-INTRODUZIONE-
La questione del cambiamento climatico è emersa nell’ultimo periodo come uno
dei principali argomenti di discussione all’ordine del giorno dei summit mondiali,
nonché al centro del dibattito interno dei principali Paesi industrializzati. Il
problema è controverso, di non chiara risoluzione e non è neppure chiara, alla
luce delle vari studi emersi in materia, la sua reale esistenza.
Eppure, nonostante le voci discordanti sull’argomento un’organizzazione
sovranazionale come l’Unione europea e più recentemente gli stessi Stati Uniti
stanno cercando di dotarsi di strumenti atti a contrastare il surriscaldamento
terrestre.
L’Unione europea leader mondiale in materia si è dotata fin dal 2003 di uno
strumento di scambio di quote di emissione il quale più che funzionare per lo
scopo per cui era stato creato ha fornito una serie di spunti per modificarlo
radicalmente ed ha piuttosto rappresentato un fase di rodaggio e di acquisizione
di maggiore consapevolezza circa le potenzialità di tale meccanismo. Il Pacchetto
Ambiente adottato nel dicembre 2008 cerca di rispondere alle esigenze di riforma
di uno strumento dimostratosi così com’era inadeguato. Cerca peraltro di
integrare la politica di riduzione delle emissioni di gas serra con altri dispositivi,
quali l’incremento nell’utilizzo delle fonti di energia rinnovabili e nell’ambito
dell’efficienza energetica.
L’azione europea in materia non può però prescindere dall’andamento dei
negoziati internazionali che, passando per l’ormai appurato fallimento del
Protocollo di Kyoto, si stanno avviando verso la ridefinizione di un nuovo accordo
sul clima.
4
Quest’ultimo peraltro non potrà dirsi tale senza l’adesione senza remore degli
Stati Uniti, partner imprescindibile perché l’obiettivo del nuovo patto
internazionale possa essere raggiunto in maniera soddisfacente.
All’appuntamento questa volta non potranno mancare neppure i Paesi emergenti,
esentati dal Protocollo di Kyoto, come Cina ed India, le cui emissioni sono
aumentate a tal punto da rappresentare esse stesse un rischio.
Il Pacchetto Ambiente europeo e il nuovo accordo internazionale in materia si
trovano però a fare i conti con una delle più gravi crisi economiche della storia,
che ha influenzato al ribasso il negoziato europeo e non mancherà di colpire
anche quello internazionale.
Quanto più l’argomento sta entrando nel dibattito globale a pieno titolo, tanto più
emergono le divergenze di vedute tra chi, primo fra tutti l’IPCC, ipotizza un
legame diretto tra emissioni inquinanti e surriscaldamento globale e chi, invece,
punta su una spiegazione tutta naturale dell’aumento delle temperature.
Le dichiarazione d’intenti dei Governi dei principali Paesi industrializzati sono
ambiziose, la Commissione europea continua a sostenere l’obiettivo di un
aumento delle temperature non oltre i 2° C; la realtà sembra invece molto lontana
da tali proposte.
Il Pacchetto Ambiente approvato dall’Unione europea si presenta molto meno
ambizioso rispetto a quanto ipotizzato dallo stesso Consiglio europeo nel 2007. Le
eccezioni, le deroghe e le clausole di revisione ridimensionano molto le
prospettive originarie di abbattimento delle emissioni di cui l’Unione europea si
era fatta portavoce.
Il tutto va inoltre ricondotto alla presenza di interessi divergenti in materia, sia
all’interno del mondo economico, sia fra Paesi. Le accuse di perseguire scopi
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politici piuttosto che di verità scientifica provengono da ambo i fronti: da una
parte gli scettici, dall’altra gli allarmisti.
E se un accordo internazionale in materia venisse concluso questo non potrà
prescindere dal necessario sostegno che i Paesi più ricchi dovranno indirizzare
verso quelli più poveri, anch’essi coinvolti, se possibile anche più direttamente,
dal cambiamento climatico.
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-CAPITOLO PRIMO-
DAI PRIMI ALLARMI SUL CAMBIAMENTO
CLIMATICO ALL’ATTUAZIONE DEL SISTEMA
EUROPEO DI SCAMBIO DI QUOTE DI
EMISSIONE: LA DIFFICOLTà DI CONCILIARE LA
LOTTA AL SURRISCALDAMENTO CLIMATICO
CON LE ESIGENZE ECONOMICHE
1.1 Il problema del cambiamento climatico: genesi, dubbi, risposte
Il problema del cambiamento climatico ed in particolare la responsabilità
dei gas ad effetto serra sull’innalzamento della temperatura terrestre è stato
teorizzato per la prima volta nel 1903 dallo svedese, Nobel per la chimica, Svante
Arrhenius. Ma a quei tempi il problema non veniva avvertito come tale e, la
capacità dell’uomo di influire sul clima e trarre vantaggio da un aumento della
temperatura era presentata in termini idilliaci. Negli anni ’70, sulla scia delle paure
nucleari, si iniziarono a diffondere le prime vere preoccupazioni circa il
cambiamento climatico. Il 20 febbraio 1969 il New York Times lanciava l’allarme
scioglimento dei ghiacci, annunciando che nell’arco di due decenni i poli
avrebbero potuto perdere tutta la loro calotta; il problema però veniva ancora
presentato in termini blandi, in un quadro tutto sommato non propriamente
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1
allarmante. I giornali americani dal 1975 dedicarono numerosi servizi al
cambiamento climatico, senza però derivarne le cause. Solo negli anni Ottanta la
climatologia riesce a fare maggiore chiarezza sulla questione. Ed in particolare nel
giugno del 1988 nasce ufficialmente il problema del surriscaldamento climatico ad
opera del fisico James Hansen. Lo stesso anno l’Unep (United Nations
Environment Programme) e la Wmo (Word Metereological Organisation), decisero
di istituire l’Intergovernmental Panel on Climate Change (IPCC) formato dagli
esperti di tutti i Paesi membri dell’ONU. Il panel pubblicò il suo primo rapporto nel
1990, ma è nel secondo documento divulgato nel 1995 che l’IPCC lega il problema
del surriscaldamento climatico al fenomeno delle emissioni inquinanti. Infine,
l’ultimo rapporto, quello presentato nel 2007 ha destato forte attenzione
dell’opinione pubblica, ormai sensibilizzata sul tema. L’IPCC nello studio
attribuiva, con una probabilità di oltre il 90%, alle attività umane la responsabilità
principale dell’effetto serra, prima causa del cambiamento climatico. Anche la
scienza è andata maturando un consenso quasi unanime sul fatto che sia l’effetto
serra a causare il surriscaldamento terrestre. L’impegno internazionale in materia
prosegue con la conclusione del Protocollo di Kyoto nel 1997, firmato dalla
Presidenza Clinton, ma non ratificato dal Senato a maggioranza repubblicana
nell’era Bush. Durante i due mandati del Presidente Bush, negli Stati Uniti sono
stati fatti ripetuti tentativi per screditare le tesi dell’IPCC e degli scienziati stessi; si
è così sviluppata una corrente di negazionisti circa il legame diretto fra
riscaldamento terrestre e attività umana, tra cui scienziati di fama internazionale
come Richard Lindzen, che attribuiscono il surriscaldamento ad un’aumentata
2
attività del sole.
1
Elena Dusi, “Una battaglia lunga un secolo” tratto da, Limes 6/2007, “Il clima
dell’energia” 23 novembre 2007, pag. 103
2
Ivi, pag. 106
8
Dall’altra parte, uno studio britannico, divenuto molto famoso, redatto dall’ex
dirigente della Banca Mondiale Nicholas Stern per conto del Governo inglese nel
luglio 2007 ha stimato i costi dell’emergenza clima. Il Rapporto afferma tra l’altro
che: “…se non interveniamo subito, i costi e i rischi di un aumento delle
temperature d’ora in poi saranno pari al 5% del Prodotto interno lordo
3
mondiale”. Oltre ai costi, che rappresentano una delle tematiche su cui si discute
maggiormente e sulla quale non ci sono dati certi, ma previsioni anche molto
discordanti, al cambiamento climatico è stato imputato anche un aumento di
alcune malattie infettive (con 150mila vittime in eccesso rispetto al passato). Sui
possibili rimedi si è discusso e si discute tuttora molto: energie rinnovabili, sistema
di scambio delle quote di emissione, efficienza energetica, biocarburanti e
quant’altro. Un dato sembra comunque appurato, il clima sta cambiando: in base
ai dati forniti dall’IPCC, dal 1850 ai giorni nostri c’è stato un aumento della
temperatura al suolo di 0,5 gradi, con influenze dirette sullo scioglimento dei
ghiacci, l’aumento delle precipitazioni ed un’intensificazione dei fenomeni
meteorologici più estremi. Il livello medio del mare su scala globale è salito fra i 10
e i 25 cm negli ultimi cento anni a causa, in parte della dilatazione termica per la
maggiore quantità di acqua calda presente e in parte allo scioglimento dei
ghiacciai perenni . Tutti questi fenomeni tenderanno ad intensificarsi verso la fine
del secolo, per cui le previsioni segnano un aumento delle temperatura tra un
minimo di 1,5 ed un massimo 6 gradi centigradi, causando:
l’innalzamento del livello del mare di circa mezzo metro entro la fine del
secolo e potenzialmente di più di un metro nel secolo successivo con
conseguente allagamento di molte zone costiere e la scomparsa dei piccoli
stati insulari del Pacifico e dei Caraibi;
3
Ivi, pag. 107
9
la diminuzione significativa delle are tropicali e sub-tropicali coltivabili;
la diffusione di malattie come la malaria;
il cambiamento del ciclo idrogeologico (evaporazione e piogge) che
diventerebbe più intenso e più variabile e causerebbe inondazioni e siccità più
ricorrenti e più gravi.
I maggiori inquinatori e responsabili dell’effetto serra sono sicuramente i Paesi
industrializzati con alcune significative differenze tra Stato e Stato. I capofila degli
inquinatori sono sicuramente gli Stati Uniti con il 24% delle emissioni globali, ci
sono tuttavia Paesi, cosiddetti in via di sviluppo, come la Cina che hanno raggiunto
livelli di emissione molto alti. Il dato più interessante è quello relativo alle
emissioni pro-capite: anche in questo caso sono gli Stati Uniti ad essere in pole
position con 20,1 tonnellate a testa, seguiti però da vicino da Canada, Australia,
Arabia Saudita, Russia e Germania. Il livello complessivo dell’Unione europea
4
risulta essere circa la metà rispetto a quello statunitense. I dati relativi
all’emissione di CO2 pro-capite sono alquanto allarmanti considerando che il
rapporto dell’IPCC sostiene che sarebbe necessario attestare il livello di CO2
nell’atmosfera ad un livello tale (500 parti per milione) che sarebbe possibile solo
se le emissioni pro-capite fossero pari a 4 tonnellate ciascuno. Attualmente è
abbastanza evidente il fallimento di strumenti come il Protocollo di Kyoto, che
non ha dato i risultati auspicati per vari motivi che vedremo in seguito. Dal canto
suo, l’Unione europea ha messo in atto negli anni una serie di misure con cui in
qualche modo si è cercato di provvedere, alla tutela dell’ambiente prima e al
cambiamento climatico poi.
4
Luisa Lerda, “L’evoluzione del negoziato sul cambiamento climatico con particolare
attenzione alle problematiche per l’attuazione del Protocollo di Kyoto del 1997”, 30 maggio
2003, tratto dal sito www.diritto.it
10
1.2 Le origini della politica ambientale europea
La tutela dell’ambiente, che oggi rappresenta una delle sfide globali
prioritarie, non era in origine menzionata nei Trattati istitutivi della Comunità
europea. I padri fondatori della Comunità non ritennero necessario includere una
materia che in quel periodo era ritenuta secondaria rispetto ad altre questioni
considerate preminenti, come la creazione di un mercato unico o la tutela del
settore agricolo. In sostanza il pericolo ambientale non era ancora tangibile e si
ritenne più opportuno dare la precedenza ad altre problematiche.
Agli inizi degli anni 70, con l’insorgere delle prime preoccupazioni relative
all’ambiente, si decise di stabilire alcune garanzie normative in materia
ambientale. Gli eventi principali che hanno portato all’elaborazione di un primo
impianto normativo hanno origine alla Conferenza della Nazioni Unite tenutasi a
Stoccolma nel giugno del 1972. Il vertice determinò una prima presa di coscienza
del problema ambientale elaborando una dichiarazione sull’importanza della
difesa e miglioramento dell’ambiente come “scopo imperativo per tutta
5
l’umanità”. A seguito della Conferenza la Comunità europea varò alcune direttive
che comunque si limitavano ad arginare alcune problematiche (inquinamento
acustico, emissioni inquinanti emanate dagli autoveicoli) ma non creavano una
vera e propria politica ambientale europea. Successivamente al vertice di Parigi
della Comunità europea tenutosi nell’ottobre dello stesso anno, emerse una
nuova consapevolezza circa i danni provocati all’ambiente da uno sviluppo
economico ed industriale del tutto indifferente ai problemi ecologici. La
dichiarazione finale affermava peraltro, che “la crescita economica non è fine a se
stessa, ma dovrebbe tradursi in un miglioramento della vita e del benessere
5
Declaration of the United Nations Conference on the Human Environment, 16 giugno
1972, Nazioni Unite, tratta dal sito www.unep.org
11
generale ... e, in conformità con i tratti fondamentali della cultura europea,
attenzione particolare dovrà essere data ai valori intangibili e alla protezione
6
dell'ambiente”. Vennero , inoltre, enunciate le linee direttrici della futura politica
ambientale comunitaria; tra queste figuravano due principi che avrebbero
7
assunto, in futuro, un ruolo sempre più importante: il principio "chi inquina paga"
e quello dell'"azione preventiva" e correzione alla fonte dei danni, attraverso la
8
c.d. valutazione d'impatto ambientale. Sulla base di queste evoluzione nel 1973
venne adottato il Primo Programma di Azione ambientale relativo al periodo
1973-1976. Da questo programma e da quelli adottati successivamente nacquero
una serie di Direttive relative alla tutela delle risorse naturali (aria, acque), alla
lotta contro le emissioni sonore, alla conservazione della natura e alla gestione dei
rifiuti.
La sentenza della Corte di Giustizia delle Comunità europee del 1985 in cui si
affermò il carattere prioritario della protezione dell’ambiente, determinò le
evoluzioni successive ed in particolare l’inserimento nell’Atto Unico del 1987 di un
Titolo interamente dedicato all’ambiente (il Titolo VII). L’Atto Unico conferisce alla
Comunità europea una competenza espressa in materia ambientale definendo
6
“L’evoluzione del danno ambientale nella politica europea”, tratto dal sito
www.naturagiuridica.com
7
Il principio viene in origine solo enunciato, è stato poi inserito all’interno dell’Atto Unico
europeo senza prevedere alcuna misura vincolante che ne garantisse l’effettiva
applicazione. Con il Libro Bianco sulla Responsabilità ambientale (2000) la Commissione
europea riconobbe (pur esistendo leggi in materia a livello nazionale) la mancanza di un
approccio integrato a livello europeo, auspicando, quindi, l’emanazione di una direttiva
europea sul tema. Nel 2004 viene adottata tale direttiva sulla responsabilità ambientale
basata sul principio secondo cui gli stessi autori dell’inquinamento debbono risarcire il
danno provocato. Agli Stati membri è stato dato tempo fino al 30 aprile 2007 per
trasporre nelle rispettive normative nazionali la direttiva; da tale data l’Unione europea
con l’ausilio delle autorità nominate dai rispettivi Stati si è dotata di uno strumento per
perseguire gli autori dei danni ambientali.
8
La valutazione d’impatto ambientale è una procedura di verifica della compatibilità
ambientale di un progetto introdotta a livello europeo con la Direttiva 337/85, poi
integrata dalla Direttiva 11/97. Essa è finalizzata all'individuazione, descrizione e
quantificazione degli effetti che un determinato progetto, opera o azione, potrebbe avere
sull'ambiente.
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una base giuridica per la sua azione. Il Trattato aggiunge tre nuovi articoli (articolo
130R, 130S e 130T del trattato CE), i quali consentono alla Comunità "di
salvaguardare, proteggere e migliorare la qualità dell'ambiente, di contribuire alla
protezione della salute umana, di garantire un'utilizzazione accorta e razionale
9
delle risorse naturali". In particolare si precisa che la Comunità interviene in
materia ambientale solo nella misura in cui un'azione possa essere realizzata
meglio a livello comunitario piuttosto che a livello dei singoli Stati membri
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(principio di sussidiarietà). Nell’Atto Unico sono contenuti i tre principi a cui si
riteneva dovesse ispirarsi la Politica ambientale, ovvero: principio della
prevenzione, principio chi inquina paga, principio di sussidiarietà. Il quarto
Programma di Azione Ambientale (1987-1992) lancia il nuovo concetto di
integrazione della politica ambientale con le altre politiche comunitarie con
l’intento di ottenere una maggiore convergenza degli interessi in capo agli Stati
membri, dell’opinione pubblica e dei settori coinvolti sul tema ambientale.
Emerge in sostanza l’esigenza di coordinare l’azione degli Stati in materia
ambientale e di adottare risposte uniformi al problema, considerata l’incapacità di
far fronte ad eventuali disastri ambientali attraverso le sole misure preventive di
diritto pubblico adottate dai singoli membri. In questo periodo inizia a farsi strada
la necessità di concretizzare concetti come quello di danno ambientale e di
risarcimento del danno.
Nel 1990 viene istituita l’Agenzia Europea per l’Ambiente, con il compito
principale di gestire il sistema informativo europeo dell’ambiente, in modo da
garantire un coordinamento della rete europea di monitoraggio e informazione.
Con il Trattato di Maastricht, in vigore dal 1993, si consolida la tutela ambientale a
livello europeo, viene introdotto il principio di sviluppo sostenibile e quello della
9
Tratto dal sito www.europa/eu/scadaplus
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Tratto dal sito www.europa/eu/scadaplus
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