Introduzione
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Le recenti vicende internazionali, con la crisi finanziaria partita dagli Stati Uniti che
ha investito tutto il pianeta, propagandosi in seguito all’economia reale, ci impongono
di riflettere e ripensare quelli che sono i paradigmi attuali che si sono venuti a
consolidare negli ultimi anni. Una rinascita del liberismo, non a caso definito neo-
liberismo, con una rinnovata concezione dello Stato visto come il semplice garante di
libertà negative e diritti soggettivi. Uno Stato che si deve astenere dall’intervenire
attivamente nel sociale, nell’economia, e più in generale in tutti quegli aspetti della
vita umana e dell’organizzazione della società che si riferiscono alla singola e
personale concezione di bene e dei conseguenti mezzi per realizzarla. Uno Stato
definito infatti “minimo”, proprio perché è necessario che gli interventi nella gestione e
disciplina delle relazioni tra i soggetti che lo compongono siano limitati al minimo
indispensabile a consentirne una pacifica convivenza. Una visione che affonda le sue
origini nelle concezioni di Locke, campione dello Stato liberale e del contratto sociale,
convinto assertore della necessità di limitare il potere dello Stato, perché questo non ne
1 Per un'analisi della crisi finanziaria globale esplosa nel 2008 e delle cause che l'hanno provocata rimando a Paul
Krugman, Il ritorno dell'economia della depressione e la crisi del 2008, Milano, Garzanti Libri, 2009.
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abusi. Esigenza pienamente condivisibile in una fase storica, il XVII secolo, in cui il
potere dello Stato, impersonato nel monarca, era di fatto assoluto, e sorgeva la
necessità di garantire i diritti naturali fondamentali dei sudditi. Una visione che è
entrata irrimediabilmente in crisi negli ultimi tempi, ma che ha cominciato a mostrare
i primi segni di cedimento immediatamente dopo la Seconda Guerra Mondiale. Crepe
mascherate da un sistema bloccato rigidamente in uno schema bipolare tra due
concezioni totalmente agli antipodi, e che non permetteva sbandamenti, seppur
minimi. Il crollo del muro di Berlino, con la conseguente dissoluzione dello Stato
sovietico sembrava indicare chiaramente che ci fosse un vincitore nella battaglia
ideologica tra liberalismo e comunismo, facendo addirittura gridare alla “fine della
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storia” , e prospettando così l’inizio di un’età aurea in cui l’umanità sarebbe riuscita a
completare il suo percorso giungendo al suo stadio finale e più elevato. La democrazia
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e il liberismo economico avevano vinto. In realtà, con la sconfitta del comunismo ,
quella che in apparenza era la nascita di un sistema unipolare guidato dagli USA si è
trasformata in una illusione di breve durata. Le forze centrifughe che agitavano il
pianeta, bloccate da 40 anni di guerra fredda, sono state improvvisamente liberate,
cominciando a erodere sottotraccia le fondamenta della “pax americana”. Questo ha
2 Il concetto di “fine della storia” è stato riproposto da Francis Fukuyama nell'opera La fine della storia e l'ultimo
, Milano, Rizzoli Editore, 1992. L'autore riprende la corrente di pensiero storiografica che ritiene la storia come
un processo evolutivo unidirezionale rivolto al progresso, in cui l'uomo è guidato da due differenti forze. La prima è
lo “spirito della scienza”, ossia la tendenza dell'uomo ad evolvere attraverso le conoscenze e le scoperte
tecnologiche, mentre la seconda è il “desiderio di riconoscimento”, ossia l'aspirazione al riconoscimento dell'identità
personale e dei diritti da parte dei propri simili. Il progresso tecnologico diventa così indissolubile dal progresso della
dignità umana. La storia segue quindi un percorso a senso unico rivolto necessariamente al progresso, e la caduta del
muro di Berlino non fa che confermare che la meta finale di questo percorso è il liberalismo democratico, considerato
come la forma di organizzazione politica ed economica definitiva e più perfetta.
3 La caduta dell'URSS e dei regimi comunisti satelliti dell'Europa orientale avvenne improvvisamente e
apparentemente senza cause dirette nell'arco di un brevissimo arco temporale. La data riconosciuta
convenzionalmente è quella del 9 Novembre 1989, giorno della “caduta” del muro di Berlino, simbolo della divisione
del mondo in blocchi e della guerra fredda tra blocco occidentale e blocco comunista. In seguito alla caduta del muro
ebbe inizio un massiccio effetto domino che portò alla rapida caduta di tutte le “democrazie popolari” dell'Europa
dell'Est e della stessa Unione Sovietica, dissoltasi formalmente il 26 Dicembre 1991. In realtà il blocco e l'ideologia
comunista erano in declino già da qualche decennio, e solo un'astuta quanto pervasiva propaganda avevano nascosto,
all'interno e all'esterno, le criticità e le difficoltà che lentamente ma inesorabilmente stavano corrodendo le strutture
della galassia comunista.
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uomo
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portato all’esplosione di tensioni etniche e territoriali covate per decenni, un
fenomeno relativamente nuovo come il terrorismo islamico, e una generale messa in
discussione di quei principi democratici e liberali che sembravano acquisiti ormai
definitivamente.
Tutto questo aggravato dagli anni di azione neo-imperialista della gestione Bush,
contraddistinti da una selvaggia deregolamentazione dei mercati finanziari, una
regressione marcata sul piano dei diritti umani, una aggressiva politica estera, e una
costante ritirata dell’intervento dello Stato nei servizi in favore dei cittadini, perfino di
quelli più fondamentali come sanità, istruzione e lavoro. Gestione, che combinata
all’azione dei più grandi organismi internazionali, come il Fondo Monetario
Internazionale o la Banca Mondiale, e all’immobilismo di quello che nelle intenzioni
dovrebbe essere il vero governo mondiale, quelle Nazioni Unite bloccate dai veti
incrociati e dai singoli interessi delle nazioni, ha finito per contagiare gran parte del
pianeta.
Il risultato è una generalizzata crisi dello Stato-nazione nella sua concezione attuale,
crisi che lo investe contemporaneamente dall’alto e dal basso. Dall’alto perché la
globalizzazione economica, liberalizzando la circolazione di persone, merci e
soprattutto capitali, favorisce la nascita di gruppi di potere transnazionali sempre più
potenti, che arrivano a sfuggire ai controlli dei singoli stati nazionali, se non
addirittura a condizionarli. Dal basso perché, l’attuale società, sempre più
parcellizzata e frammentata, tende a creare differenti comunità all’interno dello Stato-
nazione. Comunità che, specie se marginalizzate, tendono a sviluppare autonome
giuridicità spontanee estranee al diritto ufficiale, disgregando così dall’interno la
4 Balcani, Caucaso, Africa Sub-sahariana e Asia centrale sono soltanto alcune aree geografiche in cui sono esplosi
violenti conflitti etnici in seguito alla fine della guerra fredda e alla frammentazione dei blocchi occidentale ed
orientale.
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struttura unitaria dello Stato tradizionale.
È proprio partendo da questo scenario che si fonda il tentativo di andare oltre la
dicotomia tra liberalismo e comunismo, per cercare una tipologia differente di
organizzazione dello Stato, una struttura che permetta di ricondurre queste forme
alternative di diritto materiale particolari nel seno di entità statuali più ampie, con
queste ultime capaci di interagire e relazionarsi a livello globale per contenere
l’erosione di sovranità causata da quei gruppi economici transnazionali nominati in
precedenza.
Nel fare ciò partiremo dall’analisi di uno Stato esemplare per quel che riguarda questo
tentativo di superare i due modelli conclamati di organizzazione statale, per cercare se
possibile una sintesi tra di loro. Un paese in cui la discussione dottrinaria, e la stessa
organizzazione statale, sono stati fortemente influenzati sia dall’ideale liberale
nordamericano, sia dalle teorie più spiccatamente comunitarie di stampo europeo.
Uno Stato in cui la Costituzione e la giurisdizione costituzionale rivelano chiaramente
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questo sincretismo.
Uno Stato che è una giovane democrazia, e che quindi è ancora un laboratorio, un
sistema in divenire, e che a questo aggiunge il fatto di essere nella cosiddetta
“periferia” del mondo, risentendo di fatto delle elaborazioni e dalle svolte dottrinarie
provenienti dal centro.
Uno Stato infine, vittima di quella doppia erosione di sovranità a cui accennavamo in
5 La duplice dinamica è illustrata da Ralf Dahrendorf, Dopo la democrazia (intervista a cura di Antonio Polito),
Roma, GLF Editori Laterza, 2003, pagg. 11-31. Secondo l'autore parallelamente alla globalizzazione si è sviluppato
un processo di senso opposto, la “glocalizzazione”. Con questo termine si indicano le dinamiche secondo cui le
comunità, spaventate dalla dimensione troppo ampia assunta dai centri di potere decisionali e dall'eccessiva distanza
nei confronti del cittadino, si rifugiano in un ambito sociale e politico sempre più ristretto, cercando la coesione e la
sicurezza garantite dalla prossimità tra individuo e autorità pubblica. Si spiegano così le molteplici tendenze
autonomiste e secessioniste fiorite negli ultimi anni.
6 Sul tema del sincretismo della giurisdizione costituzionale brasiliana si richiama Walber de Moura Agra, O
sincretismo da jurisdiçao constitucional brasileira, monografia presentata al XXXIII Congresso nazionale dei
procuratori di Stato e del distretto federale, Recife, giugno 2007
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precedenza, costretto dalle ricette neo-liberiste delle grandi istituzioni finanziarie ad
abdicare a parte della propria sovranità, e scosso dal basso da una carenza di
legittimità delle proprie istituzioni e più in generale della legge, e alle prese con una
bassa concretizzazione costituzionale.
Questo paese è il Brasile, e andremo ad analizzarlo nella nostra ricerca di una “terza
via”, di un sistema, che pur non rinunciando all’ideale democratico liberale, possa
apportare quei correttivi necessari ad un sistema palesemente in crisi.
Per fare ciò sarà ovviamente necessario iniziare la nostra ricognizione dalla
discussione attualmente in corso all’interno della dottrina costituzionale brasiliana
sulle modalità di organizzazione dello Stato.
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Capitolo I
Tra libertà e partecipazione popolare
1.1 Il pluralismo della società contemporanea e le sue interpretazioni
Il dibattito teorico attualmente in corso si sviluppa in quattro differenti correnti,
ognuna delle quali interpreta una differente visione dei rapporti tra Stato e cittadini, e
tra libertà negative e libertà positive. Da questa differente visione discende una diversa
concezione riguardo l’organizzazione dello Stato, la tipologia della Costituzione,
chiusa o aperta, e il ruolo e la portata dell’azione della giurisdizione costituzionale.
Queste quattro correnti sono rappresentate dai:
•Libertari, di cui sono famosi esponenti Robert Nozick e Friedrich Hayek, fermi
sostenitori di uno Stato minimo, i cui compiti si limitano alla protezione dei cittadini e
delle rispettive libertà individuali e alla vigilanza sul rispetto dei contratti. L’autonomia
privata rappresenta l’unico principio su cui deve essere fondato questo Stato, e la
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giustizia sociale non è che un escamotage per compromettere le libertà degli individui;
•Liberali contrattualisti, come John Rawls e Ronald Dworkin, che interpretano la
società come la combinazione dell’affermazione delle singole realtà individuali, così
che lo Stato viene ad assumere il ruolo principale di prevenzione e regolazione degli
eventuali conflitti che potrebbero sorgere tra le differenti concezioni individuali
riguardo il bene e la vita degna;
•Comunitaristi, come Michael Walzer, Charles Taylor,Michael Sandel e Bruce
Ackerman, che pongono l’accento sull’aspetto storico dell’esistenza umana,
enfatizzando la molteplicità delle identità sociali e culturali presenti nella società
contemporanea. I comunitaristi spingono per un recupero della tradizione aristotelica,
rigettando l’individualismo liberale, e ponendo l’accento sull’importanza della
tradizione nell’ambito dello sviluppo delle comunità umane. Forte accento è posto sui
vari contesti sociali, da cui l’individuo è necessariamente influenzato. La giustizia
come virtù nell’applicazione di regole conformi alla specificità di un determinato
contesto sociale, con gli individui che si riconoscono reciprocamente nella
condivisione di una comune appartenenza a una forma di vita. Le istituzioni devono
indirizzare i cittadini verso il bene comune, formare il senso etico delle persone.
•Critico-deliberativi, il cui maggior pensatore è rappresentato da Jürgen Habermas.
Questo autore cerca di giungere ad una sintesi tra la concezione liberale, differenti
concezioni individuali rispetto la vita degna, e quella comunitarista, molteplicità di
comunità che condividono valori, tradizioni e costumi, ammettendo che entrambe
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coesistono nella società attuale, non potendo sceglierne una in detrimento dell’altra.
Habermas inoltre sostiene che un’analisi della società attuale può essere effettuata solo
tramite lo spettro di una lettura intersoggettiva, e che solo la ragione comunicativa
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può permettere accordi tra gli individui senza costrizioni né forzature.
La nostra analisi si limiterà alle ultime tre correnti, tralasciando i libertari. Questo
perché, a prescindere dalle rispettive differenze, liberali, comunitaristi e critico-
deliberativi sono accomunati dal tentativo di teorizzare un ideale di giustizia
distributiva compatibile con il pluralismo del mondo contemporaneo. Li accomuna
quindi il tentativo di tutelare, oltre alle singole libertà soggettive, una maggior
eguaglianza materiale, proposito fermamente escluso dai libertari. Senza contare che,
molto prosaicamente, le attuali condizioni storiche e il recupero in atto delle ricette
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keynesiane e delle teorie dell’economia sociale di mercato consigliano questa scelta.
La differenza fondamentale tra le tre correnti che analizziamo è nella loro diversa
concezione e postura nei confronti di uno dei tratti costitutivi e più significativi delle
democrazie contemporanee, e cioè il pluralismo. È certa infatti l’impossibilità di
trovare un’idea riguardo la concezione di bene che possa venire condivisa
indistintamente da tutti.
1 Gisele Cittadino, Pluralismo, direito e justiça distributiva, Rio de Janeiro, Editora lumen juris, 2000; prefazione
2 L'economia sociale di mercato si propone di garantire la libertà di mercato, ricercando al contempo la
concretizzazione della giustizia sociale. Questa teoria trae origine dall'Ordoliberalismo propugnato dalla scuola di
Friburgo di Walter Eucken, e viene elaborata in maniera compiuta da Wilhelm Röpke, del quale si segnala
Democrazia ed economia. L'umanesimo liberale nella civitas umana, Bologna, società editrice il Mulino, 2004.
Röpke cerca di tracciare una “terza via” tra liberalismo e collettivismo, nel tentativo di costruire un'economia di
libero mercato nella quale l'iniziativa economica sia affidata al privato ma lo Stato conservi un ruolo di controllo e
vigilanza. Importante è soprattutto l'importanza che Röpke assegna ai valori del cristianesimo nella costruzione di una
società equa, evidenziandone la contiguità col liberalismo nella comune difesa della dignità umana. Queste idee
influenzarono in maniera incisiva la politica e i governi tedeschi nell'immediato dopoguerra. Röpke stesso fu
consigliere del Cancelliere Adenauer, mentre il ministro dell'economia, Ludwig Erhard, impostò la ricostruzione post-
bellica aderendo completamente ai principi dell'economia sociale di mercato.
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Questo pluralismo della società contemporanea può però essere inteso secondo due
differenti accezioni, e cioè come diversità di concezioni individuali riguardo la vita
degna, oppure come molteplicità di identità sociali, culturali, etniche o religiose. Il
primo significato è quello adottato dai pensatori liberali, mentre il secondo è
sviluppato dai pensatori comunitaristi. Habermas a sua volta cerca di arrivare ad una
sintesi tra le due visioni, ammettendo l’esistenza di entrambe le tipologie di pluralismo,
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affermando l’impossibilità di scegliere una delle due, tralasciando l’altra.
È importante chiarire, prima di entrare approfonditamente nella questione, come tutti
i pensatori in questione siano convinti sostenitori della società democratica liberale, e
della necessità di preservare le istituzioni e i fondamenti dello Stato democratico di
diritto, ossia l’imperio della legge, la separazione dei poteri come formulata da
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Montesquieu , il rispetto dei diritti fondamentali, la sovranità popolare con la
conseguente regola della maggioranza. Allo stesso modo è accettato in maniera
unanime quale sistema di ripartizione dei beni scarsi il libero mercato, ovviamente
anche in questo caso con le dovute correzioni e differenze proposte da ogni autore. Gli
stessi autori chiaramente più critici e severi verso il mercato, come Walzer e Habermas
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in realtà non arrivano mai a rifiutarlo o a teorizzare un sistema alternativo. Questo
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perché, secondo la precisazione di Hayek il valore economico dei beni è rappresentato
dal loro valore di scambio, cosi che senza mercato, e di conseguenza senza libero
3 Gisele Cittadino, Pluralismo, direito e justiça distributiva, op. cit., introduzione
4 Nella celeberrima opera “Lo spirito delle Leggi”, partendo dall'assunto che il potere assoluto corrompe in maniera
assoluta, Montesquieu teorizza tre differenti tipi di potere, quello legislativo, quello esecutivo e quello giudiziario,
sostenendo che la condizione oggettiva e necessaria per garantire la libertà dell'individuo è che questi tre poteri
restino nettamente separati. Charles-Louis de Montesquieu, Lo spirito delle leggi (1748), [trad. it. S. Cotta], Torino,
Utet, 2005
5 Gisele Cittadino, Pluralismo, direito e justiça distributiva, op. cit., pag. 5
6 Austriaco ma naturalizzato britannico, Hayek è uno dei maggiori economisti del XX secolo, esponente storico del
liberalismo considerato uno dei maggiori avversari delle teorie interventiste formulate da Keynes. Premio Nobel nel
1974 notevole è stata la sua influenza sulle politiche di abbattimento delle tasse e dell'economia
perseguite in particolar modo da Reagan negli USA e dalla Thatcher in Gran Bretagna.
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deregulation