INTRODUZIONE
Era la fine degli anni trenta quando in Gran Bretagna prima e negli Stati
Uniti poi, iniziarono le prime trasmissioni televisive. Nell’Italia occupata e
dilaniata dalla guerra, le prime trasmissioni sperimentali della RAI1 arrivarono
solo nel 1954, iniziando la storia della televisione italiana. Indubbiamente
l’avvento della televisione ha comportato un profondo cambiamento non solo
nei costumi, ma anche nel modo di comunicare fino ad allora conosciuto.
Rispetto ai giornali, ma soprattutto alla radio la televisione portò un elemento di
novità dirompente e rivoluzionario: l’immagine. Iniziava così, l’epoca dell’Homo
videns. “La televisione – lo dice il nome- è vedere da lontano, e cioè portare al
cospetto di un pubblico di spettatori cose da vedere da dovunque […] nella
televisione il vedere prevale sul parlare, nel senso che la voce è secondaria, sta
in funzione dell’immagine, commenta l’immagine. Il telespettatore è più un
animale vedente.”2 La televisione offre agli individui la possibilità di
sperimentare come il mondo appare e cosa il mondo sente da altri luoghi e da
altre prospettive possibili, offre loro visioni alternative di altre persone e di altri
ambienti fisici, “la televisione consente una visione da nessun luogo”3. Nel
momento in cui sulla scena della moderna società mediatizzata, si affacciava
un nuovo mezzo con simili potenzialità e prospettive, bisognava riuscire a
comprendere in che modo questo avrebbe cambiato i comportamenti e il modo
di relazionarsi della società. Lo sviluppo di nuovi media crea nuovi modi di
relazione e interazione e nuove forme di relazioni sociali. Si passa
dall’interazione faccia a faccia, in cui gli interlocutori4 si trovano ad interagire
1
RAI radiotelevisione italiana, assume questa denominazione proprio nel 1954 con l’inizio delle prime
trasmissioni televisive, in sostituzione del precedente RAI(Radio Audizioni Italiane) e dell’originario Eiar
(ente italiano audizioni radiofoniche).
2
G. Sartori Homo videns (1998) Roma-Bari, Laterza pag.8
3
J. Meyrowitz Oltre il senso del luogo (1995) Bologna, Baskerville pag.236
4
Lo sviluppo della teoria pragmatica della comunicazione porterà alla sostituzione del termine
interlocutore con il termine interattante a sottolineare il fatto che la comunicazione non è limitata alla sola
forma verbale ma si avvale di altri sistemi come quello visivo o gestuale che rivestono una notevole
importanza all’interno del processo comunicativo. Entrambi gli interattanti sono soggetti attivi, in senso
più ampio rispetto all’individuo elaboratore dell’informazione: l’interazione comunicativa implica un
processo di co-costruzione della realtà che si basa su un’attività di contrattazione tra entrambi i
partecipanti (N.Cavazza La persuasione Il mulino 1996)
5
nello stesso contesto e nello stesso momento; per arrivare all’interazione
mediata (lettere, conversazioni telefoniche) in cui la comunicazione si avvale
dell’uso di un mezzo che consente la trasmissione di informazioni tra persone
lontane nello spazio e nel tempo e che non si trovano nello stesso momento
nello stesso luogo; fino alla quasi-interazione mediata, che nasce con l’avvento
dei moderni mezzi di comunicazione e in particolare con la televisione. Coloro
che partecipano a questo ultimo tipo di interazione si rivolgono ad altri che
sicuramente non conoscono, le forme simboliche vengono prodotte per un
insieme di riceventi potenzialmente infinito, è simile ad un monologo perché il
flusso della comunicazione è prevalentemente unidirezionale5. Guardare la
televisione è come osservare attraverso uno specchio a senso unico degli
individui che sanno di essere osservati da milioni di altri individui6. La ribalta
creata sulla televisione, si svolge in un contesto che è completamente diverso
rispetto ai diversi tipi di contesti all’interno dei quali viene ricevuta e se questa
ribalta è percepibile dal ricevente, il contrario non è possibile quindi l’emittente
non potrà mai sapere il modo in cui il suo messaggio viene percepito7. Infatti
l’attenzione, la memorizzazione del messaggio inviato da un emittente come la
televisione, dipende molto spesso da altri fattori che non sono legati al
momento stesso dell’emissione. Contesto, caratteristiche personali,
predisposizione all’ascolto, l’umore, possono modificare la comprensione e la
ricezione del messaggio, arrivando anche a cambiare il senso di quanto
percepito. In tutto questo il controllo dell’emittente è minimo in quanto può al
massimo usare degli accorgimenti per permettere alle parti del messaggio
5
J.B.Thompson Mezzi di comunicazione e modernità (1998) Bologna, IlMulino
6
J. Meyrowitz Oltre il senso del luogo (1995) Bologna, Baskerville pag 63
7
Goffman parlava di ribalta e retroscena, indicando con il primo termine il luogo dove avviene la
rappresentazione e con il secondo il luogo in cui l’attore sociale non è ancora personaggio e si prepara,
lontano dagli occhi indiscreti del pubblico a recitare la propria parte. Il retroscena è uno spazio necessario
per ciascuno di noi e deve essere un luogo inaccessibile al pubblico (DeBiasi Che cos’è la sociologia
della cultura Carocci, Roma 2002). I nuovi media mettono in crisi questo concetto perché il retroscena
viene alla ribalta, mettendo in piazza momenti della vita privata delle persone e facendo entrare il
pubblico in quello spazio in cui il personaggio è ancora persona. Non solo ma vengono rappresentati
momenti della vita privata che permettono ai fruitori di entrare a conoscenza si fatti che altrimenti non
avrebbero mai conosciuto. In questo modo lo spettatore finisce per conoscere dinamiche di gruppo prima
di entrare a farvi parte, scardinando quello che è il normale processo di socializzazione. Il passaggio dai
media a stampa ai media elettronici, in quest’ ottica, favorisce il passaggio dalle informazioni da ribalta
alle informazioni da retroscena. Permettendo di entrare nello spazio destinato al retroscena, i media
elettronici mettono in crisi il concetto stessi di status sociale, portando ad una progressiva
delegittimazione dell’autorità.(J. Meyrowitz Oltre il senso del luogo (1995) Bologna, Baskerville.
6
ritenute maggiormente significative di essere comprese. È infatti riconosciuto
che l’attenzione del ricevente, attraverso il mezzo televisivo in particolare, è
massima all’inizio della comunicazione, deve essere costantemente richiamata
e spesso il ricevente è sottoposto a diversi generi di distrazioni. Ecco perché
brevità e spettacolarizzazione sono degli ingredienti fondamentali per la
televisione. Non solo ma questo mezzo spesso, volontariamente o
involontariamente, richiama l’attenzione su determinati particolari a discapito di
altri e può permettersi l’uso di tecniche che sono precluse alla comunicazione
faccia a faccia (come il flash-back)8. La televisione presenta al pubblico
informazioni che attengono alla sfera privata e individuale, ponendo l’attenzione
su quel tipo di informazioni che ricerchiamo in famiglia o tra gli amici. Il confine
tra emozioni private e pubbliche è quindi spesso confuso, dando del
comunicatore un’immagine fortemente variegata, personale e non solamente
pubblica.
La nascita della televisione in un certo censo, ricostruisce la società,
rappresenta una vera e propria rivoluzione sociale, così come ora internet e i
nuovi mezzi di comunicazione stanno cambiando il modo di interagire. Nel
momento in cui le distanze vengono a cadere, diventa possibile raggiungere
uno spazio e un tempo diversi rispetto al luogo dell’emissione, nel momento in
cui superati i limiti tecnici, l’unico limite possibile è quello umano, la società sta
davvero vivendo una rivoluzione. Bisogna però capire se l’attuale rivoluzione
digitale non sia altro che la naturale evoluzione di quella televisiva, o se non sia
una nuova rivoluzione, pronta a sconfiggere anche la precedente. Ritengo che
sia vera la prima ipotesi, le due rivoluzioni sono pronte a convivere, anzi a
convergere. Nel momento in cui internet e le nuove tecnologie riusciranno ad
avere una copertura capillare della popolazione non sopprimeranno la
televisione ma si fonderanno creando una nuova realtà in cui spazio e tempo
saranno ancora ulteriormente differenziate tra interlocutori. Come già stiamo
vedendo, la possibilità di costruirsi il proprio palinsesto televisivo, di decidere
come e cosa ricevere, crea nuove realtà e nuove forme di relazione. Rimane
imprescindibile il fatto che alla base della ricerca di forme di associazioni o
8
J.B.Thompson Mezzi di comunicazione e modernità (1998) Bologna, IlMulino
7
raggruppamenti, vi sia da parte dell’uomo il bisogno di vivere esperienze che
siano da un lato uniche e dall’altro condivisibili9, rafforzato dai media elettronici,
che se da un lato hanno allargato lo spazio di aggregazione, unendo persone
che difficilmente avrebbero avuto cose da condividere, dall’altro stanno
erodendo lo spazio di unicità. Internet e la possibilità di crearsi la propria
televisione, stanno ricreando questo spazio di unicità, spesso però a scapito di
privacy e al limite della volgarità.
La televisione produce immagini e cancella i concetti, in questo modo si passa
dalla ricerca della spiegazione del fatto, alla rappresentazione. Ma l’immagine
andrebbe spiegata perché di per sé non dà intelligibilità, al momento questo
difficilmente viene fatto. Spesso le immagini sono presentate come
spiegazione, senza ulteriore approfondimento. Noi ci basiamo su questa
immagine ricevuta per comprendere, senza però capire quello che in realtà
stiamo vedendo. “Il vedere sta atrofizzando il capire”10, in queste parole si sente
forte la critica nei confronti della televisione, vista come artefice della deriva
della società, del decadimento culturale della contemporaneità. I mezzi di
comunicazione di massa, fin dalla loro origine, sono stati accusati di aver
comportato un decadimento della società. Gran parte delle critiche si
concentrano spesso proprio su quella parola “massa”, che al pari di
globalizzazione oggi, è stato oggetto di dibattito e discussioni accese,
soprattutto perché di difficile definizione e soggetta a diverse interpretazioni. “La
massa travolge tutto ciò che è differente, singolare, individuale, qualificato e
selezionato” (Ortega y Gasset, 1930), “la massa non si fonda sulla personalità
dei suoi membri, ma solo sulle parti che accomunano l’uno all’altro” (Rimmel,
1917), “la massa è composta da persone che non si conoscono, separate le
une dalle altre, con scarse o nulle possibilità di interagire. È priva di tradizioni,
regole di comportamento, leadership e struttura organizzativa” (Blumer
1936/46)11. Definizioni che favoriscono la nascita di teorie della comunicazione
9
La ricerca dell’identità di gruppo comporta che accanto ad un noi, ci sai necessariamente un loro,
implica cioè il concetto di alterità, di non appartenenza al gruppo. Ma le identità di gruppo, spesso
variano a seconda della situazione e tendono a sovrapporsi, per cui ciascuno di noi può essere in certi
momenti parte di un noi ma in altri parte di un loro. I media elettronici favoriscono la nascita di più
gruppi e di identità sovrapposte e sovrapponibili. J.B.Thompson Mezzi di comunicazione e modernità
(1998) Bologna, IlMulino
10
G. Sartori Homo videns (1998) Roma-Bari, Laterza
11
M.Wolf (1985) Teorie delle comunicazioni di massa Milano, Bompiani
8
che enfatizzano l’isolamento del singolo individuo e il ruolo dell’emittente, causa
dell’azione del ricevente, come nella teoria ipodermica12. Progressivamente la
massa perde l’alone di alterità rispetto all’emittente e acquista un ruolo sempre
più attivo, anche nelle successive teorie che cercavano di inquadrare il
fenomeno delle comunicazioni di massa. Con la teoria degli effetti persuasivi13
dei media iniziano ad essere presi in considerazione alcuni fattori legati
all’audience, che ampliano il precedente schema causaeffetto della teoria
ipodermica, mentre la two step theory14 introduce il ruolo dell’opinion leader che
12
La teoria ipodermica, si sviluppa storicamente nel periodo tra le due guerre mondiali e rappresenta un
approccio globale ai mezzi di comunicazione, privo di qualsiasi riflessione sui mezzi e che cercava
solamente di rispondere ala domanda :quale effetto hanno i media in una società di massa?. Si fondava
sull’idea che ogni membro della massa era attaccato dal messaggio diffuso dall’emittente. Presto lo
sviluppo degli studi sulle relazioni tra membri della massa e tra questi e l’emittente, rivaluta il ruolo del
ricevente e porta al superamento, progressivo di questa teoria. (M.Wolf (1985) Teorie delle
comunicazioni di massa Milano, Bompiani).
13
La teoria degli effetti persuasivi dei media è legata a studi di tipo psicologico- sperimentali, si basa
sulla visione del processo comunicativo come un rapporto tra stimolo e risposta. La persuasione dei
destinatari è un obiettivo possibile se la forma e l’organizzazione del messaggio sono adeguate ai fattori
personali che il ricevente attiva per l’interpretazione del messaggio. Acuiscono importanza, quindi, i
fattori relativi all’audience, che sono rintracciabili in:
• Interesse ad acquisire l’informazione: si supera l’idea che la massa sia indistinta e che il
messaggio raggiunga tutti nello stesso modo; ogni individuo è un bersaglio diverso per i media.
Non solo la possibilità, ma anche l’intenzionalità diventa un fattore necessario per ricevere
l’informazione.
• Esposizione selettiva: l’audience tenderà ad esporsi al messaggio che ritiene a lui più congeniale
e cercherà quello che è difforme rispetto alle sue conoscenze e/o convizioni
• Percezione selettiva: l’interpretazione trasforma il significato e lo modella rispetto a quelle che
sono le attitudini e i valori del destinatario
• Memorizzazione selettiva: il destinatario non ricorda tutto in maniera indistinta, la sua memoria
è legata a fattori di selezione simili ai precedenti.
Accanto ai fattori relativi all’audience l’attenzione è posta anche sui fattori relativi al messaggio:
• Credibilità del comunicatore: è interessante notare che un messaggio identico, affidato a due
fonti, una identificata come credibile e una come meno credibile, risulta più convincente (se non
ha una sua forza intrinseca) quando è emesso da una fonte credibile, ma spesso l’efficacia è di
breve durata
• L’ordine delle argomentazioni: legato al quale ci sono gli effetti di primacy e recency, significa
che i messaggi comunicati all’inizio e alla fine della comunicazione sono quelli meglio
memorizzati, all’inizio perché servono ad immettersi nel contesto comunicativo e a capire ciò di
cui si parla; l’ultimo perché è quello più recente come tempo.
• Esplicitazione delle conclusioni: significa interrogarsi sul fatto se sia meglio rendere esplicite le
conclusioni del messaggio o se si più persuasivo quel messaggio chele lasci implicite.
(M.Wolf (1985) Teorie delle comunicazioni di massa Milano, Bompiani).
14
La two step theory, sviluppata in particolare da Lazarsfeld intorno agli anni 40, si sviluppa a partire da
alcuni studi sull’ascolto della radio. Il fulcro della teoria si basa sull’idea dell’esistenza di alcuni leader di
opinione attraverso i quali il messaggio emesso dai mass media arriverebbe alla gente comune. Questi
opinion leader indirizzerebbero l’ascolto, potendo contare sulla, quasi, incondizionata fiducia del
pubblico. La differenza con la teoria ipodermica è che mentre in questa i mass media colpiscono
direttamente il pubblico, secondo la teoria dei due scalini, ad essere colpiti sarebbero gli opinion leader,
che a loro volta colpiscono il pubblico (M.Wolf (1985) Teorie delle comunicazioni di massa Milano,
Bompiani). Gamaleri sostiene che la televisione mette profondamente in crisi questa teoria, in quanto
sparisce il gruppo e quindi la funzione dell’opinion leader, soprattutto con lo sviluppo della televisione
9
rappresenta una sorta di filtro tra la massa e la fonte dell’informazione. Sarà poi
la teoria degli usi e gratificazioni15 a riconoscere un ruolo attivo al pubblico.
Entra quindi prepotentemente sulla scena comunicativa il ricevente, non più
semplice ricevitore passivo, ma parte attiva, accompagnato dalla costante
riflessione sull’importanza del mezzo attraverso il quale si svolge la
comunicazione. Il modello di Shannon e Weaver16 con l’introduzione dei
concetti di codifica e decodifica del messaggio, considera la possibilità di una
non comprensione del messaggio o di una comprensione distorta, che
attraverso il feedback, cioè la possibilità del ricevente di rispondere alla
comunicazione, permette una correzione. Negli anni sessanta la teoria della
risposta cognitiva17, introduce l’esperienza personale e il contesto all’interno
della comunicazione, che favoriscono la comprensione del messaggio da parte
del ricevente. La teoria funzionalista18 di Jakobson, permette attraverso una
“siamo giunti ad una fase matura del mezzo televisivo, in cui diffusione e penetrazione sono tali da
rendere evidente la capacità di incidenza diretta”. Quindi è la televisione stessa a creare il gruppo che non
viene più filtrata attraverso di esso (G.Gamaleri a cura di (1994) Video(demo)crazia Roma, Armando
15
La teoria degli usi e gratificazioni, sviluppatesi negli anni settanta negli Stati Uniti e in Gran Bretagna,
si focalizza sulle relazioni esistenti tra le situazioni concrete in cui gli individui costruiscono la propria
esperienza sociale e le motivazioni individuali e le modalità di utilizzazione dei media. Le situazioni
sociali creano bisogni individuali, i mass media sono visti capaci di soddisfare alcuni (almeno)di questi
bisogni, per questo si usano. Quindi dall’uso dei media ne derivano delle gratificazioni cha aiutano ad
affrontare le situazioni sociali. La nuova domanda che ci si pone con questa teoria è “che cosa fanno le
persone con i media?”. I media sono efficaci quindi se e quanti il ricevente attribuisce loro tale efficacia,
sulla base delle gratificazioni dei bisogni. L’influenza delle comunicazioni di massa rimane
incomprensibile se non si considera il loro rapporto con le esperienze del pubblico. “Il ricevente è anche
un iniziatore, sia nel senso di dare origine ai messaggi di ritorno, sia nel senso di avviare autonomamente
l’0interpretazione”(McQuail,1975) (la teoria è tratta da M.Wolf (1985) Teorie delle comunicazioni di
massa Milano, Bompiani e da G. Losito(2002) Il potere del pubblico Roma,Carocci).
16
Shannon e Weaver elaborarono la teoria matematica della comunicazione, basata sull’idea che la
comunicazione fosse uno scambio di informazioni tra una sorgente e un destinatario, ma introducendo
altri fattori come il canale e il decodificatore:
Messaggio Segnale Segnale Messaggio
| | Ricevuto Ricevuto
| | | |
SORGENTECODIFICATORECANALEDECODIFICATOREDETINAZIONE
|
Rumore
(U.Volli (1994) Il libro della comunicazione Milano, Il Saggiatore)
17
La teoria delle risposte cognitive, formulata da Greenwld (1968) e ripresa negli anni ottanta, rifiuta
ulteriormente la passività del destinatario, il quale non apprende passivamente quanto gli viene proposto,
ma rapporta i contenuti del messaggio alla propria struttura cognitiva, alle conoscenze pregresse, orientato
dalle caratteristiche personali e dagli esiti delle influenze che gli derivano dall’esperienza sociale. In base
al confronto produce delle risposte cognitive a questi contenuti, in base ad esse, li accetta o li rifiuta. Il
patrimonio di conoscenze individuali finisce per essere un filtro verso le influenze esterne, che lascia
passare ciò che sente più vicino e respinge il resto. (G. Losito(2002) Il potere del pubblico Roma,Carocci)
18
Jakobson rielabora ed amplia il modello di Shannon e Weaver. La comunicazione avviene tra un
EMITTENTE che invia un MESSAGGIO, organizzato secondo un CODICE, supposto comune, riguardo
10
lettura linguistica della comunicazione, di arrivare a riconoscere all’interno di
uno scambio comunicativo, la funzione attribuibile a ciascuna delle parti
presenti. Il passaggio alla teoria etnografica19, comporta l’inserimento di fattori
quali contesto, esperienze personali, conoscenze, davanti ad un’esperienza
culturale comune, comportando il passaggio, insieme alla teoria pragmatica
della comunicazione, dall’idea dell’interlocutore a quella degli interattanti, di due
parti che compartecipano alla costruzione dell’azione comunicativa.
La critica nei confronti dei mezzi di comunicazione di massa, si è avvalsa di
autorevoli esponenti come Adorno o Marcuse, che nella Scuola di Francoforte20
svilupparono la cosiddetta teoria critica, incentrata su una profonda avversione
nei confronti dei mezzi di comunicazione21. Senza voler richiamare critiche
passate riferite ai mezzi di comunicazione in generale, ma limitandomi
solamente al piccolo schermo, è la deriva dell’immagine a preoccupare studiosi
ed analisti. L’informazione nel video è legata all’immagine, senza quest’ ultima
non c’è evento, non c’è informazione, non c’è notizia. La televisione ha la
necessità di essere sull’evento, di essere sul posto, per questo molto spesso la
televisione è invasa di immagine provenienti dal piccolo paese o da realtà a noi
vicine invece che da parti lontane del mondo. Non solo ma il dover far vedere,
ingenera il desiderio di farsi vedere, che produce lo pseudo-evento, l’evento che
avviene solo se è ripreso. La produzione di pseudo-eventi o lo scadimento nel
un CONTESTO, attraverso un CANALE ad un DESTINATARIO. Ognuna di queste parti della
comunicazione ha una sua funzione che la caratterizza (emotiva, poetica, metalinguistica, referenziale,
fatica e conativa). (U.Volli (1994) Il libro della comunicazione Milano, Il Saggiatore)
19
La svolta etnografica negli studi sulla comunicazione di massa, in particolare nelle ricerche sul
pubblico, avviene quando si afferma una concezione del consumo mediale, come un insieme di pratiche
quotidiane, situate e condivise nella comunità interpretativa che aiutano alla comprensione della
fruizione. Oggetto privilegiato finisce per essere il consumo televisivo, per cercare le funzioni sociali
svolte dalla televisione nella vita quotidiana, identificate con un uso di tipo strutturale (per cui la
televisione è parte della vita di tutti i giorni)e uno relazionale (per cui il piccolo schermo diventa fonte
delle discussioni quotidiane)
20
La Scuola di Francoforte è una scuola filosofica e sociologica neomarxista, il nucleo originario sorse
nel 1923 e si ampliò nel primo dopoguerra con numerosi altri studiosi all'avvento del nazismo il gruppo
lasciò la Germania e si trasferì dapprima a Ginevra, poi a Parigi e infine a New York, dove continuò la
sua attività. Tra i componenti più illustri Adorno, Horkheimer, Marcuse.
21
Un punto importante della teoria critica è l’idea di industria culturale usato da Adorno. Il mercato di
massa impone standardizzazione e organizzazione,organizzato dai pochi che detengono le leve del potere
e nelle quali la massa è vittima, in balia di una società che la manipola a piacere. “Il consumatore non è
sovrano, come l’industria culturale vorrebbe far credere, non è il soggetto bensì il suo oggetto”(Adorno).
La moderna industria culturale usa la cultura di massa come un mezzo di inaudito controllo psicologico.
Più indistinto e diffuso sembra essere il pubblico dei mass media, più questi tendono ad ottenere la loro
integrazione. (M.Wolf (1985) Teorie delle comunicazioni di massa Milano, Bompiani).
11