7
Nel cuore della Provenza alpestre "Adolphe visse
liberamente fino all'età di dieci anni, indossando pochi vestiti
sia in inverno che in estate, crescendo nella natura, ed
eccetto che per qualche lezione di religione, non gli fu
insegnato nulla. Almeno godette di buona salute e di un
vigore poco comune".
4
Il 1835 fu un anno cruciale per la vita del futuro pittore:
Joseph Antoine Monticelli, cioé il nonno, si sposò in
seconde nozze, dichiarando legittimo un suo figlio naturale
nato nel 1826, Ange Monticelli; in seguito a ciò fu costretto a
togliere il veto che impediva a Claire e Thomas di sposarsi.
Il 29 settembre 1835, allorquando verrà celebrato il
matrimonio tardivo di Claire e Thomas e regolarizzata la
loro unione, Adolphe sarà finalmente riconosciuto e gli sarà
conferito l'insigne onore di portare il nome dei Monticelli.
Soltanto allora lascerà Ganagobie e i Derrives, per seguire i
suoi genitori a Marsiglia.
5
4
La maggior parte delle testimonianze sulla vita del pittore sono di: L. Guinand, La vie et
les oeuvres de Monticelli, Marsiglia, Librairie Marseillaise, 1891, p. 6.
5
Cfr. : C. & M. Garibaldi, Monticelli cit., pp. 7-8.
8
2 - LA LEGGENDA DELL'ASCENDENZA NOBILIARE
ITALIANA
Una falsa leggenda, accreditata da Louis Monticelli, figlio di
secondo letto di Joseph Antoine, nonno di Adolphe, attribuì
al pittore un'ascendenza nobiliare italiana: il crociato
Godefroy Monticelli, loro antenato, avrebbe sposato nel
1100 Aurea Castelli, figlia del duca di Spoleto!
6
In seguito a questa menzogna, Charles Faure, nel 1874,
specificò che "Adolphe Monticelli divenne duca di Spoleto
alla morte di suo padre, l'8 marzo 1868, divenendo di
conseguenza il quarto duca francese...".
7
La direzione del Museo di Belle Arti di Marsiglia, con la
collaborazione dei discendenti italiani e francesi del pittore e
con accurate ricerche nei documenti parrocchiali di
Marsiglia e di Torino, precisò l'origine della famiglia
Monticelli.
8
6
La falsa leggenda è stata mutuata da: C. Mauclair, Adolphe Monticelli, in "La Revue de
l'Art Ancienne et Moderne", XIV, lug.-dic., 1903, p. 106. Cfr.: S. Stammegna, Catalogue
des oeuvres de Monticelli, Vence, Imprimerie des Remparts, 1981, p. 6.
7
La citazione è tratta da: G. Isnard, Monticelli, sans sa legende, Genève, éd. Pierre
Cailler, 1967, p. 23.
8
L'argomento è stato approfondito da: G. Rovere, Le origini torinesi di un grande pittore
dell'Ottocento francese: Adolfo Monticelli, Torino, dic. 1952, p. 25; il nome della rivista è
stato smarrito, l'articolo è conservato nell'Archivio Storico della Galleria Nazionale di Arte
Moderna a Roma. Anteriormente al 1949, il colonnello Giorgio Rovere, discendente dei
Monticelli, condusse ricerche e verifiche in Italia, permettendo in tal modo di stabilire che
l'ascendenza dei Monticelli conduceva di generazione in generazione, da Marsiglia a
9
Nel 1660, infatti, venne a stabilirsi da Milano a Torino, nella
giurisdizione della Parrocchia di S. Tommaso un certo Carlo
Francesco Monticelli, da cui nel 1675 nacque Giancarlo,
che sposò in prime nozze Lucia Capella. Costui era un
abilissimo decoratore, che ebbe, fra gli altri figli, Pietro
Paolo Antonio, nato a Torino nel 1717, il quale esercitò la
professione di battiloro.
9
Quest'ultimo, rimasto vedovo di
Maria Teresa Bertano nel 1760 ed essendogli morta anche
l'unica figlia nel 1765, lasciò Torino per raggiungere
Marsiglia, ove il 27 gennaio 1767 convolò a nuove nozze
con Catherine Defassy. Da questo secondo matrimonio
nacque subito Joseph Antoine, che esercitò la modesta
professione di funzionario pubblico e, a sua volta si sposò,
nel 1799 con Marie Jeanne Cauriol.
10
Da questo matrimonio, il 12 giugno 1804, nacque un figlio,
che chiamarono Thomas Bernabè, che all'età di venti anni
conobbe Claire Rose Bertrand, appena diciottenne, figlia
della sarta Geneviève Petit e di Joseph Bertrand,
Torino e, all'inizio del XVII secolo, a Milano. Cfr.: A. Alauzen & P. Ripert, Monticelli cit.,
Glossaire, p. 417.
9
Ibidem, p. 417; Giancarlo Monticelli, decoratore, è stato citato da Arturo Midana, L'arte
del legno in Piemonte nel sei e settecento, Torino, (senza data); il libro è custodito nella
Biblioteca di Palazzo Venezia.
10
L'ascendenza di Adolphe Monticelli è stata pubblicata nell'articolo di Raoul Busquet,
Les origines familiales du peintre Monticelli, in "Revue Municipale Marseille", n. 8, 1949,
riportato da: G. Isnard, Monticelli, sans sa cit., p. 24, nota 1.
10
luogotenente d'artiglieria morto a Winter in Germania,
durante la campagna del 1813.
11
3 - IL MITO DI MONTICELLI
La deformazione della realtà è stato, forse, il prezzo più alto
pagato da Monticelli per la sua originalità.
Alla sua epoca, infatti, ancora non esisteva un vocabolario
artistico per definire lo stile della sua pittura, di
conseguenza, molti preferirono ricorrere all'immaginazione
come mezzo di spiegazione del suo comportamento
bizzarro e della sua ricerca artistica, del tutto incompresa.
Ricamare sugli avvenimenti, peraltro, era il passatempo
preferito dei marsigliesi, una sorta di tradizione culturale;
senza dubbio, questo fattore contribuì all'elaborazione di un
mito.
Alcune persone dell'entourage del pittore cominciarono a
divulgare l'immagine di un eccentrico affascinante, in
proporzioni pressoché leggendarie.
12
Étienne Martin, nel 1922, descrisse Monticelli come un
dolce sognatore: "Monticelli fu il più gentile e il più
11
Vd.: C. & M. Garibaldi, Monticelli cit., p. 7.
12
In questo senso: A. Sheon, Adolphe Monticelli (1824-1886), cat. mostra, 12 ott. 1986 -
4 gen. 1987, Centre de la Vieille Charité, Direction des Musées de Marseille, Marsiglia,
éd. Jeanne Laffitte, 1986, p. 82.
11
inoffensivo essere vivente che io abbia mai conosciuto.
Semplice, ingenuo, distratto, sembrava ignorare il resto del
mondo, le sue regole, le sue leggi, così come la sua
disonestà e frode. Egli si distaccò da qualsiasi cosa. Non
aveva casa, famiglia, obblighi. "Per quanto mi riguarda", mi
disse "fino a quando non sarò affamato ed avrò la mia
tavolozza, non mi preoccuperò di nulla...". Ma ciò che fu
veramente unico in lui era la sua totale indifferenza verso il
successo e gli onori. Si teneva in disparte dai movimenti
artistici del suo tempo, non per posa o per disprezzo, bensì
perchè non desiderava mettersi in evidenza né manifestarsi
come artista; non sembrava neppure pensare a tale
questione (...). Egli viveva nella sua torre d'avorio, perduto
nel suo sogno, come in perpetua estasi".
13
Il pittore Maglione parlò di Monticelli come di un ingenuo:
"La sua indulgenza e la sua bontà erano incommensurabili.
La sua pietà per gli animali arrivava fino a non potere più
sopportare la vista di un canarino in gabbia. Semplice,
molto franco e diretto, senza ambizione, molto negligente
per ciò che riguardava gli affari personali, a volte cedeva le
sue opere per somme derisorie (...). Un amatore spesso lo
visitava. Sceglieva un dipinto e lo portava via sotto il braccio
dopo avere deposto delicatamente dieci o venti franchi su
un tavolo. Monticelli se ne accorgeva appena. Egli
sognava... Di conseguenza, un giorno, l'amatore prese un
13
Il brano è riportato da: C. & M. Garibaldi, Monticelli cit., p. 70.
12
dipinto e lasciò un franco sul tavolo. Il pittore si alzò, prese il
soldo e con le lacrime agli occhi lo restituì a quell'uomo.
"Riprendete questo" disse. L'altro, umiliato, riprese il proprio
denaro e depose il quadro. "E tenete il quadro", aggiunse
Monticelli che non rivide mai più quel cliente".
14
Louis Brés, critico d'arte della "Scuola Provenzale", fece un
ritratto all'antica di Monticelli: "Era un bell'uomo, non molto
grosso, dal collo massiccio, dai tratti marcati: arcate
sopracciliari accentuate, naso aquilino, barba rossa e
morbida. Usava portare un cappello a larghe tese, una
giacca di velluto nero, guanti e scarpe chiare, pantaloni grigi
a galloni, una cravatta di seta sulla camicia bianca dal collo
grande e dai polsini larghi come quelli di un dandy.
Camminava per i viali di Meilhan, agitando il suo bastone da
passeggio adorno di un pomo d'oro, come un personaggio
di Tiziano disceso dal proprio quadro".
15
Bouillon-Landais lasciò l'immagine di un uomo libero da
ogni vincolo, completamente consacrato all'arte: "Egli
devastava il cuore di parecchie donne, ma sua madre non
riuscì mai a farlo sposare. Secondo suo cugino era un tipo
di uomo incapace di sopravvivere alle costrizioni del
14
La citazione si trova in: A. Sheon, Adolphe Monticelli (1824-1886) cit., p. 83.
15
Per la descrizione del pittore vd.: S. Stammegna, Catalogue des oeuvres cit., p. 7.
13
matrimonio; aveva bisogno di essere libero, di sognare la
bellezza della natura".
16
Monticelli incarnò, dunque, la figura dell'esteta, tipica della
società francese di epoca romantica. L'arte, per Monticelli,
era il valore supremo, al di là del quale nulla aveva senso:
né la morale, né la religione, né la politica, né le obbligazioni
sociali.
L'artista, come categoria, era ormai divenuto un
personaggio diverso, più raro, più raffinato, più fin de siècle;
evolvendosi, l'artista aveva preso le distanze dai valori
accademici, accettando l'idea di vivere in un'epoca di
decadenza".
17
4 - LE LEGGENDE SULL'ALIENAZIONE,
SULL'ALCOLISMO E SULLA POVERTA' DI MONTICELLI
Tutti riconoscono che Monticelli fu un non-conformista, un
eccentrico, un originale. Esistono persino dei racconti circa
il suo curioso comportamento negli ultimi anni della sua vita.
Jules Charles-Roux notò che Monticelli aveva un aspetto
molto trascurato nell'ultimo periodo della sua vita: "...la sua
barba e la sua toilette erano molto meno curate, il vestiario
16
Il ricordo di Bouillon-Landais è riportato da: A. Sheon, Adolphe Monticelli (1824-1886)
cit., p. 50.
17
L'argomento è stato approfondito da: J. Lethève, Un personnage typique de la fin du
XIX siècle: l'esthète, in "Gazette des Beaux-Arts", 1965, pp. 182-183.
14
molto meno eclatante, la sua famosa giacca di velluto
presentava numerose tracce di pittura".
18
I suoi amici riferirono che Monticelli, ormai anziano, parlava
loro di strane visioni, dicendo di raggiungere l'estasi mistica,
mentre pennellava.
Quando gli veniva chiesto come mai dipingesse in modo
così astratto e perché fosse tanto difficile intuire ciò che
raffiguravano le sue tele, Monticelli dava una risposta
assurda, oppure, con un ampio gesto, pretendeva di essere
un artista veneziano del Rinascimento, rinato nel XIX
secolo.
Monticelli si divertiva molto a fare tali scherzi e a creare
intorno a sè pettegolezzi circa la sua alienazione e il suo
alcolismo. Egli si serviva del suo comportamento come di
una maschera.
19
Jules Monge sottolineò un'abitudine poco "ortodossa" del
pittore, raccontando che: "Qualche volta, verso le quattro
della mattina, Monticelli scendeva furtivamente al Café
Planchut... a quest'ora, infatti, vi erano pochi consumatori!
Egli si gettava sul bancone, in un angolo oscuro e, con la
testa riversa, gli occhi beati, centellinava a piccoli sorsi
l'assenzio".
20
18
Il ricordo di J. Charles-Roux si trova in: C. & M. Garibaldi, Monticelli cit., p. 70.
19
Cfr.: J. Cailllleux Adolphe Monticelli (1824-1886), cat. mostra, nov. 1981 - gen. 1982,
Galerie Cailleux, Genève, Skira, 1981, p. 1.
20
Il racconto è mutuato da: S. Stammegna, Catalogue des oeuvres cit., p. 12.
15
Questa abitudine di consumare assenzio, addirittura di bere
un quarto di bottiglia al giorno del cosiddetto verte, fu la
controparte del metodo di vendita di Monticelli, il quale era
costretto a recarsi nei café per visitare la sua clientela.
21
Non bisogna sorprendersi se il mercante di tele parigino,
Delarebeyrette, che vendette quadri di Monticelli dal 1863 al
1870, proprio nel 1870 lo credesse morto e che solo nel
1883 apprendesse da Ziem che l'artista, invece, era sempre
vissuto a Marsiglia.
22
Secondo due dei biografi di Monticelli, G. Arnaud d'Agnel e
Émile Isnard, "dal 1881 l'artista era morto".
Secondo A. Gouirand, che conobbe personalmente il
pittore: "egli fu demente negli ultimi cinque anni di vita", cioé
dal 1881 al 1886.
La leggenda dell'alienazione del pittore fu divulgata dal
"buon Dott. Gachet", amico di Cézanne e Van Gogh, così
come di Monticelli, tanto che il povero Vincent, prima di
impazzire, espresse la paura di diventare folle "come
Schumann e Monticelli".
23
A Parigi, nel 1883, il cronista Maurice Duseigneur scrisse
sulla rivista "L'Artiste" che Monticelli era un pittore strano, la
cui arte derivava dalla follia; inoltre, riportò erroneamente
21
Vd.: A. Alauzen & P. Ripert, Monticelli, sa vie cit., p. 234.
22
La notizia è contenuta in: P. Ripert, L'exposition Monticelli à la Galerie Lucien Blanc, in
"Marseille", n. 39, 1959, p. 56.
23
Cfr.: J. Cailleux, Adolphe Monticelli (1824-1886) cit., p. 8.
16
che Monticelli era stato rinchiuso in un manicomio,
aggiungendo inoltre che il pittore aveva eseguito più di un
migliaio di schizzi su coperchi di scatole di sigari, talvolta
così carichi di pittura da poter essere scambiati per
bassorilievi.
24
Camille Mauclair affermò che Monticelli veniva
soprannominato fada, cioè pazzo inoffensivo.
25
Louis Brès raccontò che appena il pittore fece ritorno a
Marsiglia apparve "più grave e misterioso che mai. Si
potevano notare in lui strane fantasie. Egli era persuaso di
corrispondere direttamente con la Divinità. Poiché non si
confidava con nessuno, ciò lo rendeva ancora più
enigmatico agli occhi dei suoi concittadini. Pertanto, un
giorno che si sentì in vena di confidenza e non appena ci
trovammo soli nella strada, Monticelli mi disse che Dio gli
aveva donato la facoltà di vedere le anime e aggiunse che
scorgeva la mia al di sopra della mia fronte e che aveva la
forma di una piccola fiamma".
26
Nel 1922, sulla rivista "La Renaissance de l'Art français et
des Industries de Luxe", Henry Lapauze commentò
negativamente gli ultimi giorni di vita di Monticelli,
asserendo che il pittore era morto nella povertà e nella
disperazione e dichiarando che: "All'età di cinquant'anni,
24
La notizia è fornita da: A. Sheon, Adolphe Monticelli (1824-1886) cit., p. 85.
25
Vd.: C. Mauclair, Adolphe Monticelli cit., p. 107.
26
Louis Brés è stato citato da: G. Isnard, Monticelli, sans cit., p. 36.
17
Monticelli visse in spaventosa miseria sulla spiaggia, dentro
una cabina che aveva pagato 200 franchi, al prezzo di chi
sa quanti sacrifici e quanti dipinti. Lo sfortunato uomo era
felice di vendere per 20 o persino 10 franchi le sue tele, che
al giorno d'oggi sono quotate come preziosi smalti...".
27
A causa di questa affermazione scoppiò una controversia,
capeggiata da Louis Monticelli, parente del pittore, il quale
accusò Lapauze di aver diffuso notizie erronee su
Monticelli, visto che quest'ultimo, pur non essendo ricco,
aveva sempre vissuto agiatamente ed aveva trascorso
l'ultimo periodo della sua vita circondato dalle attenzioni dei
suoi familiari. Louis Monticelli tentò di dimostrare con
documenti legali che "l'abominevole leggenda della
spaventosa miseria" del maestro era falsa, affermando che
il pittore non aveva lasciato debiti alla sua morte e che la
sua eredità era costituita da una proprietà, situata alla
periferia di Marsiglia e consistente in 45 metri quadri di
terreno, mai ipotecati. Louis Monticelli, inoltre, smentì il fatto
che il suo illustre parente era stato "felice" di vendere i suoi
dipinti per 20 o addirittura 10 franchi, provando con i dati
alla mano che Monticelli spendeva 300 franchi al mese solo
per i colori; che egli, mediamente, produceva dieci pannelli
27
Sul punto: L. C. Cann, Monticelli's baffling legend, in "International Studio", n. 306, nov.
1922, p. 96.
18
al mese, vendendoli a prezzi molto differenti a seconda del
soggetto e delle dimensioni.
28
André Maglione insinuò più di una volta che Monticelli era
spesso ubriaco e incoerente, sottintendendo che il pittore
aveva sempre vissuto in grande miseria.
29
5 - LE LEGGENDE SULLA VITA SENTIMENTALE DEL
PITTORE
Il 24 novembre 1852 Ferdinand Viola, amico inseparabile di
Monticelli, sposò una ragazza della borghesia marsigliese,
Adelaïde Chabrier.
30
Una delle numerose leggende che
avvolgono la vita del pittore riguarda proprio la signora
Viola, accusata ingiustamente di essere stata la sua
amante.
Secondo il falso racconto, Adèle Chabrier e la madre, da
poco tempo vedova, si sarebbero trasferite al Boulevard
Longchamp 125, a pochi passi dall' abitazione dei Monticelli
che risiedevano al 117. In compagnia di Viola, Monticelli
28
Ibidem, p. 97.
29
Le illazioni di Maglione sono state riportate da: A. Sheon, Adolphe Monticelli (1824-
1886) cit., p. 83. Alcuni racconti di Maglione furono utilizzati, di proposito, per screditare la
reputazione di Monticelli.
30
Vd.: A. Alauzen & P. Ripert, Monticelli, sa vie cit., Glossaire, p. 437.
19
avrebbe conosciuto la ragazza, innamorandosene
perdutamente.
31
Questa leggenda, favorita addirittura dall'entourage del
pittore, fu inventata per mascherare la verità sulla crisi
sentimentale che sconvolse il pittore in quel periodo della
sua vita. La menzogna fu propagata involontariamente dal
mercante di quadri Pierre Boyer, che aveva confuso un
dipinto raffigurante Augustine con la moglie di Viola.
32
La crisi sentimentale che turbò Monticelli fu determinata, in
realtà, dal suo mancato matrimonio con Emma Ricard, sua
cugina. Nel 1860, Monticelli chiese la mano di Emma ma
questa rifiutò avendo fatto voto di celibato.
33
Nessuno seppe mai le ragioni che spinsero Emma a
rifiutare l' unione col suo caro "Dolphi", pur amandolo e
ricoprendolo di affettuose attenzioni.
34
Nessuno, tuttavia, si
accorse che Adolphe ed Emma erano cugini in primo grado
e che il loro matrimonio non sarebbe stato benedetto dalla
Chiesa. Evidentemente una convivenza era impesabile per
31
Ibidem, p. 24. Il matrimonio fra Adèle e Ferdinand, secondo il falso racconto, sarebbe
stato celebrato "nella tempesta", anche perché la Madre di Adèle non voleva per genero
un "musicanti" napoletano. Grazie a ricerche più accurate é stato scoperto che il vero
nome di Mme. Viola fu Adelaïde e che abitò in rue Armeny, 23, domicilio di Ferdinand
Viola e della sua famiglia.
32
Ibidem, Glossaire, pp. 384 e 389.
33
In tal senso, S. Stammegna, Catalogue des oeuvres cit., pp. 8 e 24.
34
Cfr.: G. Isnard, Monticelli, sans cit., p. 38.
20
il pittore, il quale aveva già sofferto molto per la sua nascita
illegittima.
35
Dal triste esito di questa vicenda amorosa nacque un'
ulteriore leggenda, accreditata da Louis Guinand e diffusa,
a causa di questi, da Charles Faure : "E' noto che verso il
1860, Monticelli ebbe il più grande strazio di tutta la sua
vita, allorquando, innamorato follemente di una dama tanto
meravigliosamente bella quanto ambiziosa, si accorse che
ella non amava in lui che il titolo di marchese che, per motivi
di famiglia, suo padre non desiderava che il figlio portasse.
Questo colpo per lui fu così terribile che domandò a suo
padre il cilicio di San Franceso d' Assisi, custodito in
famiglia; si fece rasare la testa e andò a rinchiudersi fra i
Cappuccini di rue Croix-de-Rénier a Marsiglia, dove restò
sei mesi. Non ne uscì che sotto le insistenze della sua
famiglia e partì per Parigi".
36
Un'altra leggenda da sfatare, ugualmente legata alla vita
sentimentale di Monticelli, si basò sull'amore platonico del
pittore per l'imperatrice Eugénie, intravista a Parigi nel 1856
e successivamente all'esposizione marsigliese del 1860,
allorquando l'imperatore Napoleone III e la sua consorte
fecero visita alla città.
37
35
L'osservazione è stata fatta da: J. Cailleux, Adolphe Monticelli (1824-1886) cit., pp. 6-
7.
36
Charles Faure, Monticelli, in "La Grande Revue", sept.-oct., 1908 è stato citato da: A.
Alauzen & P. Ripert, Monticelli, sa vie cit., pp. 58-59.
37
Ibidem, p. 400.