2. INTRODUZIONE
2.1 Classi di farmaci antibatterici.
Gli antibiotici sono metaboliti prodotti da microorganismi che, a piccole dosi, inibiscono la crescita
(batteriostatici) e la sopravvivenza (battericidi) di altri microorganismi senza causare eccessiva tossicità
nell’organismo ospite. Oltre agli antibiotici veri e propri, molecole di origine naturale, si sono andati
sviluppando negli anni composti di origine sintetica.
Un tempo si impiegava la distinzione fra antibiotici a spettro limitato e ad ampio spettro, ma in seguito alla
comparsa di ceppi batterici resistenti ad un farmaco o a più di uno, è ora preferibile una classificazione in base al
sito bersaglio nella cellula ospite. Si distinguono quattro principali classi di farmaci antibatterici, gli inibitori
della sintesi della parete cellulare, gli inibitori della sintesi proteica, gli inibitori della sintesi degli acidi nucleici
e gli antimetaboliti.
Di seguito riporto una breve descrizione di queste classi di farmaci, con i principali composti che vi
appartengono, il meccanismo d’azione e lo spettro di attività.
2.1.a Inibitori della sintesi della parete cellulare.
L’interferenza con la sintesi della parete batterica è di gran lunga il meccanismo di azione più comune
nell’ambito dell’attività degli antibiotici. Il primo gruppo di antibiotici classificato tra gli inibitori della sintesi
della parete cellulare è quello dei β-lattamici. La principale componente strutturale della parete delle cellule
batteriche è lo strato di peptidoglicano. E’ costituito da catene di 10-65 residui disaccaridici formati da molecole
alternate di N-acetilglucosammina ed acido N-acetilmuramico. Queste catene sono legate da ponti peptidici in
grado di creare un rivestimento rigido che avvolge il batterio e la formazione sia delle catene che dei legami
crociati è catalizzata da enzimi regolatori specifici (es. transpeptidasi, carbossipeptidasi, endopeptidasi) detti
proteine leganti la penicillina (PBP) in quanto si legano covalentemente agli antibiotici β-lattamici. Quando i
batteri in attiva replicazione sono esposti a questi antibiotici, l’antibiotico si lega a specifiche PBP presenti sulla
membrana citoplasmatica del batterio, inibendo la formazione dei legami crociati e portando di conseguenza
all’attivazione di autolisine che degradano la parete cellulare causando la morte per lisi della cellula batterica. Al
gruppo degli antibiotici β-lattamici appartengono le penicilline, le cefalosporine e cefamicine, i carbapenemi e i
monobattamici. Le penicilline sono antibiotici molto efficaci, con una tossicità estremamente bassa. Il composto
base è un acido organico con un anello β-lattamico ottenuto dalla coltura della muffa Penicillium chrysogenum.
Se la muffa cresce con un processo di fermentazione vengono prodotte grandi quantità di un intermedio chiave,
l’acido 6-amminopenicillamico in cui l’anello β-lattamico è fuso con l’anello tiazolinico. La sostituzione chimica
di questo intermedio produce derivati che hanno minore sensibilità agli acidi e presentano maggiore
assorbimento nel tratto gastrointestinale, maggiore resistenza alla distruzione da parte della penicillinasi come
meticillina e oxacillina, o un più ampio spettro di attività nei confronti dei batteri gram-negativi come
ampicillina, carbenicillina, ticarcillina, piperacillina. Nelle cefalosporine l’anello β-lattamico è fuso con un
anello diidrotiazinico, mentre le cefamicine contengono ossigeno al posto dello zolfo nell’anello diidrotiazinico.
Presentano entrambe lo stesso meccanismo d’azione delle penicilline, ma un più ampio spettro antibatterico,
resistenza a molte β-lattamasi e migliori proprietà farmacocinetiche. Sfortunatamente i batteri gram-negativi
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hanno sviluppato rapidamente una resistenza a cefalosporine e cefamicine, che ha compromesso l’uso di questi
farmaci. I carbapenemi sono antibiotici ad ampio spettro, mentre i monobattamici sono a spettro ristretto (attivi
solo contro batteri gram-negativi aerobi); tuttavia, nonostante il vantaggio di non distruggere la normale flora
batterica intestinale del paziente, questi ultimi sono scarsamente utilizzati.
Nel gruppo dei polipeptidi troviamo la bacitracina e le polimixine. La bacitracina, isolata da Bacillus
licheniformis, è una miscela di polipeptidi utilizzata in prodotti per uso topico (creme, unguenti, spray) per il
trattamento di infezioni della pelle causate da batteri gram-positivi, mentre i batteri gram-negativi presentano
resistenza. Essa inibisce la sintesi della parete cellulare interferendo con la defosforilazione e il riciclaggio del
lipide trasportatore responsabile del passaggio dei precursori del peptidoglicano dalla membrana citoplasmatica
batterica alla parete cellulare. Può anche danneggiare la membrana citoplasmatica ed inibire la trascrizione
dell’RNA. Le polimixine sono un gruppo di polipeptidi ciclici derivati da Bacillus polymyxa. Si inseriscono nelle
membrane batteriche ed interagiscono con i lipopolisaccaridi e con i fosfolipidi della membrana esterna,
causando un aumento di permeabilità cellulare. Possono causare gravi problemi di nefrotossicità e sono
impiegate nel trattamento di infezioni localizzate, in particolare quelle provocate da bacilli gram-negativi, poiché
i batteri gram-positivi non presentano una membrana esterna e quindi non sono sensibili a questi antibiotici.
Vi è poi un gruppo di antibiotici attivi sulla parete cellulare utilizzati per il trattamento di infezioni da
micobatteri, comprendente isoniazide, etionamide, etambutolo e cicloserina. L’isoniazide (idrazide dell’acido
isonicotinico [INH]) è battericida sui micobatteri che si replicano attivamente, andando ad influenzare la sintesi
dell’acido micolico. Anche l’etionamide, un derivato di INH, blocca la sintesi degli acidi micolici. L’etambutolo
interferisce con la sintesi dell’arabinogalattano presente nella parete, mentre la cicloserina inibisce due enzimi, la
D-alanina D-alanina sintetasi e l’alanina racemasi, che intervengono nella sintesi della parete.
La classe di antibiotici inibitori della sintesi della parete cellulare comprende anche il gruppo dei glicopeptidi,
antibiotici battericidi che inibiscono la formazione della parete batterica, interferendo con la polimerizzazione
del peptidoglicano. Questi antibiotici vengono utilizzati nelle gravi infezioni da batteri resistenti ai β-lattamici,
contro cocchi e bacilli gram-positivi, in quanto i gram-negativi sono naturalmente resistenti. A questo gruppo
appartengono gli antibiotici vancomicina e teicoplanina, molecole di elevato peso molecolare, che non riescono
quindi ad attraversare la membrana cellulare esterna dei gram-negativi. In particolare, per la vancomicina,
oggetto di studio del mio lavoro di tesi, descriverò le principali caratteristiche e proprietà in modo più
approfondito in un paragrafo successivo.
2.1.b Inibitori della sintesi proteica.
La principale azione di questi farmaci, che appartengono alla seconda più vasta classe di antibiotici, è
l’inibizione della sintesi proteica.
Fanno parte di questa classe amminoglicosidi, tetracicline, cloramfenicolo, macrolidi, clindamicina,
streptogramine ed oxazolidinoni. Gli antibiotici amminoglicosidici sono composti da amminozuccheri legati da
legami glicosidici ad un anello di amminociclitolo. Riescono a penetrare la membrana esterna dei gram-negativi,
la parete cellulare e la membrana cellulare, e nel citoplasma inibiscono la sintesi batterica, legandosi
irreversibilmente alle proteine della subunità 30S dei ribosomi ed esplicando così un’azione battericida. Sono
utilizzati per trattare infezioni gravi provocate da batteri gram-negativi e da alcuni gram-positivi. Gli
streptococchi e gli enterococchi sono resistenti agli amminoglicosidi perché tali antibiotici non riescono ad
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attraversare la parete cellulare di questi batteri. I composti più comunemente utilizzati sono l’amikacina, la
gentamicina e la tobramicina, impiegati tutti e tre nel trattamento delle infezioni sistemiche da batteri gram-
negativi sensibili. L’amikacina è impiegata per trattare infezioni da gram-negativi resistenti alla gentamicina e
alla tobramicina.
Le tetracicline sono antibiotici batteriostatici ad ampio spettro che inibiscono la sintesi proteica nei batteri,
bloccando il legame dell’amminoacil-RNA transfer (tRNA) al complesso subunità ribosomiale 30S-mRNA.
Tetraciclina, doxicillina e minociclina sono efficaci nel trattamento di infezioni provocate da Mycoplasma,
Rickettsia e altri batteri gram-positivi e gram-negativi. Tutte hanno uno spettro di attività simile, mentre
doxiciclina e minocillina hanno diverse proprietà farmacocinetiche, in quanto vengono più facilmente assorbite e
mostrano una più lunga emivita.
Il cloramfenicolo possiede ampio spettro antibatterico, ma è poco utilizzato perché, oltre ad inibire la sintesi
proteica batterica, interferisce con la sintesi proteica delle cellule umane del midollo osseo. Esercita il proprio
effetto batteriostatico legandosi alla componente peptidiltransferasica della subunità ribosomiale 50S, bloccando
così l’allungamento del peptide.
Il composto di riferimento dei macrolidi è l’eritromicina, prodotta dallo Streptomyces erythreus. La struttura
base di questa classe di antibiotici è un lattone macrociclico legato a due zuccheri, desosammina e cladinosio.
Agiscono legandosi reversibilmente all’RNA 23S della subunità ribosomiale 50S, bloccando l’allungamento del
polipeptide. Sono antibiotici ad ampio spettro di attività, utilizzati nel trattamento di infezioni polmonari
provocate da Mycoplasma, Legionella e Clamydia, e da batteri gram-positivi in pazienti allergici alla penicillina.
La maggior parte dei batteri gram-negativi è resistente ai macrolidi.
La clindamicina fu isolata dallo Streptomyces lincolnensis. Come il cloramfenicolo e i macrolidi, blocca
l’allungamento della catena proteica legando la subunità ribosomiale 50S. Inibisce la peptidiltransferasi
interferendo con il legame del complesso amminoacido-acil-tRNA. E’ attiva sugli stafilococchi e sui bacilli
gram-negativi anaerobi, ma è generalmente inattiva sui batteri gram-negativi aerobi.
Le streptogramine sono una classe di peptidi ciclici prodotti da specie del genere Streptomyces. Attualmente è
disponibile in terapia il quinupristin-dalfopristin (nome commerciale Synercid) costituito dalla combinazione dei
due antibiotici quinupristina e dalfopristina. La dalfopristina si lega alla subunità ribosomiale 50S ed induce un
cambiamento conformazionale che facilita il legame della quinupristina. La dalfopristina previene
l’allungamento della catena peptidica e la quinupristina favorisce il rilascio prematuro delle catene
polipeptidiche dal ribosoma. L’associazione dei farmaci è attiva contro stafilococchi, streptococchi ed E.
faecium.
Infine a questa classe di antibiotici appartengono gli oxazolidinoni, tra cui il linezolid, oggetto della mia tesi, di
cui descriverò le caratteristiche principali e le proprietà in un paragrafo successivo.
2.1.c Inibitori della sintesi degli acidi nucleici.
I principali composti di questa classe sono i chinoloni, rifampicina, rifabutina e metronidazolo.
I chinoloni sono agenti chemioterapici di sintesi che inibiscono la DNA topoisomerasi batterica di tipo II (girasi)
o la DNA topoisomerasi batterica di tipo IV, enzimi indispensabili per la replicazione, la ricombinazione e la
riparazione del DNA. Nei batteri gram-negativi, la subunità A della girasi rappresenta il principale bersaglio dei
chinoloni, mentre la topoisomerasi di tipo IV è il principale bersaglio nei batteri gram-positivi. L’acido
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nalidixico è stato il primo chinolone impiegato in terapia, ora sostituito da composti più attivi, come la
ciprofloxacina, levofloxacina, gatifloxacina e moxifloxacina (fluorochinoloni), con eccellente attività sia sui
gram-positivi che sui gram-negativi.
La rifampicina, un derivato semisintetico della rifamicina B, prodotta dallo Streptomyces mediterranei, si lega
all’RNA polimerasi DNA-dipendente ed inibisce la sintesi dell’RNA. E’ battericida per Mycobacterium
tubercolosis ed è particolarmente attiva sui cocchi gram-positivi aerobi, inclusi gli stafilococchi e gli
streptococchi, mentre i batteri gram-negativi sono intrinsecamente resistenti alla rifampicina.
La rifabutina, derivata anche questa dalla rifamicina, possiede un meccanismo d’azione simile alla rifampicina
ed un analogo spettro di attività.
Il metronidazolo è un farmaco che venne introdotto in origine per il trattamento per via orale delle vaginiti
causate dal protozoo Trichomonas, ma è efficace anche nel trattamento di amebiasi, giardiasi e di gravi infezioni
da batteri aerobi. Le sue proprietà antibatteriche derivano dalla riduzione del suo nitrogruppo da parte di
nitroriduttasi batteriche, che producono composti citotossici in grado di distruggere il DNA batterico.
2.1.d Antimetaboliti.
I sulfamidici sono antimetaboliti che competono con l’acido p-amminobenzoico, impedendo la sintesi dell’acido
folico, elemento fondamentale per la crescita di molti microorganismi. Poiché i mammiferi non sintetizzano
l’acido folico, i sulfamidici non interferiscono con il metabolismo delle cellule umane. Sono efficaci contro un
gran numero di batteri gram-positivi e gram-negativi, come Nocardia e Chlamydia e anche contro alcuni
protozoi.
Il trimethoprim interferisce con il metabolismo dell’acido folico inibendo la diidrofolato reduttasi e impedendo
la conversione di diidrofolato a tetraidrofolato. Blocca la formazione di timidina, di alcune purine, di metionina e
di glicina. L’associazione trimethoprim-sulfametossazolo è efficace contro un gran numero di gram-positivi e di
gram-negativi ed è il farmaco di elezione per il trattamento di infezioni del tratto urinario sia acute che croniche.
Agisce anche contro infezioni del tratto respiratorio inferiore, otite media e gonorrea.
Vi sono infine il dapsone e l’acido p-amminosalicilico, antifolati utili nel trattamento di infezioni da micobatteri.
2.2 Linezolid.
Il linezolid (figura 2.1) è il primo composto di una nuova classe di farmaci antibatterici, gli oxazolidinoni, ad
essere entrato in terapia intorno al 2000. Scoperti alla fine degli anni ’80, fu in seguito abbandonata la ricerca su
di essi, per essere poi ripresa agli inizi degli anni ’90, con la sintesi di analoghi non tossici e con buona attività
antibatterica.
Figura 2.1. Struttura molecolare del linezolid (pK= 1,8)
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Gli oxazolidinoni legano la subunità 50S del ribosoma batterico, prevenendo la formazione del complesso con la
subunità 30S, l’mRNA, i fattori di trascrizione e il formilmetionil-tRNA. Il risultato è il blocco della formazione
del complesso di inizio della trascrizione per la sintesi proteica (Livermore, 2003). Questo meccanismo d’azione
è un po’ diverso da quello di altri composti inibitori della sintesi proteica come il cloramfenicolo, i macrolidi, le
tetracicline, che agiscono impedendo l’allungamento del peptide in formazione: per questo motivo difficilmente
si verifica resistenza crociata (figura 2.2).
Figura 2.2. Meccanismo d’azione degli oxazolidinoni. Gli oxazolidinoni si combinano con la subunità ribosomiale 50S, prevenendo la
formazione del complesso con la subunità 30S, l’mRNA, i fattori di trascrizione ed il formilmetionil-tRNA. Di conseguenza non si ha
formazione di alcun complesso di inizio della trascrizione e la sintesi proteica è bloccata. Altri composti inibitori della sintesi proteica
bloccano invece l’allungamento del peptide (da Livermore, 2003).
Il linezolid presenta attività batteriostatica, e in virtù del suo diverso meccanismo d’azione, è attivo verso
numerose specie di batteri gram-positivi, come streptococchi, stafilococchi ed enterococchi, che presentano
resistenza nei confronti di altre terapie antibiotiche. Di notevole importanza è l’attività verso infezioni provocate
da ceppi di Staphylococcus aureus meticillina-resistenti (MRSA) e da enterococchi vancomicina-resistenti
(VRE), quale Enterococcus faecium, infezioni della pelle e dei tessuti molli, i cui principali agenti eziologici
sono Staphylococcus aureus e Streptococcus pyogenes, polmoniti associate a batteriemie causate da
Streptococcus pneumoniae sensibile alla penicillina, polmoniti nosocomiali, polmoniti acquisite in seguito a vita
in comunità. E’ inoltre attivo verso Mycobacterium tubercolosis ed altre specie di micobatteri.
La somministrazione di una dose da 600 mg ogni 12 ore permette di raggiungere e mantenere la concentrazione
minima inibitoria (MIC) per l’intera durata dell’intervallo terapeutico. Lo “steady-state” viene raggiunto dopo
due-quattro dosi, con una concentrazione plasmatica minima (C) intorno a 4 mg/L e una concentrazione
min
plasmatica massima (C) di 13-15 mg/L (Jungbluth et al., 2003), rimanendo quindi sempre al di sopra della
max
MIC per i batteri sensibili al linezolid, compresa tra 0,5 e 4 mg/L (Livermore, 2003).
Il linezolid viene rapidamente e completamente assorbito dopo somministrazione per via orale, raggiungendo la
C dopo 1-2 ore dalla somministrazione. Presenta biodisponibilità intorno al 100%, il che permette il passaggio
max
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