INTRODUZIONE
La scelta di trattare questo argomento è stata dettata, oltre che dalla mia passione per la
fotografia e per la mia città , dall‟aver riconosciuto in Mario Giacomelli un autore capace di
indagare tramite la sua arte, tematiche che vanno oltre la fotografia, spaziando dall‟analisi
sociologia alla politica di mercato.
Sono stata affascinata da questo autore perché frequentando un corso di fotografia organizzato
da persone che hanno lavorato a stretto contatto con il Maestro ho potuto ripercorrere
personalmente i luoghi scelti dall‟Autore come soggetti delle sue opere.
Il mio intento è quello di ribadire, attraverso questo elaborato, la profonda innovazione apportata
all‟arte della fotografia da questo Autore per troppo tempo non giustamente considerato.
Il presente elaborato è frutto di un‟attenta analisi della fotografia innovativa di questo artista:
l‟autore esce dagli schemi classici che prediligono una visione naturale, preferendo esprimersi
attraverso una “stravaganza compositiva”.
“La novità è proprio il punto di vista che lo spettatore non può ignorare, al contrario è costretto
a seguirlo per riuscire a capire il percorso intimo dell‟artista. L‟oggetto dell‟indagine si sposta
dall‟esteriorità della natura all‟interiorità dell‟artista1.”
L‟intera fotografia di Giacomelli si può quindi leggere come autoanalisi. Fotografare diventa
come comporre parole.
Nel primo capitolo verrà trattata la sua biografia: un approfondimento della sua vita, la
collocazione delle sue opere e la sua partecipazione al Gruppo Misa.
Ho inoltre ritenuto necessario fare degli approfondimenti sul suo mentore Cavalli: la differenza
tra il linguaggio fotografico di Cavalli e quello di Giacomelli consiste, oltre che nello stile,
nell‟ispirazione e nel sentimento che derivano da percorsi ed esperienze di vita diversi.
Mi è sembrato opportuno aprire una parentesi sul periodo storico neorealista che accompagna e
contagia la fotografia del Maestro.
Nel secondo capitolo si cercherà di definire prima la fotografia secondo Giacomelli e poi
presentarla attraverso serie fotografiche scattate dal Maestro.
Si partirà dalla definizione della fotografia di Giacomelli come trasformazione di intime
convinzioni.
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Roberto Maggiori
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Si andrà poi ad approfondire e definire quali sono i temi e i soggetti principali della sua
fotografia, temi gravi che grazie alle capacità artistiche di Giacomelli vengono riportati carichi di
poesia: paesaggi, seminaristi, vecchi e innamorati hanno così definito i temi del suo mondo, in cui
egli ricerca sempre un sentimento e lo sfogo di una malinconia.
La fotografia di Giacomelli non è “figlia dell‟intelletto”ed è libera da ideologismi. A riprova di
questo aspetto c‟è la considerazione che nonostante la grandezza di questo artista egli non ha mai
creato uno scuola e non è mai diventato un modello da imitare.
Nell‟interpretare l‟opera dell‟artista la critica si divide sostenendo due tesi discordanti: la prima
definisce la sua fotografia come realista, la seconda come narrativa. È realista quando i suoi scatti
immortalano l‟oggettività del soggetto e del paesaggio; al contrario la sua fotografia è narrativa nel
momento in cui è modulata da una successione di immagini.
Attraverso questo suo spirito narrativo potrà affrontare temi come l‟amore, la sofferenza, il
fluire inesorabile del tempo, la vecchiaia e la memoria ed è proprio per questo motivo che la sua
fotografia è stata definita come “poesia scattata”. Egli riuscì a far sposare la sua vena poetica con la
capacità di immortalare i propri sentimenti.
È proprio grazie alle capacità narrative della sua fotografia che verrà definito “l‟uomo nuovo
della fotografia”.
Il terzo capitolo tratta l‟analisi del testo del sociologo Simmel, che definisce l‟uomo moderno
vittima dello sviluppo della cultura, della società e dalla sua conseguente complessità che porta alla
prevaricazione dello spirito oggettivo su quello soggettivo. Il soggetto non tiene il passo con la
società moderna e nasce così una nuova personalità: quella dell‟uomo “blasè”.
Sempre in questo capitolo ho analizzato il concetto di Melting Pot (letteralmente “crogiolo”) che
sta a significare “contaminazione” tra le varie aree dell‟arte. Questa “contaminazione” si è evoluta
in “combinazione” in quanto l‟artista ha dovuto cercare un compromesso con il consumismo; nasce
così un ulteriore linguaggio che viene definito “ibrido linguistico”. Nel caso di Giacomelli la
combinazione linguistica che lo ha riguardato è quella del “Melting brand & advertising”: sono
aziende che grazie al connubio tra creatività e apporto di idee visive, aumentano il loro valore
culturale.
Nel quarto capitolo verrà trattato uno dei temi più cari al fotografo ovvero quello della terra.
Attraverso dei cicli di narrazione, che sono propri di questo artista, verrà analizzata la serie
fotografica “La terra che muore” composta da sette scatti fotografici scattati ad una collina nei
pressi di Senigallia che servono a documentare i cambiamenti e il degrado della terra nell‟ultimo
trentennio.
L‟ottavo scatto è stato fatto da me non per presunzione ma solo a dimostrazione del degrado
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della terra.
Egli parla della terra come di un oggetto passivo in balia di decisioni altrui. Il vero soggetto è
l‟uomo che con il passare del tempo è diventato l‟uomo metropolitano, l‟uomo consumatore
inseguitore del tempo libero.
È da qui che si legge lo spirito drammatico che muove la sua opera.
In questa opera Giacomelli cerca di creare delle similitudini e parallelismi tra la terra che muore
e la sua serie “vita d‟ospizio”: la terra si spacca e muore proprio come i vecchi dell‟ospizio.
Le opere che ho selezionato documentano l‟evoluzione stilistica e tematica dell‟artista avvenuta
in mezzo secolo di attività .
In seguito ci si pone una domanda alla quale cercherò di dare una risposta nelle pagine
successive “è possibile un rapporto duraturo tra artista e industria?”
Prima di rispondere ho voluto mostrare come lo stesso Giacomelli abbia messo la sua arte a
disposizione dell‟industria in più di un‟occasione.
Gli sono stati commissionati da parte di aziende italiane diversi lavori a scopo pubblicitario.
Un calendario dell‟autovettura Fiat Uno e un calendario per la Levi‟s.
Inoltre ha anche partecipato al concorso “Tazzine d‟autore” per la Illy Caffè.
Sono state fatte alcune considerazioni in merito, cercando di delineare questo rapporto tra
Giacomelli e la politica di mercato.
Per quanto riguarda la parte sociologica è stato fatto un raffronto tra il “ricordo” analizzato
sociologicamente e il “ricordo” così come lo intende il fotografo.
Infine ho esposto delle personali considerazioni riguardo ad una possibile applicazione della
teoria del sociologo Mc Luhan alla fotografia di Giacomelli.
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L‟UOMO CHE FOTOGRAFA CON L‟ANIMA
BIOGRAFIA
Mario Giacomelli nasce a Senigallia (Ancona) nel 1925, primo di tre fratelli. Già dall‟infanzia
Giacomelli dimostra la sua inclinazione all‟arte avvicinandosi alla pittura e alla poesia.
A nove anni perde il padre. La madre è costretta a trovare lavoro come lavandaia presso
l‟ospizio della città, luogo in cui più tardi Giacomelli ritornerà per realizzare la serie fotografica dal
titolo “Verrà la morte e avrà i tuoi occhi”.
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A causa della prematura perdita del padre, Giacomelli inizia presto a lavorare come aiutante in
una tipografia di cui diventerà in futuro proprietario.
Sarà proprio questo impiego ad alimentare la passione di Giacomelli per la stampa e la
fotografia, con il tempo diventerà proprietario della “Tipografia Marchigiana”. Cessa la sua attività
nel 1999.
Il 1953 è l‟anno in cui possiamo far risalire l‟inizio della sua attività di fotografo; infatti proprio
in questo anno Mario Giacomelli compera una macchina fotografica e il giorno di Natale scatta la
sua prima fotografia “L‟approdo” sulla spiaggia della sua città Senigallia.
Le sue foto lo porteranno a “viaggiare”, ma più che viaggi fisici i suoi saranno escursioni che lo
conducono all‟interno dei suoi ricordi.
Il 25 novembre 2000, all‟età di 75 anni, Mario Giacomelli si è spento nella sua casa di
Senigallia.
Mario Giacomelli, all'unanimità di critica e pubblico, è uno dei maggiori fotografi del
novecento.
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1.2 COLLOCAZIONE DELLE OPERE
Il 1955 segna l‟inizio della sua carriera fotografica: realizzerà la sua prima serie fotografica “Verrà
la morte e avrà i tuoi occhi”(titolo ripreso da Cesare Pavese).
Il 1957 è l‟anno di “Scanno Boy” la famosa fotografia scattata a Scanno, un piccolo paese
abruzzese. Nascerà l‟omonima serie “Scanno”. Nello stesso anno realizzerà, dopo un viaggio fatto
con suo figlio invalido, la serie “Lourdes”.
Le serie successive sono quella del 1958 “Zingari” e quella del 1959 “Puglia”. Di grande
impatto sono le immagini della serie realizzata nel 1961 “Mattatoio”.
Giacomelli per un anno inizia a frequentare il Seminario Vescovile di Senigallia e ispirato da
uno scritto di padre Turoldo e nel 1960 inizierà ad elaborare la serie “Io non ho mani che mi
accarezzano il viso” che verranno presentate per la prima volta nel 1963 nell‟edizione di Photokina
di Colonia. Ed è proprio il 1963 ad inaugurare la stagione delle mostre: dopo quella di Colonia, le
opere di Giacomelli saranno esposte nel 1964 al MOMA di New York e nel 1967 al Metropolitan.
La sua serie “Scanno” verrà acquistata e pubblicata da John Szarkowski, all‟epoca direttore del
dipartimento di fotografia del MOMA di New York, nel volume “ Looking at Photographs: 100
Pictures from the collection of the Museum of Modern Art ”.
Tra il 1964 e il 1966 elabora la serie “La buona terra”. A questa segue una fase in cui
Giacomelli si sofferma ad indagare la propria attività artistica mirando a creare un legame sempre
più stretto tra arte astratta e fotografia.
La sua fotografia sarà sempre più “contaminata” dal legame con la poesia.
A partire dagli anni settanta Giacomelli inizia ad approfondire il tema della terra e dei paesaggi.
Sempre negli stessi anni proverà un‟incursione nel colore che però durerà molto poco e ritornerà
ai suoi bianchi e neri.
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