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INTRODUZIONE
Attraverso queste pagine voglio mostrare come sono arrivata alla realizzazione
finale del mio progetto, un video sull‟attuale situazione urbana della città di Firenze
e in particolare sul suo degrado.
Le fonti principali della mia ricerca saranno, materiali audiovisivi, documenti sulla
città e articoli sul degrado urbano.
Un percorso che mi ha portato a parlare, di scrittori e poeti come Charles Boudelaire
e Italo Calvino di registi come Pier Paolo Pasolini, Federico Fellini, Martin Scorsese
e Steven Spielberg e film come Blade Runner, The Truman Show, Il ladro di
bambini e Roma città aperta.
Il degrado urbano è un tema molto importante e complesso, nel momento di
studiare tale fenomeno mi sono trovata in un mondo fatto di scelte difficili, di
interessi economici, di politica e di proteste.
Nel primo capitolo parlerò del significato di città, mostrerò i lati in comune fra la
città del 900 e del cinema, in quanto si sono sviluppati nello stesso periodo e
spiegherò come il mezzo audiovisivo sia il più adatto a rappresentarla.
Entrerò poi, all‟interno del mondo del cinema, parlerò sinteticamente ma cogliendo i
punti principali della sua storia ed in particolare tratterò quella del cinema italiano,
perché vicino a noi, e di quella del cinema americano in quanto risulta avere il
maggior numero di film prodotti e di incassi nel mondo
1
.
Attraverso le scene dei film studierò come viene affrontata la rappresentazione della
città e gli ambienti degradati. Parlerò dei registi e dei film che più si avvicinano al
tema del mio progetto finale e in particolar modo del post-neorealimo.
Nel 2 capitolo analizzerò il degrado urbano, cercando di visualizzare i punti centrali
di squilibrio della città fiorentina. Attraverso lo studio dei video girati a Firenze
invece osserverò come istituzioni, professori e architetti hanno affrontato il problema
della trasposizione in video della situazione urbana negli ultimi vent‟anni.
Nel 3 capitolo infine spiegherò come ho sviluppato il mio cortometraggio
specificando i soggetti ripresi, i motivi delle scelte stilistiche e tecniche e illustrando i
fotogrammi e le scene più significative.
1
Le statistiche dell‟Osservatorio europeo audivisivo confermano un„industria in crescita ancora egemonizzata
dagli USA ma con paesi che molto stanno investendo in questo settore.
4
Le città invisibili sono un sogno che nasce dal cuore delle città invivibili
Per vedere una città non basta tenere gli occhi aperti:
occorre per prima cosa scartare tutto ciò che impedisce di vederla,
tutte le idee ricevute, le immagini precostituite
che continuano a ingombrare il campo visivo
e la capacità di comprendere.
Da “Le città invisibili” di I. Calvino
1.1 LA CITTA‟
E‟ difficile dare una definizione di città, ma si può dire che la città sia un centro
abitato di notevole estensione, con edifici disposti più o meno regolarmente in modo
da formare vie di comoda transitabilità, selciate, lastricate o asfaltate, fornite di
servizi pubblici e di quanto altro sia necessario per offrire condizioni favorevoli alla
vita sociale. Il concetto di città è legato a quello di una molteplicità di funzioni di
varia origine (economiche, sociali, culturali, religiose, amministrative, sanitarie,
ecc…) riunite in un solo luogo e, per tale ragione, non è condizionato dal numero
degli abitanti
2
.
Le prime città sono sorte dove condizioni ambientali favorevoli permettevano un
surplus agricolo, tale da svincolare l'economia dalla pura sussistenza. Entro il 2500
a.C. nelle grandi civiltà urbane sorte in Mesopotamia, in Egitto e nel bacino
mediterraneo erano ormai presenti gli elementi tipici della città: la cinta muraria, la
strada, il mercato, il recinto del tempio, gli uffici amministrativi, le botteghe. Nelle
civiltà greca la pòlis (da poleis, in greco "città") venne esaltata come forma naturale
e perfetta della comunità umana. La distinzione che i Romani avevano ereditato
dagli Etruschi tra urbs, nel significato di struttura edilizia della città, e civitas come
organizzazione sociale e politica, si è persa in età medievale e da allora la città
viene avvisata come simbiosi tra un insieme di edifici circondati da mura e un
insieme di funzioni politiche, economiche, religiose, culturali. La separazione
formale e sostanziale fra città e non città, fra popolazione urbana e popolazione
rurale, si dissolve dopo la rivoluzione francese, quando l'amministrazione
napoleonica equipara legalmente i contadini ai cittadini. Più tardi il sistema di
2
Tratto dall‟Enciclopedia Treccani
5
fabbricazione nato nella città si dilata all'esterno investendo il contado, ma
l‟elemento del vecchio concetto di città rimane immutato ed è l‟insieme delle funzioni
urbane. Al momento attuale è molto difficile dare della città una definizione valida
ovunque. Esiste una serie progressiva di fasi evolutive: dal villaggio (agricolo), al
borgo (con una parte di popolazione ancora legata alla terra), alla città (con sole
attività extra-agricole). In concreto non è possibile individuare il punto in cui un
agglomerato passa da rurale ad urbano. Tuttavia fu durante la fase più matura della
rivoluzione industriale (19° sec.) che si verificò una vera e propria 'rivoluzione
urbana': le grandi quantità di manodopera industriale portarono alla formazione di
agglomerati umani, destinati a loro volta ad attrarre la localizzazione di nuove
attività.
Agli eccessi dell'inurbamento si tentò di reagire agli inizi del Novecento con la
creazione di città satellite, agglomerati situati nelle vicinanze di una grande città, a
essa legati per le attività commerciali o industriali. Verso la metà del Novecento la
città ha perso il suo carattere di unità compatta e delimitata, ed è dilagata nel
territorio circostante annullando i confini tra centro e periferia. Queste regioni
metropolitane sono dominate di solito da un polo in cui si concentrano le funzioni
direzionali e i servizi più avanzati. Negli ultimi tempi la globalizzazione economica
ha innescato un processo di accentramento delle funzioni strategiche di decisione,
controllo, gestione e coordinamento delle operazioni di mercati e imprese in un
ristretto gruppo di luoghi nevralgici che assumono ruoli importanti a livello
internazionale e non più locale come New York, Tokyo, Londra, Parigi, Francoforte,
Los Angeles, Amsterdam, Zurigo.
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1.2 CINEMA E CITTA‟
Il rapporto fra città e cinema è definibile come rapporto fra una notevole forma
culturale, il cinema, e la più importante forma di organizzazione sociale, la città, del
XX secolo. Le origini e l‟evoluzione del cinema sono quindi collegate con
l‟evoluzione della città.
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Nell‟arco del „900 il concetto di città si evolve, si perfeziona
e si definisce, trova espressione nell‟opera di artisti, pensatori, filosofi e poeti
novecenteschi, fa propri i tratti caratterizzanti del XX secolo fino a diventare
l‟emblema dell‟era moderna, prima, e di quella postmoderna poi. La città permea di
sé la civiltà contemporanea fino a costituirne al tempo stesso la forma e il destino.
Parallelamente, anche il cinema si perfeziona tecnicamente, acquisisce
consapevolezza e maturità artistica, tanto da diventare a sua volta la forma di
rappresentazione privilegiata del „900
4
. Le storie della città e del cinema sono
connesse fra loro e si sono nel tempo sovrapposte e intersecate a tal punto da
suggerire uno sviluppo comune e un‟influenza reciproca. Il rapporto fra città e
cinema è diventato nel corso del tempo sempre più complesso, nel senso che
sempre più numerosi sono stati i legami che hanno bi-univocamente collegato le
due entità a livello materiale, culturale ed economico. La nascita delle sale
cinematografiche, la loro edificazione, ha inciso a livello fisico sulla città mentre la
loro diffusione e frequentazione ha riguardato l‟economia culturale delle città.
Ancora più importante è la funzione del cinema, come mezzo di rappresentazione di
immagini in movimento, come indicatore dei paesaggi in evoluzione o in
degradazione della città nel corso del tempo, dal punto di vista urbanistico e sociale.
Il mezzo cinematografico, prima ancora di diventare arte ha fin dai suoi inizi subito il
fascino della città, eleggendola a luogo ideale da rappresentare per esprimere le
nuove capacità del mezzo che per la prima volta era in grado di catturare e
comunicare un aspetto della città, caratterizzata dal continuo movimento umano e
meccanico, fatto di persone e di mezzi di trasporto. L‟urbanizzazione e il cinema, la
città moderna e il nuovo mezzo sono entrambe manifestazioni dirette
dell‟espansione del capitalismo industriale, per cui il cinema documentava e
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Tra la fine del XIX secolo e i primi del „900 si diffonde il termine metropoli in greco antico metèr = madre e
polis = città/popolazione. Molte città in questo periodo iniziano a diventare metropoli cioè città di grandi
dimensioni con oltre un milione di abitanti.
4
Tratto dal libro Fagiani, Maria Luisa, Città, cinema, società : immaginari urbani negli USA e in Italia, Milano
Angeli, 2008
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commentava cambiamenti prevalentemente urbani di cui esso stesso faceva parte e
a cui contribuiva. La stessa velocità di sviluppo e di ritmi che la vita moderna
imponeva senza via di scampo, costringeva inevitabilmente l'uomo metropolitano a
uno sguardo frettoloso, istantaneo e frammentario su ciò che lo circonda. Non è,
infatti, un caso che, proprio con la metamorfosi della città in metropoli, nascano e si
evolvano nuovi mezzi di rappresentazione che si vanno ad affiancare alle forme
d'arte consolidate. Questo perché, a un mutamento di stile di vita e di categorie
estetiche corrisponde necessariamente l'esigenza di creare strumenti adeguati, in
grado cioè di cogliere e rappresentare i tratti essenziali della nuova realtà. La
diffusione dei mezzi di trasporto e il loro uso per percorrere le città condizionano
notevolmente le modalità visive e percettive.
«Il visitatore contemporaneo, dal finestrino di un mezzo di trasporto, ha una visione
quasi “televisiva” dello spazio urbano, la sua percezione è, infatti, filtrata dal
riquadro del finestrino e “montata” in una sorta di collage dalla velocità di
spostamento.
5
»
Con l'avanzata prepotente ed incontrollabile della velocità, si fa strada anche
l'esigenza di rappresentare non più solo l'istantaneità degli eventi, ma anche e
soprattutto la loro dimensione di movimento. Nei primi anni del '900, un'avanguardia
artistica come il Futurismo pone alla base del proprio manifesto programmatico la
celebrazione delle manifestazioni di velocità, movimento e rumore. Così, in
letteratura, in pittura, in scultura, in architettura si cerca con ogni mezzo di rendere
percepibile la dimensione del movimento, il principio di velocità e dinamismo,
sovrapponendo in modo sincronico i frammenti diacronici dell'azione che si vuole
rappresentare.
Non per niente al cinema, più che a qualsiasi altra tecnica, è concesso il privilegio di
rappresentare in modo adeguato le diverse matrici dell'anima metropolitana, in
quanto ne rispecchia, per molti versi, carattere e meccanismi, sintetizza, infatti, i
concetti di istantaneità, frammentarietà e molteplicità di punti di vista, insiti nello
spirito della città e già espressi con la fotografia, secondo un principio di
consequenzialità dinamica delle immagini, che rende riproducibile l'effetto del
movimento. Inoltre, si avvale delle potenzialità tecniche ed espressive del
montaggio, strumento attraverso il quale acquisisce la facoltà di accostare spazi,
5
Cfr. Maria Teresa Ferrari: Nella città, il futuro. Tesi, p. 17.
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situazioni e singole immagini tra loro distinte e di riorganizzarle secondo precisi
criteri di significazione.
Il cinema, a prescindere dalle storie che racconta e dai suoi contenuti, propone una
prospettiva di sguardo sul mondo che assomiglia molto a quella “flânerie”,
6
uno
sguardo errante e vagabondo che è in grado, da un guazzabuglio di dettagli presi
qua e là, spesso disarticolati e privi di correlazione, di estrapolare e cogliere la
fisionomia
ed il senso della realtà nella sua complessità caotica.
7
La nascita del cinema è
quindi rappresentazione dello spazio dinamico che diventa celebrazione dello
spazio estetico il quale diventa a sua volta, ludico perché luogo di piacere visivo. Il
cinema ha dunque rivestito un ruolo importante nella definizione del paradigma
metropolitano e la metropoli ha costituito fin da subito un fondamentale argomento
cinematografico.
6
Flânerie, parola introdotta dal poeta francese Charles Baudelaire, indica il gentiluomo che vaga per le vie
cittadine.
7
Charles Baudelaire, I fiori del male, Il Cigno, dal I verso […] La vecchia Parigi non è più (la forma d'una città,
ahimè, muta più rapidamente d'un cuore mortale); non vedo che in spirito tutto quel campo di baracche, quel
mucchio di capitelli sbozzati e di colonne, le erbe, i grossi massi inverditi dall'acqua delle pozzanghere, e,
luccicante dietro i vetri, la confusione degli oggetti usati. Là un giorno s'adagiava un serraglio; là vidi, una
mattina, nell'ora in cui sotto i cieli limpidi e freddi si sveglia il Lavoro, quando la nettezza urbana solleva uno
scuro turbine nell'aria silenziosa […], dal II verso […]Parigi cambia, ma nulla della mia malinconia s'è mosso!
palazzi nuovi, impalcature, massi, vecchi sobborghi, tutto diventa per me allegoria, e i miei cari ricordi son più
grevi delle rocce. Così davanti a questo Louvre m'opprime un'immagine: penso al mio grande cigno coi suoi
gesti folli, da esiliato, ridicolo e sublime, e roso da un desiderio senza tregua! […].
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1.3 L‟IMMAGINE DELLA CITTA‟ NEL CINEMA ITALIANO
Di seguito ripercorro i principali momenti del cinema italiano cercando di mettere in
evidenza i film che meglio rappresentano la città.
Il cinema inteso come la proiezione in sala di una pellicola stampata, di fronte ad un
pubblico pagante, è nato il 28 dicembre 1895 grazie ad un'invenzione dei fratelli
Louis e Auguste Lumière, i quali, per la prima volta, mostrarono al pubblico parigino
del Gran Cafè del Boulevard des Capucines un apparecchio da loro brevettato,
chiamato cinématographe.
L‟immagine della città nel cinema inizia quindi con i fratelli Lumière che raccolsero
una mole imponente di vues cinèmatographiques delle città europee (per quanto
riguarda l‟Italia novantotto vedute che comprendono non soltanto Torino, Milano,
Venezia, Genova, Bologna, Firenze, Roma, Napoli e Palermo, ma anche Monza,
Livorno, Carrara, Cagliari, Sassari, Pompei e Castellammare di Stabia).
Vedute cinematografiche, non film, non storie, non racconti, ma pura
documentazione: immagini della realtà non alterate da intenzioni narrative diverse
dalla rappresentazione dei luoghi stessi. Inoltre la nascita del “film a soggetto” non
arricchì molto questo patrimonio perché, per motivi tecnici (prima di luce, all‟epoca
del muto, e poi di audio, dopo la nascita del sonoro), nei primi decenni del XX
secolo i film furono girati in prevalenza negli studi di posa e le immagini degli esterni
mostravano, nella maggior parte dei casi, scenografie.
In Italia dopo la fine della Grande guerra, il cinema italiano attraversò un fortissimo
periodo di crisi, dovuta soprattutto al proliferare di piccole case di produzione che
fallivano generalmente dopo pochi film, e da alcune scelte organizzative sbagliate.
Resistono ancora i drammi passionali, perlopiù ripresi da testi letterari e teatrali
classici, e i kolossal religiosi. Non mancano ovviamente delle eccezioni (come le
riprese dal vero nel Il fu Mattia pascal girato da L‟Herbier nel 1926).
Il fascismo, salito al potere tra il 1922 e il 1925, all'inizio non si preoccupò di
rilanciare una cinematografìa in declino sempre più costante e precipitoso, fin verso
la fine degli anni venti quando dopo un disastroso incendio negli studi
cinematografici della vecchia Cines suggerì la creazione di una struttura importante
per rilanciare un cinema italiano altrimenti destinato all'agonia.
Il 21 aprile 1937 il Duce stesso presenziò alla solenne inaugurazione di Cinecittà,
coniando lo slogan celebre "La cinematografìa è l'arma più forte".
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Il regime non cercò mai di asservire totalmente il cinema alla propaganda della sua
ideologia lasciò al cinema italiano la possibilità di realizzare pellicole con sufficiente
autonomia ma fino alle soglie degli anni ‟30 l‟immagine della città contenuta nel
cinema è soprattutto quella del documentario in quanto i film di evasione, storici, e
romantici, non interessavano più di tanto al partito, che invece ci teneva ad
esportare nel mondo un‟immagine vincente dell‟Italia, anche attraverso i suoi
lungometraggi.
Nell‟Italia del trentennio, infatti, l‟immagine della città è molto presente nei
Cinegiornali Luce
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che dedicano ampio interesse e spazio alle immagini di eventi
urbani, attraverso riprese evolute e descrittive. Viene data attenzione all‟architettura,
alla documentazione di mostre, progetti, demolizioni, lavori in corso, inaugurazione
di edifici, monumenti, quartieri e città e a realizzare numerosi cortometraggi di
propaganda. Negli anni ‟30 e ‟40 la città incomincia quindi ad essere molto
presente nel cinema soprattutto nelle commedie nazionalpopolari. Nel loro insieme
queste immagini (prevalentemente di Roma) mostrano in modo accattivante ma non
falso la dimensione urbana ordinaria della città italiana fra le due guerre, come nel
film Il signor Max di Camerini del 1937. Sono di questi anni molti film comici, anche
dialettali, e si affermano in questo periodo attori come Petrolini, Vittorio De Sica,
Totò, in quelle commedie popolari.
Nel corso della seconda guerra mondiale, ma soprattutto negli ultimi anni del
conflitto (1943-1945) l'Italia conosce lutti e distruzioni immani. In questo contesto si
sviluppa il neorealismo, un movimento artistico e culturale che riguarda tutte le
forme di arte, ma in particolare il cinema. Il cinema neorealista ha lo scopo
principale di rappresentare la situazione reale del paese. Le trame dei film ruotano
spesso attorno alle vicende, e vicissitudini di famiglie povere; gli attori sono
frequentemente non professionisti, immersi pertanto nella vita di tutti i giorni; c'è una
particolare attenzione all'uso della lingua, con grande ricorso ai dialetti regionali e
per quanto riguarda l'immagine, i registi si propongono di non truccare la realtà,
rinunciando all'illuminazione artificiale e alle riprese in studio per favorire quelle
all'aria aperta, con gli interni girati non negli studios ma in case di parenti o amici.
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L‟Unione Cinematografica Educativa nasce 1923 per la produzione di documentari e, soprattutto, di
cinegiornali. Tutta la produzione LUCE è tesa a fornire al pubblico sia italiano che straniero una
documentazione precisa delle imprese e dei successi dell‟Italia fascista.
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L‟immagine della città neorealista è un‟immagine ordinaria, sia per la semplicità
delle vicende raccontate, sia per la minimalità dell‟architettura messa in mostra. I
luoghi urbani rappresentati vengono scelti in base alla loro capacità di proporsi
come campioni espressivi della condizione urbana dell‟Italia del secondo
dopoguerra. I registi vogliono mostrare quegli aspetti della realtà urbana che fino
allora erano rimasti fuori, oltre i margini dell‟immagine ufficiale, oltre l‟autoritratto
celebrativo della città che aveva guidato il cinema degli esordi.
Il primo film neorealista è Roma città aperta di Rossellini (1945) Girato tra difficoltà
economiche e organizzative di ogni genere, il film impose in tutto il mondo una
visione e rappresentazione delle cose vera e nuova è universalmente riconosciuto
come un capolavoro, una sorta di film-simbolo del Neorealismo Le riprese del film
furono fatte in condizioni precarie, sia per il periodo, sia per la scarsa disponibilità
del materiale tecnico compresa la pellicola. Non essendo disponibili gli studi di
Cinecittà, già spogliata dalle attrezzature e ridotta ad essere un grande rifugio per
gli sfollati, che non potevano essere accolti altrove, Rossellini e la troupe
improvvisarono le riprese di alcuni interni. Nella Roma del '43 e '44, si intrecciano le
vicende di alcune persone, coinvolte nella Resistenza antinazista. È caratterizzato
da una devastazione del paesaggio che esprime un'angoscia latente di fronte
all'empietà della storia che soffoca il quotidiano Il tema della guerra si evidenzia
attraverso panorami di rovine, sequenze ininterrotte di violenze e di morte. La Roma
di Rossellini costituisce lo sfondo oggettivo, storico in cui si muovono i personaggi
del film, la città è la reale contestualizzazione delle vicende. Le riprese sembrano
documentaristiche, ma Rossellini ha fatto una sua ben precisa scelta stilistico -
espressiva. Come la sequenza in cui i bambini assistono alla fucilazione del prete
da dietro la rete di recinzione. La rete indica separazione, lontananza, non tanto
segregazione o prigionia. Il mondo dei bambini non appartiene a quello degli adulti
perché i bambini vivranno e costruiranno un mondo migliore e diverso anche grazie
al sacrificio di questi adulti che ora vedono morire. Sono portatori di speranza in un
futuro migliore. Il film, quindi, ci dà sì un'immagine della realtà quasi
documentaristica, ma ci trasmette anche quel senso di solidarietà, la ricerca della
libertà, il rispetto reciproco, la morte intesa come sacrificio che sono valori positivi,
assimilati dai bambini che guardano.
Dagli anni della guerra, l‟ambiente urbano ordinario diventa ambiente canonico del
cinema italiano. Il primo grande ritratto della città moderna prende vita nel 1948 con