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1 LA CROMATOGRAFIA
La cromatografia nacque come tecnica separativa, e si è evoluta in seguito come tecnica
analitica. I due tipi principali di cromatografia sono quella liquida e quella gassosa. La
cromatografia si basa sulla capacità dei vari componenti di una miscela di ripartirsi fra
due fasi, in base alle proprie caratteristiche chimico-fisiche (vedi Fig. 1.1).
Fig. 1.1 Principio della ripartizione fra due fasi
Queste ultime conferiscono agli analiti una diversa affinità per le due fasi, una
stazionaria e una mobile, che differiscono in base al tipo di cromatografia:
- in cromatografia liquida, la fase stazionaria è solida e la fase mobile è liquida;
- in cromatografia gassosa, la fase stazionaria è solida o liquida e la fase mobile è
gassosa.
La fase stazionaria è sempre immobilizzata su un supporto, diverso in base al tipo di
cromatografia.
La cromatografia fu inventata da Michail Cvet nel 1906, per separare dei composti
vegetali, utilizzando una colonna di vetro per contenere la fase stazionaria. Il campione,
durante questo trattamento, si è separato in bande di colore diverso, ognuna delle quali
attraversava la fase stazionaria con una velocità diversa. Data la presenza di bande
colorate, la tecnica venne denominata cromatografia. In questo modo, Cvet riuscì ad
ottenere un sistema di frazionamento efficiente, gettando così le basi per la moderna
cromatografia. Attualmente per cromatografia si intendono tutte le tecniche di
separazione che sfruttano il principio della ripartizione tra due fasi.
Fase Mobile
Fase Stazionaria
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1.1 FASE MOBILE E FASE STAZIONARIA
- Fase Mobile: può essere composta da una sola sostanza o da una miscela di più
sostanze,
A seconda del tipo di cromatografia (liquida o gassosa), la fase mobile può essere
liquida o gassosa.
La scelta delle sostanze per ottenere la fase mobile dipende principalmente dal tipo di
cromatografia, dall’influenza che può avere la fase sul rivelatore, e dalla miscibilità dei
solventi. Inoltre, durante l’analisi, la composizione della fase mobile può rimanere
costante (condizione isocratica) o essere variata (condizione di eluizione a gradiente),
miscelando a percentuali diverse nel tempo le eventuali due o più sostanze.
- Fase Stazionaria: può essere un fluido o un solido poroso di diversa dimensione,
struttura e composizione chimica a seconda che si stia usando la cromatografia in
adsorbimento, per partizione, a scambio ionico o per esclusione sterica. In particolare,
nella cromatografia liquida per partizione la fase stazionaria è legata (bonded phase) a
due tipi di supporti:
- il primo è completamente poroso e consiste in silica gel;
- il secondo è detto pellicolare, in quanto costituito da una superficie porosa sottile di
silica che ricopre un nocciolo interno di vetro. Questo tipo di fase stazionaria è
facilmente impaccabile e permette di lavorare a basse contropressioni, ma le eccessive
dimensioni non sempre permettono un efficienza soddisfacente della colonna.
Solitamente la fase stazionaria è “impaccata” all’interno di un supporto cilindrico in
acciaio, definito colonna, talvolta rivestito internamente di vetro.
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1.2 TIPI DI CROMATOGRAFIA LIQUIDA
- cromatografia per adsorbimento, dove la fase stazionaria è rappresentata da un
adsorbente che permette la separazione dell’analita grazie a stadi ripetuti di
adsorbimento-deadsorbimento;
- cromatografia per partizione, basata sulla partizione che si ottiene fra fase mobile e
fase stazionaria;
- cromatografia a scambio ionico, modalità adatta principalmente a separare composti
ionici o ionizzabili, dove la fase stazionaria consta di una superficie ionicamente carica
poggiante su un supporto e la fase mobile è rappresentata da un tampone polare
acquoso, nel quale pH e molarità vengono usati per controllare il tempo di eluizione;
- cromatografia per esclusione molecolare, dove la fase stazionaria è costituita da
materiale con pori di dimensioni note, mentre la fase mobile ha semplicemente una
funzione trasportatrice: gli analiti più grandi dei pori non vengono ritenuti e eluiranno
prima degli analiti più piccoli, che seguono un percorso più lungo e tortuoso all’interno
dei pori;
Poiché spesso è possibile che i processi di partizione e adsorbimento siano entrambi
presenti in misura diversa, si preferisce in genere definire la modalità di separazione in
base alla polarità delle due fasi: cromatografia a fase normale e cromatografia a fase
inversa.
- Fase normale: la fase stazionaria è costituita da un monostrato polare, mentre la fase
mobile è apolare, pertanto è un applicazione adatta ad analiti polari. La separazione
avviene grazie alla competizione dell’analita con le molecole della fase mobile per il
legame al monostrato stesso. Di conseguenza verranno eluiti per primi gli analiti meno
polari.
- Fase inversa: la fase stazionaria è apolare, mentre la fase mobile è polare, pertanto
questa modalità è adatta ad analiti apolari. Le molecole interagiscono con la fase
stazionaria tramite interazioni non polari, quindi gli analiti che vengono eluiti per primi
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sono quelli più polari. La fase inversa è la più diffusa per l’alta risoluzione che ne deriva
e la sua versatilità, particolarmente usata negli studi farmacologici.
1.3 PARAMETRI CROMATOGRAFICI
Quando una sostanza eluita arriva al rivelatore, quest’ultimo registra i dati su un grafico
apposito detto cromatogramma: il passaggio dell’analita attraverso il rivelatore descrive
un picco all’interno di un grafico che riporta in ascissa il tempo, mentre in ordinata
l’intensità del segnale, la quale è proporzionale alla concentrazione degli analiti. Dal
cromatogramma sono ottenibili i parametri cromatografici, i quali informano l’operatore
sulle caratteristiche dell’analita e sulla buona riuscita dell’analisi.
- il tempo di ritenzione di ogni analita(tr), corrisponde al tempo che va dal momento
in cui un analita viene introdotto in colonna a quello in cui si registra l’apice del picco
sul cromatogramma. Esso dipende dall’affinità dell’analita per la fase stazionaria e dal
tempo morto (vedi Fig. 1.1);
- il tempo morto(t0), rappresenta il tempo di ritenzione di un analita che non ha alcuna
affinità con la fase stazionaria e che quindi si muove alla stessa velocità della fase
mobile. Esso, quindi, dipende solo dal tempo necessario ad attraversare la fase
stazionaria (vedi Fig. 1.1);
Fig. 1.1 Tempo di ritenzione e tempo morto
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- il rapporto di capacità della colonna (k’), è un valore adimensionale specifico per
ogni analita, che indica la capacità della colonna di ritenere quella determinata molecola
rispetto ad un analita privo di affinità con la fase stazionaria. Esso è indipendente dal
flusso delle fasi mobili e dalla grandezza della colonna ed è definito come k’=(tR-t0)/t0
(vedi Fig. 1.2);
Fig. 1.2 Rapporto di capacità della colonna
- l’efficienza (N), detta anche numero dei piatti teorici, dipende dalla lunghezza della
colonna e ne rappresenta la capacità di fornire picchi stretti. Maggiore è il numero di
piatti teorici, maggiore è l’efficienza della colonna. Il piatto teorico è una porzione della
lunghezza di una colonna sufficientemente spaziosa perché l’analita si equilibri fra le
due fasi. Il numero di piatti teorici è calcolato come N=16∙(tR/W)2, dove W è ampiezza
di base del picco. I piatti hanno tutti la stessa lunghezza, o altezza, definita con H, e
sono generalmente misurati in micrometri, mentre la lunghezza di tutta la colonna viene
indicata con L. Poiché N è definito anche come L/H, più stretti saranno i piatti,
maggiore sarà l’efficienza della colonna;
- il fattore di ritenzione relativa o selettività(α), indica la capacità di discriminare tra
due analiti A e B diversi tra loro e dipende dalla composizione delle fasi stazionaria e
mobile. Un α=1 indica due picchi perfettamente sovrapposti, pertanto maggiore è α,
maggiore è la risoluzione. Esso è definito come α=t’rk/t’rk’ o α= k/ k’ (vedi Fig. 1.4).
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Fig. 1.4 Fattore di ritenzione relativa
- la risoluzione (Rs), rappresenta il grado di separazione tra due picchi adiacenti A e B.
Essa è definita come RS= tRB – tRA / 0,5 ∙ (WA+WB), dove W rappresenta l’ampiezza del
picco. RS è correlabile anche ai parametri K, N ed α nella “Equazione di Risoluzione”
. Da questa formula si deduce pertanto che è possibile
aumentare la risoluzione variando i parametri cromatografici da cui dipende;
- l’asimmetria di un picco, indica in quale misura la metà di un picco è speculare
all’altra relativamente alla perpendicolare, che si tira dalla cresta del picco stesso fino al
10% dell’altezza dalla linea di base. Essa è definita come asimmetria = WBC/WAB. Una
asimmetria accettabile è compresa fra 1 e 1.2 (vedi 1.3 Asimmetria di un picco);
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Fig.1.3 Asimmetria di un picco
1.4 QUANTIFICAZIONE DI UN PICCO
L’altezza e l’area del picco, usati rispettivamente quando è richiesta una maggiore
accuratezza o una maggiore precisione, sono utilizzati per la valutazione quantitativa e
sono messi in relazione proporzionale con la concentrazione degli analiti. L’area del
picco si definisce fra l’inizio e la fine del picco stesso, ma questo sottintende che la
presenza di altri picchi molto vicini o addirittura sovrapposti, cioè non ben risolti, infici
fortemente la misurazione di un area, portando ad un eventuale sovrastima, cosa che
succede anche in caso di code molto pronunciate.
L’altezza, invece, viene calcolata tracciando una retta dal punto più alto del picco fino
alla linea di base, ed, essendo meno soggetta dell’area alle interferenze di eventuali
picchi adiacenti, la valutazione risulta più accurata. Inoltre solo l’altezza è in diretta
correlazione con l’efficienza della colonna e con il fattore di ritenzione.
1.5 CROMATOGRAFIA LIQUIDA AD ALTA PRESSIONE (High Pressure
Liquid Cromatography, HPLC)
La cromatografia liquida ad alta pressione è un veloce ed efficiente sistema di
separazione degli analiti da matrici complesse dotato di elevata sensibilità e specificità,
e con possibilità di essere automatizzata. Inoltre, i vantaggi di questa tecnica sono
applicabili ad un’ampia gamma di analiti: ciò è reso possibile grazie all’ampia
disponibilità di supporti adatti alla separazione di molecole con caratteristiche chimiche
fra loro diverse. Infatti, questa tecnica permette di separare anche composti non
C B A
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termostabili e/o non volatili e non richiede trattamenti estensivi del campione, al
contrario di quanto succede in gas cromatografia.
Il sistema necessita di un sistema di pompaggio a flusso costante, che possa resistere
alle elevate contropressioni. È indispensabile, inoltre, l’uso di un rivelatore
sufficientemente sensibile da rilevare anche concentrazioni molto basse di analiti, in
modo da poter utilizzare una piccola quantità di campione o da analizzare anche
campioni poco concentrati.
1.6 COMPONENTI
Serbatoi delle fasi mobili
Accolgono le fasi mobili e i pescanti che immettono le fasi nelle linee. Le linee
convogliano le fasi mobili alla pompa, dove vengono miscelate alla percentuali
desiderate, prima di arrivare all’iniettore, dove viene introdotto il campione. A livello
della pompa sono inseriti dei sistemi di degassamento che impediscono che eventuali
bolle d’aria vengano introdotte nel sistema comportando alterazioni del flusso.
Sistema Pompante
Sono sistemi molto sofisticati che erogano un flusso il più possibile privo di pulsazioni
e riproducibile; sono dotati di una totale compatibilità con tutti i solventi e permettono
di variare rapidamente il flusso. Inoltre sono dotati di elevata resistenza alle alte
contropressioni che si generano principalmente a causa dei materiali di impaccamento
della colonna analitica e, in minor parte, a causa della viscosità delle fasi e del piccolo
diametro interno dei tubi che connettono le varie parti del sistema.
Sono disponibili due categorie di pompe per HPLC: a pressione costante e flusso
costante. La prima presenta forti limitazioni ed è stata la prima anche in senso storico.
Le pompe a flusso costante sono invece le più attuali e si dividono a loro volta in:
- pompe a siringa, che hanno il vantaggio di fornire un flusso costante ma sono piuttosto
costose e sono dotate di un serbatoio limitato;
- pompe reciprocanti, che possono essere a singolo o a doppio pistone.