1
INTRODUZIONE
A partire da Sigmund Freud la cura dei disturbi mentali ha interessato e
occupato sempre più diverse generazioni di analisti e terapeuti, estendendo
contemporaneamente anche il quadro delle persone curabili e delle modalità
di terapia.
Si è scelto di trattare come argomento di questa tesi l‟uso dei gruppi
terapeutici a orientamento teorico psicodinamico in età evolutiva, che
costituisce a tutt‟oggi un argomento relativamente poco trattato rispetto ad
esempio a interventi gruppali in ambito clinico-istituzionale di tipo
informativo oppure di sostegno e prevenzione, il focus di questa tesi non
sarà quindi sui gruppi clinici, e neppure sui gruppi spontanei, sarà invece su
quelli terapeutici.
Scopo di questa tesi è dunque quello di rispondere alla domanda se i gruppi
possano essere terapeutici ai fini della cura per l‟età evolutiva,
rammentando, innanzitutto, che la terapia di gruppo è una forma di cura in
cui l'intervento viene effettuato mediante un setting gruppale dove vi è un
terapeuta che, con le sue competenze, è capace di accogliere e gestire le
dinamiche del gruppo e renderle comprensibili a quest‟ultimo; e dove per
età evolutiva si intende il periodo della vita di ciascun individuo che va
dalla nascita all‟adolescenza. Il trattamento terapeutico deve essere pensato
oltre che in funzione dei disturbi e dei bisogni individuali anche rispetto
all‟età, poiché ogni fascia di età ha caratteristiche sue specifiche, infatti, si
vedrà che i bambini di età prescolare presentano caratteristiche diverse da
quelli in età di latenza e dagli adolescenti, ed inoltre tutta l‟età evolutiva
presenta peculiarità diverse dal mondo degli adulti, quest‟ultimo proprio per
questa ragione, non rientra nello studio effettuato in questa tesi.
In una prima parte di questo lavoro di tesi si affrontano le origini e gli
sviluppi della terapia psicoanalitica in età evolutiva, in particolare nel primo
2
capitolo si affronterà la storia della teoria della tecnica in psicoanalisi
infantile e si vedrà come la psicoanalisi abbia influenzato notevolmente la
cura dei disturbi psichici in suddetta età, anche se in origine la tecnica
psicoanalitica era stata pensata per la cura degli adulti dal padre della
psicoanalisi, ciò nonostante non è rimasta del tutto estranea a Freud (1908)
la possibilità di analizzare un bambino, seppure in maniera indiretta e
tramite l‟ausilio dei propri genitori, come si vedrà in dettaglio nel paragrafo
sul piccolo Hans. Il primo capitolo evidenzia rilevanti contribuiti alla cura
dei pazienti in età evolutiva, come ad esempio, l‟utilizzo del gioco che fu
introdotto da M.Klein (1932) che ne scoprì l‟equivalenza con le
associazioni libere degli adulti (S.Freud, 1895), e che è stato poi adoperato
anche D.W.Winnicott (1971), il quale ha inventato il gioco dello
scarabocchio; si farà presente l‟individuazione dell‟importanza
dell‟osservazione per opera di A.Freud (1927) fino a vedere che essa è stata
adottata chiaramente come tecnica da E.Bick (1948); si vedrà inoltre come
le teorie di W.R.Bion (1961) hanno influenzato la psicoanalisi infantile,
nonostante costui non sia mai stato un‟analista infantile.
Nel secondo capitolo si tratteranno i meccanismi dinamici che si verificano
nei gruppi e si descriverà il loro funzionamento, sottolineando gli aspetti
terapeutici del setting gruppale, andando dietro alle considerazioni di
Freud sulla massa (1921) che annienta la volontà del singolo, quelle di
D.Anzieu (1975) che vede l‟essere in un gruppo regolato dall‟illusione
gruppale e dal trovarsi in gruppo con uno stato simile al sogno. R. Kaës
(1994) individua nel gruppo come dispositivo un efficace mezzo di cura dei
disturbi psichici. S.H.Foulkes (1942) riteneva che nel gruppo si sviluppi un
effetto di risonanza su tutti i membri, anche quando apparentemente alcuni
argomenti o considerazioni non hanno alcun collegamento col singolo
soggetto, W.R.Bion (1961) reputava che il gruppo consente numerose
identificazioni che con un‟opportuna guida terapeutica contribuiscono alla
guarigione dei soggetti del gruppo. Molti concetti delle teorie
3
psicoanalitiche fondati sulla relazione e l‟interazione di due soggetti, sono
stati applicati ai gruppi, si è scoperto che anche in questi ultimi si creano dei
funzionamenti di natura dinamica; delle riflessioni in merito sono state
effettuate da R.Kaës (1994), che partendo dal caso clinico di Dora, ha fatto
notare che S.Freud si è trovato a far fronte a delle dimensioni pluralistiche
inaspettate del transfert, laddove la paziente non si era limitata a sostituire
una persona del passato con la figura dell‟analista, ma a spostare
sull‟analista contemporaneamente il rapporto che aveva vissuto con più
persone; Kaës (1999) ha dunque scoperto che il transfert, ha di per sé una
natura pluralistica, inoltre in gruppo si moltiplica, perché subisce un effetto
di diffrazione dato che il gruppo mobilita una grossa fetta di oggetti infantili
e di legami con questi. Esso ha la capacità di riattivare, ripetere e poi
trasformare le caratteristiche delle nevrosi infantili; inoltre il gruppo così
come l‟analista offre delle riedizioni di cose passate col vantaggio che il
transfert è distribuito su tutti i membri compreso il terapeuta e questo aiuta
ciascun paziente a riconoscere gli aspetti di sé che ha trasferito sugli altri.
L‟originario concetto di transfert applicato nell‟analisi a due trova dunque
molto spazio all‟intermo del gruppo terapeutico, infatti, come si potrà
notare nella tesi, il fenomeno della diffrazione del transfert è alla base del
funzionamento dei gruppi terapeutici con oggetto a mediazione.
La terapeuticità del gruppo è stata sottolineata anche da J.Pratt (1905), il
quale considerava che i pazienti con la stessa malattia messi in un gruppo
traessero giovamento dalla condivisione dei simili vissuti, ugualmente per
T.Burrow (1920) il gruppo era vantaggioso se usato con persone aventi la
medesima malattia per la possibilità di condivisione dei sintomi ed anche
perché questo permetteva una cura indiretta sulla malattia, ciò produceva
l‟effetto di migliorare le relazioni sia fra i pazienti che col terapeuta.
L.Wender (1936) ha verificato che i pazienti inseriti in un gruppo
terapeutico presentavano una maggiore propensione alla guarigione, anche
P.Schilder (1936) riteneva che il gruppo facilitasse la guarigione in quanto
4
migliorava l‟esame di realtà. I.D.Yalom (1970) sosteneva che i gruppi
erano in grado di generare nei pazienti cambiamenti di natura terapeutica.
H.Grunebaum e L.Solomon (1982) sottolineano l‟importanza delle relazioni
fra pari che il gruppo terapeutico offre all‟intera età evolutiva.
I diversi gruppi terapeutici in età evolutiva sono accomunati dalla costante
di essere gruppi asimmetrici, la differenza generazionale col terapeuta è
filtrata dal gruppo stesso (J.Guimon, 2001).
Questa tesi costituisce un excursus delle diverse metodologie applicate nei
gruppi terapeutici in età evolutiva in funzione dell‟età e delle patologie.
Nel terzo capitolo vedremo l‟evoluzione dell‟originario metodo catartico
delle libere associazioni (S.Freud,1895), di natura prevalentemente
razionale, per giungere invece alla catarsi emotiva nello psicodramma; una
delle principali differenze che sussiste fra l‟analisi individuale e lo
psicodramma è il non rispetto della regola dell’astinenza dell‟analisi
classica nello psicodramma; l‟attenzione sarà incentrata sulle sue
applicazioni in età evolutiva.
Il quarto capitolo è dedicato ai gruppi terapeutici in età evolutiva con
oggetto a mediazione, la psiche dei vari soggetti converge su un oggetto e
questo avvenimento è di supporto per il lavoro terapeutico, la scelta di
questo genere di terapie è stata influenzata dalle ricerche che ho effettuato
in Francia.
S.R.Slavson (1934), il primo ad aver avuto l‟idea di effettuare una terapia di
gruppo per i bambini, ha adoperato come oggetti a mediazione plastilina,
martelli, trapani, per gruppi di bambini in età di latenza, perché riteneva che
i bambini traessero giovamento dall‟essere impegnati in attività, riuscendo a
curare i disturbi del comportamento e del carattere.
La scelta di usare gruppi terapeutici con oggetto a mediazione per l‟età
evolutiva è stata sempre più adottata, si vedrà che L.Rambert (1940),
F.Bedos, S.Moinard, L.Plaire, J.Garrabe (1974) ed E.Cleyet-Marel (2002);
hanno scelto come oggetto mediatore per l‟età evolutiva le marionette,
5
perché esse consentono sia l‟osservazione che la partecipazione, che
combinate agevolano la guarigione dei pazienti costituenti il gruppo. J.Méry
(2002), invece adopera le letture per l‟intera età evolutiva, perché ritiene
che esse siano una terza voce all‟interno della terapia, favorendo così il
dialogo ed il confronto.
Massé Odile (1977) invece ha scelto i copioni teatrali per i bambini in età di
latenza, perché li ha ritenuti idonei per lo sviluppo di relazioni sane; mentre
P.Privat e D.Quélin-Souligoux (2000) preferiscono per i gruppi in età di
latenza dei materiali da cancelleria, che svolgono un ruolo di supporto
all‟espressività.
A.Brun (2007) ha utilizzato la pittura per i bambini psicotici, ritenendo
invece ella stessa più opportuno come oggetto mediatore per i bambini
autistici l‟acqua.
Mentre P.Lafforgue (2005) ritiene che le patologie che hanno i bambini, a
prescindere dalla natura della malattia, siano curabili attraverso le fiabe.
J.B.Chapelier (2005) ha scelto di gestire l‟eccitazione con un gruppo di
preadolescenti attraverso una palla nella terapia di gruppo, mentre
M.J.Buchbinder (2002) ha preferito la maschera, perché coinvolge nella
terapia anche il corpo e in questo modo la cura riguarda i soggetti nella loro
totalità.
Si vedrà dunque che ciascun terapeuta valuta le condizioni del gruppo per
età e patologia e sceglie un oggetto che reputa idoneo alla cura.
Nell‟ultimo capitolo si sottolineano quei fattori terapeutici che spingono a
vedere il gruppo come possibile metodo curativo della psiche in età
evolutiva.
6
CAPITOLO 1: STORIA DELLA TEORIA DELLA TECNICA
DELLA PSICOANALISI INFANTILE
1.1 Lineamenti di sviluppo della teoria della tecnica della psicoanalisi
infantile
Le radici della storia della teoria della tecnica della psicoanalisi infantile
partono dal caso del piccolo Hans seguito da S.Freud. Fu Anna Freud ad
occuparsi per prima dello studio e dell‟osservazione dei bambini, secondo
lei era possibile applicare i principi psicanalitici all‟educazione dei bambini.
L‟importanza del gioco nella terapia con i bambini è stata evidenziata dalla
Klein che individuò il gioco come il più potente mezzo d‟espressione per i
bambini. Attraverso il gioco, infatti, il bambino esprime fantasie e desideri.
A porre l‟attenzione sull‟importanza del mondo esterno e sul terapeuta ci fu
l‟esperienza della Clinica Tavistock.
Winnicott pose l‟attenzione sulla coppia madre-bambino e sull‟utilizzo del
gioco dello scarabocchio come una modalità per entrare in contatto con il
mondo interno del bambino. Nella sua visione la figura dell‟analista perde
la sua neutralità classica e nell‟interazione comune del gioco/tecnica dello
scarabocchio fa egli stesso, se ritenuto opportuno, delle libere associazioni.
Un apporto indiretto al trattamento dei bambini viene dalle teorie di Bion.
Nella sua visione il ruolo dell‟analista è importante, egli è presente col suo
vissuto e con i suoi contenuti mentali ed emotivi all‟interno della seduta col
paziente.
7
1.2- S. Freud ed il piccolo Hans
Qui di seguito ci si occuperà di illustrare come nasce la psicoanalisi
infantile e come la teoria della tecnica ad essa riferita si sia sviluppa nel
corso del tempo.
Il caso del piccolo Hans racchiude in sé la radice della nascita della
psicanalisi infantile. Freud stesso nel portare avanti il caso del piccolo
Hans, non con la modalità classica della psicanalisi ma tramite le relazioni
del padre, si rese conto dell‟intelligenza del bambino e della sua capacità di
fare osservazioni quasi psicanalitiche. Germogliava l‟idea della possibilità
di una teoria della tecnica della psicanalisi infantile.
Il padre della psicoanalisi riteneva che un medico potesse sottoporre a
trattamento psicoanalitico solo gli adulti nevrotici, in quanto era necessario
svolgere un lavoro che porti alla luce, mediante le libere associazioni1
ponte fra l‟Io2 ed i desideri inconsci, le strutturazioni psichiche sedimentate
attraverso le quali leggere i vissuti della sessualità infantile del paziente
ritenuti i fattori causali dei sintomi nevrotici del paziente. Egli sosteneva
che i bambini non avessero un Io capace di collaborare con lo psicoanalista,
associando liberamente, poiché l‟Io si forma durante l‟infanzia, ecco perché
reputava la psicoanalisi un metodo inadatto alla cura dei bambini. Tuttavia
nella sua lunga esperienza vi è un eccezione, ci riferiamo al caso del piccolo
Hans, bambino di cinque anni, che costituisce il primo modello di un‟analisi
infantile risalente al 1908.
1S.Freud chiedeva ai suoi pazienti di esporre liberamente le idee che gli si presentavano alla mente
e definì questa procedura associazioni libere. "Si chiede al paziente di rinunciare volontariamente,
per quanto gli riesce, alla censura cosciente e di esprimere liberamente i suoi pensieri, sentimenti,
speranze, sensazioni, idee, senza badare se gli sembrano sgradevoli, insensati, non pertinenti o non
rilevanti": Galimberti U., Enciclopedia di psicologia, Garzanti, Torino, p. 105.
2S.Freud elabora la seconda topica costituita da tre istanze, Es, Io e Super-io. L‟Es è la parte della
persona che ne accoglie ei desideri ed i bisogni. L‟Io è l'istanza che presiede alle relazioni fra
individuo e ambiente e fra Es e s Super-io Il Super-io si caratterizza per autosservazione,
coscienza morale ed Ideale dell‟io. ( S.Freud, l’Io e l’Es, 1922.)