6
In risposta alle suddette esigenze, negli ultimi anni si è venuto a
consolidare un nuovo indirizzo normativo volto alla riorganizzazione sia del
contenzioso tributario
3
, sia delle strutture
4
organizzative e del
funzionamento
5
della Amministrazione Finanziaria secondo canoni di
trasparenza e di semplificazione delle norme e degli adempimenti a carico dei
contribuenti.
Autotutela, Interpello, Accertamento con adesione e Conciliazione
giudiziale hanno recentemente avuto espresso riconoscimento e sono stati
introdotti, con la precipua finalità di contribuire alla prevenzione ed allo
snellimento del contenzioso tributario. Essi sono rivolti sostanzialmente al
potenziamento dei poteri di riesame, alla facoltà di revisione del proprio
operato(Autotutela) , nonché al rafforzamento del contraddittorio fra autorità
impositrice e soggetto passivo del tributo, sia nella fase precontenziosa
(accertamento con adesione del contribuente e diritto di interpello), che
successivamente in quella contenziosa (conciliazione).
Ciò premesso, bisogna sottolineare che i suddetti istituti traggono
origine, in buona sostanza, dalla legge n. 241/90 sulla trasparenza nel rapporto
3
La nuova disciplina del processo, è stata introdotta dai decreti legislativi nn.545 e 546 del 31
dicembre 1992, emessi in virtù della delega contenuta nell’art.30 della legge n.413/91. Per un
completo commento si veda Finocchiaro, Commentario al nuovo contenzioso tributario, Giuffré,
1996.
4
Così la legge 29 ottobre 1991 n.358, il cui scopo è quello di unificare i vari organi in ragione
delle loro funzioni piuttosto che per materie e tributi, al fine di potenziarne la capacità operativa
(cfr. in particolare l’art.1 di tale legge).
5
Ci riferiamo agli istituti dell’autotutela, dell’accertamento con adesione e della conciliazione,
volti a favorire il contraddittorio ed una maggiore trasparenza nei rapporti tra le parti, istituti che
saranno esaminati nel primo capitolo.
7
tra la Pubblica Amministrazione e il cittadino
6
. Il merito di tale legge è quello
di aver dettato in modo espresso e organico delle regole generali cui deve
ispirarsi l’ordinamento giuridico amministrativo, e precisamente i principi di
legalità, efficacia, economicità e pubblicità; principi che, pur già riconosciuti
a livello costituzionale, hanno trovato nella legge 241/90 nuovo vigore e un
rinnovato interesse.
Fondamentale, accanto a questi, è anche il principio della trasparenza
amministrativa che può altresì identificarsi nel concetto di “partecipazione”
intesa come coinvolgimento del cittadino nel procedimento amministrativo e
in quello di conoscibilità degli atti ed individuazione del responsabile del
procedimento.
Tuttavia è opinione comune
7
che la realizzazione di una cultura di
democratizzazione e di trasparenza nei rapporti tra l’amministrazione
finanziaria e i contribuenti possa incontrare numerosi ostacoli: primo fra tutti
quello della effettiva riorganizzazione degli uffici finanziari
8
e l’estrema
instabilità ed incertezza normativa.
I punti evidenziati non sono esaustivi delle cause che ingenerano
ostacoli e difficoltà all’affermazione della cultura della trasparenza, ma
certamente impediscono il potenziamento del principio del contraddittorio in
6
Per un approfondimento sulla legge n.241/90 confronta Caringella, Il procedimento
amministrativo. Commento organico alla legge n.241/90, Napoli, 1992 . In particolare sul principio
di trasparenza vedi Virga, La partecipazione al procedimento amministrativo, Giuffré, 1998.
7
Così Ferlazzo-Natoli, Corso di Diritto Tributario. Parte generale, Giuffré, 1999.
8
Sulla riorganizzazione degli uffici finanziari, nonché sulla loro attuale struttura, si veda Ferlazzo-
Natoli, Lezioni di diritto tributario. Parte Generale, Giuffré, 1999.
8
sede amministrativa. L’attuazione del principio del contraddittorio nella fase
precedente all’emanazione dell’atto impositivo, e cioè nella fase istruttoria di
acquisizione di dati e notizie, potrebbe avere sicuramente dei risvolti positivi
in termini di alleggerimento del contenzioso creando un momento di
confronto proprio in sede di emanazione dell’atto impositivo.
9
Una più concreta attuazione di tale principio potrebbe inoltre garantire
maggiormente il diritto di difesa del cittadino contro l’emanazione di atti
infondati e illegittimi
10
. Viene infatti ritenuto “un elementare diritto di difesa
quello che dovrebbe essere assicurato al cittadino prima dell’emissione di un
atto di imposizione che, avendo natura provvedimentale ed autoritaria, ha
conseguenze gravi; perciò non dovrebbe essere emanato se il destinatario non
sia stato preventivamente ascoltato, e messo in condizioni di far valere le sue
ragioni e quindi di difendersi”
11
.
Il frequente ricorso, altresì, a forme di parametrazione del reddito,
secondo la tendenza espressa dal legislatore in questi ultimi anni con
9
Come nota Tesauro, op.cit, il numero vastissimo di ricorsi non si spiega solo con le difficoltà di
interpretazione del caotico sistema normativo tributario, che sicuramente esiste, ma anche
nell’atteggiamento assunto dall’Amministrazione finanziaria di scaricare nel contenzioso le proprie
inefficienze. La leggerezza con cui l’Amministrazione emette gli avvisi di accertamento, senza
dotarli di prove certe, ma solo su ragionamenti presuntivi, dà la possibilità al contribuente di
impugnare l’avviso, pur se consapevole della temerarietà del suo ricorso, peraltro avvantaggiandosi
anche della lentezza del processo al fine di posporre nel tempo quanto dovuto.
10
Sul principio del contraddittorio vedi Benvenuti, Voce Contraddittorio (Diritto Amministrativo ),
in E.d.D., IX, Milano 1961; Ferlazzo Natoli- Montesano, Considerazioni sul cosiddetto
“Ravvedimento operoso” ex art.14 della legge 29 Dicembre 1990 n.408, in Bollettino Tributario n.
21/1995.
11
Tesauro, A proposito della riforma del contenzioso tributario, in Rassegna Tributaria n.9, 1988
pag. 435.
9
l’obiettivo di combattere l’evasione e l’elusione fiscale, rafforza però la
necessità che l’ufficio collabori con il contribuente al fine di adeguare il
contenuto dell’accertamento eseguito in maniera da essere sempre più vicino
alla personale situazione del contribuente. A ciò si aggiunga che “se si
ammette ormai da tutti la necessita’ del rispetto del principio del
contraddittorio nel processo tributario, si deve riconoscere, per lo stretto
legame esistente tra esso e la fase procedimentale dell’accertamento tributario,
che la medesima necessita’ deve sussistere anche nella fase detta
procedimentale e segnatamente in quella istruttoria o di controllo della
dichiarazione tributaria”
12
.
In definitiva, si è da più parti affermato
13
che prevenire la lite significa,
anche e soprattutto, agire fuori dal contenzioso con strumenti extra-
processuali. A tal fine, il diffondersi di strumenti che favoriscono la
partecipazione, il ricorso ad istituti volti a responsabilizzare sia
l’Amministrazione Finanziaria che il contribuente, la rivitalizzazione del
diritto di interpello, costituiscono le tappe che potrebbero segnare la via verso
il cambiamento, frenando l’indiscriminato ricorso al contenzioso ed
anticipando in sede amministrativa l’instaurarsi della lite.
14
.
12
Ferlazzo Natoli- Montesano, op.ult.cit., pag. 2.
13
In questo senso Ferlazzo-Natoli, Corso di Diritto Tributario. Parte generale, Giuffré, 1999, pag.
139 e La Rosa, Concordato, Conciliazione e flessibilità’ dell’amministrazione finanziaria, in
Diritto e Pratica Tributaria, 1995, I, pag.999 ss.
14
“Un amministrazione inefficiente genera contenzioso e rende inefficiente il contenzioso; un
contenzioso inefficiente può giovare un po’ a tutti: giova alla amministrazione che preferisce un
giudice con criteri di giudizio alla buona, non rigorosi; e giova al cattivo contribuente che sa che
ricorrendo c’è sempre da guadagnare, intanto perché si rinvia almeno in parte il pagamento delle
imposte evase; poi perché comunque si rinvia e non per poco tempo il pagamento delle sanzioni.
10
Per venire all’oggetto specifico del nostro lavoro, il diritto di Interpello,
introdotto dall’art.21 della legge n.413/91, esso appare, alla luce di quanto
appena detto, come uno strumento particolarmente utile alla deflazione del
contenzioso, proprio perché si basa sul dialogo e la collaborazione
15
con la
Amministrazione Finanziaria. Rimandando a quanto sarà analizzato più
attentamente nel capitolo secondo, è necessario rilevare fin da ora, come
quest’istituto non abbia avuto il successo e la diffusione che si poteva
auspicare al momento della sua introduzione, per una serie di ragioni tra cui,
l’atteggiamento di indifferenza degli stessi uffici, e non ultima, l’inerzia del
legislatore nell’emanare i regolamenti di attuazione al fine di renderlo
operativo. Soltanto nel 1997, infatti, sei anni dopo la sua “formale”
istituzione, i Decreti Ministeriali n.194/97 e 195/97 hanno disciplinato la
organizzazione interna, il funzionamento e le dotazioni finanziarie del
Comitato Consultivo per l’applicazione della norma antielusiva (D.M.194),
nonché i termini e le modalità da osservare per l’invio della richiesta di
parere alla competente Direzione generale e per la conseguente
comunicazione al contribuente.
E’ stato notato
16
, tuttavia, che se da una parte tale istituto mostra
potenzialmente di essere in grado di garantire quel corretto dialogo tra
La strada del contenzioso e’ una strada lunga di cui nessuno conosce il termine….” Tesauro, A
proposito della riforma del contenzioso tributario, in Rassegna Tributaria n.9, 1988 pag. 437.
15
L’art.21 e’ contenuto nel titolo II della legge n.413/91, intitolato per l’appunto “Disposizioni per
la trasparenza dei rapporti tra Amministrazione finanziaria e contribuente”. Un attento esame
critico su tale legge e’ stato svolto da De Mita, Alla ricerca della cultura giuridica nella legge
413/91, in Rivista di Diritto Tributario n.4, 1992, pag.211.
16
Tra gli altri si veda: Capolupo, Diritto di interpello: emanate le norme di attuazione, in Il Fisco
n.36, 1997, pag.10405.
11
Amministrazione e contribuente, dall’altra non può essere negato come
ancora sia caratterizzato da una serie di limitazioni che ne rendono la concreta
applicazione troppo complessa, in special modo con riferimento alle
esperienze degli altri paesi della Comunità Europea o anche degli Stati Uniti
dove, per la maggiore sensibilità e attenzione ai rapporti tra Stato e cittadino,
questo genere di istituti è assai diffuso e quotidianamente utilizzato.
Per questo motivo, intendiamo analizzare in un apposito capitolo,
quelle che sono le principali caratteristiche degli istituti analoghi presenti
negli ordinamenti degli altri paesi al fine di trovare quegli spunti necessari per
superare le limitazioni e i problemi che affliggono il nostro interpello,
rendendolo uno strumento più duttile ed efficace al servizio del contribuente.
12
2 - GLI STRUMENTI DEFLATTIVI DEL CONTENZIOSO.
2.1 Considerazioni generali.
Abbiamo visto nel capitolo precedente come l’introduzione
dell’Autotutela, ad opera dell’art.68 del D.P.R. 27 marzo 1992 n. 287
(Regolamento degli uffici del personale dell’Amministrazione finanziaria)
17
,
dell’Accertamento con adesione e della Conciliazione, con il D.L. 452/94,
convertito poi nella legge 656/94, si ricolleghi, almeno idealmente, alla
Legge 7 agosto 1990, n. 241, sulla trasparenza amministrativa. Da questa
nasce un rinnovato rapporto Amministrazione-contribuente, non più fondato
sull’assoluta passività di quest'ultimo nelle procedure di accertamento e di
rettifica delle imposte, bensì sulla partecipazione attiva dello stesso alla
rideterminazione degli imponibili. Questa caratteristica può essere
agevolmente ritrovata nei tre istituti trattati in questo capitolo e, in maniera
più evidente, nell'accertamento con adesione a regime.
In questo capitolo si cercherà di analizzare quale sia la natura e la
funzione di questi istituti nell’ambito del procedimento di attuazione della
pretesa tributaria, e il nuovo ruolo che assume la partecipazione del
contribuente nel procedimento di accertamento. Al di là delle differenze che
caratterizzano i tre istituti, e del diverso ruolo che, come vedremo, assumono
17
La cui disciplina è stata completata dal D.M. 11 febbraio 1997 n. 37 (Regolamento recante
norme relative all’esercizio dell’autotutela da parte degli organi dell’Amministrazione finanziaria)
in attuazione dell’art. 2-quater (autotutela) del D.L. 564/1994, convertito in L. 656/1994.
13
nell’accertamento del tributo, essi sono espressione della volontà di un nuovo
rapporto tra Fisco e contribuenti. Da questo punto di vista l’ordinamento
conosce prevede una serie di ipotesi in cui la partecipazione e la
collaborazione del contribuente all’attività dell’Amministrazione Finanziaria
sono particolarmente significative: intendiamo riferirci all’art.36 bis e ter
relativo al controllo formale della liquidazione
Nella stessa prospettiva si pone l’istituto del ruling che risponde ad una
sempre più forte esigenza di certezza giuridica da parte del contribuente di
fronte ad una legislazione tributaria spesso caotica e frammentaria.
La sua istituzione con la legge 413/91 persegue due diverse, ma
collegate finalità: da un lato, favorire una maggiore partecipazione del
contribuente all’attuazione della pretesa impositiva da parte
dell’Amministrazione Finanziaria in una prospettiva non più conflittuale, ma
il più possibile collaborativa: con la richiesta di un parere preventivo
all’effettuazione di una operazione economica fiscalmente rilevante, il
contribuente, fornendo all’Amministrazione Finanziaria gli elementi
essenziali dell’operazione da intraprendere, esprime un esigenza di certezza
giuridica che si pone però in un’ottica di rispetto della legge fiscale,
precludendosi la possibilità di comportamenti elusivi o evasivi.
Dall’altro lato, la possibilità di conoscere gli orientamenti
dell’Amministrazione Finanziaria dovrebbe portare, come conseguenza, ad
una minore litigiosità e quindi ad uno snellimento del contenzioso tributario,
che, nonostante le recenti riforme, appare gravato da una ingente e poco
gestibile mole di ricorsi.
Nel sistema delineato dal legislatore, con la legge 413 del 1991 e il D.L.
452/94, convertito poi nella legge 656/94 che hanno introdotto gli istituti
prima citati, l’interpello non si pone come una procedura alternativa, ma, nel
14
procedimento di imposizione del tributo, si affianca ad essi, ponendosi, a
causa della sua natura preventiva, in un momento temporalmente antecedente
agli altri, ossia prima che il privato compia una determinata operazione e
quindi prima che l’amministrazione possa emanare un avviso di accertamento
in rettifica.
La disciplina dell’interpello appare, però, non esente da critiche, per
l’incompletezza e lacunosità della normativa: è opportuno ed urgente un
intervento legislativo
18
che completi la disciplina eliminando le discrasie che
minano la funzionalità dell’istituto.
L’analisi, che si vuole svolgere in questo capitolo, è quindi volta ad
individuare gli elementi fondamentali che caratterizzano questi istituti;
elementi che, una volta individuati, si pongono come parametro per stabilire
l’effettiva funzionalità ed efficacia dell’interpello.
Nell’ottica di semplificazione del nostro sistema fiscale,
l’Accertamento con adesione occupa una posizione di primo piano
19
,
costituendo una procedura di accertamento che prevede la collaborazione
18
Lo Statuto del Contribuente, che disciplina l’interpello all’art.11, ampliando la disciplina e
risolvendo positivamente alcune questioni controverse, è stato finalmente approvato, dopo un
travagliato iter parlamentare, nel luglio di questo anno.
19
In questo senso Ferlazzo-Natoli, Serranò, Il nuovo concordato dopo il D.Lgs. 19 giugno 1997,
n.218, in Il Fisco 12/98, pag.3730, e Patrizi, Marini, Patrizi, Accertamento con adesione,
Conciliazione e Autotutela. La definizione degli accertamenti a tutela del contribuente, Giuffré,
1999, pag.85. In senso contrario La Rosa, op.cit., pag.1094, il quale ritiene che: “sia l’accertamento
con adesione, sia la conciliazione appaiano come risposte improprie ed inadeguate a problematiche
pur tuttavia reali, e ad esigenze incontestabili: problemi ed esigenze i cui veri referenti
personalmente identificherei (con espressione volutamente generica) nella sostanziale debolezza e
nella scarsa flessibilità della nostra Amministrazione finanziaria (…) che si caratterizza per tali e
tante interferenze, coincidenze e sovrapposizioni di poteri e competenze da far sì che tutti possono
fare tutto e nessuno può decidere veramente qualcosa, ne’ esserne chiamato a risponderne.”
15
fattiva del contribuente, il quale, in questo modo, non ha più quale unico
possibilità quella di adire le Commissioni tributarie; qualora la definizione
non si perfezioni, rimangono aperte al contribuente le altre possibilità offerte
dalla conciliazione giudiziale, a completamento della fase contenziosa “di
riserva” al concordato, nonché l'autotutela, procedura che prevede
l'annullamento dell'atto impositivo ed elimina, quindi, la materia del
contendere nella sua totalità.
Siamo convinti che questi istituti, oltre ad agevolare il contribuente,
siano anche in grado, per il sensibile miglioramento del rapporto tra il
cittadino e il Fisco, di soddisfare convenientemente le esigenze dell'Erario. Se
da un lato gli imponibili accertati saranno ridotti in sede di definizione, le
imposte e le sanzioni riscosse saranno sicuramente incrementate, dal momento
che gli importi dovuti in seguito al perfezionamento dell'atto di adesione
saranno integralmente esatti dallo Stato, in unica soluzione o ratealmente, ma
sempre con un anticipo di alcuni anni rispetto all'esaurirsi di un lungo e
spesso improduttivo contenzioso, che può condurre alla soccombenza
dell'Amministrazione e al conseguente pagamento delle spese del processo
tributario.
16
2.2 L’Accertamento con adesione.
L’emanazione della D.Lgs. 19 giugno 1997 n.218, ha segnato la
conclusione della lunga vicenda che ha nuovamente introdotto l’istituto
dell’Accertamento con adesione, vicenda iniziata con il D.L 452 del 1994
20
,
convertito poi nella legge 656 del 1994. Il riduttivo e improvvisato impianto,
previsto dalla legge 656/94 è stato modificato eliminando le varie limitazioni
“che avevano dimezzato la portata pratica dell’istituto”
21
e hanno attribuito
all’istituto un assetto più completo e funzionale.
2.2.1 Il “Concordato” prima della riforma tributaria del 1971.
L'istituto del Accertamento con adesione ha radici ed origini piuttosto
lontane
22
: è’ innegabile che l'archetipo per eccellenza dell'attuale concordato
23
20
Tale decreto legge fu reiterato con D.L. 17 novembre 1994 n. 630 e nuovamente reiterato con
D.L. 16 novembre 1994 n. 630 al quale si era accavallato il D.L.30 settembre 1994, n. 564,
convertito con modificazioni dalla legge 30 novembre 1994 n. 656.
21
Si veda Lupi Prime considerazioni sul nuovo concordato fiscale, in Rassegna Tributaria, 1997,
pag.793.
22
Tornando indietro nel tempo possiamo agevolmente rintracciarne l'esistenza sin dal 1897, anno
di emissione del regolamento 23 dicembre 1897, n. 549; inoltre, i principi generali del concordato
possono essere individuati nel R.D. 30 dicembre 1923, n. 3269, e nell'art. 107 del regolamento 11
luglio 1907, n. 560; in materia di imposte di registro e successioni è da citare l'art. 14 del R.D.L. 7
agosto 1936, n. 1936.
23
Sul vecchio concordato, tra gli altri, si veda Puoti, Concordato Tributario, in Enciclopedia
giuridica Treccani, VII, Roma, 1988 e Falsitta, Lezioni sulla riforma tributaria, Padova, 1972.
17
a regime rimane l'accertamento con adesione di cui al Testo Unico delle
Imposte sul Reddito del 1958, disceso dalla cosiddetta “L. Tremelloni” del
1956. Rispetto alla terminologia usata nell’art 41 del R.D. 30 dicembre 1923,
n. 3269, e nella disciplina ancora precedente sull’imposta di ricchezza
mobile, che parlavano rispettivamente di concordato e di concerto (che
indicavano evidentemente un concorso nella determinazione dell’imponibile
su una base per così dire paritaria), nel Testo Unico delle Imposte sul Reddito
del 1958
24
si parla invece di “adesione” del contribuente all’accertamento
unilaterale dell’Amministrazione finanziaria. Nel dibattito sulla natura del
concordato, a seguito dell’introduzione della nuova disciplina, prevalse la tesi
che inquadrava tale istituto come atto unilaterale di imposizione della
amministrazione, secondo l’orientamento della prevalente dottrina e
avvalorato dalla giurisprudenza
25
, rispetto alla tesi di orientamento civilistico
che individuava nel concordato un accordo transattivo
26
.
24
L’art. 34 del Testo Unico delle Imposte sul Reddito del 1958 disponeva: “ L’imponibile può
essere definito con l’adesione del contribuente, mediante redazione di un apposito atto scritto, del
quale il contribuente ha diritto di avere copia. Tale atto, a pena di nullità, deve essere datato e
sottoscritto dal rappresentante dell’ufficio e dal contribuente o da chi lo rappresenta e deve indicare
le fonti produttive e gli elementi in base ai quali è stato determinato l’imponibile, con espresso
riferimento alla dichiarazione del contribuente (…..) Quando l’imponibile è stato definito con
l’adesione del contribuente, questi non può ricorrere contro l’accertamento.” L’art.35 poi a sua
volta prevedeva che “l’accertamento, ancorché fosse definito mediante Concordato, potesse essere
integrato o modificato in base alla sopravvenuta conoscenza di nuovi elementi attraverso la
notifica di apposito avviso.”
25
Vedi Cassazione 10 marzo 1975, n. 883, o anche Comm. Trib. Centr. 16 novembre 1976,
n.13232. In senso concorde, tra gli altri, si veda Puoti, Concordato Tributario, in Enciclopedia
giuridica Treccani, VII, Roma, 1988.
26
Tale tesi era contrastata per la ragione che l’esercizio del potere di imposizione non tollererebbe
invadenze da parte del soggetto che lo subisce, vigendo in tale materia il principio di
indisponibilità dell’obbligazione tributaria. Tuttavia si veda Gaffuri, voce “Concordato
Tributario”, in Digesto Sez. Commerciale IV Ed., Utet, 1988, pag. 294, per il quale “il legislatore
18
In quel periodo, prima della riforma del 1971, solo le società di capitali
erano obbligate, ai fini fiscali, alla tenuta delle scritture contabili; per gli altri
imprenditori era normale il cosiddetto “accertamento induttivo” basato su un
generico esame della situazione economica. La stesse norme di
determinazione del reddito d’impresa erano molto sommarie sia ai fini fiscali
che civilistici. In tale contesto, il sistema del concordato era funzionale ad un
sistema tributario nel quale, prima della riforma, la determinazione del reddito
effettivo sembrava quasi “un mito irraggiungibile” e quindi meglio
realizzabile nel libero confronto delle due parti
27
.
ha finito per contraddire le sue stesse definizioni, peraltro irrilevanti, costruendo una fattispecie che
ha connotati spiccatamente contrattuali (…) gli articoli specificano senza equivoci che la
determinazione consensuale dell’imponibile è frutto di reciproche concessioni, le quali sono
proprie della transazione o comunque di un contratto bilaterale. L’accordo transattivo cade
esclusivamente sulla valutazione del bene trasferito per la quale l’Amministrazione finanziaria
gode di una discrezionalità tecnica. L’accordo con il contribuente non è altro, per il Fisco, che una
modo di esercitare la propria funzione di accertamento, nel quadro dei suoi poteri di valutazione
discrezionale.”
27
Le principali caratteristiche di quel concordato erano: 1) l’oggetto del concordato era solo
l’imponibile e non l’an debeatur (rimanendo salva la possibilità di contestare successivamente la
radicale inesistenza dell’obbligazione tributaria); 2) principale effetto era la definitività della
determinazione dell’imponibile per il contribuente, mentre rimaneva invece la possibilità per
l’amministrazione di integrare l’imponibile in base alla “sopravvenuta conoscenza di nuovi
elementi”: quindi l’effetto di definitività non era paritario tra Amministrazione e contribuente; 3)
poteva avvenire (ed era la norma) anche dopo il primo avviso di accertamento, costituendo questo
un nuovo avviso sostitutivo del precedente, che contente una nuova e diversa valutazione, da parte
dell’Amministrazione, dei presupposti di fatto, e quindi del quantum dell’imposta; 4) non era
precluso dall’omessa dichiarazione e non vi erano dei limiti espressi che l’ufficio dovesse
osservare, purché l’oggetto rimanesse limitato alla determinazione dell’imponibile.