Introduzione
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Introduzione
L’utilizzo di codici di calcolo, che tendano a fornire al progettista una linea guida
approssimativa nelle prime fasi di progettazione, è al giorno d’oggi una pratica
molto diffusa. Per quanto concerne le applicazioni motoristiche, e più
specificamente in campo aeronautico, da un lato si ha la necessità di sviluppare
codici per simulare il funzionamento del singolo componente del propulsore in
modo dettagliato, dall’altro è conveniente possedere anche dei codici che, una
volta note le caratteristiche tecniche dei componenti, siano in grado di simulare
realisticamente il funzionamento globale del propulsore, in tutte le condizioni in
cui esso sarà soggetto ad operare.
Nel primo caso, sia per l’aspetto strutturale, sia per quello fluidodinamico,
sono utilizzati i codici di analisi agli elementi finiti (Fluent, Ansys, CFX, Star, ecc.);
tramite la discretizzazione di un dominio, date delle condizioni al contorno note a
priori, si risolvono numericamente le complesse equazioni differenziali alle
derivate parziali che mettono in relazione le grandezze di interesse.
Nel secondo caso si implementano dei codici nei classici ambienti di
programmazione (ad esempio C, Fortran, Matlab, ecc.) e nell’analisi del
propulsore si introduce una semplificazione mediante un modello zero o mono-
dimensionale. L’obiettivo della presente tesi ricade in questo secondo ambito.
Il codice Tshaft nasce quindi dall’interesse da parte dell’Università di Padova
di dotarsi di un programma di calcolo in grado di predire il funzionamento di un
turboalbero in condizioni fuori progetto. Esso è la base da cui è possibile
sviluppare un software via via sempre più complesso, capace di simulare gli effetti
fisici più rilevanti di un propulsore turboshaft. Non vi sarebbero nemmeno
difficoltà ad ampliare le funzioni dello stesso codice per una generica turbina a
The last thing one discovers in composing a
work is what to put first.
T. S. Eliot
Introduzione
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gas; tuttavia nella presente tesi ci si concentrerà solamente su questo tipo di
propulsore, con l’obiettivo sostanziale di rimanere in campo elicotteristico.
Tshaft è implementato in linguaggio Matlab, che ha il vantaggio di essere
semplice e accessibile a molti, oltre a quello di disporre di una vasta libreria di
funzioni utilizzabili per i più svariati scopi. Mediante la conoscenza del codice
sorgente, pertanto, sarà possibile implementare in versioni future di Tshaft
particolari caratteristiche di funzionamento proprie dell’elicottero, che non sono
presenti nella maggior parte dei programmi in commercio. Questo sarà
verosimilmente attuato anche attraverso la collaborazione con le relative industrie
del settore (ad es. Agusta Westland).
Il lavoro di tesi qui di seguito presentato è la spiegazione di come è stato
implementato Tshaft. Nel cap. 1 si dà un’inquadratura generica e molto
qualitativa sul funzionamento di un propulsore turboalbero, e sui requisiti che
esso deve possedere per essere montato su un elicottero. Nel cap. 2 è spiegata
dettagliatamente la formulazione teorica che ha condotto all’implementazione del
programma. Nel cap. 3 è inserito un breve manuale sul funzionamento di Tshaft,
con annesso un esempio, che funge da vero e proprio tutorial, effettuato anche col
fine di validare il programma grazie ad un confronto con un software esistente in
commercio. Il cap. 4 è dedicato alle conclusioni e agli sviluppi futuri.
In appendice sono descritti alcuni utili metodi di interpolazione usati per la lettura
di mappe caratteristiche, in cui si spiega l’iter che ha portato alla scelta del metodo
di interpolazione utilizzato dal programma.
1. Il propulsore turboalbero (turboshaft)
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1. Il propulsore turboalbero (turboshaft)
1.1 Utilizzo
Il propulsore turboalbero, o turboshaft, è un tipo di turbina a gas usato in
applicazioni che richiedono elevata potenza, alta affidabilità, piccole dimensioni e
peso ridotto. Fra di esse le più importanti sono costituite da elicotteri, APU
(auxiliary power unit), e altre applicazioni navali e terrestri. Analogamente a un
motore turboelica, a cui è per molti versi simile, questo tipo di turbina non viene
utilizzato per produrre spinta (come nel caso di un turbogetto), ma per fornire
potenza ad un albero. Normalmente la sua struttura si presenta così come
evidenziato in figura 1.1.
Figura 1.1 Struttura di un propulsore turboalbero
Si ha un primo gruppo compressore-turbina, calettato sul medesimo albero,
incaricato di produrre gas ad elevata pressione e temperatura, seguito da una
1. Il propulsore turboalbero (turboshaft)
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turbina cosiddetta “libera”, o di potenza, la quale ruota indipendentemente dal
primo albero. A questa sono collegati altri organi di trasmissione incaricati di
trasmettere la potenza al numero di giri richiesto dal carico.
Figura 1.2 Diagramma T-s per il ciclo Brayton Joule
Il ciclo ideale seguito è il Brayton Joule: esso è costituito dalla sequenza delle
seguenti trasformazioni termodinamiche, come da figura 1.2:
1. Compressione adiabatica da 1 a 2: idealmente essa è isoentropica, ma nella
realtà le irreversibilità sono modellate con l’introduzione del rendimento del
compressore che sposta il punto 2 al punto 2’, situato a temperatura superiore
sulla stessa linea a pressione costante.
2. Combustione da 2 a 3: idealmente isobara, essa in realtà è caratterizzata da
perdite di pressione, che portano il punto 3 su 3’.
1. Il propulsore turboalbero (turboshaft)
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3. Espansione adiabatica da 3 a 4: questa trasformazione rappresenta le
espansioni di tutte le turbine in serie utilizzate. Nei turboshaft più semplici
esse sono semplicemente due: quella che fornisce potenza al compressore e
quella che fornisce potenza al carico esterno; con l’introduzione del rendimento
di espansione il punto 4 si sposta su 4’, situato a temperatura superiore sulla
stessa linea a pressione costante.
Il primo vero motore turboalbero venne realizzato dalla Turbomeca, una
industria francese fondata da Joseph Szydlowski. Nel 1948 venne prodotta la
prima turbina modello 782 che forniva 100 CV. Nel 1950 da questo modello venne
sviluppato il più grande Artouste da 280 CV che fu impiegato sull'Aerospatiale
Alouette II e su altri elicotteri.
Analoghi sforzi volti alla realizzazione di un turboalbero vennero compiuti sia
negli USA che nel Regno Unito. Negli Stati Uniti Anselm Franz, basandosi sugli
stessi principi di semplicità che avevano guidato la realizzazione del motore a
getto Junkers Jumo 004 in Germania, realizzò nel 1953 il T53 della Lycoming, al
quale poi seguì il più grande T55. La General Electric Aviation realizzò un suo
turbomotore con la serie dei T58.
Attualmente tutti i turbomotori vengono prodotti sia nella versione turboelica
che in quella turboalbero, in quanto la differenza maggiore tra i due tipi di
impiego è data dai sistemi accessori montati.
1. Il propulsore turboalbero (turboshaft)
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1.2 L’elicottero
L'elicottero è un velivolo dotato di un motore aeronautico leggero, il quale porta in
rotazione una serie pale; queste, a loro volta, muovono l'aria in modo da far
spostare l'aeromobile, sfruttando la terza legge di Newton. La portanza per tenere
sollevato da terra il velivolo fermo (posizione di hover) e la spinta per
l’avanzamento è fornita all'aeromobile dalle pale, le quali provocano la forza di
reazione. Le pale, in realtà, non sono orizzontali, ma hanno un'inclinazione
rispetto al loro piano orizzontale, cosicché, quando ruotano, possano fendere l'aria
e sospingerla verso il basso con maggiore o minore spinta. Questa inclinazione è
detta angolo d'attacco ed è regolabile secondo le necessità d'impiego con un
controllo detto collettivo (si veda più avanti).
Figura 1.3 Un AW 139 di Agusta Westland
1. Il propulsore turboalbero (turboshaft)
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Il moto circolare del rotore crea una forte coppia rotazionale in direzione
opposta, che deve essere compensata affinché l'aeromobile possa mantenere una
direzione definita: al moto delle pale che girano in un senso, infatti, verrebbe ad
aggiungersi, per reazione, un corrispondente moto del corpo dell'aeromobile in
senso inverso. Per evitare questo moto indesiderato, nella coda degli elicotteri è
installato un secondo piccolo rotore, detto rotore di coda, le cui pale girano sul
piano verticale al fine di bilanciare la rotazione orizzontale causata da quelle del
rotore principale. In alcuni modelli, dotati di due rotori principali controrotanti,
questo accorgimento non è necessario poiché le pale di ciascun rotore hanno
rotazioni antagoniste e non causano quindi nessuna rotazione del corpo.
Recentemente sono comparsi sul mercato dei nuovi modelli che sfruttano il flusso
d'aria generato dai gas di scarico della turbina, indirizzandolo lateralmente in
coda, per ottenere lo stesso risultato.
Il rotore è un pezzo molto sofisticato, perché consente, all'aumentare della
velocità dell'elicottero, di cambiare l'inclinazione delle pale ad ogni giro, azione
tutt'altro che semplice, ma indispensabile per evitare che l'elicottero si ribalti anche
a velocità minime, a causa della maggiore spinta fornita dalle pale che stanno
girando contro vento, quindi con velocità all'aria maggiore.
Il rotore principale di un elicottero ha la funzione di fornire le forze
sostentatrice e propulsiva, nonché le coppie di rollio e beccheggio necessarie per il
controllo longitudinale e trasversale. Le pale del rotore sono collegate al mozzo
per mezzo di tre cerniere. L'impiego delle cerniere fu introdotto per limitare le
notevoli sollecitazioni di flessione alla radice delle pale e per ridurre in fase di volo
in avanzamento il momento di rollio dovuto alla maggiore velocità della pala
avanzante rispetto a quella arretrante.
Negli elicotteri con motore turboalbero il numero di giri è regolato dai sistemi
di controllo della turbina libera che, agendo sulla quantità di combustibile
1. Il propulsore turboalbero (turboshaft)
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iniettato in camera di combustione, assicurano sempre che il rotore principale giri
con velocità il più possibile costante per ogni fase di volo. Questa caratteristica
sarà fondamentale nella successiva analisi del funzionamento del propulsore
turboalbero, soprattutto nell’analisi di transitorio, poiché costituisce un vincolo
progettuale e quindi anche un vincolo sulle equazioni implementate.
I controlli dell'elicottero sono principalmente quattro:
a. Il collettivo (collective pitch control, CPC), che controlla l'angolo di attacco
delle pale, cioè l'inclinazione delle pale rispetto al piano orizzontale sul
quale sono innestate (di questo piano, l'asse di rotazione del rotore è la
normale). All'aumento dell'angolo di attacco corrisponde un incremento di
portanza.
b. La manetta, che è un semplice acceleratore e consente di controllare il
regime del motore e dunque di trasmettere maggiore o minore potenza al
rotore secondo la necessità del momento. Nei modelli più recenti con
motore a turbina si utilizza un sistema computerizzato di gestione dei
regimi che consente di delegare questo controllo al software di
accelerazione e decelerazione del motore: questo sistema è chiamato
FADEC (Full Authority Digital Engine Control) ed elimina per il pilota l'uso
della manetta se non in caso di emergenza.
c. Il ciclico, che è il più sofisticato ed il più delicato dei controlli, poiché
governa la variazione ciclica dell'angolo di attacco delle pale: queste, infatti,
durante il loro giro di 360° non possiedono un angolo di attacco costante,
ma presentano una variazione di inclinazione che serve in generale ad
ottimizzare la propulsione, ed in particolare a distribuire opportunamente
la spinta in modo da consentire variazioni di assetto e spostamento
dell'elicottero. Questa variazione è appunto dominata dal ciclico, così
1. Il propulsore turboalbero (turboshaft)
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chiamato perché la fa operare nel numero di volte desiderate e possibili per
ciascun giro della pala (per cicli).
d. La pedaliera, che tramite leveraggi aziona il rotore di coda (se esistente), il
quale consente il controllo della direzione della prua dell'aeromobile
rispetto alla direzione di avanzamento, ovvero il controllo dell’asse di
imbardata.
Come ogni velivolo che sfrutta il principio di sostentamento dell’ala, anche
l’elicottero è soggetto allo stallo; di fatto, lo stallo del rotore è la principale causa
dei limiti di velocità di un elicottero. Come ben noto, esso è causato dal distacco
dello strato limite dalla pala rotante e comporta una repentina caduta di portanza.
Caratteristica invece esclusiva dell’elicottero è l’autorotazione, una manovra di
emergenza effettuata durante la discesa dopo un'avaria all'impianto motore,
simulata o reale. Durante questa discesa controllata, il rotore principale gira
autonomamente senza bisogno della potenza fornita dalla turbina, solamente
grazie all’energia del flusso d'aria verticale passante attraverso il disco del rotore.
Viene disattivato il collegamento tra il rotore principale ed il motore, che non
fornisce più al rotore l'energia necessaria per girare. L'energia viene invece
generata dal passaggio dell'aria attraverso le pale durante la discesa e dalla forza
d'inerzia del rotore principale. Il numero di giri al minuto del rotore è il fattore più
importante da considerare durante l'autorotazione. Girando, il rotore fornisce la
portanza necessaria a stabilizzare la discesa ed immagazzina l'energia utilizzata
per ammortizzare l'atterraggio. Se il numero di giri al minuto diminuisce
eccessivamente, il rotore non potrà svolgere questa funzione poiché, ad esempio,
diminuirà la componente di portanza.
1. Il propulsore turboalbero (turboshaft)
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1.3 Componenti
1.3.1 Presa dinamica
La funzione principale della presa dinamica è di trasportare l’aria al numero di
Mach richiesto e con il minimo della distorsione del flusso possibile. Per quanto
riguarda gli elicotteri, in realtà, il numero di Mach non riveste un’importanza così
grande come negli aeroplani, poiché il regime è fortemente subsonico, tanto che la
maggior parte delle perdite di pressione totale non dipendono dalla velocità di
crociera, sempre relativamente molto bassa. In un elicottero la maggior parte delle
perdite di pressione nella presa dipendono dalla natura della presa stessa. Vi sono
prese dei seguenti tipi[4]:
a. Normali: agiscono come semplici diffusori.
b. Fornite di filtri: il flusso d’aria prima dell’ingresso nel compressore è filtrato
per eliminare particelle che potrebbero danneggiare i componenti
successivi.
c. Centrifughe: presentano una forma tale da eliminare tramite forza
centrifuga le particelle indesiderate.
Ovviamente questi ultimi due tipi di prese comportano un maggior fattore di
perdita di pressione; è pertanto necessario un compromesso in fase di progetto tra
le due opposte necessità, ovvero qualità dell’aria e rendimento della presa, che
terrà anche conto dei luoghi in cui il propulsore si troverà ad operare (ad es., in
zone desertiche sarà necessario un filtraggio maggiore rispetto al normale).
L’aria, in ogni caso, deve arrivare al compressore con il minimo quantitativo di
impurità e pulviscolo, e, in condizioni di avanzamento, anche sufficientemente
decelerata. Il compito principale della presa è quindi di fungere da diffusore e
recuperare una parte del termine cinetico e trasformarlo in aumento di pressione.
1. Il propulsore turboalbero (turboshaft)
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1.3.2 Compressore
Il compressore è forse il componente più delicato all’interno di un propulsore
turboalbero. La sua sensibilità a fenomeni fisici quali soffocamento, stallo e
pompaggio, ne fanno un punto critico per la determinazione del rendimento
complessivo del propulsore. Qualora, infatti, si verifichino le suddette condizioni,
la pressione disponibile alla turbina libera sarebbe insufficiente per sostenere la
potenza richiesta dal carico, con disastrosi effetti sulle prestazioni.
I compressori assiali sono costituiti da un definito numero di stadi in
successione, ciascuno in possesso di un rapporto di compressione individuale che
concorre a determinare il rapporto di compressione totale, dato dal prodotto dei
singoli rapporti.
Quando il compressore presenta un numero di giri troppo basso vi sono due
possibili pericoli, a seconda delle caratteristiche tecniche dello stesso:
1. gli stadi a bassa pressione stallano, poiché la velocità assiale rispetto a
quella relativa alle pale è troppo bassa, dunque l’angolo di incidenza della
corrente sulla pala aumenta;
2. gli stadi ad alta pressione sono in condizioni di soffocamento (choking),
poiché il fluido non raggiunge una pressione adeguata: ciò significa che la
densità è troppo bassa rispetto ai livelli normali, e questo comporta
un’eccessiva accelerazione della corrente fluida.
Quando il compressore presenta un numero di giri troppo elevato vi sono sempre
gli stessi due pericoli, ma accade il contrario di quanto detto sopra, per le
medesime motivazioni. In determinati regimi di funzionamento, per taluni
propulsori, si rende necessario un utilizzo di pale statoriche a calettamento
variabile (variable stator vanes, VSV), utili a variare la geometria del compressore
per risolvere i suddetti problemi.
1. Il propulsore turboalbero (turboshaft)
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Il compressore è caratterizzato da quattro grandezze fondamentali, che ne
influenzano il funzionamento: portata, rapporto di compressione, rendimento e
numero di giri. Queste grandezze, opportunamente sostituite da parametri quasi
adimensionali che le rappresentano, sono in stretta relazione tra loro; questa loro
interdipendenza è descritta all’interno di grafici detti mappe caratteristiche (un
esempio è dato dalla figura 2.3). All’interno di queste mappe sono pure
evidenziate le condizioni limite di funzionamento, prossime a quelle di
pompaggio o di soffocamento, come si vedrà più avanti, in sez. 2.3. E’ importante
notare qui come, fissata una determinata geometria del compressore, esista
un’unica mappa che ne descrive il funzionamento.
1.3.3 Combustore
Il compito del combustore è quello di garantire una combustione stabile, efficiente,
il più possibile priva di emissioni inquinanti, in un ampio intervallo di condizioni
operative del propulsore. Esso, per i casi normalmente presi in considerazione, in
prima approssimazione si può modellare con rendimento della combustione
costante; tuttavia esiste la possibilità di utilizzare, come per il compressore, anche
una mappa caratteristica del combustore, che mette in relazione il rendimento in
funzione del rapporto di dosatura ed altri parametri meno rilevanti.
1.3.4 Turbina
La turbina è l’organo di espansione del propulsore: semplicemente è preposta a
soddisfare le richieste di potenza che provengono dall’esterno, o da altri
componenti quali il compressore. Allo stesso modo di quest’ultimo possiede
mappe caratteristiche uniche per una fissata geometria, le quali mettono in
relazione le sue grandezze fondamentali: portata, rapporto di espansione,
rendimento e numero di giri.
1. Il propulsore turboalbero (turboshaft)
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A differenza del compressore, la turbina non presenta problemi di stallo, grazie
ad un gradiente di pressione contrario alla direzione del moto, che non permette il
distacco dello strato limite; altra grande differenza è data dal fatto che
normalmente il soffocamento è una condizione operativa desiderabile (il
rendimento non varia di molto e la turbina risulta più compatta). Ciò la rende un
componente molto più semplice da progettare e con minori requisiti di
progettazione.
Esistono due tipi di turbina in un turboshaft: la turbina vincolata al
compressore (Gas Generator Turbine) e la turbina libera, o di potenza (Free Power
Turbine). Particolare enfasi va riservata ancora una volta al fatto che la turbina
libera in un elicottero mantiene il numero di giri il più possibile costante,
altrimenti i carichi (in particolare a fatica) a cui sarebbero sottoposte le pale del
rotore sarebbero eccessivamente elevati.
1.3.5 Ugello di scarico
L’ugello di scarico in un propulsore turboshaft riveste un ruolo marginale, ovvero
quello di convogliare i gas di scarico alla sezione di uscita del propulsore. Non vi è
praticamente nessuna utilità a ricevere spinta propulsiva, pertanto si
dimensionano le precedenti componenti di espansione del motore in modo che il
salto entalpico in ugello sia minimo. L’unica eccezione è data da quei particolari
elicotteri che utilizzano la spinta del fluido operativo per controbilanciare il
momento trasmesso alla struttura dell’elicottero dalle pale del rotore (vedi sez.
1.2), nel qual caso il salto entalpico sarà ben più rilevante.