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Introduzione generale
L avvento di internet negli ultimi dieci anni ha rivoluzionato profondamente il modo di fare
pubblicit , anche su altri canali come televisione e stampa; la rete ha introdotto molti nuovi modi
di fare promozione e, dato che lo spazio su di essa Ł virtualmente infinito, moltissimi nuovi modi
di vendita di spazi e di forme di promozione.
La stessa televisione, al di l degli scopi commerc iali, inizia secondo molti ad essere ormai un
relitto in attesa di essere del tutto abbandonato: E vero che la televisione sta per diventare una
carcassa obsoleta, oscurata da strumenti tecnologici sempre piø avanzati 1
E dell anno scorso la notizia di un primo, storico , sorpasso: Nel 2008 gli investimenti
pubblicitari su Internet supereranno per la prima volta in Italia la raccolta del settore
radiofonico. 2 Anche se manca ancora molto al sorpasso sulla televisione, la tendenza riscontrata
lascia pochi dubbi sul fatto che prima o dopo avverr :
E’ un mondo che cambia, lo dicono anche i numeri sugli utenti online: sono arrivati ad aprile a
quota 24 milioni coloro che si connettono almeno una volta al mese. E’ una crescita del 5 per
cento rispetto a febbraio, stima Audiweb. Internet si diffonde anche a danno di altri mezzi di
comunicazione, dice Iab: rispetto al 2003, nel 2008 il tempo passato a guardare la tv Ł calato del
7,7 per cento; meno 10,6 per cento per la radio e meno 11,8 per cento per i giornali. Il tempo
dedicato a Internet Ł aumentato invece del 145 per cento rispetto al 2006.3
Ciononostante non si pu parlare di una vera novit : gi al tempo dell avvento del cinema, si
temette per il teatro, e con l avvento della televisione, per il cinema: i timori si rivelarono poi
spesso piø che giustificati, anche se eccessivi. La paura piø comune era che il media successivo
avrebbe sostituito quello precedente, mentre inve ce quel che accadeva era che il nuovo
certamente acquisiva piø spettatori, ma il vecchio restava: dopotutto nonostante ora si abbia la
televisione, esistono ancora sia il teatro che il cinema, come in una sorta di compenetrazione
mediatica
1
Aspesi, Natalia, Genitori, spegnete la tv , in Repubblica del 8 Luglio 2006
2
Lonardi, Giorgio, Pubblicit , per la prima volta Internet sorpassa la radio , in Repubblica del 11 Giugno 2008
3
Longo, Alessandro, Boom della pubblicit on line un miliardo di euro nel 2008 , in Repubblica del 7 maggio 2008
3
Questo spostamento della pubblicit dalla televisio ne a internet ricorda moltissimo quello che
successe alle pubblicit tradizionali con l avven to della televisione nei primi anni 50: essa era
il primo strumento di comunicazione che veramente si rivolgeva a tutti: dall alta alla bassa
borghesia, fino agli strati piø poveri della working class Inglese e del proletariato Italiano, tutti
guardavano la stessa televisione, gli stessi programmi, agli stessi orari: per questo divenne uno
strumento immediatamente tanto appetibile per chi voleva fare promozione.
A differenza di quanto visto con giornali o radio infatti, televisione e internet non valgono solo
per il loro peso culturale e la loro capacit di in trattenimento, ma soprattutto in quanto mezzi in
grado di trasmettere pubblicit .
E importante analizzare quel che successe al tempo della nascita della televisione, per
comprendere ci che sta succedendo attualmente con internet: questo lavoro si propone quindi di
analizzare l impatto che la pubblicit televisiva h a avuto sulla televisione stessa, sugli altri media
e sulla societ , oltre che l effetto di ritorno che essa ha avuto sul media stesso, e per questo si Ł
deciso di prendere come esempio due nazioni Europee come l Italia e l Inghilterra, scelte perchØ
entrambe hanno vissuto in prima persona il processo che le port dal servizio pubblico unico e
monopolistico alla formazione di una serie di reti private, che senza la pubblicit non sarebbero
mai potute esistere.
Nella prima parte di questa trattazione si vedr ch e impatto abbia avuto la pubblicit televisiva
sul servizio pubblico, confrontando anche con la situazione Statunitense, poichØ in America la
pubblicit televisiva esisteva gi da anni quando e ssa approd in Europa; la panoramica generale
che se ne poteva trarre era di una torma di reti commerciali di piccola o media utenza, che
facevano una pubblicit martellante, forzatamente politically correct, ma senza alcuna regola per
quanto riguardasse tempi, modi e frequenza.
In Europa invece la pubblicit andava a collocarsi in un contesto mediatico completamente
differente: la televisione commerciale agli albori della programmazione della RAI e della BBC
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era una cosa sconosciuta, dato che entrambi i servizi erano di natura pubblica, ispirati da quelle
regole che trovavano nel primo direttore della BBC, John Reith, il loro principale portavoce.
Come collocare la pubblicit televisiva in questo c ontesto quindi? Negare alle aziende la
possibilit di usufruire di questo canale sarebbe s tato irresponsabile nei confronti dello sviluppo
industriale della nazione, oltre che impossibile a causa della pressante domanda; era quindi
necessario trovare un modo di coniugare servizio pubblico e messaggi commerciali.
Partendo quindi da queste problematiche comuni, Italia e Inghilterra elaborarono due sistemi
completamente diversi: da una parte programmi-contenitore, come Carosello della RAI, e
dall altra ITV con le sue interruzioni pubblicitarie, gi simili per durata e tipo di messaggi a
quelle che si possono vedere in una qualsiasi televisione commerciale dei giorni nostri.
Da questo primo confronto, si andr quindi ad anali zzare le regolamentazioni e i sistemi di
controllo che entrambi i paesi attuarono per evitare di creare una situazione come quella
Americana: da una parte la pubblicit televisiva pe rmetteva di far avere ai prodotti una visibilit
mai conosciuta prima, specie in un momento come quello della ricostruzione economica del
secondo dopoguerra, frangente in cui la produzione diventava industriale e sul mercato si
affacciavano migliaia di nuovi concorrenti praticamente in qualsiasi campo. D altro canto essa
per faceva paura, perchØ con una cos alta visibilit , i supposti effetti deleteri della pubblicit
come l istupidimento delle masse, la spinta al consumo compulsivo o la creazione di bisogni
indotti, sarebbero stati enormemente moltiplicati.
Punto in comune delle due nazioni fu quindi la presenza fin dall inizio di una gran quantit
di sistemi e organi di controllo, anche se organizzati in maniera differente: in Italia, secondo la
tradizione Democristiana, la RAI, attraverso la SIPRA, cercava di controllare ogni momento
della produzione, dall idea iniziale alla messa su schermo. In Inghilterra invece il controllo era
decisamente meno arbitrario e oppressivo, ma contemporaneamente non meno capillare, e si
basava sul meccanismo delle authority oltre che su periodiche commissioni bipartisan nominate
dal parlamento.
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Questi controlli vigilavano che i messaggi non fossero ossessivi, troppo frequenti o falsi, e
sceglievano inoltre di quali prodotti si potesse fare pubblicit e quali no.
Ma come erano strutturati in effetti questi messaggi pubblicitari? Quali erano le strategie che essi
mettevano in campo per convincere il potenziale cliente che, per esempio, la lavatrice Philco era
migliore di quella Candy?
Gli albori della pubblicit televisiva furono un en orme laboratorio di sperimentazione, sia in
Italia che in Inghilterra, un momento in cui si fondevano assieme tecniche come il cartone
animato, il fotomontaggio o il semplice sceneggiato, alla ricerca della forma migliore e piø
piacevole per promuovere il prodotto, perchØ era in questo la differenza fondamentale con gli
Stati Uniti: la pubblicit non doveva essere solo u n momento di consigli degli acquisti, ma un
divertimento, un modo piacevole per suggerire il consumo, a differenza delle tecniche
martellanti di hard sell Americano.
Per finire, la trattazione si occuper di descriver e e confrontare gli effetti che la pubblicit
ebbe sulla vita culturale e sociale delle due nazioni: non bisogna infatti dimenticare che gli anni
50, periodo in cui la televisione comparve e si svilupp sugli schermi Italiani e Inglesi, furono
infatti gli anni in cui, grazie anche a un migliore tenore di vita, si formano i primi embrioni di
quei movimenti politici, sociali, artistici e culturali che sarebbero andati poi ad arricchire il
panorama degli anni 60 e 70 in tutto il mondo.
La cultura pop, le associazioni giovanili e studentesche, i primi movimenti femministi, le
correnti di pensiero per la liberazione sessuale e le nuove forme di rapporto famigliare; la forte
enfasi sul controllo delle promozioni in televisione era quindi motivata, oltre che dai generici
motivi che venivano gi da anni mossi contro la pub blicit , da un piø generale timore per il
cambiamento.
La pubblicit televisiva e il nuovo tipo di economi a industriale infatti cambiarono radicalmente il
modo in cui la gente si rapportava alla merce: in questi anni per la prima volta venne
ampiamente utilizzato il termine consumismo anche in Europa: i prodotti acquisivano nuovi
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significati oltre al mero utilizzo pratico che se ne poteva fare; Ł grazie alla televisione che, nel
bene o nel male, si introducono per la prima volta concetti come brand, o la distinzione tra beni
di prima necessit e beni di status.
Le conseguenze per non furono solo nel campo degli acquisti: la pubblicit televisiva era
considerata da critici e intellettuali, oltre che da molti all interno dei governi di entrambi i paesi,
un mezzo che avrebbe ridotto la gente a una massa informe di consumatori senza cervello, se ne
temeva la forza persuasiva, ma soprattutto c era pochissima fiducia nei confronti della capacit
di pensiero critico della popolazione, in particolare di quelle fasce deboli come anziani e
bambini.
Certamente esisteva questo rischio, ma i fatti dimostrarono che non era cos facile eseguire un
lavaggio del cervello alla gente; contemporaneame nte per , attraverso una raffigurazione della
realt per certi versi molto piø fedele che non que lla dipinta da cinema, radio e altri mezzi di
comunicazione (soprattutto i giornali), la pubblicit televisiva fu uno di quegli elementi
destabilizzanti , che permisero alle persone di en trambe le nazioni di acquisire coscienza dei
cambiamenti che stavano avvenendo, seppur con lo scopo ultimo di aumentare le vendite.
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1. l avvento della pubblicit televisiva in Inghilt erra e Italia
1.1 Gli esordi Italiani tra regolamentazione e spinta creativa
Dagli albori della televisione, fino a met degli a nni 70, in Italia la pubblicit [televisiva] non Ł
considerata un interesse primario dell inserzionista 4, quanto una fonte di sostentamento per la
Rai: fin da subito le offerte furono pilotate e smistate arbitrariamente tra radio, stampa e
televisione, cercando di ottenere uno sviluppo armonico dei tre mezzi per la paura che, se
lasciate libere, le agenzie avrebbero concentrato tutto sull ultima; questo smistamento avveniva
tramite quote pre assegnate per legge e pacchetti che costringevano, per poter fare pubblicit in
televisione, a comprare spazi anche su stampa e radio.
Per quanto riguarda la televisione, la pubblicit ( a parte le sponsorizzazioni) si concentrava tutta
in Carosello e, dal 59 in poi, anche su altri programmi-contenitore che seguivano lo stesso
format: Gong, Tic Tac, Intermezzo, Arcobaleno, e altri.
La SIPRA, societ che si occupava di assegnare gli spazi pubblicitari della Rai, e le altre
concessionarie dividevano le quote non tanto secondo necessit , poichØ la domanda era
infinitamente superiore all offerta, ma in base a logiche di periodizzazioni e di presenze, per
evitare che lo stesso spot o la stessa marca comparissero per periodi troppo lunghi o troppo
spesso. I politici legati alla agenzia quindi potevano sfruttare questo strumento per fare pressioni
sulle imprese5.
Oltre a questo, c erano altre regole valide per tutti i media: non si potevano pubblicizzare
prodotti di lusso , per paura dello sviluppo una s pirale di consumismo, non si potevano
pubblicizzare giornali, per evitare di favorire ulteriormente i periodici, da sempre piø forti dei
quotidiani; inoltre ogni impresa poteva pubblicizzare solo un prodotto alla volta.
In generale tutto questo funzion come una vera e p ropria zavorra allo sviluppo delle imprese,
specie con l impossibilit di mettere in atto le te cniche di marketing di matrice anglosassone che
4
Pitteri, Daniele, La pubblicit in Italia dal dopoguerra a oggi , Laterza, Bari 2006, p.95
5
ibid., p.97
8
Sempre di piø penetravano anche in Italia. Oltre alle aziende chi ne soffriva erano le agenzie
pubblicitarie, che potevano lavorare solo nel campo creativo dell inserzione, ma spogliate di
qualsiasi ruolo nel campo strategico e delle dinamiche di mercato6.
L atteggiamento tenuto verso la pubblicit era l em blema di uno stato paternalista e regolatore,
fino al punto di stravolgere completamente il senso stesso delle inserzioni: esse non erano piø un
mezzo delle aziende per farsi conoscere, ma un elemento ordinatore, per controllare
artificiosamente il mercato, oltre che una fonte di finanziamento per obiettivi politici come
tenere il canone basso.
Questo atteggiamento era dovuto alla concezione che si aveva della pubblicit come di tempo
rubato alla informazione; a questo andava ad aggiungersi la diffidenza della politica nei confronti
dell industria privata, vista come troppo tesa al successo proprio e non del paese, anche se questa
idea cambier radicalmente con il tempo, arrivando in seguito alla azione clientelare e all aiuto
verso quegli stessi che prima si cercava di frenare.
1.2 Gli anni di Carosello
Carosello inizi la sua vita alle 20.50 di Domenica 3 febbraio 1957, con una trionfale sigla che
mostrava un teatro con ballerini e sipari, a cui seguirono uno dopo l altro quattro siparietti della
Shell, Plix, Singer e Cynar, conclusi da un altra sigla e dalla chiusura del teatro.
I genitori piø accreditati di Carosello erano tre dipendenti della SIPRA: Giovanni Fiore, generale
di brigata in congedo e ora direttore commerciale, Aldo da Col, direttore generale e Ricardo
Ricas, funzionario della RAI; il nome della trasmissione deriv probabilmente da un gioco con la
palla o da un tipo di salvadanaio7 e il programma fu la scelta definitiva dopo un acceso dibattito
su come gestire la pubblicit in televisione: inter essante per capire la poca dimestichezza che si
aveva col mezzo che tra le possibilit prese in esa me ci fu anche la proposta di leggere
semplicemente dei comunicati ad alta voce.
6
ibid., p.98
7
Ballio, Laura, Zanacchi, Adriano, Carosello Story, ERI, Torino 1987, p.14