1
Introduzione
Lo scopo di questo lavoro è quello di poter affiancare allo studio classico di una
“archeofauna” (termine proposto da Grayson 1979, e ripreso da Davis 1987), ossia una
collezione di reperti animali da contesti archeologici, uno studio etnologico effettuato
tramite indagini ed interviste alla popolazione, su un determinato territorio.
Bisogna precisare che l‟archeofauna oggetto di questo studio, si riferisce solamente ai
reperti ossei di Cheloni, fatti risalire con buona approssimazione al genere Testudo spp,
che provengono da due siti archeologici della Campania. Infatti notando la presenza dei
reperti di questi rettili in entrambe le località, è nata la curiosità e la spinta per portare
avanti un certo tipo di indagine e studio abbastanza inediti.
Per questo motivo, questa tesi sarà divisa in due parti: la prima parte sarà incentrata
sulla descrizione dei reperti studiati, del gruppo tassonomico di appartenenza e delle
relative caratteristiche anatomiche e osteologiche, mentre la seconda parte si occuperà
di esplicitare cosa è un‟indagine etnologica,della proposta di indagine relativa alla
regione alla regione Campania, e infine si discuterà del rapporto Homo –Testudinati
nella storia.
Queste due parti hanno un filo conduttore molto marcato perché l‟obiettivo principale
di ogni studio di carattere archeozoologico è cercare di capire le interazioni ecologiche
tra società umane e popolazioni animali.
Nella prima parte del lavoro sono stati seguiti principalmente due livelli di indagine. In
una prima fase si è cercato di ipotizzare in termini biologici le “popolazioni” animali
che corrispondono ai reperti studiati, intendendo per popolazione un consorzio di
animali biologicamente interattivi, sia esso selvatico o domestico (Fedele, 1985). In una
2
seconda fase, alla luce dei risultati ottenuti, sono state sviluppate interpretazioni di
natura economica ed ecologica; ciò ha permesso di agganciare la paleobiologia delle
faune al comportamento umano (Fedele, 1985). In questo contesto sono state
particolarmente utili l‟analisi tafonomica e quella delle tracce di modificazioni culturali.
Nella seconda parte del lavoro viene proposta un‟indagine etnologica a scopo
esemplificativo sul rapporto Homo e Testudinati nella regione Campania. Per indagine
etnologica si intende una raccolta di informazioni, che può essere realizzata tramite la
ricerca di scritti d‟epoca, il recupero di memorie orali, e attuando interviste alla
popolazione, quando possibile vivente in territori limitrofi agli scavi di provenienza dei
reperti, sugli svariati usi relativi alle testuggini.
Parallelamente a questa proposta d‟indagine è stata affiancata una ricerca sui diversi
rapporti tra Homo – Testudinati nel passato protostorico e storico, e in differenti culture
umane.
L‟archeofauna studiata in questo lavoro proviene, in primo luogo, dalle iniziali ricerche
archeologiche effettuate, negli anni 2004 e 2005, su un insediamento della prima età del
Ferro (IX-VI sec. a.C.), il “Villaggio dei Ciclamini”, di Monte Petrino, un rilievo
collinare situato alle spalle dell‟agglomerato urbano di Mondragone in provincia di
Caserta.
In secondo luogo l‟altra collezione studiata, proviene da un breve scavo effettuato nel
1988, sull‟insediamento del tardo-neolitico (3.700 a.C.) in località Mulino
Sant‟Antonio, zona situata per la maggior parte nel territorio comunale di Avella, in
provincia di Avellino, comprendente la fascia pedemontana dei monti del Partenio.
3
Non sembra inopportuno menzionare che questo studio presenta spiccato carattere di
novità, in quanto è la prima volta che si affronta un‟archeofauna “selezionata”
proveniente da insediamenti della Campania settentrionale risalenti all‟età indicata.
Ringraziamenti
Ringrazio il mio relatore prof. Fedele per la proposta di questo studio di tesi nonché
per la relativa assistenza di laboratorio Ringrazio il prof. M. Delfino del Dipartimento
di Scienze della Terra dell’Università di Firenze, per l’aiuto fornitomi e per aver
organizzato un interessante stage sui cheloni nei contesti archeologici. Per la
trasmissione della collezione di scavo desidero ringraziare il dott. Luigi Crimaco e il
Museo Civico Archeologico B. Greco della città di Mondragone. Per le informazioni e
l’aiuto offerti ringrazio inoltre il dott. Nicola Maio, funzionario tecnico del Museo di
Zoologia dell’Università Federico II. I miei ringraziamenti più sentiti, infine, alla
dott.ssa Olga di Marino per i dati di scavo e il materiale fotografico fornitomi.
4
CAP. 1.1
TESTUDINATI
I Testudinati o Cheloni sono un gruppo monofiletico di rettili con caratteristiche
particolari. Si può dire che sono i più bizzarri, e per alcuni aspetti i più conservativi, dei
gruppi di rettili.
Siccome sono ancora viventi, le tartarughe sono un oggetto comune per tutti noi, ma se
fossero state interamente estinte, la loro corazza, la più straordinaria armatura difensiva
mai creata da un tetrapode, sarebbe sicuramente causa di stupore e meraviglia.
Dal Triassico le tartarughe sono arrivate fino al presente praticamente senza subire
cambiamenti; sono sopravvissute a tutte le vicissitudini che hanno travolto gli altri
gruppi rettiliani, e sono in condizioni rigogliose come lo erano in passato.
Costituiscono un ordine, Testudines se si considerano tutti i fossili appartenenti al clade
(Pough et al., 2001), con 260 specie viventi.
Vengono suddivisi in due sottordini: Cryptodira (Criptodiri) e Pleurodira (Pleurodiri).
LA CORAZZA
I Testudinati hanno una corporatura tozza e massiccia e il tronco protetto da un
robustissimo rivestimento osseo , o corazza, che deriva dallo scheletro e sotto al quale
gli animali possono ritrarre, più o meno completamente, il capo e il collo, gli arti e la
coda.
La corazza consta di una capsula ossea interna e di un rivestimento esterno formato da
grandi piastre cornee o, talvolta, da pelle ispessita simile a cuoio; in essa si distinguono
due parti: quella superiore,che protegge il dorso e viene detta scudo o carapace, e
quella inferiore che riveste l‟addome e viene detta piastrone. Queste due parti sono
connesse da un ponte nei due lati.
5
Il carapace è formato da 38 piastre o scaglie cornee e da 50/51 placche ossee, mentre il
piastrone è formato da 6 scaglie cornee e 9 placche ossee. Questi elementi sono
perlopiù distribuiti in modo regolare e simmetrico e quelli ossei sono collegati da ponti
ossei o legamenti elastici.
La capsula interna risulta formata da placche ossee, disposte in serie longitudinali; nello
scudo se ne distinguono 5: una serie mediana, che corre lungo la linea vertebrale e le
cui placche ossee sono collegate con le apofisi spinose delle vertebre sottostanti,
formata da elementi chiamati neurali; due serie pleurali, che si estendono ai lati della
mediana e i cui elementi ossei sono connessi con le coste; due serie periferiche, che
corrono parallele, rispettivamente a destra e a sinistra, alle pleurali e le cui placche si
sono originate da ossificazioni libere della cute.
In aggiunta ci possono essere nella fila centrale degli elementi extra:piastra nucale se si
trova di fronte agli elementi neurali, piastra pigale e soprapigale se invece si trovano
dietro di essi.
Sembra che il carapace si formi dalla crescita di placche di ossa dermiche, che sono ben
sviluppate in molte lucertole e coccodrilli, ma nelle tartarughe lo sviluppo è differente
perché porta ad un assemblaggio di placche in una struttura compatta e chiusa.
Per quanto riguarda il piastrone, le tre placche ossee anteriori derivano da parti del cinto
scapolare e le restanti da ossa dermiche. E‟ formato da una placca centrale impari,
l‟entopiastrone, e da altri elementi pari che vengono chiamati,dal capo alla coda,
epipiastrone, iopiastrone (in alcune specie primitive si trovano una o due paia di
mesopiastroni), ipopiastrone e xifipiastrone.
E‟ interessante notare che le due placche dell‟epipiastrone sono articolate internamente
con la scapola, come le clavicole dei rettili ordinari, mentre l‟entopiastrone interposto
tra loro giace nella posizione di un interclavicola (Fig. 1.1.1).
6
Fig 1.1.1
Distribuzione e nomenclatura delle piastre cornee e delle placche ossee.
Sulla parte esterna, la capsula ossea è rivestita dalle piastre cornee che corrispondono
alle placche ossee nella disposizione, non però nel numero e nella forma e, al pari delle
squame e delle piastre che ricoprono il corpo degli altri rettili, non sono altro che
formazioni dell‟epidermide.
Naturalmente le piastre cornee non sono preservate allo stato fossile, sebbene sono
spesso indicate dai solchi che lasciano sulle placche che giacciono al di sotto di esse.
Placche ossee e piastre cornee sono divise da uno strato di pelle “viva” che seppure
sottilissima, è riccamente vascolarizzata e innervata e rende perciò questi animali molto
sensibili agli stimoli esterni.
In molte tartarughe acquatiche, nonché in alcune terrestri, tra due coppie di placche
limitrofe del piastrone è alloggiato un tessuto cartilagineo elastico: in corrispondenza di
tali punti, si sviluppano di conseguenza articolazioni trasversali semplici o doppie, per
7
cui il piastrone, altrimenti rigido, si articola in 2 lobi, l‟uno anteriore e l‟altro
posteriore, che l‟animale può sollevare per sbarrare le aperture della propria corazza. In
questi testudinati anche il ponte che collega scudo e piastrone non è più rigido, bensì
formato da cartilagine e da legamenti di tessuto connettivo, e perciò abbastanza mobile.
CRANIO
Il cranio dei rettili, come quello di tutti gli altri tetrapodi ad essi superiori, è un
neocranio auximetamerico, che nella sua regione occipitale ha assimilato, oltre a un
primo, anche un secondo gruppo di sclerotomi delle prime vertebre abortive del tronco
embrionale. E‟ inoltre tropibasico, cioè con base ristretta fra le due orbite a causa
dell‟avvenuta fusione mediana delle trabecole embrionali, e non platibasico come
quello degli anfibi attuali.
Il cranio dei Testudinati è quello di tipo più primitivo in cui nelle forme più tipiche le
ampie fosse temporali sono coperte da un tetto ininterrotto di ampie ossa laminari,
presenta quindi una struttura anapside (Fig. 1.1.2).
Esiste un‟assoluta autostilia, il quadrato essendo saldato direttamente alle ossa della
regione otica e, indirettamente, a quelle della base del neurocranio; si tratta di un cranio
acinetico, perché la sola parte mobile è la mandibola, formata da varie ossa tra loro
immobilmente suturate.
Visto dalla faccia ventrale, il cranio dimostra la presenza di un palato secondario di
natura ossea, che separa la parte anteriore della volta buccale dalle fosse nasali. Al suo
margine si aprono le coane.
I margini delle ossa pterigoidee, dietro al palato osseo detto anche palato duro,
sorreggono il cosiddetto palato molle o membranoso, che completa la volta della
8
bocca, e forniscono un inserzione ai muscoli mandibolari, così facilitando i movimenti
della mandibola in senso verticale.
La mandibola è costituita da più pezzi scheletrici suturati tra loro e costituisce un‟unica
struttura perché anche i dentali dei due lati sono fusi tra loro a livello del mento
anteriormente.
Assieme ai premascellari e ai mascellari i due dentali della mandibola formano una
sorta di becco corneo a margini taglienti, sprovvisto di strutture dentarie tanto nella sua
parte dorsale che ventrale.
I taglienti astucci cornei che coprono le arcate mascellari hanno sovente i bordi
dentellati e in alcune specie in prevalenza fitofaghe sono percorsi da lamelle, disposte
trasversalmente.
Molti elementi non si sviluppano come il post-parietale, il tabulare, il sopratemporale e
intertemporale, e il post-frontale; un singolo elemento, generalmente interpretato come
il prefrontale, nelle moderne tartarughe prende posto nell‟area originalmente occupata
dagli elementi prima menzionati, e dal nasale e dal lacrimale.
Fig. 1.1.2
Cranio di un chelone (Caretta caretta Linneo, 1758) veduta di profilo e dalla volta
palatina
Da N.Beccari in Vannini, 1982.
SISTEMA SCHELETRICO
9
La colonna vertebrale è ovviamente modificata in connessione con lo sviluppo della
corazza, e si compone di 8 vertebre cervicali, 10 dorsali e 18-23 caudali (Fig 1.1.3); le
vertebre cervicali hanno un a struttura assai diversa nei due sottordini e permettono la
differente classificazione sistematica.
Ci sono poi 8 coste che sono fuse al lato inferiore delle placche pleurali.
Questa fusione e quella degli archi delle vertebre con gli elementi neurali tende a
rinforzare la corazza .
Fig. 1.1.3
Scheletro di un Chelone (Emys orbicularis Linneo , 1758) visto dal ventre
Da P.P. Grassè e C.Devillers, 1970.
ARTI
Gli arti e i cinti sono di una particolare conformazione come ci possiamo aspettare dalle
necessità di una vita che si svolge all‟interno di una corazza.
I due cinti, scapolare e pelvico, invece di essere posti esternamente alle coste, così
come si verifica in tutti gli altri vertebrati, si trovano all‟interno di esse.
10
Quello scapolare manca dello sterno e della clavicola, ed è costituito per ogni lato da
un osso triradiato: un ramo, la scapola si dirige obliquamente in alto e in avanti
appoggiandosi allo scudo; un altro ramo, il procoraocide, si dirige decisamente verso
l‟interno; infine il terzo, il coracoide, più grande degli altri due, si dirige obliquamente
all‟indietro e verso il basso. Dove le tre ossa convergono si trova l‟acetabolo, in cui si
articola la testa del grosso e corto omero; le indagini paleontologiche hanno messo in
evidenza il progressivo sviluppo del processo acromiale della scapola (da molti
considerato il procoracoide) nei progenitori degli attuali cheloni.
Il cinto pelvico, d‟altro canto, come in tutti i Vertebrati consiste di tre ossa preformatesi
come cartilagine, confluenti nella cavità dell‟acetabolo che accoglie la testa del femore:
l‟ileo, dorsale, che si connette alle due vertebre sacrali, l‟ischio, ventrale posteriore e il
pube, ventrale anteriore, suturato con quello del lato opposto (Fig. 1.1.4).
Fig. 1.1.4
Vista laterale dello scheletro di Geochelone carbonaria Sphix, 1824
Da A.E.Brehm, 1894.
Gli arti sono pentadattili nella quasi totalità delle forme; nelle tartarughe d‟acqua dolce
sono perlopiù lievemente appiattiti ai lati, simili a remi, e con le dita collegate tra loro
da una membrana più o meno sviluppata; nelle tartarughe marine sono trasformati in
11
robuste natatoie, fortemente appiattite ai lati e le dita rimangono avvolte nella pelle.
Nelle tartarughe terrestri gli arti sono tozzi, colonnari e le dita non sono libere ma bensì
inglobate nella struttura di mani e piedi, da cui sporgono solo le unghie.
PELLE E SUOI DERIVATI
Liscia o levigata, a seconda delle specie, la pelle dei testudinati viene ricoperta di
squame limitatamente agli arti o alla coda, sulla cui parte superiore queste formazioni
cutanee vengono a creare in taluni casi vistose serie di tubercoli. Come la maggior parte
degli altri rettili, anche i testudinati mancano completamente di ghiandole cutanee.
Particolari aggruppamenti di ghiandole, detti ghiandole ascellari e inguinali, esistono
tuttavia alla radice degli arti di numerose specie: il loro secreto è un liquido di tinta
bruna, odore acre e reazione acida, che sembra avere un ufficio di riconoscimento fra
gli individui della medesima specie, non soltanto nel periodo degli amori.
SISTEMA CIRCOLATORIO
Il sistema circolatorio non presenta differenze sostanziali rispetto a quello degli altri
rettili: il battito cardiaco è piuttosto lento, soprattutto nelle forme terrestri, una
caratteristica d‟altronde comune a molti altri processi vitali, che in questi vertebrati
presentano un decorso fortemente rallentato.
La divisione del cuore in una metà destra e un sinistra è completa per quanto riguarda
l‟atrio, suddiviso in atrio destro e atrio sinistro da un setto interatriale completo; è
invece largamente incompleta nei riguardi del ventricolo, data l‟imperfezione del setto
interventricolare.
E‟ da notare che la circolazione polmonare, derivata dalle omonime arterie, ha un letto
di vasi capillari troppo scarso per ricevere l‟intera quantità di sangue venoso