Introduzione 1
Introduzione
Gli acceleratori di particelle, inizialmente utilizzati solo per la ricerca, oggi vengono impiegati
anche in molti altri ambiti: per la ricerca in fisica delle particelle, per scopi industriali (per la
sterilizzazione, per la conservazione di cibi), per lo studio della struttura dei materiali, ecc.
Sicuramente uno dei settori che ha ricevuto maggiormente beneficio dall’utilizzo degli
acceleratori, è quello medico. In questo settore, gli acceleratori vengono utilizzati per la
produzione di radionuclidi e per effettuare trattamenti radioterapici. E’ proprio in questo
contesto che si inserisce il CNAO, acronimo di Centro Nazionale di Adroterapia Oncologica.
Il centro è unico in Italia e in un prossimo futuro, a regime, permetterà il trattamento
adroterapico di circa 3000 pazienti l’anno affetti da tumore. A tal scopo questa facility è stata
dotata di un sincrotrone che accelera protoni fino ad un’energia massima pari a 250 MeV e
ioni C fino a 400 MeV/u.
L’utilizzo di fasci di particelle richiede di affrontare una serie di problematiche
radioprotezionistiche. Tra queste, di particolare interesse è quella legata al fenomeno
dell’attivazione, processo attraverso il quale un fascio di particelle, incidendo su un materiale,
riesce ad attivarlo, ovvero lo rende sorgente di radiazioni.
E’ proprio da tale considerazione che è scaturita l’idea di sviluppare una tesi il cui scopo fosse
quello di descrivere il fenomeno dell’attivazione nelle facility ospitanti acceleratori di
particelle, mettendone in luce la complessità e la problematicità. Nella tesi si descrive con
maggior dettaglio la radioattività indotta in acceleratori di adroni. A tal fine e per dare anche
una maggiore concretezza alle argomentazioni e alle osservazioni che verranno proposte, vista
la possibilità di cooperare con il CNAO, verranno mostrate simulazioni e misure relative al
problema dell’attivazione proprio in questo centro.
Il punto di partenza per questo lavoro di tesi è la descrizione, che verrà sviluppata nel primo
capitolo, di alcuni degli aspetti preliminari di maggiore interesse concernenti il fenomeno in
esame. In questo capitolo introduttivo si possono distinguere due parti principali: una
incentrata sul tema della radioattività mentre la seconda su quello degli aspetti basilari di
radioprotezione. Nella prima parte sono discussi gli aspetti formali legati al fenomeno del
decadimento radioattivo e viene accennata la tematica della radioattività naturale e artificiale.
Invece nella seconda parte sono illustrati il rischio radiogeno, le grandezze
radioprotezionistiche di maggiore interesse, con un breve accenno all’ipotesi LNT (relativa
agli effetti stocastici legati all’esposizione alle radiazioni ionizzanti), per poi passare ad una
introduzione delle problematiche radioprotezionistiche relative all’attivazione.
Nel secondo capitolo verrà approfondita la descrizione delle modalità di produzione della
radioattività indotta negli acceleratori. A tal proposito, dapprima verranno fornite le basi
formali associate al fenomeno dell’attivazione, per poi contestualizzare la discussione
proponendo un confronto delle modalità di produzione di radionuclidi in acceleratori di
elettroni o adroni.
Si prosegue con il terzo capitolo, ove sono illustrate le possibili problematiche legate
all’attivazione dei materiali che si possono incontrare in un acceleratore. Per ognuna di tali
problematiche, si cercherà di capire quali siano le modalità di produzione, si fornirà una
descrizione qualitativa e, per quanto possibile, quantitativa della radioattività prodotta.
2 Introduzione
In seguito, nel quarto capitolo, verranno forniti i risultati delle simulazioni Monte Carlo
effettuate per la valutazione dell’attivazione di alcuni materiali di particolare interesse per il
CNAO. Si prenderà spunto da tali risultati per ulteriormente sottolineare alcune osservazioni
già presentate nei precedenti capitoli e si proporrà un più dettagliato confronto tra
l’attivazione indotta da protoni piuttosto che ioni C.
Infine nel quinto ed ultimo capitolo, dapprima, verranno illustrati alcuni aspetti relativi alla
strumentazione di radioprotezione utile per i problemi legati all’attivazione, tra cui la
spettrometria gamma e il sistema EGAM utilizzato al CNAO per la misura dell’attivazione
dell’aria. Successivamente verranno mostrati i risultati delle misure effettuate sull’attivazione
di alcuni materiali esposti a fasci di particelle. Visto che al momento il CNAO è in fase di
commissioning della linea di iniezione e quindi il sincrotrone ancora non è entrato pienamente
in funzione, sono descritte le misure dell’attivazione di alcune delle principali componenti
utilizzate in questa fase preliminare: Faraday cup del test bench 3 (TB3) del linac e vari
rivelatori della MEBT (Medium Energy Beam Transfer Line).
Si ringrazia la Fondazione CNAO che ha reso disponibile questa tesi e che ha messo a
disposizione parte del materiale necessario alla stesura di quest’ultima.
Capitolo 1: Il problema dell’attivazione indotta: nozioni preliminari e aspetti radiologici 3
Capitolo 1
Il problema dell’attivazione indotta: nozioni preliminari e
aspetti radiologici
Prima di addentrarsi nella trattazione del problema dell’attivazione dei materiali nelle strutture
che, come il CNAO, ospitano un acceleratore di particelle, vengono esposte, in questo
capitolo introduttivo, alcune nozioni preliminari. Pertanto, dapprima verranno fornite le basi
teoriche relative al decadimento radioattivo, per poi passare ad una breve caratterizzazione
della radioattività naturale e artificiale.
Inoltre verranno forniti alcuni concetti basilari di radioprotezione, senza trascurare
un’introduzione alla descrizione delle problematiche radiologiche associate all’attivazione dei
materiali nelle strutture prese in esame. Questa parte viene qui inserita per avere sia le basi di
radioprotezione necessarie per capire poi ciò che verrà detto in seguito, relativamente a tale
problematica, sia per comprendere la pericolosità e quindi l’importanza del problema
dell’attivazione.
1.1 Cenni sulla radioattività
Un nucleo instabile tende spontaneamente a raggiungere uno stato più stabile attraverso
l'emissione di una o più particelle subatomiche. L’insieme dei processi fisici che permettono a
nuclei atomici instabili di acquisire maggiore stabilità, è detto radioattività o decadimento
radioattivo. Le possibili modalità di decadimento sono:
Decadimento α: avviene quasi unicamente per nuclei con numero di massa maggiore di
210, con l’emissione di un nucleo di 4 He (particella α) secondo la reazione:
, ' 2, 2X Z N X Z N .
dove Z e N indicano rispettivamente il numero atomico e neutronico del nuclide padre.
Decadimento β: è una trasformazione spontanea tra nuclei isobari. Ne esistono tre
differenti tipologie:
a) Decadimento : , ' 1, 1 eX Z N X Z N e
b) Decadimento : , ' 1, 1 eX Z N X Z N e
c) Cattura elettronica: , ' 1, 1 eX Z N e X Z N
Decadimento γ: avviene quando un nucleo che si trova in uno stato eccitato, si diseccita
passando ad uno stato di energia d’eccitazione inferiore attraverso l’emissione di un
fotone secondo la reazione:
*
, ,X Z N X Z N .
Fissione spontanea: si verifica nel momento in cui un nucleo si divide in due nuclei
aventi massa circa metà di quella iniziale, emettendo un certo numero di neutroni, e ciò
secondo la reazione:
, ' ', ' " ", " knX Z N X Z N X Z N con ' " ' " ' "A A k N N Z Z k A
dove A rappresenta il numero di massa.
Decadimenti esotici: sono un gruppo di decadimenti meno probabili di quelli sopra
citati, comprendenti ad esempio il doppio decadimento , il decadimento con
emissione di neutroni o protoni ed infine l’emissione di nuclei leggeri con A>4.
4 Capitolo 1: Il problema dell’attivazione indotta: nozioni preliminari e aspetti radiologici
1.1.1 La legge del decadimento radioattivo
Una caratteristica fondamentale del decadimento radioattivo è il suo essere un fenomeno
intrinsecamente stocastico. Ne segue che, se si ha un certo numero iniziale 0n di radionuclidi,
non si può stabilire con certezza né quali, né quanti di essi decadranno dopo un certo
intervallo temporale t . Come tutti i fenomeni dalla natura stocastica, il decadimento
radioattivo andrebbe studiato facendo uso di distribuzioni di probabilità, in realtà spesso ci si
accontenta di analizzarne il comportamento medio. Si è a tal proposito osservato
sperimentalmente che, il numero medio dn di decadimenti, dopo un tempo t risulta
seguire la seguente equazione:
dn t n t t (1.1)
cioè risulta proporzionale al numero medio di nuclei instabili presenti al tempo t, ed al tempo
t
trascorso, secondo la costante
,
definita costante di decadimento radioattivo, il cui
valore dipende dal nuclide e dal tipo di decadimento.
Ora, tenendo in considerazione che in un decadimento un nucleo iniziale dà luogo ad un solo
nucleo finale, il numero totale di nuclei resta inalterato, e quindi vale:
dn t n t (1.2)
dove n t è la variazione del numero di nuclei instabili. Tenendo in considerazione che la
(1.1) vale per qualsiasi t , facendo tendere quest’ultimo a 0 si ha:
ddn t n t t (1.3)
infine integrando tra t e 0 0t , ed imponendo 0 0A t , si ottiene la nota legge del
decadimento radioattivo:
0( )
tn t n e (1.4)
la quale mostra come, il numero medio dei nuclei non decaduti, ancora presenti al tempo t ,
( )n t , diminuisca esponenzialmente al passare del tempo, ed in cui determina la rapidità con
cui l’esponenziale tende a 0.
Figura 1.1: andamento della percentuale del numero di atomi rimasti e
di quella dei nuclei decaduti in funzione del tempo [Brancucci, 2010].
Capitolo 1: Il problema dell’attivazione indotta: nozioni preliminari e aspetti radiologici 5
Ovviamente il numero di nuclei che decadono nello stesso intervallo, che poi corrisponde al
numero di nuclei figli ottenuti, subirà un aumento esponenziale secondo la relazione:
0( ) 1-
t
dn t n e
(1.5).
In fig.1.1 possiamo osservare come al passare del tempo variano il numero medio di nuclei
del nuclide padre e del nuclide figlio.
1.1.2 Parametri che caratterizzano un radionuclide
Il primo parametro fondamentale che caratterizza il comportamento di un radionuclide è la
costante di decadimento, che dalla (1.3) risulta essere la probabilità, per unità di tempo, che
un singolo nucleo appartenente all’insieme iniziale 0n decada attraverso uno specifico canale:
( )
d
ddn t dP t
n t t dt
(1.6)
avendo indicato con ( )dP t la probabilità di decadimento.
Si noti che, se esistono più vie di decadimento per il radionuclide iniziale, allora si disporrà
per ognuno di una costante di decadimento diversa, e la costante di decadimento totale sarà
data da:
i
i
(1.7).
Ciò è dovuto al fatto che la probabilità per unità di tempo totale è pari alla somma delle
probabilità di decadimento dei singoli canali, potendo considerare le modalità di decadimento
come eventi indipendenti.
La rapidità con cui avviene il decadimento può essere indicata, oltre che con , anche con
altri due parametri: il tempo di dimezzamento 1 2T e la vita media di un dato radionuclide. Il
primo è definito come il tempo dopo il quale il numero iniziale 0n di nuclei si dimezza.
Ponendo 0( )
2
n
n t nella (1.4), si ottiene:
1 20
0 1 2
ln 2 0,693
2
Tn
n e T
(1.8).
Per ottenere la vita media, si considerino 0n
nuclei iniziali di cui, secondo la (1.3), dn t t
decadono nel tempo dt dopo aver vissuto per un tempo t. La vita media si ottiene
eseguendo una media pesata della vita t dei vari nuclei con peso dato dal numero di nuclei che
hanno avuto quella vita t:
1 2
0
0 00 0
1 1 1 1
0,693
t
T
t n t dt t n e dt
n n
(1.9)
essa rappresenta dunque il tempo necessario affinché il numero di nuclei residui si riduca di
un fattore 1/e.
1.1.3 L’Attività
Un'altra grandezza molto utile ai fini della caratterizzazione di una sorgente, è l’attività,
definita come il numero medio di disintegrazioni al secondo e che può essere riscritta, in virtù
della (1.3) e della (1.2), come:
6 Capitolo 1: Il problema dell’attivazione indotta: nozioni preliminari e aspetti radiologici
ddn t dn t n tAtt t n t
dt dt
(1.10).
Essa risulta tanto più elevata quanto maggiore è il numero di nuclei radioattivi presenti al
tempo t, ed al contempo quanto minore è la loro vita media; inoltre, va osservato che la stessa
decresce esponenzialmente come n t in funzione del tempo.
Nel Sistema Internazionale l’unità di misura dell’attività di un radionuclide è il becquerel
(simbolo Bq) che è definita come l’attività di un radionuclide avente un decadimento al
secondo: perciò, dimensionalmente, il Bq equivale a 1s . Di contro, storicamente, l’unità di
misura utilizzata era il curie (simbolo Ci), che ancora oggi viene utilizzata in alcuni paesi,
definito come il numero di disintegrazioni prodotte al secondo da un grammo di radio, e
legata al Bq dalla relazione:
111 2,7 10Bq Ci (1.11).
E’ bene rimarcare l’importanza di questa grandezza nel campo della radioprotezione: è questa
che determina l’intensità di emissione di una sorgente e che, di conseguenza, permette di
identificarne la pericolosità. Inoltre, per valutare la quantità di sostanza radioattiva presente in
un dato campione, viene definita l’attività specifica o concentrazione, definita come l’attività
per unità di massa o di volume del campione e misurata in 1Bq g o 1Bq l o 3Bq cm .
Occorre tuttavia fare attenzione a non confondere questa grandezza con l’attività specifica di
una sorgente radioattiva pura; una sorgente cioè composta da solo un radionuclide di costante
di decadimento . Tale attività specifica è definita come
Att t
S
m
, tenendo in
considerazione che Att t n t e A
N
n t
A
si ottiene:
ANS
A
(1.12)
dove m è la massa del campione, A il numero di massa dell’isotopo preso in esame e AN il
numero di Avogadro. Di seguito, se non verrà specificato differentemente, quando si parlerà
di attività specifica si farà riferimento, esclusivamente, alla prima definizione.
Per concludere evidenziamo che, mentre l’attività dà informazioni sulla quantità totale di
materiale radioattivo, quella che dà informazioni sulla concentrazione di radioattività è
l’attività specifica. Ne segue che entrambe sono fondamentali per avere una completa
caratterizzazione di un campione radioattivo.
1.1.4 Radioattività naturale e artificiale
A questo punto della trattazione sulla radioattività, viene introdotto un breve paragrafo che
tratta le sorgenti radioattive naturali e artificiali. La cosa fondamentale da comprendere, per
ora, è che noi viviamo immersi in sorgenti radioattive, anche se di debole intensità, a tal punto
che noi stessi abbiamo nel nostro corpo tali sorgenti di radiazioni.
Le sorgenti di radiazioni sono di due categorie, terrestri ed extraterrestri; le seconde sono le
stelle, dalle quali ci giungono i raggi cosmici, mentre le prime sono costituite da nuclei
radioattivi naturali e da nuclei radioattivi artificiali. Quelli naturali vengono divisi in due
Capitolo 1: Il problema dell’attivazione indotta: nozioni preliminari e aspetti radiologici 7
gruppi: primordiali e cosmogenici. I primi vengono formati dai processi di nucleosintesi nelle
stelle e sono presenti sulla terra sin dalla sua formazione e quindi devono avere vita media
dell’ordine dell’età della terra, cioè circa 94,5 10 a , oppure debbono far parte di una famiglia
radioattiva il cui capostipite possieda una così lunga vita media; al contrario, i secondi sono
prodotti in continuazione dalle interazioni della radiazione cosmica con l’atmosfera, le rocce
ed i mari [Bendiscioli, 2008].
A questo punto, per avere un’idea dei nuclidi di cui stiamo parlando, dapprima riportiamo
nella tab.1.1 una lista dei radionuclidi primordiali di maggiore interesse, evidenziandone le
caratteristiche peculiari, successivamente riportiamo in tab.1.2 l’abbondanza in peso, espressa
in ppm, dei nuclei di U, Th e K in alcuni ambienti terrestri.
Tabella1.1: Nuclei radioattivi primordiali [Bendiscioli, 2008].
Nuclide Abbondanza
Isotopica (%)
Modo di
decadimento
T1/2 (anni)
40 K 0,0117 CE , , 91,28 10
50V 0,25 CE , , 171,4 10
87 Rb 27,835 104,75 10
113Cd 12,22 159,3 10
115
In 95,71 144,41 10
123Tl 0,908 CE 131,2 10
138 La 0,09 CE , , 111,05 10
144 Nd 23,8 152,29 10
147 Sm 15 111,06 10
152Gd 0,2 141,1 10
174 Af 0,162 152 10
176 Lu 2,59 103,73 10
187 Re 62,93 104,35 10
232Th 100 101,4 10
235U 0,72 87,03 10
238U 99,27 94,47 10
Tabella 1.2: abbondanza media dei nuclei sulla terra in peso
(ppm) di U, Th, K in diversi ambienti terrestri [Bendiscioli,
2008].
Ambiente U Th K
Rocce 1,8 6 31,5 10
Mari 33,3 10 84 10 24,14 10
Fiumi 54 10 410 2,3
Uomo 31,4 10 31,4 10 32 10
8 Capitolo 1: Il problema dell’attivazione indotta: nozioni preliminari e aspetti radiologici
Quindi, in tab.1.3, elenchiamo i più importanti radionuclidi cosmogenici distinguendo, se
formati dall’interazione della radiazione cosmica con nuclei costituenti la crosta terrestre,
ovvero, se formati dall’interazione con l’atmosfera.
Tabella 1.3: elenco dei più importanti nuclei cosmogenici, indicando in particolare i
nuclei target e l’ambiente di formazione [Bendiscioli, 2008].
Nuclide Decadimento T1/2 Nuclei Target
3 H 12,33 a
Crosta O, Mg, Si, Fe
Atmosfera O, N
3 He Stabile Crosta Atmosfera O
10 Be 61,51 10 a
Crosta O, Mg, Si, Fe
Atmosfera O, N
14 C 5730 a
Crosta O, Mg, Si, Fe
Atmosfera N
21 Ne Stabile
Crosta Al, Mg, Si, Fe
Atmosfera
36Cl 53,01 10 a
Crosta Fe, Ca, K, Cl
Atmosfera Ar
36 Ar ,CE 35 g
Crosta Fe, Ca, K, Cl
Atmosfera Ar
39 Ar 269 a
Crosta Fe, Ca, K
Atmosfera Ar
41Ca ,CE 51,03 10 a
Crosta Ca, Fe
Atmosfera
129
I
71,57 10 a
Crosta Te, Ba, La, Ce
Atmosfera Xe
126 Xe Stabile
Crosta Te, Ba, La, Ce, I
Atmosfera
Infine poniamo l’attenzione sui radionuclidi artificiali che vengono prodotti principalmente
nei processi di fissione nei reattori nucleari, nelle esplosioni nucleari e nelle collisioni
nucleone-nucleo e nucleo-nucleo presso gli acceleratori in laboratori di ricerca. Alcuni dei
radionuclidi artificiali più importanti sono riportati in tab.1.4. Generalmente sono presenti in
ambiente in basse concentrazioni, e la loro attività media risulta inferiore a quella dei
radionuclidi naturali; tuttavia, se si verificano incidenti nucleari o esplosioni nucleari in
atmosfera, la quantità di questi radionuclidi può incrementare sensibilmente [Bendiscioli
2008].
Capitolo 1: Il problema dell’attivazione indotta: nozioni preliminari e aspetti radiologici 9
Tabella 1.4: alcuni nuclei artificiali presenti in
ambiente [Bendiscioli, 2008].
Radio
Nuclide
Decadimento T1/2
3 H 12,33 a
14 C 5730 a
90 Sr 28,78 a
60 Co , 5 a
134Cs , 2,1 a
137Cs , 30 a
131
I , 8 g
103 Ru 39,26 g
140 Ba 12,75 g
244 Pu , FS 78,08 10 a
Da ultimo, un aspetto interessante da tenere in considerazione, è rappresentato dal fatto che
questi radionuclidi non rimangono dove vengono prodotti, ma possono migrare, depositarsi ed
essere introdotti, per inalazione e ingestione, nel corpo umano; è questo che rende la
radioattività ubiquitaria.
1.1.5 Radioattività del corpo umano
I principali elementi radioattivi presenti all’interno del nostro corpo sono: 14 C , 40 K , 232Th e
238U [Bendiscioli, 2008], le loro quantità in un corpo umano di 70 kg sono riportate nella
tab.1.5.
Tabella 1.5: abbondanza isotopica dei più importanti radionuclidi presenti nel corpo
umano [Bendiscioli, 2008].
Elemento
Contenuto in peso e contenuto
percentuale P in un corpo
di 70 kg
Isotopo radioattivo e
abbondanza isotopica
C 12,6Kg (18%) 14 101,5 10 %C
K 0,0157 g ( 52,24 10 %) 40 1,17%K
Th 0,1mg ( 71,4 10 %) 232 100%Th
U 0,1mg ( 71,4 10 %) 238 99,3%U
In tab.1.6 sono riportate l’attività in Bq presente all’interno di un corpo di 70 kg e la dose
efficace annua che questa comporta in mSv .
Tabella 1.6: Nuclei radioattivi primordiali [Bendiscioli, 2008].
Attività (Bq) Dose annua (mSv)
14 C 56 0,022
40 K 60 0,198
Tot 116 0,22
10 Capitolo 1: Il problema dell’attivazione indotta: nozioni preliminari e aspetti radiologici
In conclusione è possibile osservare che, globalmente, all’interno del nostro corpo abbiamo
un’attività totale di circa 9 10 kBq
che comporta una dose efficace di circa 0, 22 mSv anno .
1.2 Grandezze e concetti di radioprotezione
Vengono di seguito definite le grandezze necessarie per descrivere il problema
dell’attivazione, ovvero, partendo da quelle caratterizzanti il campione radioattivo, si arriverà
ad analizzare quelle in grado di descrivere la pericolosità del materiale radioattivo e la
probabilità di danno che questo può indurre su un uomo. A tal proposito vengono anche
forniti alcuni concetti basilari di radioprotezione, soprattutto si porrà l’attenzione sul concetto
di rischio.
1.2.1 Grandezze per la caratterizzazione della attività di un campione
Per quantificare l’attivazione indotta di un certo campione di materiale, si deve innanzitutto
stabilire la sua composizione in termini di radionuclidi e poi ogni radionuclide va
caratterizzato attraverso:
l’attività che ne specifica l’intensità di emissione di radiazioni,
l’attività specifica che ne indica la concentrazione nel campione.
1.2.2 Grandezze dosimetriche
Le grandezze fisiche, che ci apprestiamo a definire, caratterizzano il rilascio di energia ad un
mezzo, da parte della radiazione che su di esso incide, ed il conseguente assorbimento di
energia da parte del mezzo stesso. Facciamo notare che entrambe le grandezze che andremo a
definire, il kerma e la dose, sono definite per unità di massa del mezzo assorbitore: questo sta
a sottolineare che l’entità dell’effetto della radiazione varia se la stessa energia viene assorbita
dallo stesso mezzo ma di massa differente.
Il kerma, mK , viene definito solo per le radiazioni indirettamente ionizzanti (neutroni e
fotoni), perché serve a caratterizzare il primo dei due passaggi attraverso il quale queste
radiazioni cedono energia al materiale su cui incidono. Infatti, tale grandezza viene definita
come l’energia media trasferita dalla radiazione indirettamente ionizzante ai secondari carichi
in un volume dV e massa dm , per unità di massa, includendo quella componente dell’energia
trasferita che potrebbe confluire in perdite radiative, e che quindi in maggior parte si
depositerebbe fuori dal volume considerato [Altieri, 2008]:
TR
m
dK
dm
(1.13)
dove TRd è l’energia media trasferita dalla radiazione ai secondari carichi presenti nel
volume, il cui valore è dato dalla seguente equazione:
n
rad
TR IN OUTn nd R R R Q (1.14)
dove
IN n
R e OUT nR sono rispettivamente l’energia radiante della radiazione neutra,
entrante ed uscente dal volume dV , nradR è l’energia radiante prodotta dai secondari carichi
per perdite radiative e Q è la sommatoria dei valori Q delle reazioni nucleari che
avvengono all’interno del volume. Quest’ultimo termine, quindi, tiene in considerazione le
possibili trasformazioni di massa in energia e viceversa. Sottolineiamo che nella (1.14) la
Capitolo 1: Il problema dell’attivazione indotta: nozioni preliminari e aspetti radiologici 11
n
radR viene sottratta alla OUT nR , divenendo un termine additivo, perché l’energia radiante dei
secondari carichi nella definizione veniva considerata come facente parte del kerma. L’unità
di misura adottata per tale grandezza è il J kg che viene definito gray e indicato con il
simbolo Gy .
La dose assorbita viene definita, sia per radiazioni indirettamente che per quelle direttamente
ionizzanti, come l’energia media impartita a un mezzo di volume dV e massa dm , per unità
di massa:
m
dD
dm
con 0dV (1.15)
dove è il valore medio di
IN OUT IN OUTn n c cR R R R Q (1.16)
somma di due contributi, il primo relativo alla radiazione neutra e il secondo a quella carica,
costituiti dalla differenza tra energia radiante, entrante e uscente dal volume dV ; infine c’è il
solito contributo delle reazioni nucleari. Si noti che, diversamente dalla definizione del kerma,
l’energia radiante non viene in questo caso sottratta all’energia radiante uscente: ciò sta a
significare che consideriamo nullo il suo contributo all’energia assorbita come, se essa uscisse
completamente dal volume considerato. Questa è ovviamente un’ipotesi valida solo perché il
volume considerato è infinitesimo. L’unità di misura è anche in questo caso il Gy .
Per gli scopi della radioprotezione, gli organi ed i tessuti non hanno un volume infinitesimo;
ed è per questo motivo che viene definita la dose media TD ad un organo o ad un tessuto di
massa Tm , come media pesata della dose su di un volume infinitesimo, dove il peso non è
altro che la massa di quel volume:
1
T
T mm
T
D D dm
m
(1.17).
1.2.3 Grandezze radioprotezionistiche
Di seguito sono riassunte la grandezze radioprotezionistiche: grandezze non fisiche il cui
scopo è quello di riuscire a quantificare il rischio radiogeno per danni stocastici.
La prima di queste grandezze radioprotezionistiche è la dose equivalente, TH :
,
T R T RH w D (1.18)
dove
,T RD è la dose media impartita al tessuto T dalla radiazione R, e Rw è il fattore di peso
della radiazione che ha rilasciato quella dose ed è un termine che caratterizza la pericolosità di
tale radiazione in termini di induzione di effetti stocastici. Per quanto riguarda la problematica
dell’attivazione, come vedremo, saremo unicamente interessati a e -emittenti. In
questo caso il fattore di peso sarà sempre assunto unitario perché questo è il valore del fattore
di peso associato alla radiazione e .
L’altra grandezza radioprotezionistica fondamentale è la dose efficace, E :
,
,
T T T R T R
T T R
E w H w w D (1.19)
dove Tw è il fattore di peso del tessuto T e serve per tenere in considerazione la diversa
radiosensibilità dei tessuti.