Capitolo primo
LE TRASFORMAZIONI SOCIO-ISTITUZIONALI DOPO IL 1832
1. Il periodo medio vittoriano
Nel corso della prima metà del XIX secolo, in Gran Bretagna
si assistette ad una trasformazione sociale che avrebbe avuto un impatto
irreversibile da un punto di vista politico-istituzionale.
Tra gli anni ‟20 e la fine degli anni ‟40, furono varate alcune
decisive riforme: venne riconosciuto il diritto per i lavoratori di unirsi in
associazione, di essenziale stimolo per lo sviluppo delle Trade Unions; fu sancita
la parità di diritti politici e civili per tutte le confessioni religiose; con il Great
Reform Act venne raddoppiato il numero degli elettori - portandoli a 717.000,
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ovvero il 20% dei maschi adulti - estendendo quindi il diritto al voto a
consistenti settori del ceto medio e dando alla borghesia una posizione forte e
riconosciuta; venne realizzata la riforma municipale e infine furono approvate le
leggi sociali sul lavoro nelle fabbriche e sui poveri.
La lotta politica degli anni ‟30 – ‟40 vide emergere due movimenti:
quello cartista, che si batteva per il suffragio universale ed era animato
soprattutto dalle Trade Unions, e quello per la riforma doganale, di cui fu il
principale leader Richard Cobden, industriale cotoniero e deputato liberale.
L‟abolizione del dazio sul grano assicurò «il predominio della borghesia,
specialmente della sua frazione più attiva, i fabbricanti, sull‟aristocrazia
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fondiaria» provocando la vittoria delle tesi liberiste e la spaccatura della
compagine conservatrice; infatti una coalizione di Whigs e Tories condusse il
governo di Robert Peel alla sconfitta (1846). Da quel momento fino al 1886 il
potere venne ricoperto quasi ininterrottamente dai governi liberali. Proprio in
questo periodo si andò consolidando il regime parlamentare che subordinava il
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M. D. Pugh, Storia della Gran Bretagna 1789 – 1990, Roma, 1997.
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Socialisme utopique et socialism scientifique, estratto dall‟Antidühring preparato da Engels nel 1880
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governo alla fiducia del Parlamento, rendendo quest‟ultimo arbitro indiscusso
della vita politica.
Tra gli anni ‟50 e ‟60, la riforma elettorale rappresentò il principale
oggetto di dibattito nella vita politica britannica, dominata dalla personalità di
Lord Palmerston, ministro degli Esteri prima e capo del governo poi, leader
della corrente moderata del liberalismo. Si stava assistendo ad enormi
cambiamenti del livello e della distribuzione della popolazione: nel 1850 la
popolazione urbana aveva eguagliato e superato quella rurale; gli addetti
all‟agricoltura si erano ridotti a non più del 20% sul totale degli occupati (contro
il 50% di addetti all‟industria) e la popolazione agricola era formata in buona
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parte da lavoratori salariati. Questa situazione aveva creato squilibri crescenti
nel sistema rappresentativo: i piccoli negozianti, gli artigiani qualificati e tutti
coloro che si vedevano esclusi dalla diretta rappresentanza in Parlamento
esercitarono un condizionamento tale da rendere il problema dell‟estensione del
voto non più rimandabile.
2. Il Second Reform Act
A partire dagli anni ‟50, diversi governi avevano tentato di
promulgare una legge di riforma elettorale, ma mancava una forte pressione
pubblica. Nelle elezioni del 1857 Lord Palmerston aveva appena accennato ad
una riforma; nel 1865 sia lui che molti deputati del suo schieramento avevano
cautamente evitato di affrontare il problema nel corso dei comizi elettorali;
tuttavia la realtà era impossibile da ignorare.
Dal momento delle elezioni (luglio 1865) alla morte di Lord
Palmerston (ottobre 1865), fu discusso un progetto di riforma per la successiva
sessione del Parlamento, ma la misura dell‟estensione del diritto di voto
proposta poteva diventare causa di discordia nell‟eterogeneo partito liberale.
Quest‟ultimo stava attraversando un momento di transizione, giacché si era
parlato di una fusione tra Whigs, liberali moderati e conservatori. Lord
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G. Sabbatucci, V Vidotto, Storia Contemporanea – L’Ottocento, Bari, 2006
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Palmerston veniva preferito da molti conservatori ai propri leader, Benjamin
Disraeli e Lord Derby. Inoltre, i conservatori erano spesso più vicini ai liberali di
destra che non questi ultimi agli ex alleati radicali. Nel 1865, quindi, questo
eterogeneo raggruppamento si occupò ancora di riforme parlamentari.
Tutto prese avvio nell‟anno precedente con la fondazione a
Manchester della National Reform Union, organizzazione prevalentemente
borghese che annoverava fra le sue fila alcuni deputati radicali e degli
intellettuali. Il sodalizio si prefiggeva il voto segreto; una nuova distribuzione di
seggi sulla base della popolazione e della proprietà; la durata di tre anni della
legislatura e il diritto di voto nelle contee e nei borghi per ogni individuo di
sesso maschile, padrone di casa o inquilino, tassato o suscettibile di tassazione
per l‟assistenza dei poveri. La questione richiamò ancora una volta l‟attenzione
del movimento operaio londinese e fu l‟occasione per Gladstone di fare, alla
Camera dei Comuni, la seguente dichiarazione «ogni uomo che non sia
presumibilmente messo fuori causa da qualche considerazione di inidoneità
personale o di pericolosità politica ha il diritto morale di entrare nel recinto della
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Costituzione». Così, nel febbraio 1865, venne istituita una “Lega per la
riforma”, a carattere prevalentemente operaio, con l‟obiettivo dichiarato del
suffragio maschile.
Alla morte di Palmerston, venne nominato Primo Ministro Lord
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John Russel il quale avviò uno studio per accertare il numero dei contribuenti
nei collegi elettorali urbani e nelle contee. Emerse così l‟esistenza di una
percentuale di elettori operai nelle liste elettorali dei borghi più che doppia
rispetto a quanto si pensasse e ciò provocò la reazione dell‟ala destra del
Gabinetto e la nomina di una commissione di indagine. Si presentò inoltre la
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questione se basare il voto sul requisito fiscale ovvero su quello dell‟affitto
poiché il requisito fiscale avrebbe perpetuato le forti disuguaglianze tra le
diverse località, in quanto la valutazione degli imponibili e la compilazione dei
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E. J. Feuchtwanger, Democrazia e Impero. L’Inghilterra fra il 1865 e il 1914, Bologna, 1989
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Lord John Russel (1792 – 1878) fu esponente liberale, a lungo leader whig presso la Camera dei Comuni,
due volte Primo Ministro, nel 1846 e nel 1865.
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La legge britannica prevedeva che gli affittuari (i compounders) pagassero al proprietario della casa il
canone di locazione insieme alle tasse volte a finanziare il governo locale.
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registri fiscali non era omogenea sul territorio britannico. Si decise quindi di
adottare il requisito dell‟affitto senza toccare il problema della redistribuzione
dei seggi.
Nel marzo 1866, venne reso pubblico il progetto di legge, molto
prudente, e che avrebbe in realtà aggiunto solo qualche centinaia di migliaia di
elettori, artigiani e negozianti. Il progetto si basava sull‟ipotesi di concedere il
voto a coloro che pagavano un affitto pari a 7 sterline nei borghi e 14 nelle
contee (la legge elettorale in vigore prevedeva la soglia a 10 sterline). Ci si rese
conto che con questo sistema di calcolo la classe operaia avrebbe avuto una netta
maggioranza. Con questa argomentazione si aprì quindi una spaccatura
all‟interno del partito liberale. Il partito conservatore si oppose apertamente a
tale progetto così si susseguirono numerosi e agguerriti dibattiti, anche in
relazione all‟eventuale rimaneggiamento della distribuzione dei seggi. Ma tutto
si risolse nel nulla dal momento che Russel si dimise dopo un voto sfavorevole
su un emendamento relativo alla sostituzione del requisito fiscale in favore di
quello d‟affitto nei borghi. Quello che nella realtà il Parlamento stava cercando
era un equilibrio fra le classi, affinché gli operai non finissero per prevaricare la
borghesia. I liberali, pertanto, si resero conto che andare alle elezioni con quel
clima avrebbe provocato una reazione delle forze popolari ed essi sarebbero
stati battuti, con conseguenze negative anche per la riforma. A Russel successe
nella carica di Primo Ministro Lord Derby, con un governo conservatore di
minoranza; Gladstone si aspettava che una tale compagine governativa avesse
vita breve e si andasse a nuove elezioni, ma la realtà fu diversa e a Lord Derby
sarebbe succeduto Disraeli. Con un governo Tories, il movimento riformista non
aveva più scelta e avrebbe dovuto passare all‟azione. Nell‟estate 1866, vennero
organizzate numerose dimostrazioni e assemblee e, infine, i leader del
movimento riformista decisero di indire una grande manifestazione a carattere
nazionale per il 23 luglio in Hyde Park. Cinque giorni prima l‟iniziativa venne
vietata e la Lega giudicò illegale l‟ordine: il giorno prestabilito gli organizzatori
guidarono un corteo fino a Trafalgar Square e tennero lì un comizio, mentre chi
era rimasto in Park Lane si scontrò con la polizia; i disordini proseguirono per
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due giorni e si rese necessario l‟intervento dell‟esercito. La Lega in questa
circostanza fu spaventata e imbarazzata dall‟esplosione popolare, pur criticando
il modo in cui la legge era stata interpretata, ma nonostante l‟accaduto essa
riuscì successivamente a controllare un buon numero di elettori. La parte
riformista del partito liberale, che vedeva in John Bright l‟esponente più
autorevole, dopo questi fatti, si era resa conto che la classe operaia chiedeva con
forza una riforma e che sarebbe stato molto rischioso ascoltarla. A questo punto
egli divenne il punto di riferimento di una agitazione che si prolungò lungo
tutto l‟inverno 1866-1867, alla quale presero parte operai, sindacalisti,
industriali, la Lega per la riforma e l‟Unione per la riforma. Ormai tutta la Gran
Bretagna, a cominciare dalla sua Regina, era convinta della necessità di una
riforma elettorale.
I conservatori avevano tre importanti ragioni per tentare di fare
approvare la riforma: in primo luogo la presentazione del progetto avrebbe
conservato le divisioni tra i liberali. Se ciò non fosse successo, essi avrebbero
potuto comporre la situazione trovando un accordo sulle divergenze relative
alla riforma e causando il rovesciamento dei Tories all‟apertura della successiva
sessione parlamentare nel 1867. In secondo luogo, l‟approvazione di una legge
di questo tipo avrebbe contribuito a ridare loro credibilità, in quanto competente
partito di governo; infine, una legge elaborata dai conservatori avrebbe
impedito a Gladstone di presentare di nuovo la sua proposta che sicuramente
non li avrebbe favoriti. D‟altro canto, per i conservatori la presentazione di un
tale progetto di legge non era priva di rischi, poiché sarebbe potuta venire meno
l‟unità dei Tories. Allora Derby e Disraeli scelsero la strada dell‟istituzione di
una commissione d‟indagini ad hoc, tesa ad analizzare quale fosse l‟estensione
del suffragio a loro più utile, considerando che solo coinvolgendo gli strati
sociali più bassi avrebbero potuto aumentare il proprio consenso. Nel febbraio
1867, i ministri avevano raggiunto un accordo, decidendo che il suffragio
dovesse basarsi sul pagamento personale delle tasse. Venivano quindi esclusi i
compounders. Ma all‟interno del governo si apriva una crisi, perché che il
ministro della Guerra, il ministro delle Colonie e quello dell‟India ritenevano
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che l‟estensione del voto fosse eccessiva. Un braccio di ferro su questi temi
avrebbe potuto provocare una spaccatura del partito e una sconfitta umiliante a
opera di Gladstone. I tre ministri si dimisero e, per fortuna dei Tories, non
possedevano le qualità per poter guidare un movimento dissidente all‟interno
del Parlamento. Gladstone, comunque, non si diede per vinto e provò a
proporre un emendamento per ammettere al voto la classe operaia, escludendo
solo il cosiddetto residuum: questo obiettivo avrebbe potuto incontrare consensi
sia tra i Whigs che tra i Tories. Ma le divisioni presenti tra i Whigs lo portarono
incontro ad una clamorosa sconfitta, giacchè i liberali moderati di centro sinistra
non volevano abbandonare l‟household suffrage a favore di un livello
apparentemente più restrittivo. Nei giorni successivi Gladstone venne battuto su
una serie di emendamenti posti sulla proposta originale; in questa occasione un
gruppo diverso, ma ancora più numeroso di liberali scelse l‟astensione o votò a
favore del governo. Se Disraeli riuscì a portare a termine la sua iniziativa fu
perché aveva capito che alcuni liberali radicali sarebbero stati disposti a votare
la sua legge perché convinti che egli, in quanto leader di una minoranza, sarebbe
stato più sensibile alle loro pressioni di quanto non fosse stato Gladstone.
Quindi per tutte le ragioni fin qui esposte Disraeli accettò emendamenti dei
radicali che resero il Second Reform Act molto più democratico di quanto sia lui
sia lo stesso Gladstone avessero immaginato. La linea di Disraeli aveva vinto e
Gladstone rinunciò alla leadership del partito liberale alla Camera dei Comuni.
L‟abbattimento delle barriere restrittive, riguardo lo household suffrage, non era
sgradita ai conservatori poiché negli strati bassi delle campagne questi ultimi
erano decisamente favoriti. Anche in questo caso era prevista l‟esclusione del
compounder che non pagava di persona i suoi contributi. Gladstone, che aveva
completamente perso il controllo dell‟ala destra del suo partito, cominciò ad
avere contatti con l‟Unione; questa “apertura a sinistra” di Gladstone fece sì che
Disraeli lo “sorpassasse” e potesse riaprire la discussione sulla questione dei
compounder, accettando un emendamento attraverso il quale si aboliva la
consuetudine di pagare le imposte attraverso i padroni di casa e quindi
l‟occupante avrebbe pagato delle tasse municipali in un collegio elettorale
urbano. Fu anche rimaneggiato il sistema di distribuzione dei seggi:
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