PRESENTAZIONE
L’obiettivo di questa tesi è quello di descrivere l’attuale situazione del comparto
agrumicolo italiano che, nel corso degli ultimi anni, ha subito un evidente
ridimensionamento sia in termini di superficie produttiva che nel commercio
(interno/internazionale), a vantaggio di altri paesi Europei, quali la Spagna, in
grado di adattare la produzione offerta ai cambiamenti imposti dalla domanda e
dai processi di globalizzazione del mercato.
L’agrumicoltura riveste un ruolo importante all’interno del settore agricolo,
sopratutto per le regioni del Mezzogiorno d’Italia, dove le particolari condizioni
pedoclimatiche consentono di ottenere una produzione di qualità elevata (con la
presenza di numerosi prodotti delle diverse varietà a marchio IGP/DOP),
distinguendosi dagli altri prodotti europei.
Negli ultimi anni, alle difficoltà dell’agrumicoltura occorre aggiungere il calo
della domanda generato dall’attuale crisi economica mondiale, che non favorisce
la ripresa delle esportazioni degli agrumi italiani. Inoltre, le aspettative di ripresa
sono state fortemente ridimensionate a seguito delle gelate verificatesi in Italia nel
corso del 2008, con una conseguente riduzione dei livelli produttivi, in particolare
per le arance rosse di Sicilia.
Per la campagna 2009-2010 si prevede una ripresa della produzione, anche se
ancora non si attenua il gap di competitività delle imprese nazionali rispetto alla
concorrenza estera.
Alle difficoltà della fase produttiva si aggiungono anche quelle
distributive/commerciali, che stanno penalizzando l’Italia non solo sul fronte degli
scambi internazionali ma anche sul mercato interno. Le produzioni italiane,
infatti, pur godendo di un apprezzamento nel mercato in virtù delle loro
caratteristiche organolettiche e qualitative, faticano ad affermarsi nei circuiti
commerciali di maggiore portata e risentono della concorrenza dei Paesi meglio
organizzati e in grado di garantire prodotti con gli standard qualitativi e i volumi
richiesti, in particolare, dalla DM/GDO.
Nella dinamica di questa difficile crisi dell’economia agrumaria è intervenuta la
nuova OCM ortofrutta (Ce n. 1182/2007) che prevede la concessione di un aiuto
riferito alla superficie aziendale investita ad agrumi, applicando il criterio del
“disaccoppiamento” (aiuto diretto al produttore al 100%), sganciato cioè dal
volume dei prodotti trasformati (con la conseguente diminuzione dei quantitativi
di prodotti conferiti all’industria di trasformazione). Tale riforma si prefigge di
stabilizzare i prezzi su livelli tali da remunerare gli agrumicoltori comunitari
gravati da pesanti costi di produzione, di ridurre il numero di imprese di piccola
dimensione (in Italia vi sono un gran numero di imprese comprese tra 1 e 5 ettari)
e favorire una riconversione varietale (in modo da adeguare l’offerta alle
rinnovate esigenze dei consumatori). Inoltre, nel corso degli ultimi anni la
DM/GDO ha visto crescere sempre più il suo potere di mercato, e per contrastare
tale aumento un ruolo fondamentale è affidato dalla nuova OCM ortofrutta alle
Organizzazioni dei produttori, con l’obiettivo di favorire un aggregazione
dell’offerta produttiva.
Quindi al fine di delineare i problemi che impediscono all’agrumicoltura italiana
di rivelarsi competitiva rispetto a quella di altri competitor, in questo lavoro si è
voluto focalizzare l’attenzione, in particolare, sulla fase di commercializzazione
degli agrumi freschi e sulle novità introdotte dalla riforma dell’OCM ortofrutta.
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CAPITOLO PRIMO
L’AGRUMICOLTURA IN ITALIA
1.1 – ORIGINE E DIFFUSIONE DEGLI AGRUMI
Gli agrumi, la cui etimologia deriva dal latino medievale agrumen (dal sapore
acre) sono originari dell’Asia orientale e in particolare di una vastissima zona, che
si estende dai versanti meridionali dell’Himalaya alla Cina meridionale,
all’Indocina, alla Thailandia, alla Malaysia e all’Indonesia. Trattasi per la maggior
parte di regioni tropicali e sub-tropicali che si estendono dall’Equatore al 25°
parallelo (Accademia dei georgofili, 2008).
L’India è la regione più ricca di forme selvatiche, ed è in quest’area, in Indonesia
e nella Cina meridionale, che si sviluppò, non meno di 4 mila anni fa, la coltura
degli agrumi.
Gli agrumi per secoli furono coltivati nelle loro aree d’origine per il consumo
locale e per scopi ornamentali (Calabrese F., 1998), sarà nel corso dei secoli che si
realizzerà la sua diffusione nelle attuali aree di produzione.
Nel corso del XVI secolo la coltivazione degli agrumi acquistò una certa
importanza in Sicilia, Spagna e Portogallo. In quel tempo limoni, arance, cedri ed
essenze, di provenienza spagnola, siciliana e portoghese venivano
commercializzati nell’Europa occidentale e in Inghilterra (Petino G., 1985).
Nei secoli XVII e XVIII piante di arance e limoni si estesero sia nella stessa
Sicilia, sia nelle altre regioni italiane (Calabria, Campania, Puglia, Sardegna, ecc.).
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Nella seconda metà del XIX secolo in seguito allo sviluppo delle vie di
comunicazione e dei mezzi di trasporto si ebbe una intensificazione della
produzione e del commercio degli agrumi, non solo in Europa ma anche
nell’America del Nord (Pecora A., 1974).
In questi secoli l’Italia e la Spagna detengono un indiscusso monopolio
nell’esportazione di limoni e di arance, però dalla fine del 1800, le produzioni
agrumarie italiane e spagnole non sono più le sole sui mercati europei, ove
incominciano ad affluire i primi consistenti quantitativi di provenienza
statunitense.
Le produzioni spagnole, italiane ed americane ebbero in seguito un ulteriore
rapido sviluppo, per cui nel primo dopoguerra l’esportazione nei Paesi europei era
dato per il 68% dalla Spagna, 13% dall’Italia e 8% dagli U.S.A. con una
produzione complessiva di circa 22 milioni di q. li (Calcaterra F., 1986).
Contemporaneamente si sviluppò un crescente interesse per la coltura degli
agrumi in vari Paesi mediterranei (Marocco, Tunisia, Cipro, Egitto, Grecia,
Turchia, ecc.), nel Sud e nel Centro America (Brasile, Argentina, Messico, Cile,
ecc.) e nel Sud Africa.
Alla vigilia della seconda guerra mondiale la produzione si attestava intorno ai
100 milioni di q. li, con la seguente ripartizione: U.S.A. – 36%; Brasile 12%;
Spagna 10,9%; Italia 7,5%; Asia 10,2%; Africa 2%; Oceania 1,2%; Altri paesi
15,3% (Cutuli G., Di Martino E., Lo Giudice V., Pennisi L., Spina P., 1985).
L’agrumicoltura, successivamente, subisce una pesante crisi a seguito della
seconda guerra mondiale e della diffusione di dannose fitopatie (Malsecco,
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tristezza, ecc.), nonostante ciò si ha un certo aumento della produzione che
raggiunge i 138 milioni di q. li (Giarè F., Giuca S., 2008).
Nel complesso la produzione mondiale, nel corso degli ultimi sessant’anni si è più
che quintuplicata e tende ad aumentare con ritmo crescente.
1.2 – IL COMPARTO AGRUMICOLO IN ITALIA
1.2.1 – LA DIMENSIONE STRUTTURALE
La produzione mondiale di agrumi si caratterizza per un’espansione costante che
ha interessato gli ultimi decenni, coinvolgendo un numero crescente di paesi e
modificando sensibilmente la geografia produttiva e i relativi equilibri sul mercato
internazionale.
Accanto ai paesi tradizionali produttori di agrumi, come gli Stati Uniti, il Brasile e
i paesi del Bacino del Mediterraneo, negli ultimi anni nuovi paesi, la cui
produzione era un tempo poco significativa – come nel caso della Cina, dell’India
e del Messico – si sono affacciati sulla scena mondiale, aumentando
considerevolmente il proprio peso.
In linea con tali cambiamenti, l’agrumicoltura italiana, ha subito un’importante
ridimensionamento strutturale, con una riduzione della superficie coltivata e del
numero di aziende.
Nel 2009 si contano ben 108.117 aziende agrumicole, cui corrispondono 170.569
ettari coltivati prevalentemente ad arancio seguita da clementine, limone,
mandarino e altri agrumi minori (tabella 1.1).
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Tabella 1.1 - Distribuzione del numero di aziende in Italia suddivise per tipo
di produzione e Regione (2009)
Campania Puglia Basilicata Calabria Sicilia Altre Italia
Arancio 3.711 3.157 3.151 13.547 29.853 6.969 60.388
Mandarino 2.033 613 218 2.352 2.284 1.565 9.065
Clementine 989 2.135 1.477 5.226 1.492 1.879 13.197
Limone 4.244 483 200 2.047 14.964 1.298 23.238
Altri agrumi 365 80 130 764 434 457 2.229
Aziende Agrumi 11.342 6.468 5.176 23.936 49.027 12.168 108.117
Fonte: elaborazione sui dati Istat..
Il 67,49% delle aziende agrumicole e l’81,54% delle superfici coltivate sono
localizzate in due sole regioni, Calabria e Sicilia, cui fanno seguito, notevolmente
distanziate, le altre Regioni meridionali, Puglia, Basilicata e Campania (Tabella
1.2).
Tabella 1.2 - Superficie dell’agrumicoltura in Italia suddivisa per tipo di
produzione e Regione (ettari) 2009
Campania Puglia Basilicata Calabria Sicilia Altre Italia
Arancio 1.237 6.136 5.842 22.585 60.275 5.696 101.771
Mandarino 587 118 37 1.996 5.871 820 9.429
Clementine 409 4.554 2.120 16.917 3.532 1.203 28.735
Limone 1.159 276 45 1.353 25.232 648 28.713
Altri agrumi 100 162 114 1.065 400 80 1.921
Superfici Agrumi (ettari) 3.492 11.246 8.158 43.916 95.310 8.447 170.569
Fonte: elaborazione sui dati Istat.