dei materiali ed a
costruire apparecchi sempre più funzionali. Si pensi ad Andrè Adolphe Eugène
Disderi, celebre ritrattista parigino, che con le sue carte de visite, dava la
possibilità ai clienti del suo atelier di avere in mano prima quattro, poi otto ed
infine dodici miniature, anche in diverse pose, da regalare a parenti, amici o ad
un amante che la conservasse gelosamente. Era sempre possibile portare con
sé i ritratti dei propri cari incastonati all‟interno di scatole per cipria o di
ciondoli. Si trovò in essi un mezzo per esprimere il culto dell‟individuo
5
.
5
) G. Freund, Fotografia e Società, Torino, Einaudi, 2007, p.8.
14
1.
Disderi, Carte de visite.
È fin da principio chiaro l‟uso sociale, pubblico e collettivo della fotografia: é
proprio con l‟operato di Disderi e le sue carte de visite che è possibile definire
un primo esempio di diffusione dell‟immagine fotografica e della riproduzione
seriale. A tal proposito Freund sottolinea che Disderi rese la fotografia
definitivamente popolare. Sull‟onda del grande successo delle carte da visite, il
ritratto fotografico divenne economicamente accessibile ad un numero
decisamente maggiore di clienti (meno economici erano quelli dall‟atelier
Nadar). Questa situazione porta con sé la prima reale spaccatura tra fotografia
artistica e “commerciale”. Le piccole fotografie, infatti, entrano nella
corrispondenza epistolare ed iniziano ad assumere importanza nella coesione
familiare e sociale
6
. Le dimensioni ridotte resero un oggetto tanto
maneggevole quanto importante: per farsi conoscere, per conquistare un
6
) E. Grazioli, Corpo e figura umana nella fotografia, Milano, Bruno Mondadori, 2008, p.17.
15
partner, per inviare un‟immagine di sé ai cari lontani. Si diffusero così i primi
album di famiglia come ricordo visivo del succedersi delle generazioni. É il
periodo in cui si diffondono gli album da collezione che raccolgono anche
fotografie di personalità in vista dell‟epoca. I personaggi dello spettacolo
entrano presto negli atelier. La fotografia ha avuto anche il merito di diffondere
l‟immagine fisica di quelle persone che senza di essa non avrebbero raggiunto
la stessa notorietà. Giocando sull‟ambivalenza della vicinanza e
dell‟inaccessibilità immaginaria delle celebrità, il ritratto si estende innestando
nella società borghese un forte senso di democraticità e livellamento dei ceti.
Questo atteggiamento, affermerà più tardi Freund, vedrà il suo apice nella
cosiddetta società di massa.
Nadar, pseudonimo con cui è conosciuto Gaspard Félix Tournachon, fu un altro
personaggio importante nel panorama francese ottocentesco. La sua fotografia
artistica, per via del prezzo, era destinata solamente ad un ristretto gruppo di
appassionati disinteressati all‟aspetto economico e, infatti, viene ricordato
soprattutto per aver ritratto i personaggi più in vista degli intellettuali
dell‟epoca. I “ceti borghesi […] raggiunta la sicurezza materiale, anelavano
affermarsi attraverso segni esteriori”.
7
e trovarono negli atelier Nadar la giusta
ospitalità. Il suo lavoro può considerarsi un esempio embrionale di fotografia
divistica, una fotografia che interessava ed attirava verso di se molti acquirenti
tesi ad avere una bella immagine di sé da mostrare e della quale compiacersi.
Nella Parigi della seconda metà dell‟Ottocento, centro indiscusso dell‟arte e
della moda, Nadar divenne in breve il fotografo prediletto di tutto il mondo
intellettuale. La sua fotografia interessava ed attirava verso di se i molti
acquirenti tesi ad avere una bella immagine propria da mostrare e della quale
compiacersi. La sua fotografia è un‟ulteriore dimostrazione del forte senso
comunicativo, soprattutto dei ritratti. Sherry Turkle, un secolo più tardi,
l‟avrebbe definita <<virtuosa rappresentazione del sé>>
8
dal sapore,
aggiungerei io, narcisistico.
7
) G. Freund, op. cit., p.49.
8
) S. Turkle, “Can You Hear Me Now?”, Forbes Magazine, May/2007,
http://www.forbes.com/forbes/2007/0507/176_print.html (consultato il 25/09/2010).
16
Nei primi decenni di vita della fotografia, sulla scena europea si succedono
varie personalità interessate a cimentarsi con il nuovo mezzo. Dalla Francia
approdò in Inghilterra dove Henry Fox Talbot inventò la tecnica fotografica del
calotipo, un procedimento che riusciva a produrre immagini partendo dal
negativo. L‟ingegnosa scoperta determinò un importante sviluppo della
fotografia in senso distributivo e sociale. È proprio grazie al negativo che si ha
la possibilità di riprodurre all‟infinito un‟immagine. Di fatto, la riproduzione
fotomeccanica rimane ancora oggi la tecnica principale attraverso cui si
conoscono le fotografie. La nuova tecnica riscosse l‟immediato interesse di
molti pittori dell‟epoca, che ne intuirono l‟efficace potenzialità d‟aiuto nel loro
lavoro.
David Octavius Hill era un famoso pittore di Edimburgo. Nel maggio del 1843 si
cimentò in un‟impresa unica: eseguire il ritratto di circa 547 persone, tutti
partecipanti alla convenzione della fondazione della Chiesa Libera di Scozia.
2.
David Octavius Hill, Chiesa libera di Scozia, 1843.
“David Brewster aveva suggerito a Hill una collaborazione con Adamson,
appena arrivato a Edimburgo e già attivo in uno studio nella Rock House di
Calton Hill”
9
. Hill ed Adamson diedero così vita ad una intensa collaborazione
9
) R. Lehnmann e G. D‟Autilia (a cura di), Dizionario della fotografia, Torino, Einaudi, 2008, p.525.
17
che viene così ricordata in una lettera di Sir. Brewster a Henry Fox Talbot che
concludeva così:
<<Il signor D. O. Hill, il pittore, è in procinto di creare una società con
il signor Adamson e propone di utilizzare il calotipo per molti altri scopi,
in modo particolare per la realizzazione di grandi quadri raffiguranti
gruppi e classi di individui>>
10
.
Infatti, Hill decise di usare la fotografia proprio per garantire la somiglianza
dei numerosi delegati. Realizzò così un enorme quadro nel quale aveva
“assemblato” centinaia di ritratti fotografici tesi a ricreare la moltitudine di
persone che gli avevano richiesto. Ad ogni modo, oltre ad elogiare la scaltrezza
del pittore inglese, vorrei porre l‟accento su questa opera per altre motivazione
da quelle di carattere pratico. Come afferma D‟Autilia citando Benjamin, credo
che Octavius Hill sia la chiara dimostrazione del dirompente ruolo culturale e
sociale che ebbe la fotografia nel suo primo decennio di vita, diverso da quello
che assumerà il suo ingresso nell‟industria
11
. La sua opera fu presto
dimenticata, ma riveste un ruolo eminente a fini storico-critici. L‟atto di
montaggio che aiutò Octavius Hill lascia intendere il risvolto di utilità pratica
del mezzo fotografico. Sarebbe stata un‟impresa sovrumana dipingere un‟opera
di tale imponenza, ma con un aiuto tecnico vennero dimezzati i tempi di
realizzazione ed elevata la qualità del risultato finale. Attualmente, l‟esito di
tale lavoro potrebbe definirsi una sorta di primo Facebook della storia.
Indubbiamente Hill non realizzò l‟opera con intenti vicini ai creatori del famoso
social network ma, inconsapevolmente, ne fu un “arcaico precursore”.
Si evince da alcuni esempi qui rintracciati nella storia della fotografia che
l‟essere umano nella sua vita si sarebbe sempre più avvicinato alla macchina
fotografia. Una realtà che oggi constatiamo semplicemente. La fotografia é
entrata in modo talmente prepotente nella quotidianità che quasi non si riesce
più a percepirla. È talmente partecipe che oggi se ne perde la presenza.
10
) Ivi., p.526.
11
) G. D‟Autilia, L‟indizio e la prova, 2005, Milano, Bruno Mondadori, p.113.
18
La fotografia amatoriale nasce negli anni „80 del XIX secolo con l‟avvento del
procedimento a lastra asciutta e fotocamera a mano
12
. Fu essenzialmente il
frutto delle condizioni sociali ed economiche favorevoli comuni alla società
borghese. Laddove i fotografi professionisti dovevano inseguire determinati
canoni formali ed estetici, i fotografi cosiddetti dilettanti inseguivano soltanto il
desiderio di scattare fotografie che rispecchiassero i propri gusti ed interessi.
Non è così facile distinguere un professionista da un amatoriale, soprattutto
perché le due categorie tendono ad influenzarsi a vicenda, fino anche ad
arrivare agli anni „60-„70 del Novecento in cui l‟estetica dello sporco diventa un
vero e proprio genere, quasi una ricercatezza.
Se nell‟Ottocento il fotografo amatoriale era benestante, istruito e magari
proprietario, nel Novecento appartiene sempre più spesso ad un ceto medio-
basso. Questo eccezionale cambiamento è stato possibile grazie allo sviluppo
delle attività industriali, che permettono alla fotografia di scivolare sempre più
velocemente tra i prodotti accessibili.
12
) R. Lehnmann e G. D‟Autilia (a cura di), op. cit., p.341.
19
1.2 Le cartoline fotografiche
Anelito di conoscenza dell‟esotico, di paesi lontani la cartolina inizialmente fu
soprattutto un segno della circolazione e condivisione sempre più intensa di
immagini. Quale mezzo poteva essere più adatto se non la cartolina ad
esprimere “un allegro saluto da..”
13
? Una delle prime applicazioni popolari della
fotografia è stata proprio la cartolina illustrata. Nasce negli anni „70
dell‟Ottocento e costituisce un‟altra industria che deriva direttamente dalla
tecnica di riproduzione fotografica.
“Le diede impulso una legge, promulgata nel 1965 in Germania,
quando il ministero delle poste propose l‟uso delle cartoline postali
ufficiali. Una legge analoga fu promulgata in Francia nel 1972”
14
,
ma ebbe una piena diffusione sociale soltanto nel Novecento. La cartolina
deve il suo successo soprattutto allo sviluppo del turismo, che trova nell‟invio
di un “saluto” un rituale d‟obbligo, un segno lasciato da un viaggio o una mania
per collezionisti. I tempi erano propizi per intraprendere la strada delle
comunicazioni interpersonali. Con i treni a vapore e le diligenze i traffici postali
si fecero più veloci e avviarono uno scambio di messaggi, di auguri o di saluti
sintetici. “La cartolina è un “oggetto” […] che si può possedere”
15
e conservare.
Per questo motivo ebbe un enorme diffusione. Significava (lo significa
tutt‟oggi) possedere tangibilmente un ricordo.
Guido Cecere, con La fotografia in cartolina, propone una suddivisione in
generi, individua la cartolina in posa, di bambini, di animali, di humor, di mare,
13
) G. Cecere, La fotografia in cartolina, Firenze, Coordinamento editoriale G. Naldi presso il Museo di storia della
fotografia Fratelli Alinari, 1996, p.5.
14
) G. Freund, op. cit., p.87.
15
) G. Cecere, op. cit., p.6.
20
di Eros, di turismo, di moda, di celebrità, militare e politica (di cui si ragionerà
meglio in seguito), di attrezzature e di cartoline pubblicitarie. In questo elenco
sono enunciati soltanto alcuni dei possibili tipi di cartoline che evidenziano
l‟importante presenza della fotografia come agente di testimonianza di un
evento. La cartolina, simbolico incontro con un luogo, inizia ad essere
considerata una gradita pratica sociale orientata al mantenimento dei rapporti
interpersonali, un pezzo di carta che mette in contatto persone. Un importante
sviluppo è dovuto al turismo che conosce una grande diffusione grazie al
progresso della macchina fotografica che diventa indispensabile per i
viaggiatori. In essa è facile inscrivere una certa dose di esibizionismo da parte
di coloro che acquistano il ricordo di una villeggiatura al mare a buon mercato,
oppure da un giovane soldato che spedisce alla fidanzata lontana l‟immagine
fiera di un‟uniforme o quella di due amanti che si scambiano effusioni. Così, “al
rito dei cuori incisi sul tronco dell‟albero” le cartoline “aggiungono quello della
fotografia come suggello d‟amore”
16
. A tal proposito, all‟interno della raccolta di
cartoline proposta da Cecere si trova una interessante sezione denominata
Fotografia ed Eros, nella quale il simpatico angioletto si propone come
fotografo di coppie d‟innamorati. Ciò significa che l‟atto fotografico viene
realmente concepito come occasione di avvicinamento, in questo caso tra due
amanti e, in un certo senso, di congelamento del sentimento.
16
) Ivi., p.83.